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Autore: xlairef    17/11/2011    0 recensioni
Per l’Accademia è tempo di esami: tutti i vampiri devono dimostrare il proprio valore, volenti o nolenti. Ma all’Abbazia strani eventi avvengono durante la notte fatidica: ce la faranno Indan e compagni a passare il test?
Seconda classificata al contest Let's go on fantasy wings indetto da SunnyPain
Genere: Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Accadde una notte
 
 
Il lugubre rintocco delle campane di bronzo si propagò nella fredda aria notturna, segnando l’arrivo della mezzanotte. L’ora dei fantasmi.
Non che ci fosse qualcuno da spaventare, in quella nottata da lupi: il vento continuò a soffiare imperterrito sulle colline erbose, la pioggia proseguì nel suo scrosciare, ogni animale dotato di raziocinio era al riparo nella propria tana, e la luna non smise di rischiarare le mura dell’antico convento.
Sembrava che nulla, nemmeno le sagome rilucenti delle limousine parcheggiate ai piedi del campanile, potesse rompere la quiete del nuovo gioiello di Scozia, l’Abbazia, lo sfarzosissimo hotel ricavato da un vecchio complesso monastico, riservato unicamente a famosi e/o danarosi ospiti.
Nulla…
 
 
 
“Yo, capo, ecco la baracca a dritta di prua.”
“Non ho perso la vista, Xatiale…”
Squittii e bisbigli misteriosi si sparsero nella notte. Quattro piccole sagome si diressero in volo verso gli spalti restaurati di fresco.
“Scendiamo? Sono stanca di volare con questa bufera.”
“Dove siete? Non vi vedo…”
“Attenta, attenta… Frenaaaaaaaaaaaarghh!!!!”
Lo squittio disperato si interruppe di colpo. I quattro pipistrelli si ritrovarono al di là del muro di cinta con le gambette all’aria, uno sopra l’altro.
“Ehi, Th-onta-nales, cosa significa per te la parola frenare?”
“Chiedo scusa…” Un singhiozzo flebile seguì alla risposta.
“Non incominciare Xat, altrimenti…”
“Altrimenti cosa, capo? Mi trafiggi con un paletto di frassino?” Dal mucchio di pelle e peluria si alzò una testolina: con uno sbuffo di fumo argentato la bestiola si allungò in altezza e larghezza, fino ad assumere le forme di un ragazzo pallidissimo e dannatamente affascinante. Da una tasca della felpa troppo larga estrasse un berretto da baseball e se lo schiaffò in testa.
“Non c’è che dire, questa era la battuta del secolo…” Sbuffò una voce dal mucchio: un altro rivolo di fumo e una ragazza dalla carnagione d’avorio comparve dal nulla, fissando il suo interlocutore con un’espressione sarcastica stampata sul volto.
“Che vuoi farci, sorella, ho esaurito la mia riserva di arguzie dopo aver visto la tua faccia…”
Sorella a chi? Tu, rifiuto della società…”
“Non incominciate voi due.”
Il fumo si dissolse, e i pipistrelli rimanenti si alzarono da terra con sembianze umane. Il ragazzo aveva una chioma blu notte e uno sguardo truce; accanto a lui una massa di lunghissimi capelli corvini si profuse immediatamente in mille scuse.
“Non intendevo… Cioè, voglio dire… Non pensavo davvero…”
Xatiale si portò le mani alla fronte. “Yo, qual è il tuo problema, Thanales? Oltre a tutti gli altri, ovvio…”
“Basta così, Xat.”
“Non darmi ordini, fratello!”
“Comportati da vampiro, idiota!” Sbottò la prima ragazza, tamburellando impaziente il piede sulle lastre di pietra. “Indan, sei tu il capo, fa qualcosa.”
“Ehi, un momento, chi ha deciso che lui è il capo?”
“Lo dico io.” Replicò Indan, con un tono basso e minaccioso che ridusse tutti al silenzio. “E lo dice la Direttrice: per cui il capo sono io. Qualcuno ha da obiettare?”
Nessuno parlò.
“Molto bene.” Con un balzo decisamente non umano Indan raggiunse il tetto del campanile, seguito a ruota dai suoi compagni. “Ci divideremo la zona: ad ognuno ne è stata assegnata una differente, per evitare problemi.” Qui il ragazzo fissò Xatiale, che rispose con un’alzata di spalle e con un gesto volgare, tanto per non creare dubbi. Indan sospirò e proseguì: “ Hananiag, a te va l’ala Ovest” La vampira gli scoccò un sorriso soddisfatto, e si lisciò il caschetto rosso sangue. “Quando si comincia?”
“Tra un momento. Thanales, per te c’è l’ala Sud.” Il fagotto di ossa e capelli sospirò. “Xatiale, ti spetta l’ala Est, mentre a me va l’ala Nord.”
“Ma l’ala Est comprende la biblioteca dell’ala Ovest! Non voglio confinare con questo…questo…”
“Ehi! Ehi, sorella, tranquillizzati: non mi verrebbe mai in mente di saltarti addosso, sta pur certa…”
“Ma figuriamoci: sappi che se intendi cacciare i miei umani, per guadagnare punti supplementari, hai sbagliato i tuoi calcoli.”
“I calcoli possono essere rifatti.” Xatiale sfoderò il suo migliore ghigno irritante.
“Io lo ammazzo!” Ruggì Hananiag, estraendo i canini luccicanti.
L’intervento di Indan impedì un vampiricidio. “Bene, bambini, fate i bravi altrimenti papino non vi compra il lecca-lecca. Forza, non abbiamo tempo per beghe da dormitorio: mancano solo sei ore all’alba, e lasciate che vi ricordi che non possiamo sprecarne nemmeno un minuto.”
Tutti deglutirono, ripensando al motivo di quella scampagnata notturna…
 
 
 
