Storia
SECONDA CLASSIFICATA al
contest “Nei panni del Vampiro”, indetto da VaniaMajor.
Nickname Efp: Snap95
Nickname Forum: Snap95
Titolo: “Osiride,
sangue e sabbia”
Genere: Dark,
Mistero
Rating: Giallo
|
Osiride
Sangue
e sabbia
- Buio.
- Anche quella
notte, la stanza era immersa nella più profonda
tenebra.
- Il mio viso,
nascosto sotto la maschera, era imperlato di sudore,
e ciò mi ricordava la rugiada del mattino che lieve ed elegante si
posava sulle
foglie degli alberi.
- Era così tanto
tempo che non potevo godere della splendida
semplicità che solo la brina sapeva avere.
- Scacciai dalla
mente quel pensiero inutile, e cercai di
concentrarmi sull’ambiente che mi circondava.
- Il salone era
ampio e accuratamente decorato con pitture e mobilio
pregiato.
- Il trono su
cui ero seduto, si ergeva al fondo della stanza, in
segno di benvenuto ai “nuovi arrivati”.
- Non capivo
come si poteva sprecare tanto oro e pietre preziose per
un morto.
- Tutte le
pareti erano accuratamente decorate a mano, con disegni e
preghiere assolutamente minuziosi. Mi sarebbe piaciuto saper dipingere
in quel
modo eccelso.
- Il soffitto
era talmente alto da sembrare quasi eccessivo e
megalomane.
- Mi resi conto
che un uomo piccolo e minuto si stava avvicinando a
me, strisciando come un verme sul pavimento sporco di sabbia e fango.
- Non era una
persona particolare, era il classico maschio
mingherlino di mezza età.
- I suoi capelli
erano probabilmente inesistenti, o in caso
contrario nascosti dalla parrucca nera.
- Non pensai
neanche per un istante a chiedergli di alzarsi, poiché
lui era obbligato a umiliarsi in mia presenza.
- -Vengo in
vostro cospetto, Oh Signore
della Morte, Custode delle anime oltrepassate, per chiedervi
umilmente di
accettare mia moglie, Kenati, nel Regno dei Morti.-
- Osiride.
- Questo era il
nome con cui tutta la popolazione dell’Egitto mi
conosceva.
- Per loro io
ero il Dio dei Morti. Mi veneravano e mi pregavano in
ogni ora del giorno, si sottomettevano a me di loro spontanea volontà,
e
neanche il Faraone aveva una potenza paragonabile alla mia.
- Io ero la
chiave per la vita dopo la morte, ciò per cui ogni
egiziano smaniava.
- Io ero il
Signore dei Morti.
- Nessuno poteva
anche solo permettersi di guardarmi negli occhi,
per questo venivano coperti da una maschera.
- Non era la
prima volta che mentivo spudoratamente ad un’intera
popolazione, ma quella volta le cose erano filate assolutamente lisce,
anzi
erano andate meglio del previsto.
- Non mi sarei
mai aspettato tutta quell’ammirazione.
- In fondo,
quando ero arrivato a Tebe, avevo solo sperato di
trovare un luogo in cui insediarmi e trovare rispetto e una casa in cui
stare.
- Ma tutto
quello sfarzo non mi dispiaceva affatto.
- Mi spolverai
il gonnellino di lino, e presi ad atteggiarmi come
solo un dio poteva fare; d’altronde mi immedesimavo perfettamente nella
parte,
anche grazie alla mia estrema eleganza signorile.
- L’uomo davanti
a me annaspava, sintomo del fatto che era
impossibilitato a vedere.
- Solo la mia
vista si raffinava con il buio.
- -Inchinati al
mio cospetto, sudicio verme! Come osi chiedere un
tale favore al tuo Dio?-
- La mia voce
apparve severa e potente tra i muri della piramide in
cui ci trovavamo.
- Non avevo
alcun problema nel rendere il mio tono di voce
perfettamente spietato e brutale, avevo avuto secoli a disposizione per
allenarmi.
