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Autore: Daequan    17/11/2011    1 recensioni
"Linda era una donna abituata a dir tutto per non esser costretta a dir niente."
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Linda, stanca dopo aver parlato tutto il giorno, ormai nella penombra della propria stanza da letto si accorse del silenzio che avvolgeva la sua intera vita ora che era sola col figlio.

Contrariamente alle attese, infatti, esso non le aveva riempito la vita come pensava accadesse ad ogni madre, ma ne aveva solo giustificato alcune scelte: ora, ad esempio, poteva rinunciare ad un convivente fisso che pretendesse di conoscerla meglio di quanto facesse lei stessa. Non che potesse lamentarsi di Massimo, che l'aveva francamente ignorata per tutti i nove anni di matrimonio, ma i suoi continui tradimenti l'avevano reso un compagno semplicemente non più presentabile, rendendo preferibile agli occhi della società persino alcuni dei suoi fidanzati precedenti.

E sì che ne aveva collezionati alcuni davvero romanzeschi: il tipico coatto anni '80, l'aspirante cantautore, l'industriale in reggicalze, persino un gigolo tedesco, Tobias.

Ah, Tobias, quante risate le aveva fatto fare ripensarci! Lunghi capelli biondi, giacche di pelle col colletto alzato, baffi disegnati probabilmente con l'aiuto d'un ingegnere, fisico d'acciaio e una curiosa tendenza a compiere ogni gesto fisico, dal sollevare una cassapanca al guardare l'orologio, in modo da far risaltare i muscoli.

 

Assicuratasi che Benny dormisse, Linda eluse questi pensieri con un sorriso e uscì di casa. Forse avrebbe fatto in tempo, arrivando di fretta a casa Del Canestro, a presentarsi ai potenziali compratori. Mentre percorreva in auto quei pochi chilometri l'allegro ricordo dell'ex tedesco fu sostituito dalla rabbia verso l'ex marito, che nemmeno si era presentato ad accogliere i futuri proprietari della sua casa. Possibile che non gli interessasse nemmeno guardarli negli occhi?

 

Arrivata a destinazione, Linda si rese conto dalle luci spente che era già tardi. Uscì dalla macchina più per compiere un gesto dovuto, quasi per inerzia, che per una effettiva necessità di controllar meglio. Appoggiata alla portiera e già col cellulare in mano, chiamò l'amica Sofia per ringraziarla di aver fatto da Cicerone e si sentì dire che la casa era piaciuta tanto che le pratiche si potevano già avviare. La notizia era delle migliori, ma ora sapeva di doversi dare una mossa, se voleva guadagnarci per davvero.

Ma ora poteva considerarsi felice e, non avendo di meglio per festeggiare, decise di camminare per sciogliere la tensione della giornata.

La strada era deserta, data l'ora di cena e il buio, e l'unica forma di vita umana che incontrò fu un barbone con la chitarra seduto contro il muro d'un palazzo, la gamba mal coperta distesa lungo tutto il marciapiede e il viso coperto dai capelli.

Linda odiava qualunque cosa gli ricordasse il suono d'una chitarra acustica: gli ricordava Fabio, il meno impresentabile dei suoi ex fidanzati, l'unico che avesse amato tanto da perdere la propria proverbiale sicurezza. Linda era una donna abituata a dir tutto per non esser costretta a dir niente, ed amava da sempre stordire i propri interlocutori per impedir loro di porle domande troppo personali. Ma il primo giorno in cui, uscendo dall'università, Fabio le chiese cosa trovasse di tanto bello nelle leggi (lui aveva intrapreso lo stesso percorso universitario, ma in meno di sei mesi si era già convinto non facesse per lui), la sua lunghissima risposta, che sarebbe di certo bastata al suo professore più prolisso per chiedere pietà, non lo stordì né lo convinse ad interrompere il dialogo con una scusa. Anzi, continuò a farle domande.

I primi anni erano diventati grandi amici, nonostante lei fosse la classica ragazza "inquadrata" e rispetto alla quadratura di lui sembrasse più plausibile quella d'un cerchio; poi il loro rapporto era evoluto in qualcosa di più forte, e fu lì che Linda cominciò a sentirsi vulnerabile: sistematicamente intavolava discorsi di lunghezza angosciante per non ammettere i propri sentimenti e le proprie debolezze e altrettanto sistematicamente lui la lasciava parlare e concludeva la discussione con una frase che riassumeva al meglio quanto lei aveva cercato di nascondere.

Quando si rese conto che aveva troppa paura di ammettere che in fondo anche lei era una ragazza normale, Linda troncò bruscamente e andò in cerca d'un uomo meno intelligente e interessato a lei; e d'altronde dimenticare Fabio doveva essere facile, sostennero i suoi amici, non frequentando lei i suoi stessi ambienti e disinteressandosi dei locali blues e jazz che lui, da musicista, tanto amava.

Eh già, talmente facile che erano passati 10 anni e, guardando quel barbone, il pensiero le tornava ancora al suo Fabio.

Anche perché la chitarra del clochard, pur se alla luce quantomeno relativa che poteva emanare un lampione a novembre, assomigliava all'acustica del suo ex. Linda riconobbe persino un accordo tentato da quelle mani infreddolite e rugose, uno dei tanti accordi in nona che si era sorbita tanto nei pochi mesi di fidanzamento quanto negli anni di profonda amicizia. Addirittura gli saltò in mente che quelle dita affusolate sembravano le stesse, segni del tempo a parte, e poi i capelli, molto più lunghi, erano comunque della stessa tonalità castana, la postura era quella, il modo di tenere la chitarra, di chinar la testa, di...

"...Fabio? Sei tu?"

   
 
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