 
I vampiri non avvertono il freddo: il fatto di essere dei non-morti, nella teoria e nella pratica, aiuta a non dover sborsare cifre astronomiche in piumini e affini.
Tuttavia, di fronte allo scintillio metallico proveniente dalla montatura degli occhiali della direttrice, i quattro giovani vampiri percepirono una serie di brividi gelidi lungo la spina dorsale.
“Sarò breve.” La donna allungò i gomiti sulla scrivania, portando le mani congiunte sotto il mento. “Verrete valutati in Lavoro di squadra, Organizzazione, Strategia, Qualità. Ad ognuno dei gruppi è stata assegnata una base differente: la vostra è la Scozia.”
Una mano osò alzarsi.
“Non ho ancora concesso domande.”
“Mi scusi, direttrice…”Hananiag si lisciò i capelli. “Non credo che questo gruppo sia adatto alle mie potenzialità e così mi chiedevo se non fosse possibile un cambio…”
“Eh già, Miss Perfezione è troppo in alto per degli scarti come noi, dico bene sorella?” La scimmiottò Xatiale.
“Ameba, non sei in grado di distinguere un topo di campagna da un ratto mannaro, per cui…”
“Non tollero piazzate in mia presenza.” La voce della direttrice riportò l’ordine. “Le squadre non sono modificabili: anche questo è un modo per valutare la vostra capacità di adattamento.”
Hananiag storse il naso, ma rimase in silenzio.
“E ricordate le tre regole di base: Spaventare, Sedurre, Mordere…” Qui la direttrice esaminò sconfortata Thanales. “Almeno Mordere, mi raccomando.” Dal groviglio di capelli provenne un gemito di assenso.
“Indan sarà il vostro comandante: è una mia decisione, e pertanto è insindacabile.”
Il vampiro in questione aveva tutta l’aria di chi ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma si limitò ad abbassare la testa in segno di assenso, stringendosi nelle spalle.
 “Avete una notte di tempo e un’intera abbazia per dimostrare le vostre abilità e passare il test. All’alba dovrete essere di nuovo a scuola. Non voglio problemi con umani e non, sono stata chiara?” Il naso affilato della donna tremò per un istante.
“Sì, signora.”
“Voglio essere cristallina: se non supererete questo test, non importa il motivo, per i prossimi dieci anni vi aspetteranno lezioni di recupero, più i turni di pulizia. Se provocherete problemi, la punizione più lieve in cui incorrerete sarà l’espulsione dall’Accademia.”
 
Con un ultimo singulto di timore, tutti tornarono al presente.
“La nostra strategia sarà: divide et impera.” Spiegò Indan. “Ognuno per sé, ma con un unico obiettivo: guadagnare più punti possibili. Se le vittime di un’ ala terminano prima delle altre, il proprietario dell’ala potrà andare in aiuto di un altro. In aiuto non vuol dire saccheggio delle prede altrui…Soprattutto delle mie.” Xatiale alzò le mani in segno di resa.
“Se qualcuno dovesse incontrare problemi…”
“Non ce ne saranno.” Affermò orgogliosamente Hananiag.
“…Se dovessero essercene, esercitate la vostra telepatia per avvisare me.” Indan si soffermò a ispezionare Thanales, mentre questa inciampava nelle sue stesse chiome. Rialzandosi faticosamente, la vampira annuì imbarazzata.
“Muoviamoci.” Hananiag alzò il mento verso le guglie dell’ala Est dell’abbazia.
“Frena i cavalli, sorella! Non sei tu il capo di questa compagnia.”
Non chiamarmi sorella! E tu, Thanales, sposta quei capelli dalle mie scarpe!”
“Sc-scusami…”
Indan sentì che era giunto il momento di dividersi. “Forse non mi sono spiegato bene.” Il tono della sua voce portò di nuovo il silenzio. “Se voi, idioti, non verserete anche l’ultima goccia del vostro sangue morto per farmi passare questo test, vi assicuro che nei prossimi dieci anni avrete modo di riflettere sul significato della parola sofferenza. Ed ora andate.”
Sul tetto del campanile non rimase più nessuno a ribattere.
 
 
Qual è il significato della ricchezza?
Per alcuni è l’accumulo di milioni e milioni, per altri il possesso di svariati amici e parenti, oltre che di una buona salute.
Per gli ospiti dell’abbazia ricchezza significava una cosa sola: spendere impudenti somme di denaro nel minor tempo possibile.
Uomini d’affari, miliardari facoltosi, artisti stravaganti… Tutti costoro non avevano nessuno scrupolo a dormire in letti di mogano istoriati d’oro, modello Alto Medioevo, o a mangiare il porridge mattutino in piatti smaltati e incrostati di gemme.
Da parte sua, Indan non intendeva avere alcuno scrupolo nel morderne il maggior numero possibile.
Il vampiro atterrò elegantemente sul pavimento della stanza: senza curarsi di chiudere le imposte riccamente intagliate della finestra, si scostò dalla fronte la frangia color della notte e procedette ad esaminare l’area.
La camera non presentava pericoli o minacce imminenti: i soliti mobili d’epoca, i soliti arredi sfarzosi, le solite lenzuola di seta, la solita architettura goticheggiante, il solito umano che russava nel letto all’angolo.
Che noia… Quello era già il quarto uomo ad avere l’onore di essere morso da Indan (l’ala Nord era stata data in toto ad un convegno di petrolieri sovietici, per cui il non-morto aveva dovuto rispolverare il suo russo, risalente ai tempi della Rivoluzione e le maniere efebiche imparate nell’infanzia durante una permanenza in Grecia con Lord Byron) e il vampiro iniziava ad averne piene le tasche di quel test.
Ad ogni modo, Indan non aveva alcuna intenzione di finire nelle classi di recupero per le notti dei futuri dieci anni, e così si sbottonò un po’ di più la redingote nera, lasciando intravedere carne color dell’alabastro per ben più di quanto la buona educazione consenta, e si avviò verso il grassone dai baffi spioventi.
L’ex-compagno Boris Vassilikov era immerso in un sogno in cui dominavano le torte alla vodka e i bignè alla crema della sua cuoca a Mosca, per cui inizialmente non prestò attenzione alla voce melodiosa che lo tentava dal mondo della realtà. Poi, gradualmente, si rese conto di non essere assolutamente in grado di dormire senza aver visto con i propri occhi il proprietario della suddetta voce: lo spettacolo che gli si presentò davanti non appena si fu destato ne valse pienamente la pena.
“Boris…” Indan, appoggiato di schiena al cassettone di fronte al letto, puntò le proprie pupille in quelle del petroliere.
“D-d-da?” L’uomo si sentì sciogliere di paura e di desiderio fin nel midollo delle proprie ossa.
Il vampiro si avvicinò, soddisfatto. “Non ti farò troppo male...”
Boris, in un gemito di puro piacere per il suono celestiale di quella voce, decise che dopotutto lo straniero dai capelli blu avrebbe potuto fargli tutto il male che voleva. Con la vista annebbiata distinse il corpo del ragazzo farsi sempre più vicino, due mani afferrargli le spalle e affondarlo maggiormente nel materasso di piume, la testa di lui chinarsi sulla sua gola. Boris chiuse gli occhi e, con un ultimo ansito, attese.
E attese.
E attese ancora.
Quando alla fine provò a sollevare una palpebra, del vampiro nessuna traccia, tranne una porta lasciata aperta.
 