- La prima volta
in cui avevo dovuto usare quella tecnica, nei
piccoli popoli tra il Tigri e l’Eufrate, era successo un bel pasticcio.
Per i
primi tempi mi avevano creduto, venerandomi e amandomi, ma poi le cose
erano
degenerate ed io ero dovuto scappare.
- Ma tutto ciò
era stato solo in mio beneficio, poiché ero approdato
in Egitto: il popolo più credulone che io avessi mai conosciuto.
- Tornai con la
mente nella stanza buia, e notai che l’omiciattolo
si era letteralmente spiaccicato sul pavimento. Da ciò che potevo
notare stava
tremando, e forse anche piangendo.
- Facevo a tutti
lo stesso ridicolo effetto.
- -La prego
Vostra Grazia, accettate mia moglie nel vostro reame.-
- Il
mio reame.
- Non chiedevo
un regno da governare. Mi sarebbe bastato un posto
fisso in cui poter alloggiare, una piccola capanna tutta mia, una
moglie da
baciare, un pargoletto da poter sfamare.
- Mi sarebbe
bastato avere una vita.
- Era passato
così tanto tempo dalla notte in cui avevo perso la mia
vitalità.
- Non riuscivo a
ricordare di preciso quando fu l’ultima volta che
vidi il sole sorgere, ma rammentavo perfettamente lo spettacolo senza
confronti
che sapeva offrire.
- Un’immagine
ricorreva nei miei sogni tormentati: dietro le vette
delle alture, in un posto che non ricordavo di aver mai visto, una luce
fioca e
debole spuntava, quasi a voler timidamente far sapere a tutti che lei
c’era.
Poi, secondo dopo secondo, quel piccolo barlume diventava sempre più
intenso,
sempre più giallo, sempre più accecante.. E a quel punto un raggio
spuntava
illuminando tutto il panorama.
- Poi si poteva
notare un altro raggio, e ancora un altro.. finché
non diveniva un susseguirsi di scie solari sempre più splendide e
luminose, che
si appropriavano dell’intero cielo.
- Ma quando
stava per sorgere tutto il sole, dandomi la possibilità
di vederlo (anche solo se in un sogno)..
- Mi svegliavo
dal mio stato di semi-morte, sbarrando gli occhi
vitrei, privi di ogni emozione.
- Ogni notte era
la stessa storia, lo stesso incubo ricorrente che
violentava i miei riposi.
- Il non poter
assaporare il calore della luce mattutina era
sicuramente la tortura peggiore della mia condizione.
- Qual era il
mio status?
- No, non ero un
dio. Non ero Osiride, il temibile Protettore
dell’Aldilà.
- Mi ero
appropriato di quella tradizione egizia, già esistente, per
poter fare i miei loschi scopi, per potermi assicurare protezione e una
dimora
lugubre degna del re dei morti.
- La mia vera
identità era sconosciuta a tutto il mondo.
- Uno stralcio
di verità esisteva in tutta quella menzogna: io
appartenevo realmente al Regno della Notte, alla Morte. Ma non
esattamente nel
modo in cui tutti credevano.
- Io ero il
Figlio della Notte.
- Io ero il Vampiro.
- Dall’alba dei
tempi, o comunque da un periodo abbastanza lontano
da essermelo scordato, ero costretto ad una condizione di semi-morte.
- Non mi
ricordavo com’era accaduta la mia trasformazione da essere
umano a vampiro, poiché avevo rimosso ogni memoria della mia vita da
umano.
- Le mie
reminescenze partivano con l’immagine di me stesso chiuso
in una grotta umida, piagnucolante e febbrile.
- Certo, avevo
dei ricordi sfocati della mia vita di uomo, ma nulla
di troppo importante.. A parte le splendide memorie dell’alba.
- Il mio stato
di non-morto aveva i suoi avvilenti svantaggi. Come
ad esempio il fatto di non poter uscire allo scoperto durante il
giorno, poiché
ero allergico alla luce solare.
- Non potevo
nemmeno assaporare i cibi. Ed era frustrante.
- Avrei tanto
voluto mettere in bocca una crosta di pane, e sentire
il rumore che produceva nel frantumarsi tra i miei denti. Avrei voluto
poter
bere un buon bicchiere di limpidissima acqua.
