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Autore: BebaTaylor    20/11/2011    1 recensioni
«Non era nulla, le candele erano sporche.» mi ha detto il mio amico quando l’ho pagato.
Sono salito in auto e ho acceso il motore, ma a me sembrava che i tre gatti fossero ancora sotto il cofano. «Il motore si deve scaldare.» mi ha risposto Alfredo quando gli ho espresso il mio dubbio.
Avrà sicuramente ragione lui, ho pensato. Dopotutto io non me ne intendo di motori. In ogni caso mi sono diretto in ufficio e poco dopo le undici sono stato chiamato dal mio capo nel suo ufficio.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno non è iniziato nel modo migliore: quando sono uscito dalla camera da letto ho sbattuto l’alluce contro quell’orrido tavolino dalle gambe intagliate.
Certo che mia moglie ha un gusto molto raffinato in fatto di abbigliamento e arredamento, per quel tavolino è proprio orribile…
«Ma è un regalo di Natale! Me l‘ha regalato mia zia Gioppina!» ha esclamato la mia consorte ogni volta che le ho chiesto di buttare quel coso, o almeno di chiuderlo in soffitta. Insomma, quanti buttano via degli orribili regali che gli sono stati fatti?
Comunque, quella mattina mi avviai a piedi verso l’officina di Alfredo, un mio amico dal tempo del liceo, per ritirare la mia auto. Erano alcuni giorni che il motore faceva uno strano rumore, come se sotto il cofano ci fossero due gatti maschi che si contendevano una graziosa gattina, e anche la gattina era lì con loro, miagolando con quel “mauu” che accendeva la passione nei due felini maschi.
«Non era nulla, le candele erano sporche.» mi ha detto il mio amico quando l’ho pagato.
Sono salito in auto e ho acceso il motore, ma a me sembrava che i tre gatti fossero ancora sotto il cofano. «Il motore si deve scaldare.» mi ha risposto Alfredo quando gli ho espresso il mio dubbio.
Avrà sicuramente ragione lui, ho pensato. Dopotutto io non me ne intendo di motori. In ogni caso mi sono diretto in ufficio e poco dopo le undici sono stato chiamato dal mio capo nel suo ufficio.
«Lei è licenziato.» mi ha detto con tranquillità quel fottuto bastardo. «Lei finisce di lavorare oggi a mezzogiorno e mezzo, dopodiché vada a casa. Lei è in ferie per due settimane.» continuò quel cetriolo.
E ora? Il lavoro non lo trovano neppure i giovani, figurarsi io che ho quarantasette anni…
Di solito ho sempre pranzato nel bar davanti all’ufficio, ma quel giorno sono tornato a casa.
Ho aperto la porta con le mie chiavi e dei rumori attirarono la mia attenzione. “Che sia un ladro?“ ho pensato. Così mi sono armato di ombrello e mi sono avviato verso la fonte del rumore, la camera da letto.
E li sono rimasto di sasso. Sul mio letto, si trovava mia moglie, nuda, che lo prendeva in quel posto da Alfred.
Zoccola, a me non l’hai mai dato e ad Alfredo sì?
Come so che lo stava prendendo in quel posto? Semplice, la mia cara mogliettina stava urlando “Oh, sì! Sbattimelo nel culo! di più! Di più!” Non credo si accorsero di me, così sono uscito velocemente e sono montato in macchina e accompagnato dalla lotta dei gatti mi sono diretto fuori città, passando sul lungo ponte che scorreva sopra il lago.
Purtroppo qualcosa non ha funzionato, perché invece di fare la curva sono andato dritto, ho divelto il parapetto e sono in acqua con un tuffo che ha alzato un bel po’ d’acqua.
Sono tornato a casa circa due ore e un quarto dopo l’incidente. La porta era aperta e nel mio salotto, insieme a mia moglie ho trovato due carabinieri. I tre non si sono accorti che ero lì con loro.
«Signora, ci dispiace. Suo marito si è buttato con l‘auto dal ponte.» ha detto il carabiniere più vecchio.
«Che cosa?» abbia gridato io e mia moglie.
Solo che, mentre il carabiniere più giovane ha consolato mia moglie, nessuno si è accorto di me.
“Ma allora sono veramente morto.” ho pensato.
Fottuttissimo Alfredo, lo sapevo che quei gatti nel mio motore non ci dovevano stare!
I carabinieri se ne sono andati poco dopo lasciano mia moglie in lacrime.
Lei li ha spiati dalla finestra e poi si è messa a saltellare per la stanza. «Sono libera! Sono libera!» ha detto.
Allora non ha pianto dalla disperazione…
Stronza.
Il mio funerale è stato… un funerale, e la mia vedova ha finto alla grande, piangendo per tutta la durata della cerimonia. Si sarebbe meritata un oscar.