Thanales sbatté violentemente contro l’anta aperta di un armadio, finendo lunga distesa sul pavimento; portò con sé una serie di attrezzi non meglio identificati ma che cadendo a terra fecero un fracasso infernale.
Perché sempre a me? Le cose non stavano andando affatto bene: dopo essere stata scacciata dall’ala Est da uno Xatiale in vena di derisione (ma era forse sua la colpa se aveva confuso l’Est con il Sud?), una volta approdata all’ala Sud la sua prima preda, un umano giovane e attraente in viaggio con la cameriera, prima di cadere in trance le aveva chiesto qualcosa a proposito di un certo Cugino It, e la seconda vittima, una vecchia e arcigna zitella, l’aveva scacciata con un ombrello rosa (con le stecche di frassino: non era proprio il caso di rimanere a correr rischi…).
E adesso un armadio del XII secolo…Con un sospirone Thanales si chiese se non fosse il caso di rinunciare in partenza, come sempre, ma la duplice minaccia della direttrice e di Indan pendeva sulla sua testa, e contribuiva a gettarla ancor più nel panico.
“I mostri pelosi non tirano su con il naso, lo sai?” La frase proveniva da dietro le sue spalle.
Thanales si alzò di scatto da terra, e per qualche istante combatté contro l’impulso di nascondersi dentro qualche mobile, prima di ricordarsi di essere lei la cattiva: raddrizzata la schiena si girò verso il suo interlocutore.
“Ti avverto, se hai cattive intenzioni dovrò chiamare la sorveglianza.” Un uomo in vestaglia verde prato le puntò contro la luce di una torcia, facendola indietreggiare.
“Aspetta, Louis! Non è un mostro peloso!” Un secondo uomo comparve alle spalle del primo, avvolto in un pigiama rosa confetto, e porse al primo un paio di occhiali dalla montatura spessa.
“Oh-la-là! Hai ragione, tesoro, come sempre…” La torcia tremò nelle mani di Louis, mentre si voltava a sorridere al compagno. Thanales si scostò ancor di più dalla fonte di illuminazione.
“Dunque… Si direbbe una mademoiselle…” Louis cercò di esaminare più attentamente la vampira, ma dopo pochi attimi si rese conto del problema. “Niente luce? Soffri di quella strana malattia per cui la pelle non può essere esposta al sole? Ho letto qualcosa a riguardo…”
“Non…Cioè io…Ecco, il sole mi fa male, sì, la luce elettrica no, ma non ne sono ancora certa, anche se la direttrice dice…” Rendendosi conto di quel che stava dicendo, Thanales si interruppe e arrossì.
“Il sole? Che strano…” Commentò Louis. “Ma come possiamo vederti senza luce elettrica?”
“Non è necessario che mi veda nessuno.” Assicurò la non-morta. “Adesso voi entrerete in trance, e non ricorderete più nulla.” Ordinò, cercando di radunare a sé gli ultimi frammenti di dignità rimasti.
I due uomini la fissarono scettici.
“Dormite!” Ripeté frustrata Thanales, e aggiunse, con il tono cantilenante che usava per sedurre: “Ve lo ordino…”
“Gioia, non vedo come tu possa ordinare alcunché: sei conciata da schifo.”
“Victor! Non essere scortese! Guarda, l’hai fatta piangere di nuovo!”
E infatti Thanales si era riaccasciata sul pavimento, questa volta dando libero sfogo alle lacrime.
“Non ne combino mai una giusta! Non riesco nemmeno a Sedurre due prede facili come voi!” Ululò disperata. “Sono un disastro di vampira! Voglio morire!”
Victor e Louis spalancarono gli occhi di fronte ai lunghi canini, ora ben visibili nella bocca aperta e piangente della ragazza.
Tuttavia il loro istinto materno ebbe la meglio: si sedettero a terra ai lati di Thanales, e le porsero due fazzoletti, subito usati dalla non-morta in lacrime.
“Non piangere, su, su…” Louis si azzardò a darle dei colpetti sulle spalle scosse dai singulti.
“E nessuno degli altri crede che io possa combinare nulla, nemmeno la direttrice ha fiducia in me, e Indan mi ucciderà se non faccio passare a lui e agli altri questo test…” Singhiozzò disperata.
Victor si schiarì la gola. “Forse è meglio che tu cominci dall’inizio…”
 
Indan stava per affondare i canini nella gola ben pasciuta, quando un riflesso della testiera lucidata a specchio lo distrasse dal suo obiettivo.
Nel volgere di un istante si girò: alle sue spalle, sulla soglia della porta aperta della stanza, si stagliava la sagoma di una ragazza dai lunghi capelli biondi.
Indan aprì le labbra per cacciarla via, ma in quel mentre i suoi occhi incontrarono quelli di lei: il vampiro si fermò a contemplarli rapito. Non aveva mai visto uno sguardo così celeste, così triste, così…puro.
Lei.
Voglio lei come preda.
Lei o nessun altro.
I magnati del petrolio potevano aspettare: Indan rivolse uno sguardo sprezzante a Boris, immerso nella trance vampiresca, in attesa del morso, prima di scostarsi dal letto e risollevare la testa verso la ragazza dagli occhi celesti.
Sulla soglia non c’era più nessuno.
Indan si precipitò fuori dalla stanza, nel corridoio buio: riuscì solo ad intravedere un lembo della vestaglia candida della sua preda scomparire lungo le scale che portavano al piano superiore. Velocemente il vampiro si lanciò all’inseguimento, ma aveva appena posto il piede sul primo gradino quando udì un lamento angosciato provenire dall’alto.
“Céline? Dove sei, figlia mia?”
Céline…Indan assaporò il nome sulla propria lingua: che fosse quello il nome della ragazza? O si trattava solamente di un’obesa turista canadese alla ricerca della prole nottambula?
L’unico modo per scoprirlo era salire le scale ed accertarsene di persona.
 