- Mi sarebbe
piaciuto molto, si.
- Che cosa
dovevo procurarmi per vivere al posto del cibo?
- Qua arriva la
parte che io amavo di più.
- Sangue.
- L’unica
sostanza in grado di mantenermi in vita, rendermi
immortale e mostruosamente invincibile…
- Era il sangue.
- Limpido,
scintillante, dal sapore metallico e incomparabile… Una
voglia incontentabile.
- L’unico
piacere di cui non potevo fare a meno.
- La mia droga.
- Puntai il mio
sguardo tagliente sulla figura dell’uomo tremante.
- Sfoderai il
ghigno sadico che non riuscivo a contenere, quando
l’istinto di predatore si impossessava del mio corpo e della mia mente.
- La voglia era
arrivata, nessuno avrebbe potuto fermarla.
- -Non ti dovrai
preoccupare per tua moglie, perché sarai tu stesso
ad accompagnarla nel Regno dei Morti.-
- Così dicendo,
senza preavviso e con un movimento assolutamente impercettibile…
- Saltai alla
gola dell’uomo.
- Sangue.
- La notte era
di un buio particolare quel giorno.
- Non era tetra
e oscura come ogni volta, ma le stelle che brillavano
come piccole lucciole, gli donavano un’aria del tutto romantica e
malinconica.
- Mi portai alla
bocca un bicchiere di sangue; ne conservavo sempre
un po’ dalle vittime umane che sgozzavo, in modo da averne una piccola
scorta per
qualunque evenienza.
- C’era una
strana quiete, come se delle dolci note musicali
stessero suonando, suadenti, nell’aria.
- La mia capanna
era situata in una parte periferica della città,
così da potermi confondere con il resto della gente. Dovevo mantenere
una certa
discrezione, siccome la mia identità doveva rimanere sconosciuta.
- Se qualcuno
avesse scoperto che io, mediocre cittadino del Regno
d’Egitto, di notte mi travestivo da Osiride e prendevo in giro il
Faraone,
sarei stato costretto a rifare i bagagli e cambiare nuovamente
residenza.
- Ma l’Egitto mi
piaceva, e non volevo abbandonarlo; era una piccola
certezza nella mia esistenza basata sulla solitudine.
- A volte,
quando dimenticavo la brama di sangue, sentivo il bisogno
di avere una famiglia, degli amici, un lavoro.. Ma la mia natura me lo
impediva, non ero un uomo.
- Ed ero
spietato, vendicativo.. affamato.
- In un piccolo
bauletto di legno, nascosto tra la sabbia, erano
contenute le ricchezze che accumulavo fingendomi il Guardiano del Regno
dei
Morti.
- Gli egiziani
pensavano davvero che il loro Dio si fosse presentato
a loro, e per quest’evento senza precedenti ergevano enormi statue in
suo
onore.
- In realtà
erano stati fregati da un vampiro avaro.
- Ironia della
sorte, già.
- Nella vita
quotidiana del popolo non ero presente, siccome dovevo
rimanere chiuso dentro il sarcofago d’oro, (situato in un buco al di
sotto del
terreno della mia catapecchia) che mi ero procurato.
- Di notte
girovagavo senza meta per la città di Tebe, ammirando le
splendide costruzioni e il paesaggio dall’orizzonte infinito che solo
quella
terra poteva donare.
- D’un tratto un
rumore mi riportò alla realtà: la tenda della mia
capanna si stava aprendo.
- Chi mi poteva
cercare a quell’ora di notte?
Nascosi il bicchiere di sangue dentro ad un cesto di vimini, e mi sedetti composto sul letto di legno, notando che era sporco di sabbia e polvere. - -Chi mi
cerca?- chiesi con un tono di voce severo.
- Una mano
delicata e abbronzata spuntò da fuori la tenda.
Apparteneva sicuramente ad una donna.
- E dato che era
abbronzata doveva essere una schiava o una popolana,
poiché le nobildonne erano di pelle chiara a causa del fatto che non
uscivano
quasi mai dal palazzo reale.
