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Autore: gioTRAUMER    20/11/2011    2 recensioni
"Luca, ho detto che sono innamorato di lei. Non voglio farla stare male."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: And I will try to fix you (spudoratamente copia dalla canzone dei Coldplay 'o')
Fandom: Descrizione di un sogno (capite ora perché Traumer?)
Personaggi/Pairing(s): Alberto/Giorgia
Genere: Romantico, Ironico, Sentimentale
Challenge/Prompt: scritta dopo averla sognata, avevo il bisogno assoluto di sfogarmi
Avvertimenti: oneshot, parolacce poco femminili da qualche parte, amore andato a finire male (se siete depresse/i non leggete)
Timeline: ambientata nel mio piccolo ed insignificante paesino (near Venice :O), cosa successa nella realtà, evolutasi poi nel sogno in modo diverso
Note iniziali: non l'ho ricontrollata, ci saranno minimo 25 errori, scusatemi. La mia solita voglia di rileggere manca. Anyway, è una cosa un po' personale, dovevo sfogarmi e ho scritto questa schifezza. Mala lettura, addio sweethearts



Non ho mai amato particolarmente l'inverno, sinceramente.
La trovo una stagione inutile: clima insopportabile, carattere che va in base ad esso, l'impossibilità di stare fuori più di un'ora senza congelarsi.
L'estate ha di sicuro molti più pregi.
Nonostante questo, era il mio primo inverno da "grande". E' così che adesso si definiscono le ragazze - e i ragazzi - non appena cominciano a frequentare la scuola superiore, non è così?
E, per rispettare questa 'tradizione', volevo che quell'anno fosse indimenticabile.
Ero in bar, uno dei bar più famosi del mio piccolo paesino. Con Luca, un amico di 17 anni, frequenta il Liceo Artistico, e lo conosco da perlopiù una decina di mesi. Siamo abbastanza legati da vederci tutti i giorni, prendendo anche il bus insieme per andare a scuola.
Erano le 17.00. Fuori era già buio. Ravvivò il nostro silenzio un rumore - alquanto fastidioso - di un cellulare. Quello di Luca.
Guardai lo schermo del Nokia sbloccarsi, e notai delle scritte così, di sfuggita: 1 nuovo messaggio - Principino del Guatemala.
Roteai gli occhi. Sapevo benissimo chi era.
Ho 14 anni, frequento il Liceo Classico, e nel campo 'situazioni sentimentali' sono una bomba. Non ne becco una. Tutte un gran fallimento, o meglio, per me.
Luca, tral'altro, è il migliore amico di Alberto.
Chi è?
Oh, beh. Un 17enne, montato assurdo, nemmeno tanto bello, che si crede il sosia di Adam Brody. Devo aggiungere qualcosa?! Ah beh, forse che proprio per questa sua estrema convinzione di stenderle tutte solo facendo un occhiolino, si permette anche il fatto di comportarsi da stronzo.
E' scappato un bacio, quest'estate. Ma ero 'follemente innamorata' di un altro ragazzo, scaricando così Alberto.
Fra continue lusinge e richieste d'uscita, alla fine son ceduta al fascino del ragazzo misterioso che se la tira.
Il seguito, in realtà, è molto prevedibile. Ci siamo baciati ancora, ancora e ancora. Tutto pronto, discorsi seri su discorsi seri, dolcezze, smancerie. Tutto perfetto.
E poi, KABOOM! Entrata in scena della botta di culo del Mr. Figo: una delle più popolari del mio paese ci sta, con lui.
Io? Ah, polvere!
Ma, a quanto pare, il ragazzo pare perseguitarmi. Infatti, il messaggio appena arrivato a Luca dettava: Ho i coglioni girati, litigato con i miei, giornataccia. Pontile fra dieci minuti.
Luca rimase a fissare lo schermo per qualche secondo, dopo di che - quasi impercettibilmente - fece spallucce, e riposò il cellulare il tasca.
Gli tirai una pacca sulla spalla.