 
“Questo test è di una facilità unica…” Commentò Hananiag, complimentandosi con se stessa, non appena il suo ultimo bottino cadde a terra semi-dissanguato.
Attorno a lei i corpi di almeno una trentina di umani testimoniavano l’abilità della studentessa migliore di tutta l’Accademia: uomini distesi sul pavimento di coccio con un’espressione beota in viso, donne dai capelli scomposti svenute dopo il morso, bambini accoccolati sui divani, le piccole mani bianche come sudari… Hananiag contemplò soddisfatta la sua opera: in meno di due ore era riuscita a completare la propria quota di prede (aveva il forte sospetto di aver segnato un nuovo record), Spaventate, Sedotte e Morse come da manuale.
Il tutto senza nemmeno un capello fuori posto.
A testa alta la vampira uscì dall’ex cantina abbaziale (attuale sala Tv) e si avviò su per gli stretti e ripidi gradini che portavano alla Biblioteca, teoricamente deserta: quale pazzo umano avrebbe voluto trovarsi circondato da tomi e tomi di vecchi trattati teologici e filosofici a quell’ora della notte?
Quando l’alba fosse sorta, e il test terminato, non c’era alcun dubbio che la Direttrice avrebbe (di nuovo) definito Hananiag un’allieva modello, il più alto complimento che la vecchia avesse mai concesso nel corso di secoli.
Pregustando il momento, la non-morta spalancò con grazia il pesante portone della Biblioteca.
Che. Cosa. Ci. Fai. TU. Qui?” Fu la sua prima reazione al vedere Xatiale tranquillamente appoggiato ad uno scaffale polveroso, intento a Sedurre una giovane orientale che indossava solamente una leggerissima vestaglia di seta.
Xatiale distolse per un istante le sue iridi viola da quelle nere della ragazza.
“Il mio mestiere, che domande?”
Hananiag si diresse verso di lui con aria omicida.
“Il tuo sporco mestiere, rubare le prede altrui, esercitalo nel territorio di quella tonta di Thanales, o meglio ancora, in quello di Indan: sono curiosa di vedere che tecnica adopererà lui per estrarre le budella da uno stomaco in putrefazione come il tuo…” E accompagnò le parole ad un calcio rotante diretto contro la testa del vampiro.
All’ultimo istante Xatiale piroettò elegantemente su se stesso, schivando il colpo e mandando Hananiag a schiantarsi contro la parete coperta di trattati medievali.
“Credo troverai il De Profundis a pagina 798 sorella.” Osservò Xatiale, leggendo il titolo della copertina che copriva la testa di Hananiag distesa a terra.
“Credo troverai l’inferno un posto accogliente.” Hananiag si rialzò di scatto ed estrasse i canini.
“Yo, yo, sorella, cerchiamo di restare calmi, che dici? Almeno finché non avrò finito con questa…” Il vampiro indicò la ragazza cinese, ancora in piedi nello stesso luogo in cui lui l’aveva lasciata.
“Tu non finirai nulla! E’ la mia preda, è nel mio territorio, e spetta a me! A me, hai capito?” Urlò in risposta la non-morta, perdendo parte del suo autocontrollo.
Perché ogni volta riesce a farmi impazzire di rabbia?
E detto ciò si gettò verso la cinese, seguita a ruota da Xatiale.
Una katana scintillò nell’aria e si conficcò proprio nello scaffale che separava Hananiag dalla sua vittima, a pochi centimetri dalle ciglia della vampira.
“Voi non la ucciderete: questo piacere spetta solo al sottoscritto.”
 
 
Thanales tirò su con il naso a conclusione della storia.
Louis le passò un braccio sopra le spalle con aria partecipe. “Mia cara, comprendo bene quello che provi: anche a me è capitato di passare un periodaccio, qualche tempo fa… Mi sentivo uno schifo, credimi.” Sospirò teatralmente. “Per fortuna (quasi un miracolo oserei aggiungere) sulla mia strada ho incontrato il qui presente Victor, un vero angelo sceso dal cielo…”
“Louis: non annoiare la ragazza…”
“Come vuoi. Tornando a noi, tesoro, credo di avere la soluzione ai tuoi problemi.”
Thanales alzò il capo, speranzosa. “Una fattura?”
L’espressione orripilata di Louis parlava da sola. “Mais non! Molto più semplicemente… Avvicinati!” Obbediente, la vampira allungò il collo. “Basta una piccola modifica… Et voilà!”
Con gesti esperti Louis aveva scostato la massa di capelli corvini dal viso di Thanales, ed ora un paio di grandi occhi color indaco illuminavano il faccino confuso della giovane non-morta.
“Che grande spreco nascondere questi occhi! E questo nasino, suvvia!” Si indignò Louis, agitando le mani, mentre Victor lo fissava sconsolato. “Dobbiamo porre rimedio a questa ingiustizia, Victor!”
“Ehi! Non tentare di coinvolgere anche me, altrimenti…”
“Altrimenti… Cosa?” Louis lo fissò con il labbro inferiore tremante e due lacrimoni sulle guance.
Victor a malincuore cedette. “E va bene…Ma non guardarmi così!”
L’altro esultò. “Ci serviranno i nostri attrezzi…”
“Spazzola e forbici, per cominciare…” Victor squadrò attentamente Thanales, la quale aveva gettato nuovamente le chiome davanti al volto. “E anche un po’ di balsamo, direi…Si può sapere perché vai in giro con capelli così lunghi, ragazza mia?”
“Mia zia dice che il look Banshee dona molto alle vampire magre…”
“Tua zia è un’incompetente.” Tagliò corto l’uomo. “Louis, porta subito qui La Lama.”
Louis gongolò. “La Lama? Ma allora fai sul serio!”
“Io non scherzo mai su queste cose.”
“Scusate…” Si intromise Thanales, tremante. “Che cosa volete fare di me?”
Victor raddrizzò la schiena.
“Quando il genio del qui presente Louis, estetista del Re di Danimarca, e del sottoscritto Victor, che ha acconciato le chiome di Hollywood, avrà finito con te, ragazza, nemmeno tua madre saprà riconoscerti.”
 