- Uscii dalla
condizione di staticità assoluta che solo noi vampiri
potevamo assumere, e mi concentrai sul mio ospite.
- -Vorrete
scusarmi signore, ma mio padre, un umile agricoltore che
vende i suoi prodotti al mercato, sta cercando degli uomini forti che
possano
aiutarlo domani mattina. Vi prego di perdonarmi per l’orario
inopportuno, ma
devo obbedire agli ordini.-
- La voce
flebile ruppe il silenzio, provocandomi un piccolo spasmo
incontrollato; mi succedeva sempre quando udivo voci così femminili e
aggraziate.
- -Entrate-
dissi, ormai curioso di vedere il suo aspetto fisico.
- La tenda si
scostò del tutto, e la figura che entrò mi lasciò
senza parole: era di una bellezza splendida.
- Il corpo
sinuoso come quello di una sirena, e il seno prosperoso degno
delle dea Hathor.
- Un kalasiris
(indumento
femminile in lino) le copriva il corpo, lasciando però in vista le
spalle
piccole e la pelle color caramello.
- I suoi occhi
da cerbiatto erano vispi e sull’attenti, cosa che mi
dava l’impressione che non fosse una donna stupida. Anche i capelli
erano di
uno splendido nero corvino, e le cadevano lungo i fianchi, quasi a
farle da
veste.
- Qualsiasi uomo
avrebbe fatto follie per una moglie come quella.
- Ma il punto
del suo corpo che più mi stava facendo fremere era il
collo lungo, accentuato da una collana di rame che le cadeva tra i seni.
- Era una
popolana, e probabilmente sarebbe rimasta povera per tutta
la vita, ma possedeva un’arma micidiale: la bellezza.
- Teneva le mani
lungo i fianchi, ed era visibilmente agitata. Se
qualcuno l’avesse vista dentro la mia capanna, l’avrebbe sicuramente
additata
come una donna facile.
- Le cose
funzionavano in quel modo in Egitto.
- Mi lasciai
andare sul letto, e mi portai sensualmente le mani
dietro la nuca.
- -E così vostro
padre cerca operai-
- La ragazza si
massaggiò il palmo della mano con l’altro arto, e
prese a muovere freneticamente il labbro inferiore.
- Il mio livello
di eccitazione stava salendo a dismisura.
- Avevo una
dannatissima voglia di sangue, e quella donna, con il
suo fare spaventato e insicuro, si stava servendo sul piatto d’argento.
- Ero un
predatore e smaniavo poiché le mie prede fossero
terrorizzate dal sottoscritto.
- -Si, Signore.
Sono qui per chiedervi umilmente se potesse
interessarvi questo lavoro.-
- Figlia di
operaio.
- Nessuno
avrebbe sentito la sua mancanza, e probabilmente nemmeno
il padre si sarebbe preoccupato troppo per lei.
- Se fosse morta
il mondo avrebbe tranquillamente fatto a meno di
lei. Non era ricca, non era nobile. Non contava nulla.
- Tutto questo
era ciò che io cercavo sempre nella mia preda. Non
ero un vampiro stupido, non sarei mai andato a nutrirmi del sangue di
un
aristocratico. Tutti lo avrebbero cercato.
- Al contrario,
nessuno si curava di chiedersi dove fosse finito uno
schiavo, o un povero operaio.
- Mi alzai con
uno scatto improvviso e agile come quello di un
felino.
- Vidi la
femmina sussultare quando si accorse che non ero più sul
letto, ma bensì con il fiato sul suo collo.
- Inebriante.
- Il suo profumo
saliva nelle mie narici e mandava in corto circuito
il mio sistema nervoso; emanava il
classico
odore di una vergine, lo potevo sentire.
- Quella donna
aveva tutte la caratteristiche che io bramavo di più
nella mia vittima.
- Con i suoi
grandi occhi nocciola e l’aria da cucciolo smarrito, mi
eccitava oltre ogni limite.
- E potevo
sentire sulla lingua il sapore metallico del suo sangue virtuoso.