"Ohi!"
"Devi andare, Luca. Sai benissimo cosa vuol dire, ci sei passato anche tu qualche settiamana fa, ed io c'ero. Sei il suo migliore amico."
Sperai che quelle parole gli rimbombassero in testa. Alle volte, nonostante il gran bene che si volevano, Luca - o Alberto, viceversa - dimenticava cosa volesse dire comportarsi da amico. Lo incitai allora a finire la cioccolata calda, per poi alzarmi, infilarmi il giubbotto, e spingerlo verso l'uscita.
Sapevo benissimo che l'avrei subito accompagnato, dopo di che sarei dovuta andare via ed aspettarlo poco più in là, magari in compagnia di una Lucky Strike. Mi ero ripromessa che, se fossi capitata di nuovo davanti ad Alberto, come minimo gli avrei sputato in bocca.
Allora perché mentre camminavo, a braccetto con Luca, formando aloni di freddo con il fiato, l'unica cosa che riuscivo a sentire era l'aumentare del battito cardiaco?
Perché, dopo tutto il male, Alberto riusciva ancora a farmi quell'effetto?!
Eravamo a circa due metri di distanza da dove il ragazzo aveva parcheggiato il motorino. Mi fermai davanti a Luca, abbracciandolo. Preferivo non farlo davanti ad Alberto, anche se la smania di fargli vedere che anche io riuscivo benissimo a farmi una vita era tanta. Ma infondo, il mio motto era essere indifferente, e non avere il bisogno di dimostrargli niente.
Poi eccolo, lì, seduto sul motorino con la testa china. Un cappello nero per scaldargli la nuca, le mani che si nascondevano nelle tasche per non perdere la loro sensibilità. E poi gli occhi, il quale colore riusciva a risplendere lo stesso sui miei, verdazzurro.
Camminai davanti a lui, dovevo passargli davanti per forza, per raggiungere la muretta dove avrei aspettato Luca. Ci guardammo per un minuto scarso. Sembrava che tutto si muovesse a moviola; deglutii a fatica.
Poi, ad un certo punto, tutto si fermò.
"Ciao."
Una voce così flebile, quasi di un uomo in fin di vita dopo una giornata di completa tortura, riuscì ad emettere un suono. Un saluto, rivolto a me.
Panico, panico totale.
Ma poi tirai fuori per un momento la mia parte umana. Era un ragazzo normale, infondo, ed aveva appena litigato con i suoi genitori. Che male poteva aver fatto?
"Ciao!" Ricambiai, concedendogli addirittura un sorriso.
Sembrava sorpreso. Cosa non andava? Era forse sorpreso del fatto che gli avevo rivolto il saluto?
Fissai l'asfalto bagnato, andando avanti. Ma mi fermai ancora, sentendo una voce chiamarmi.
Luca, mi stava facendo segno con la mano di raggiungerli.
"Cosa c'è? Cosa ti sei dimenticato?" Cominciai subito, presa dal nervoso, a guardare dentro la borsa, se Luca, come il suo solito, aveva lasciato qualcosa lì dentro.
"Giorgia, calmati. Volevamo dirti che puoi stare qui, insomma... è buoio, stare ad aspettare da sola non è il massimo."
Deglutii, di nuovo. Controvoglia, spostai lo sguardo a quello di Alberto, che stava annuendo, sforzandosi di sorridere.
Allora mi sedetti, stando comunque a qualche centimetro di distanza dai due. Mi accesi una delle mie fedeli compagni - Lucki Strike -, tendendo involontariamente l'orecchio per sentire di che parlavano.
Alberto, non sembrava nemmeno lui. Faceva dei discorsi stranissimi, per una stupida e banale lite in famiglia. Per un po' corrugai la fronte, scuotendo la testa fra me. Ma ad un certo punto esplosi. Mi girai, prendendo Alberto per un braccio, facendolo girare verso di me.