Il secondo piano era stato affittato in blocco ad un anziano imprenditore americano, di origini italiane, e a tutto il suo parentado: gli avanzi di un lauto banchetto erano disseminati da ogni parte (cannoli, cassate, granatine, sugo di pesce, fucili ad alta precisione…) e torrenti di malvasia scorrevano dalle bottiglie rovesciate sulle tavolate di quercia intagliata. L’antico refettorio non aveva mai visto un tale campo di battaglia in tutta la sua secolare esistenza: perfino i rudi guerrieri vichinghi giunti nel 1127 a saccheggiare le rendite dell’abate non potevano reggere il paragone con i picciotti che, completamente sbronzi (era una festa, dopotutto) dormivano appoggiati contro i vani delle alte finestre a rosone.
Indan si fece largo tra le sedie in disordine. Nonostante tutti i suoi sforzi, la misteriosa ragazza dagli occhi celesti era come svanita tra le volte dell’abbazia: nelle ultime due ore Indan aveva messo a soqquadro l’ala Nord nel tentativo di trovarla, senza alcun risultato tranne quello di scovare una coppia in fuga d’amore (entrambi di età sotto ai dieci anni: dopo averli spaventati per bene il vampiro aveva provveduto a metterli di nuovo a letto, previo prelievo di una quantità di sangue sufficiente a farli dormire per qualche giorno).
Aveva perciò gettato alle ortiche le regole, come suo solito, ed era penetrato nelle aree degli altri elementi del gruppo, infischiandosene delle conseguenze: la sola cosa che contava davvero era trovare la sua preda.
Un’unica volta era riuscito ad intravedere una lunga ciocca biondo grano: la speranza gli aveva permesso di compiere il balzo più lungo della sua lunga esistenza, ma all’ultimo quel lamento, “Céline?”, aveva fatto scomparire anche quell’esile traccia.
“Dove sei, Cèline?” Sussurrò Indan, scrutando attentamente ogni recondito angolo della sala. La zona apparteneva all’ala Ovest, per cui, guardando con maggior attenzione, poté notare i segni dei canini su ogni collo umano nei dintorni: Hananiag non si era certo risparmiata, quella notte.
“Dove ti nascondi?” Ripeté con tono frustrato: non aveva mai dato la caccia ad una vittima così sfuggente, ma non aveva alcuna intenzione di interrompere la ricerca, per nessuna ragione.
Perché?
Nemmeno lui stesso avrebbe saputo dare una risposta sensata: solamente non poteva continuare il test (e forse anche a vivere) senza prima aver visto quegli occhi innocenti riempirsi di terrore e desiderio, quella carne immacolata macchiarsi di scarlatto, e senza aver finalmente udito la voce di quella creatura implorare una condanna e rifiutare la pietà.
Che suono avrà la sua voce?
Dolce e melodiosa? Roca e sensuale? Metallica?
I pensieri di Indan vennero bruscamente interrotti da un fruscio: alzò il capo e la vide, in piedi sopra uno dei tavoli, il bianco della sua veste stranamente bizzarro se confrontato alle ali di pollo fritte che circondavano i suoi piedi.
“Cèline?” Indan allungò una mano, per una volta incerto sul da farsi.
La ragazza guardò nella sua direzione e sorrise: la sua bocca fu come un pugnale lanciato dritto nel centro del cuore senza vita del vampiro, il quale abbassò involontariamente le palpebre per proteggersi.
Troppo tardi si rese conto del suo errore: nel tempo di un battito di ciglia Cèline stava già imboccando la porta del corridoio.
“Aspetta!” Tentò di bloccarla Indan, facendo ricorso a tutto il suo potere vampiresco: la ragazza si voltò e gli fece cenno di seguirla, per poi sparire nel buio dell’antico corridoio.
Il vampiro scavalcò una nonnina che russava abbracciata ad una mitraglia e la seguì nelle tenebre.
 