- Non c’era
nulla che potesse impedirmi di nutrirmi di quello
splendido esemplare di femmina.
- Sentivo il suo
respiro farsi sempre più affannato, mentre
nell’aria l’odore tipico della femmina eccitata aumentava sempre di
più.
- Non capivo
perché le donne umane fossero attratte così tanto dal
pericolo, da esserne anche estasiate sessualmente. Forse amavano
sentirsi sottomesse?
A me non dispiaceva, anzi, la componente sessuale era quasi d’obbligo durante i miei pasti. - Per questo
preferivo nutrirmi di ragazze vergini, possibilmente
belle e in salute; non perché il sangue ammalato mi potesse contagiare,
ma solo
per una questione di gusto e qualità.
- Ero un
buongustaio, certamente.
- Però bramavo
le donne pure, perché mi facevano sentire uomo; con
loro potevo far esplodere tutta la mia rabbia repressa nei confronti
del mondo,
che mi aveva costretto ad essere un vampiro senz’anima. Potevo
maltrattarle a
mio piacimento, potevo far uscire il pazzo sadico che era nascosto in
me.
- Amavo il
sangue, lo amavo davvero, ma certe volte avrei preferito
avere una vita.
- -Io.. Vi ho
già visto da qualche parte..- sussurrò la donna, con
la voce impastata.
- Quella ragazza
probabilmente mi aveva visto ad una delle
molteplici cerimonie in onore di Osiride, ma era strano che mi avesse
riconosciuto, poiché portavo sempre la maschera.
- Quasi
certamente mi aveva scambiato per un altro uomo.
- -Sono sicuro
che vi state sbagliando, cara- le alitai sul collo
strappandole un brivido.
- Se si fosse
accigliata dopo aver udito il nomignolo che le avevo
affibbiato, allora non sarebbe stata una preda semplice; al contrario,
se le
fosse piaciuto, era già in mio possesso.
- Sentii il
profumo della sua eccitazione divenire sempre più
intenso, cosa che mi assicurò il fatto che non le era dispiaciuto
essere
chiamata “cara”.
- Era mia.
- Il suo sangue
era mio.
- -No, io vi ho
visto.. il vostro corpo.. mi è familiare..-
- Ormai faticava
anche solo a parlare, poiché erano evidenti i
gemiti di piacere che cercava di soffocare.
- Se solo avesse
saputo con chi aveva a che fare, allora il suo
atteggiamento sarebbe mutato.
- Ma facevo lo
stesso effetto a tutte le donne, e ciò mi facilitava
il lavoro, rendendolo anche migliore.
- Gli umani
erano facilmente condizionabili, e anche un po’ stupidi.
- -Sono certo
che mi avete scambiato per un altro uomo, io non vi ho
mai vista prima d’ora.-
- La mia voce
lussuriosa le strappò un gemito gutturale, cosa che mi
permise di notare la vena del collo che si ingrossava.
- Adesso non era
l’unica ad essere eccitata.
- Fame.
- Non riuscivo
più a contenere la sete, volevo morderle il collo..
- Avevo il
bisogno fisico di sentire il suo dolce sangue scorrere
nella mia gola, lieve e fluido sulla mia lingua.
- Non riuscivo
più a contenere il desiderio, che premeva forte nel
mio corpo.
- -Voi non siete
originario di Tebe, vero? Venite per caso da
un’altra città dell’Egitto?- poi sentii la paura invadere il suo corpo,
ed ella
si scostò dal mio corpo che premeva dietro di lei.
- -Che succede,
mia cara?-
- -Non sarete
per caso uno straniero? Se foste un nubiano?-
- La sua unica
preoccupazione era che fossi un uomo macchiato di
vergogna. Com’era superficiale.
- Ero molto di
più.
- Ero colpevole
di assassinii, di morti, di stragi. Di tradimenti,
menzogne.
- Un criminale
in tutto e per tutto. Altro che “macchiato di
vergogna”.