Qualche giorno dopo sono entrato in casa di prima mattina e ho visto degli scatoloni per terra.
 «Sì, ho deciso. Do tutta la sua roba ai poveri. A me non serve più.» stava parlando al telefono con qualcuno. Sono morto da dieci giorni e quella lì ha deciso di liberarsi delle mie cose? Ma chi ho sposato? «La tua idea è stata meravigliosa… sabotare i freni in modo che sembri un danno da usura… sei un genio Alfredo» ha continuato lei.
Allora mi è stato tutto chiaro. Quei due, mia moglie e Alfredo, mi hanno ucciso.
Lei è uscita da casa e io in preda alla rabbia ho mollato un calcio ad uno degli scatoloni capovolgendolo facendo uscire tutto il suo contenuto.
E allora mi è venuta un’idea.
Ho sorriso, un sorriso diabolico.
Mia moglie è rientrata dopo tre ore.
Chissà dove è stata la puttana? Tanto non mi sarebbe importato.
È entrata in camera, ha aperto l’armadio e ha urlato.
Tutti i miei vestiti erano al loro posto, appesi o sistemati nei cassetti.
Quell’urlo è stato un dolce suono per le mie orecchie. Sono uscito dalla stanza e sono incappato in quello stupido tavolino.
“Anche da morto devo sbatterci contro?” Eh, no. Ho chiuso gli occhi ho tirato un pugno al mobiletto che si è rotto.
Lei, la fedifraga, ha urlato ancora più forte.
E io mi sono sentito bene.
Sono uscito di casa, deciso a vendicarmi di tutte quelle persone che mi avevano trattato come un cretino, cominciando dal mio ex capo.
Vedere la faccia di quel cetriolo quando ha visto la sua Mustang rossa con le ruote, tutte e quattro, tutte piene di tagli, e la riga che correva da un lato all’altro non ha prezzo. Anche il suo urlo è stato come una musica celestiale per le mie orecchie.

Qualche giorno più tardi, dopo aver spaventato un bel po’ di persone, compresi i carabinieri che hanno creduto all’incidente; sono tornato a casa, e ho trovato la macchina di Alfredo davanti a casa, con il bagagliaio aperto. Lui stava sistemando all’interno una valigia.
«Io sono pronta. Andiamo?» ha esclamato mia moglie chiudendo la porta di casa con le chiavi. Alfredo ha annuito.
E io sono salito in macchina con loro, e mi sono seduto sul sedile posteriore.
Alfredo si è diretto verso la parte est della città, diretto al lago.
Lui ha acceso la radio sistemandola su una stazione di musica, alzando il volume al massimo.
«Certo che tuo marito era proprio un fesso!» ha quasi urlato per sovrastare la musica. Lei ha annuito.
E così sarei stato un fesso? Gliela avrei fatta vedere io, chi era il fesso. Ho abbassato il volume, ma Alfredo non si è scomposto, e lo ha semplicemente rialzato. E allora ho cambiato stazione, mettendola su Radio Maria.
I due si sono guardati un attimo, ma mia moglie ha rimesso la stazione di prima, nell’esatto momento in cui Alfredo ha imboccato il ponte sopra il lago.
Io ho sospirato, per quanto possa sospirare un fantasma, e ho abbassato i finestrini.
Tutti e quattro nello stesso istante.
Mia moglie ha cacciato un urlo. «Cazzo urli? Sarà solo un contatto!» ha esclamato Alfredo, ma ho capito che era spaventato. Ho cambiato stazione, rimettendola su Radio Maria, e ho azionato i tergicristalli, e con un sorriso anche le quattro frecce.
A quel punto anche Alfredo ha urlato, e io ho sterzato bruscamente, facendo finire la corsa dalla macchina… nel lago.

«Ma… ma… Giacomo… tu sei… sei… morto!» ha balbettato mia moglie mentre stavamo uscendo dall’acqua del lago.
«Questa è una punizione del Cielo!» ha esclamato Alfredo inginocchiandosi e iniziando a pregare.
Alcune persone si sono fermate sul ponte.
«Chi è il fesso?» ho chiesto. Mia moglie mi ha guardato con il terrore negli occhi.
«E in ogni caso siete morti anche voi.»
Storia scritta tempo fa, spero vi piaccia!
   
 
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