Un uomo basso, vestito alla maniera dei samurai, quasi interamente ricoperto di pugnali e katane, avanzò tra gli scaffali.
“Lei è mia.”
“Yo, fratello, mi dispiace, ma l’ho vista per primo e…”
Senza badare a niente altro che non fosse il suo obiettivo, il samurai si diresse verso la cinese.
La giovane, al solo vederlo, parve risvegliarsi dalla trance: scuotendo velocemente la testa indietreggiò verso i due vampiri, per poi usarli come trampolino e lanciarsi sopra alle librerie polverose.
“Fuji-san, vattene e non sarò costretta a farti del male.”
Il samurai la fissò gelido. “Xiao Yun, solo la tua morte potrà guarire ogni mio male.”
“Ehi, ehi! Fratello, qual è il tuo problema?” Provò ad inserirsi Xatiale, incuriosito.
“Che cosa sta succedendo?” Sbottò indignata Hananiag, conscia di non essere più al centro dell’attenzione.
Il samurai e la cinese non parvero rendersi conto della loro presenza, e continuarono l’uno ad avanzare con due katane sguainate, l’altra ad indietreggiare con le mani in posizione di difesa.
“Allora soffrirai per lungo tempo.” Con uno scatto di reni, Xiao Yun si esibì in uno splendido calcio volante in direzione di Fuji-san.
Quest’ultimo incassò e andò a schiantarsi contro una scrivania, spezzandola in due. Si rialzò immediatamente e tornò all’attacco.
“La decadenza dell’umanità…” Commentò Xatiale osservando il combattimento infuriare davanti ai suoi occhi. “Sprecare così tanto del loro poco tempo in mosse da due soldi…”
“Ti lascio alla tua filosofia spicciola: ho un record da battere…” Hananiag decise di passare all’azione: con un movimento fluido spiccò un salto e si interpose tra i due avversari, intenti a distruggere ogni ripiano delle antiche librerie di quercia intarsiata.
“Le vostre questioni private non mi interessano.” Esordì. “Ragion per cui adesso mi prenderò il vostro sangue senza che voi muoviate un dito. D’accordo?”
Fuji-sama la fissò con ostilità.
“Tu… Sei una sua allieva? Come osi interrompere la mia missione?”
“Allieva a chi?” Replicò Hananiag inalberandosi, ma fu interrotta da Xiao Yun: “Non sei una delle mie allieve… Dunque devi essere una delle sue sgualdrinelle viziate armate di katana…”
“Visto? Ti ha inquadrata perfettamente, sorella…” Xatiale si reggeva ad uno scaffale per non cadere a terra dal gran ridere. “E’ il tuo ritratto sputato, soprattutto quel viziata armata di katana, yo yo…”
“Vuoi morire? Ti accontento subito!” Ruggì la vampira.
Una katana dalla lama azzurro ghiaccio comparve davanti al suo naso: “I suoi amici sono i miei nemici.”
Dall’altro lato della stanza, Xiao Yun si rivolse a Xatiale: “Sei con me o contro di me?” Non ricevendo risposta, si preparò a colpire. “Se non sei con me sei contro di me!”
“Se proprio insisti…” Risposero all’unisono i due non-morti.
Hananiag scartò di lato, per poi scagliarsi contro Fuji-sama: l’uomo incredibilmente riuscì a schivare l’attacco. Nei dieci minuti successivi la vampira si ritrovò a dover lottare per la propria vita: Fuji-sama poteva essere un umano, ma in quanto a tecnica e abilità in battaglia era più pericoloso di uno zombie svegliato in anticipo dal letargo.
La conversazione ad ogni modo non rischiava di languire.
“Dopo la tua allieva, la prossima sarai tu, strega!” Fuji-sama roteò con rabbia la spada, rischiando di recidere un polso ad Hananiag.
“Traditore, le tue minacce non mi toccano: quel che ho fatto era nei miei diritti!” Replicò Xiao Yun, tra un pugno e l’altro.
“Depredare le sacre reliquie del Buddha Grigio è diventato un diritto?”
“Riprendere ciò che era stato rubato con l’inganno, questo è il dovere di ogni sacerdotessa della Pagoda di Rame.”
“Avevi giurato di rinunciare a quel titolo!” Ringhiò Fuji-sama.
“Avevi detto di amarmi!” Sibilò Xiao Yun.
“Sembra interessante.” Xatiale ascoltava con curiosità. “Quindi vi siete sedotti e ingannati a vicenda, giusto fratello?” Chiese poi a Fuji-sama.
“Risparmia il fiato per quando dovrai affrontare me, vampiro degenere…” Lo redarguì Hananiag, schivando un doppio calcio rotante.
“Oh, perdonami sorella: per un meraviglioso istante mi ero dimenticato della tua esistenza e…”
Attento!” Urlò la vampira.
Una lama d’argento partì dalle mani di Xiao Yun e andò a conficcarsi nel punto in cui si trovava Xatiale.
“Giochi sporco, strega!” Inveì Fuji-sama, vedendo Xiao Yun impugnare un’altra spada.
“Ho imparato dal migliore…” E il combattimento riprese.
“Perché l’hai fatto?” Chiese stupito Xatiale, disteso sotto al corpo di Hananiag, tra gli scaffali rovesciati.
La vampira sembrava più stupefatta di lui. “L’argento è come il frassino: saresti morto, no?”
“Non era il tuo più grande desiderio, sorella?” Il vampiro la guardò negli occhi.
Hananiag si scostò bruscamente da lui.
Non chiamarmi sorella!” Strillò lievemente isterica, e gli diede le spalle.
 Due braccia forti la fecero voltare, e si trovò faccia a faccia con Xatiale. “Ehi, l’argento vale solo per i licantropi: era scritto nel tomo di Pronto Soccorso Vampiro, al primo anno di Accademia…ricordi, Hana?”
Perché riesce sempre a farmi morire di rabbia?
“Ti riferisci a quella volta in cui mi hai fatto finire in Confino per la tua dissezione sbagliata, mentre tu andavi all’appuntamento con Rania?”
Perché?
“O a quella volta ad Anatomia, quando ho dovuto ripulire le interiora della tua umana sotto minaccia di…”
“Che memoria…”
Perché…Perché lui è Xatiale.
“Eri e rimarrai sempre un idiota.”
E io pure.
Xatiale sorrise.
“In tal caso…” Attorno ai due vampiri infuriava la battaglia, ma non se ne curarono. “Sarebbe molto ragionevole finire quei due umani, e tornare al nostro test…”
Hananiag incassò il colpo senza fiatare, come sempre, e si preparò ad alzarsi, pronta a rimettere la maschera sprezzante che la proteggeva dal mondo e da lui.
“…Ma la ragione non è cosa da idioti.”
E Xatiale, afferratala per le spalle, la baciò.
Gli organi interni e rinsecchiti di Hananiag sembrarono fondersi in un unico blocco indistinto, mentre rispondeva con passione. Dopo un’eternità riaprirono gli occhi, disturbati dal clangore delle lame.
Xatiale accennò ai due umani. “Credo che noi potremmo impiegare meglio il nostro tempo…”
 
 
 