- Sfoderai il
sorriso più ipnotico che sapessi fare. –State
tranquilla, vengo da Giza.-
- Un’altra mezza
bugia, o mezza verità, che si andava a sommare alla
lista di quelle che già aveva detto; a Giza ci ero stato davvero per un
lasso
di tempo, ma non ero originario di quel posto.
- La mia vita
era basata sulla finzione. Ero un attore che portava
avanti egregiamente la sua pièce.
- Nessuno poteva
sapere che io ero un vampiro.
- -Dicono che a
Giza il faraone abbia fatto ergere un’enorme statua
dalle sembianze terrificanti!-
- Ingenua.
- Ecco il
termine giusto per descrivere quella ragazza. Sembrava
così piccola e credulona, una tenera ragazza delle periferie di Tebe,
abituata
ad essere protetta dai pericoli della vita.
- Proprio non si
rendeva conto che dietro a quella scultura
megalomane c’era un lavoro di schiavi maltratti, di giochi di potere e
soprattutto di tombe prosciugate.
- Avevo io
stesso dovuto processare, sotto nome di Osiride, alcuni
scribi, il visir del Faraone e comuni schiavi, per aver profanato la
tomba del
precedente Faraone.
- Certo, i
poveri popolani lo facevano solo per accaparrarsi qualche
tesoro, e poter sfamare le proprie famiglie. Ma i visir erano dei puri
e
semplici traditori, infami.
- La sentenza
era stata di condanna a morte; erano stati impalati
vivi nelle vicinanze di Tebe.
- Una cosa così
terrificante che poteva essere paragonata a ciò che
facevo io per nutrirmi.
- -Si, è esatto.
È molto inquietante.- dissi tornando alla
conversazione con la donna.
- -Voi l’avete
vista?- chiese con gli occhi luccicanti, pieni di
ammirazione.
- -Certamente.
Quando sono venuto qui a Tebe era in costruzione.-
- -Qui a Tebe
non costruiscono più le piramidi. Le voci dei popolani
dicono che i reali abbiano spostato i
loro sepolcri in una valle qui vicina, sotto terra. Deve essere così
oscuro
come luogo. Non credete?-
- Si, le
leggende erano veritiere.
- Una notte,
mentre ero travestito da Osiride, il Faraone era venuto
al mio cospetto informandomi del fatto che aveva intenzione di spostare
la sua
tomba sottoterra, in una valle immensa subito fuori Tebe; mi aveva
chiesto se
secondo me era una buona idea. Avevo acconsentito.
- Non me ne
importava un fico secco del posto in cui il corpo del
Faraone sarebbe andato in cancrena, ma loro credevano che io fossi la
chiave
per la loro vita nell’aldilà, quindi dovevo rispettare il copione.
- Recitare la
parte di Osiride era divertente, ma poteva diventare
rischioso.
- Avevo anche
partecipato alla discussione per la costruzione del
Tempio dedicato al dio assoluto Amon; esso era in ancora in cantiere
subito
fuori Tebe, ed era di una maestosità senza precedenti.
- -Oh, ne sono
certo. Ma Nostro Sovrano avrà avuto le sue buone ragioni.-
- -Sicuramente
avete ragione, mio signore.-
- Accondiscendente,
educata ed elegante.
- Anche se era
una popolana aveva acquisito alla perfezione le buone
maniere di una donna rispettabile egiziana; eppure si stava facendo
sedurre
senza problemi da me.
- La donna
deglutì e ciò rese perfettamente visibile la pelle liscia
del collo.
- La vena
piccola e sottile che passava da lì aveva un’aria così
invitante, sembrava quasi mi stesse pregando di squarciarla e
succhiarla.
- Non potevo
aspettare altro tempo, dovevo averla, sentire la sua
pelle sotto i miei denti.
- Oh, sarebbe
stato un così grande peccato rovinare quella morbida
cute…
- Ma come potevo
resistere ad una tale tentazione?
- Non ero un
santo, e non avevo intenzione di diventarlo. Volevo
solo mangiar, sfamare la mia inappagabile sete.
- Mi avvicinai
nuovamente a lei, con un passo veloce e sensuale che
solo un vampiro poteva possedere.