"Ma di rendi conto di ciò che stai dicendo? Alberto, ammettilo. Ottieni sempre quello che vuoi, in tutti i campi" sospirai un attimo, per poi continuare. "Solo perché domani tua sorella non ti porta a Milano? Oh, andiamo. C'andrai la settimana prossima se tutto va bene. Non devi sbattere i piedi a terra come un bambino di 3 mesi se la mamma non ti porta a casa il giocattolo, chiaro?" Finii la frase con tono di rimprovero. E lui annuì, come un serpente rispetta i comandi del suonatore del flauto.
"Hai ragione, diamine sono un bambino."
Spalancai gli occhi. Cosa?! Avevo sentito bene?! Alberto che... ammetteva una colpa?! Rimasi in silenzio, spostando gli occhi su Luca, che sembrava pensare a qualcosa. Infatti...
"Ascolta, stasera i miei non tornano a casa a dormire. Giorgia ed Elena vengono da me a dormire, vieni" Luca parlò tutto d'un fiato. La voglia di alzarmi, sradicare un albero, e sbatterglielo sulla testa era tutt'uno. Che diavolo stava facendo!? Sapeva benissimo quant'ero arrabbiata con Alberto. Sì, forse ero stata gentile. Ma era una situazione eccezionale.
"Credo che verrò"
Le parole di Alberto, il profumo che mi solleticava le narici, facendomi perdere ogni senso d'orientamento.
Ma poi tornai in me, capendo che tutto ciò che provavo era assolutamente sbagliato. L'ora successiva passò molto velocemente. Andammo a casa di Luca, ed arrivò anche Elena, la mia migliore amica. Aveva un anno in più di me, quindi 15, ed era fantastica. Era grazie a lei che stavo superando questa cosa.
Sistemammo le cose in camera, per poi aiutare Luca ad apparecchiare. Alberto era distesto sul divano, con gli occhi chiusi, a riposare. Mi scappava qualche occhiata di nascosto.
A tavolo, Alberto - volontariamente o non - si sedette vicino a me.
Non so perché, non so come, non riuscivamo a scollarci gli occhi di dosso.
Elena, ad un certo punto, si accorse della cosa. Lasciò cadere la forchetta, facendo un rumore fastidioso, e non ci pensò due volte dal prendermi per il braccio e portarmi con 'cattiveria' in bagno.
"Sei impazzita?! Vorrei parlare con Giorgia, se possibile" mi urlò contro, cercando comunque di non farsi sentire dalla cucina.
"Sono qui, amore, sono qui" abbassai il volto come un cane bastonato. Sapevo benissimo da cos'era causato quel suo sfogo. Dal mio comportamente.
"Bene, allora vorrei parlare con la parte di te che è stata scaricata come una merda di cane da uno sfigato che in questo momento è dall'altra parte del muro" canzonò Elena, con un pizzico di ironismo nella voce.
"E' qui, è tutta qui che trattiene la rabbia" risposi a tono, cercando, più che altro, di autoconvincermi.
"Ah sì? Quelle occhiate dolci non lo dimostrano. Giorgia, ti voglio sveglia, okay?" Dopo di che Elena annuì, e tornò in cucina.
Tenei gli occhi sul piatto per tutta la cena, nonostante il profumo continuasse a ribaltarmi lo stomaco.
"Ragazzi, io vado a dormire" mi alzai dalla sedia, non guardando nessuno, correndo ad infilarmi sotto le coperte. IPod alle orecchie, e non mi ci volle molto per cadere nel sonno più profondo.

3.00.
La sveglia di Luca illuminava quasi metà stanza. Era buio, e dalla finestra in camera potevo guardare le stella. Mi ero svegliata perché mi scappava la pipì.
Sgattaiolai pian piano giù dal letto, attenta a non svegliare Elena.
Tirai l'acqua, dopo essermi assicurata d'aver chiuso la porta del bagno. Uscita, ne approfittai di andare a bere un bicchiere d'acqua.