 
Indan era quel che si definirebbe un teppista.
Aria cupa, sguardo di ghiaccio, capelli tinti, canini sviluppati, voti nella media, fedina penale non proprio candida… Quando voleva qualcosa, qualunque cosa, si limitava a reclamarla per sé.
Nessuno osava opporsi, nessuno poteva resistergli.
Eppure, in quel momento, il vampiro aveva la strana impressione che quel serrato inseguimento, invece di rappresentare una minaccia per la sua preda, fosse la più abile forma di resistenza alle sue doti finora incontrata.
Colmo di rabbia repressa sbatté un pugno contro il muro del corridoio, distruggendo un arazzo del XIV secolo (raffigurante una serie di monaci in processione lungo la costa scozzese: una dura perdita.).
Céline.
Ormai quel nome era diventato una sfida: Indan non avrebbe lasciato quelle volte ad arco acuto prima di aver trovato la ragazza.
Cosa poi ne avrebbe fatto di lei, questo non lo aveva ancora deciso.
“Céline… Dove sei?” Ancora quel lamento: questa volta proveniva dal grande portone socchiuso a destra. Il non-morto si precipitò in quella direzione, da dove proveniva un rumore metallico (una lama di spada?) e cos’era quest’altro suono? Una scudisciata?
Lo spettacolo che si presentò ad Indan non appena varcata la soglia lo avrebbe perseguitato nei giorni a venire.
Immersi nelle luci stroboscopiche appese alle scanalature delle volte secolari, una trentina di uomini d’affari in pigiami discinti faceva il trenino a ritmo di musica gothic rock, girando in cerchio attorno ad un seggio di ebano (appartenuto all’ultimo abate, morto in circostanze misteriose una decina di secoli prima) piazzato al centro della stanza.
In piedi sul seggio, una ragazza dai lineamenti affilati messi in risalto dai cortissimi capelli neri e dagli occhiali dalla montatura squadrata manovrava una frusta con estrema efficienza sopra le natiche dei nababbi dell’alta finanza: dopo ogni colpo faceva sì che la spessa corda nera si arrotolasse lungo il suo corpo snello, coperto solo da un cortissimo indumento di pelle nera (con buona pace dell’immaginazione).
Alle sue spalle, due uomini in vestaglie color pastello rimiravano soddisfatti il risultato dei loro sforzi.
“Non è adorabile?” Louis si strinse a Victor, che annuì: “Sono un genio, l’ho sempre saputo.”
“Thanales?” A bocca aperta, Indan riconobbe allibito la compagna.
La vampira smise momentaneamente di far sibilare la frusta e si voltò verso di lui.
“Non è fantastico?” Gli chiese con un sorriso radioso. “Riesco a manovrare le loro menti come voglio: non pensavo di esserne capace…”
Indan non rispose, troppo sconvolto dalla rivelazione.
“E’ tutto merito di Victor e Louis: senza di loro non avrei mai…”
“Non darci tutto l’onore, gioia.” La interruppe Victor. “Senza la materia prima niente di tutto ciò sarebbe stato possibile.”
“Come parli bene, Victor!” Trillò Louis. “Mia cara, era tutto dentro di te: serviva solo una spintarella per farlo uscire. Goditi il momento, ma chérie…”
Thanales arrossì di piacere, e la sua frusta riprese a saettare sulle schiene dei suoi succubi.
Indan sarebbe rimasto stordito ancora per molto se un sussurro ben noto non gli fosse giunto alle orecchie.
“Céline…”
Immediatamente il vampiro aguzzò ogni senso, nel tentativo di trovare la fonte del lamento, cercando di ignorare gli ansiti degli uomini attorno a lui.
Infine un lembo di seta bianca che sparì dalla porta di servizio lo riportò sulla pista giusta. Non perse tempo a farsi largo a gomitate tra la folla esaltata e stregata: con un solo balzo raggiunse i battenti e scomparve anch’egli oltre la soglia.
Louis stappò una bottiglia.
“Chi vuole dello champagne?”
 
 
 
 
 
 
Non importava che l’alba fosse ormai quasi sorta e il tempo stesse per scadere.
Correndo a velocità inumana Indan salì i ripidi gradini del campanile, inseguendo la forma bianca. Per quanti sforzi avesse compiuto, Céline non era ancora stata conquistata, i suoi occhi non erano ancora sporchi di sangue, la sua bocca era ancora pura.
Che sapore avrà la sua pelle?
Il pensiero fece triplicare le forze del vampiro, e in un attimo fu in cima, tra le antiche campane di bronzo.
E finalmente Céline interruppe la sua fuga.
Il vento non aveva smesso di infuriare sulla brughiera: ululando si incuneava tra le fessure dei bastioni, tra le ragnatele delle travi, tra le spesse corde delle campane, facendole dondolare e creando sinistri accenni di rintocco.
Ovviamente per Indan era come trovarsi tra le mura accoglienti di casa (una vecchia magione nobiliare in quel di Francia), quindi l’idea di voltarsi e scappare non lo sfiorò nemmeno per un istante.
“Céline.” Pronunciò il suo nome lentamente, come una formula magica in grado di trasmutare gli elementi.
I lunghi capelli biondi frusciarono al soffiare del vento. La ragazza si voltò: i suoi occhi erano specchi di acqua pura, in cui Indan si immerse definitivamente, senza pensare al ritorno.
Si avvicinò a lei, accorgendosi solo allora di quanto fosse minuta e fragile: una mano sarebbe stata sufficiente a spezzarle la schiena, se solo avesse voluto.
Céline sorrise di nuovo, avanzando di un passo, e il vento, cambiando direzione, fece volare alcune ciocche dorate tra la chioma blu notte di Indan. Scostandole delicatamente il non-morto allungò le dita verso il mento di Céline.
Improvvisamente le gambe gli cedettero, i suoi arti iniziarono a tremare convulsamente, mentre il cuore iniziava a pulsare nel petto senza vita.
“Dannazione!” Sussurrò Indan, spalancando gli occhi nel momento in cui venne aspirato nel buio.
L’ultima cosa visibile ai suoi occhi fu il volto di Céline, vagamente dispiaciuto.
E fu allora che spuntò l’alba.
 