- Le girai
attorno come fa un leone con la gazzella che ha
adocchiato, e iniziai una piccola danza sadica e mortale.
- La sorpresi a
fissare il mio addome, che era ben scolpito e
muscoloso come il resto del mio corpo.
- Era tanto
tempo che non vedevo il mio viso riflesso in uno
specchio, per cui non avrei saputo descrivere con certezza i miei
lineamenti;
rimembravo solo che avevo un naso aquilino e due occhi color pece.
- La
stanza era immersa in
un’atmosfera lugubre, e nello stesso tempo carica di passione.
- Il perfetto
ambiente per la mia caccia.
- Ero così
ossessionato dalle vergini, che quando non ne trovavo per
un lasso di tempo andavo fuori di testa, facendo strage di corpi.
- E la donna che
mi stava davanti era la personificazione della
castità… così incantevole.
- Oh, come la
bramavo.
- Se fossi stato
un egiziano che credeva veramente negli dei, avrei
pensato che quella ragazza fosse una delle figlie di Hathor, la dea
dell’amore.
- Una folata di
vento fece spostare la tenda, rendendo visibile il
paesaggio all’esterno.
- Tra le dune
all’orizzonte, si stava alzando un’impetuosa tempesta
di sabbia, l’incubo dei mercanti e dei nomadi.
- La donna si
spaventò e sussultò, ma io le premetti la mano sulla
spalla nuda, inducendola a rilassarsi sotto il mio tocco sensuale.
Premetti il
mio petto nudo sulla sua pelle.
- Nulla poteva
distrarmi dal mio obiettivo.
- -Come vi
chiamate?- mi chiese tra un ansimo e l’altro.
- -Non è
importante. Ma io vorrei sapere il vostro nome, cara…-
- Non sapevo
nemmeno io quale fosse il mio nome. Ne avevo mai avuto
uno?
- La sentii
accigliarsi, ma con le mie doti di vampiro le soffiai eroticamente
nell’orecchio, strappandole un gemito di piacere.
- -Mi chiamo..
Afaf.-
- Oh,
Santa
Tenebra.
- Quella ragazza
era la perfezione allo stato puro. Non c’era preda
migliore al mondo.
- Afaf, il suo
nome, voleva dire “Castità”. Che cosa potevo chiedere
di meglio se non una vera figlia della virtù?
- Era la purezza
allo stato puro. La mia estasi.
- La mia
libidine.
- -Splendida,
dolce Afaf del mio cuore.. Donereste il vostro corpo a
me?-
- La sentii
farsi sempre più eccitata e selvaggia, e la sua pelle
emanava un profumo invitante: un misto tra passione, ingenuità,
purezza.. e terrore allo stato brado.
- Era ora.
- Era arrivato
il tempo in cui la vita di Afaf sarebbe dovuta finire
per mano mia.
- Tremavo di
eccitazione al solo pensiero del suo sangue sulla mia
lingua.
- -Si..-disse in
un sussurro.
- -Non ho
sentito, ripetetelo..-
- -Si- questa
volta fu convinta, senza rimorsi né titubanze.
- Premetti il
mio corpo sulla sua schiena, facendoci diventare quasi
un tutt’uno.
- La sentii
ansimare sempre più forte. Forse il nome Afaf non faceva
per lei, in fin dei conti.
- Ma cosa
importava?
- Probabilmente
ella stava pensando alla nottata di sesso che
avremmo passato, o comunque fantasie erotiche molto esplicite, poiché
il suo
corpo non mentiva.
- E la sua vena
si faceva sempre più bella.
- Potevo vedere
il pulsare del sangue.
- Lento e dolce
che scendeva per i capillari, scorrendo lungo tutto
il suo corpo.
- Oh, che
delizia, che passione!
- Che cosa avrei
dato per assaggiare il sangue della Regina!
- Il sudore le
imperlava il volto angelico, donandole un’aria del
tutto estranea alla sua bellezza.
- -Oh, mio
signore.. Prendetemi, vi prego..-
- Il nome Afaf
non faceva proprio per lei, ora ne ero certo.