Mentre sentivo la bevanda fredda scivolarmi giù per la gola, rinfrescandomi, sentii uno sbuffo d'aria fredda tagliarmi le gambe. La portafinestra della terrazza in cucina era aperta.
Alberto.
Mi avvicinai piano, affacciandomi.
"Hey, che ci fai qui? Non hai freddo?"
Il ragazzo era in 'pigiama', seduto su uno sdraio, a guardare le stelle.
"Diciamo che non mi da più di tanto fastidio."
Annuii, capendo che voleva stare da solo.
"Io entro. Buonanotte, Alberto"
Misi un piedi dentro, ma una mano mi presi il braccio destro, bloccandomi.
"Aspetta"
Il cuore mi si congelò, letteralmente. Deglutii e tornai fuori, curiosa ma spaventata allo stesso tempo. Ci guardammo negli occhi, leggendoci entrambi nel pensiero. Dio, era incredibile ciò che davvero riuscivo a sentire, nonostante tutto ciò che avevamo passato.
"Mi dispiace, Giorgia. Davvero. Sono stato un coglione, e tu fin'ora ti sei comportata fin troppo bene con me. Insomma, ho ancora i genitali intatti"
Entrambi ci limitammo ad arricciare gli angoli della bocca. Io, in realtà, mi sentii morire. E, purtroppo, non riuscii a trattenermi. Una lacrima gelida corse lungo la mia guancia. Alberto si stava già preoccupando a raccorgliela. Scossi la testa. Tornai a guardarlo negli occhi, con grande sforzo.
"Alberto, dispiace a me, per prima. Ma ormai ciò che è passato è passato, le nostre vite si son divise, e probabilmente è giusto che sia andata così. Non comandiamo noi il Destino, purtroppo o per fortuna."
Un nodo, sulla gola, sembrava ingrossarsi sempre di più.
Mi avvicinai al viso di Alberto, portando la mano destra sulla sua guancia. Tesi le punte dei piedi, trattenendo i singhiozzi. Sentivo il suo respiro sulle mie labbra, e lo sentivo tremare, addirittura. Dopo di che, la pace.
Poggiai le labbra sulle sue. Sembrava sempre come la prima volta.
Quel momento venne immortalato nel tempo per circa cinque minuti. Dopo di che, tornai nel mondo reale. Scesi dalle punte, raccogliendo la lacrima che avevo lasciato involontariamente sulla guancia del ragazzo.
"Grazie, Alberto."
Entrai in cucina, e mi diressi a letto, nuovamente. I sogni che feci quella notte furono più di mille. Il famoso bacio d'addio, conosciuto solo nei film. Ma era un film, quello? E se sì, sarebbe finito bene?

I raggi dolci del sole mi accarezzavano la pelle rosea delle gambe, mentre mi stiracchiavo, appena sveglia. Erano le sette e mezza. Nonostante fosse presto, mi sentivo comunque riposata. Elena stava ancora dormendo, mentre il letto di Alberto e Luca era vuoto.
Mi alzai piano, sentendo voci - o meglio, bisbigli - in cucina. Mi appoggiai al muro, tenendo il respiro, cercando di sentire.
"E' giusto, finalmente ho capito."
"Cosa?" chiese Luca, probabilmente con la bocca piena.
"Buttare a monte tutto ciò che ho passato con Giorgia è stata una cagata assurda. Giulia? Non mi da nulla, assolutamente. Che diamine ho fatto..."
"Beh, ora che pensi di fare?"
"Con chi, Giulia? Ieri notte ho chiuso con lei, dicendole d'essere innamorato di un'altra ragazza. Innamorato, però, nel vero senso della parola."
"Pensi che lo dirai a Giorgia?"
"Luca, ho detto che sono innamorato di lei. Non voglio farla stare male."
Tutto d'un tratto, non faticai più a tenere il respiro. Mi mancava proprio.
Le lacrime si rincorrevano una dopo l'altra sul volto, e il cuore stava facendo il conto alla rovescia per esplodere.
C'amavamo così tanto, da essere destinati a non incontrarci mai.
  
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