 
 
 
Non mi congratulo con voi, signori.”
La direttrice squadrò i quattro vampiri con disgusto.
“Francamente: avete fatto pena.” Percorse a grandi passi l’ufficio. “Xatiale e Hananiag: non siete riusciti a mordere tutte le vittime delle vostre zone.”
“ Direttrice, ero sicuro che…”
“Ho morso tutti gli umani, ne sono certa!”
La Direttrice li zittì con un’occhiata glaciale.
“I due umani in Biblioteca. Uno apparteneva all’ala Est, l’altra all’ala Ovest. E’ stato necessario far loro dimenticare di avervi incontrato e di essere stati Richiamati assieme a voi due.”
Xiao Yun e Fuji-sama erano piombati nel mezzo della Sala Congressi meno di due ore prima, ancora immersi nel combattimento, senza avvedersi del cambiamento: un’ora e tre dosi di sedativo ciascuno dopo erano stati rispediti all’Abbazia privi di qualsivoglia ricordo di quella notte (anche se la Direttrice, fatalmente incline al romanticismo se svegliata in piena notte, aveva fatto inserire tra i loro pensieri una certa idea riguardo a matrimoni e divorzi con penale…).
“Quel che non capisco è…” Continuò la vecchia non-morta. “Se eravate tutti in Biblioteca, perché non siete stati in grado di sconfiggere quei due umani nello spazio di cinque ore e venti minuti?”
Hananiag e Xatiale evitarono accuratamente di guardarsi.
La Direttrice sospirò. “E’ evidente che il significato di collaborazione e strategia di gruppo non vi è chiaro… Avrete modo di colmare questa lacuna nei prossimi dieci anni, mentre assisterete insieme alle lezioni di recupero e mentre pulirete insieme ogni angolo di quest’Accademia.”
Nessuno dei due fiatò.
Se qualcuno si fosse preso la briga di guardare più attentamente, forse avrebbe notato l’occhiata d’intesa che i due vampiri si scambiarono alle spalle della Direttrice, ma poiché tutti gli eventuali osservatori erano persi nei loro pensieri la stranezza non fu rilevata.
“Indan: mi hai deluso.” Il vampiro si strinse nelle spalle. “Non solo il tuo numero di vittime è talmente scarso da rasentare l’idiozia, ma hai sprecato tutto il tuo tempo in una caccia completamente inutile…” La Direttrice sbatté un pugno sopra il tavolo. “Si può sapere come hai potuto dare la caccia ad un fantasma?”
Indan sbatté le palpebre per scacciare il ricordo di un paio di occhi celesti e di una voce cristallina nelle tenebre del Richiamo.
Scusami, ma ero sotto esame anch’io…
“Ed ora l’Educandato degli Spiriti si farà beffe dell’Accademia per i prossimi due millenni…” Il pugno questa volta sfondò la scrivania. “Avrai modo di riflettere ampiamente su questo tema assieme ai tuoi compagni.”
Sabato prossimo, a mezzanotte, qui?
Non sarebbe stato difficile trovare un modo per uscire dall’Accademia durante le pulizie, meditò Indan, a costo di costringere gli altri imbecilli a coprirlo.
Segretamente soddisfatto, si lisciò la frangia.
“Quanto a te, Thanales… Devo dire di essere sorpresa: sei stata l’unica ad avere completato il numero di vittime richiesto, vale a dire tutti gli umani della tua ala.”
Il nuovo look di Thanales aveva riscosso grande trionfo: la Direttrice fissò con approvazione i lunghi tacchi a spillo argentati e le calze a rete.
“ Tuttavia il merito del tuo successo spetta a chi ti ha consigliato questo cambiamento d’immagine: è un errore meno grave degli altri, ma comunque impossibile da soprassedere. Per questo seguirai con gli altri le lezioni di recupero.”
Thanales emise un lieve sospiro, residuo dei vecchi tempi.
“ Potrai invece saltare i turni di pulizia per seguire le lezioni extra di Madame Macbeth sul fascino crudele…”
Con un sorriso, la giovane vampira pensò a cosa avrebbe detto sua zia una volta ritornata a casa…
La Direttrice scrutò di sottecchi i quattro ragazzi seduti davanti a lei: “Sembrate felici di tutto questo…”
Tutti e quattro, all’unisono, si affrettarono a negare.
“Assolutamente, no!”
“Affatto!”
“E’ un’ingiustizia!”
“Un affronto!”
“Molto bene. Per un istante ho pensato… Ma non vale la pena di discuterne. Ora andate!”
Solo Thanales, uscendo, si girò per chiedere: “Direttrice… Non è possibile che io abbia morso tutti gli umani…”
“Che tonta…” Mormorò Xatiale a Hananiag, sfiorandole un polso e guadagnandosi una gomitata allo stomaco.
Dopotutto erano ancora in incognito, giusto?
“Che vuoi dire?”
“Non ho morso i due umani, Victor e Louis, che mi hanno aiutata a…”
“Non capisco, ragazza: il conto degli ospiti dell’ Abbazia è stato fatto attentamente: nella tua ala non risultavano altri esseri viventi oltre agli insetti.”
 
 
 
L’alba avanzò placida tra l’erba percossa dal vento: al suo passaggio le ombre notturne indietreggiavano sempre di più, lasciando spazio alla sua marcia verso l’Abbazia.
Sulla cima del campanile, Victor e Louis ammiravano lo spettacolo dei raggi dell’aurora riflessi sulle nuvole tempestose.
“E’ sempre una visione meravigliosa, mon chér…” Commentò rapito il secondo.
Victor appoggiò gli avambracci alla balaustra.
“E’ incredibile: in tanti secoli nessuno ha mai prestato abbastanza attenzione a tutto questo…” Stese una mano a indicare il panorama. “Persino i miei confratelli preferivano leggere il mattutino piuttosto che salire quassù.”
Con un sorriso Louis gli passò un braccio attorno ai fianchi.
“Allora è stata una fortuna che io abbia scelto questa dimora come scenario della mia morte, non trovi? Senza di me, chissà per quanti altri secoli avresti aspettato uno spirito raffinato quanto me…”
“Pensavo fossi tu ad aver avuto bisogno di me. Se non ti avessi raccolto, povera anima in lacrime ai piedi del campanile, chissà per quanti secoli avresti pianto la morte della tua amata…”
“Direi che è stata una fortuna per entrambi.”
“O un miracolo, oserei aggiungere.”
Il sole era a pochi metri dalle mura.
Louis guardò Victor sorridendo.
“Anche quest’anno è stato interessante, non trovi?”
“Ne dubitavi? Forza, è tempo di andare: dobbiamo organizzarci per la prossima volta.”
“Non è un po’ eccessivo?”
“La perfezione non è mai troppa.”
La luce del sole colpì gli spalti dell’Abbazia, ma non trovò nessuno ad attenderla: i due fantasmi si erano già allontanati insieme nel regno delle ombre.
Fino ad un nuovo Halloween.
 
 
 
 
 
  

  
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