- Mi stava
esplicitamente chiedendo di toglierle la verginità. Non
le passava per l’anticamera del cervello che forse il padre la stava
cercando?
- Comunque non
erano affari miei, e io avevo ben altro a cui
pensare.
- Mi avvicinai
al suo collo, e sentii l’odore metallico del sangue
invadermi le narici.
- D’istinto i
canini si allungarono, segno che non potevo più
aspettare.
- Le trafissi la
pelle abbronzata con una velocità sovrannaturale.
- Sentii la
carne sotto i miei denti, morbida come gomma piuma; si
sbriciolava come un pezzo di pane, come una bistecca che viene
strappata da un
umano.
- Lei era la mia
splendida, succulenta bistecca.
- La sentii
urlare di dolore, mentre cercava di divincolarsi dalla
mia presa d’acciaio, ma ormai era troppo tardi, e io ero perso in un
altro
mondo.
- Il mondo della
morte.
- Sangue.
- Dolce,
splendido, delizioso sangue, scendeva nella mia gola come
miele.. Oh, ero stato creato per quello. Non c’erano altre cose che
avrei
potuto fare nella mia vita di vampiro.
- Ero
completamento estasiato dal sapore dolce del sangue, che mi
riempiva di vita.
- Tutto era così
perfetto, così giusto.
- Sentii che la
preda aveva smesso di dimenarsi, ed era immobile tra
le mie braccia.
- E adesso
dov’era finita l’anima di quella bambina straziata dalla
tentazione? Che cosa avrebbe pensato suo padre se avesse saputo che la
sua
piccolina era stata uccisa da un vampiro?
- E che cosa ne
avrebbe detto l’intero Egitto? Che cosa ne sarebbe
stato di loro se avessero scoperto che i loro dei non esistevano?
- Afaf era
morta, il suo corpo inerme.
- Non poteva
essere già finito. Ne volevo ancora. Com’era possibile?
- Sangue,
sangue, sangue. Era un’ossessione. Una droga.
- Continuavo a
succhiare ma dalle vene non usciva più nulla.
- L’avevo
prosciugata.
- Mi staccai con
un gemito gutturale, e lasciai cadere il corpo
senza vita a terra.
- Dannazione,
stupida sciacquetta!
- Il sangue mi
macchiava il viso, e gocciolava dalle mie zanne color
avorio.
- -Benvenuta nel
Regno dei Morti, Afaf.-
- Scoppiai in
una fragorosa risata, spezzando il silenzio della
morte.
- Ridevo di
quella stupida ragazzetta che si era fatta convincere da
uno sconosciuto, e aveva perso la vita. Era sempre così facile
assoggettare le
verginelle ingenue.
- Ero così
soddisfatto della mia cena.
- Saporita,
sublime. Afaf aveva un sangue davvero delizioso. Mi
sarebbe piaciuto dirglielo.
- A quel
pensiero risi ancora di più.
- Aprii la tenda
e mi resi conto che la tempesta di sabbia era
arrivata a Tebe, e ora erano tutti chiusi nelle case, cercando di
ripararsi dal
disastro naturale.
- Mi lasciai
spettinare i capelli dal vento, e la sabbia mi arrivò
in viso inducendomi a chiudere gli occhi.
- Ero un
vampiro, un assassino.
- Nulla avrebbe
potuto fermarmi.
- Alzai la testa
al cielo, e i miei occhi incontrarono la luna
seducente, che con la sua luce candida mi stava facendo i complimenti
per il
lavoro appena svolto.
- Il pallido
satellite era l’unico appiglio che avevo nella mia
condizione, la cosa che più si avvicinava al ricordo del sole. Ma era
l’opposto.
- Ed era proprio
quello il motivo per cui io la veneravo; non potevo
avere la bontà per cui avevo scelto la crudeltà più assoluta.
- Con il sangue
che ancora imperlava il mio viso, mi lasciai
trasportare dall’atmosfera misteriosa che solo quell’immensa terra
aveva saputo
regalarmi.
- L’Egitto che
mi idolatrava, che era dalla mia parte.
- Osiride,
il
Vampiro.
Fine.