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Autore: crownless    21/11/2011    4 recensioni
"“Volevo fare un sonnellino.” A quanto pare Merlin è innamorato della gogna. “Il mio letto è scomodo e il tuo invece no. Mi sono svegliato da poco.”
Ah, giusto. E’ chiaro adesso. Arthur vuole ridere, sì, ridere a crepapelle e poi magari prenderlo a pugni e fare un balletto virile sopra quel corpicino gracile ed esile brandendo una spada."
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Merlino | Coppie: Merlino/Artù
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ok. Non sono sotto effetto di nessuna droga, se vi consola. Ma ho scritto questa cosa senza neanche perché. Forse faccio male a postarla o.o e dovrei andare a letto, visto che è tardi, e domani ho scuola, ma ehi... il fandom mi chiama (?) e io rispondo! *-*
crow
(il titolo fa schifo, lo so: sono negata: LO SO!)





Arthur non riesce bene a capire come sia finito in quella situazione. Beh, lo sa - semplicemente, dopo il festoso banchetto celebrato al castello, si è diretto nelle sue stanze- ma quello che adesso, immobile al centro della stanza dopo aver richiuso il portone con un sospiro stanco, non riesce ad acciuffare tra le dita è proprio l’intera situazione.
Forse è perché lui è il re ed è davvero troppo stanco, forse è il pregiato vino che ha bevuto, forse perché non ha potuto prendere in giro Merlin o abbaiargli ordini perché non c’era, forse perché, appunto, Merlin è seduto sul suo letto e picchietta il materasso con due dita affusolate, lo sguardo imbambolato, il segno di un cuscino sulla guancia magra.
Forse perché c’è qualcosa, si ritrova a pensare Arthur, quando con un momento di lucidità si sfila la corona dal capo per appoggiarla al tavolo senza aver detto una singola parola, negli occhi di Merlin che sembra tanto un cielo terso e brillante, un’immobile stella splendente in una cascata di cieli neri.
“Cosa ci fai qui, Merlin?” chiede, la gola raschiante. Questa situazione non gli piace, di solito ad avere il controllo è lui e questa sera il suo servitore non c’era - senza avergli detto niente - e ore dopo è nelle sue stanze senza perché.
Merlin fa ondeggiare le gambe avanti e indietro e per un attimo Arthur ne è incantato senza nessun particolare motivo. Arthur vede qualche candela accesa sul tavolo accanto al letto assieme alla bandana di Merlin.
“Volevo stare un po’ qui,” è la risposta di Merlin, pacata. Sta zitto - Dio glorioso, è un miracolo? - per qualche minuto, poi schiude le labbra.
Non dice nulla. Arthur sente delle mani artigliate graffiargli lo stomaco, disegnando scie oscure di tagli che bruciano tanto.
“Sei un idiota.” borbotta, avvicinandosi. “Era tuo compito venire al banchetto, si può sapere dove diavolo eri?”
Merlin lo fissa un po’ colpevole, sorridendo furbescamente. Arthur sente già il profumo di una scenata leggendaria e non capisce, veramente, perché questo lo conforta così tanto dal momento che il suo cuore batte un poco più velocemente del normale e le sue spalle contratte si abbassano.
“Volevo fare un sonnellino.” A quanto pare Merlin è innamorato della gogna. “Il mio letto è scomodo e il tuo invece no. Mi sono svegliato da poco.”
Ah, giusto. E’ chiaro adesso. Arthur vuole ridere, sì, ridere a crepapelle e poi magari prenderlo a pugni e fare un balletto virile sopra quel corpicino gracile ed esile brandendo una spada.
“Hai bevuto, Merlin? Seriamente.”
E seriamente e sorprendentemente la sua voce non è arrabbiata. Arthur dà volentieri la colpa al vino e alla stanchezza. Si slaccia la cintura con una smorfia.
Merlin continua a far ondeggiare i piedi e Arthur riesce a vedere quanto magre siano le sue gambe, perché nel muoverle il tessuto dei pantaloni si appiccica alla pelle e Arthur sta entrando in panico perché gambe del genere su di un uomo sono sconvenienti.
“Seriamente, Arthur, no.” risponde Merlin, alzando le spalle. Arthur rotea gli occhi al cielo e tutto è strano ma fuori, pensa, lanciando un’occhiata fuori dalle finestre, le stelle brillano forte ed illuminano la notte che lentissima scivola via come polvere su di lui, dalla sua corona arrugginita e quindi- quindi va tutto bene.
“Ok,” sbadiglia il re, fregandosene di tutto. E’ il vino, d’altronde ha esagerato. “Aiutami, sono stanco.”
Oh, Arthur ora sì che ha un brivido gelido lungo tutta la schiena. E infatti: “Idiota, cosa ci fai lì imbambolato, sei proprio il servitore più-è il tuo lavoro, cosa fai lì fer-”
Merlin emette un suono che pare ad un grugnito e Arthur spalanca la bocca perché Merlin ha appena grugnito ad un suo ordine.
Il suo servitore. Cioè, è Merlin - Arthur desidera annuire da solo per questo, ma c’è l’Idiota nella stanza e non sarebbe carino farsi vedere annuire da solo come una testa di legno -, ed è anche il suo servitore.
Quindi è scandaloso che grugnisca così, ulula la mente razionale ed umana di Arthur ma Arthur tutto sommato è sopratutto un Asino (di quelli reali, però) per cui sbuffa di nuovo, un’altra volta ancora, gli lancia un’occhiata risentita, afferra il vaso che c’è sul tavolo e glielo lancia addosso.
Ma Merlin, chiaramente, essendo Merlin lo schiva e finalmente si alza, stiracchiandosi, e poi gli si avvicina e lo aiuta a spogliarsi. I cocci cadono per terra, accanto al tavolo vicino al letto, facendo rumore.
“Dunque.” La pazienza di Arthur fa una doppia capriola e si scontra con la risata isterica che gli preme dal fondo della gola. “Fammi capire: non sei venuto al banchetto, tra l’altro senza dirmi niente, per fare un sonnellino a casa di Gaius ma, quando ti sei accorto, dopo quattro anni, che il tuo letto era scomodo, sei uscito, sgattaiolato qui nelle mie stanze e hai dormito fino a poco tempo fa?” chiede, angelico.
Merlin si passa la punta della lingua sulle labbra - “Alza”, dice, e Arthur alza automaticamente il piede così Merlin con uno strattone gli sfila uno stivale cercando di non cadere e sbattere la testa; un istante dopo Arthur si mette a urlare paonazzo sul fatto che gli stia sfilando uno stivale in piedi - e tutto quello che dice è: “Sì.”
Okay, Arthur ha un principio di mal di testa. “Ah,” commenta.
“Sei arrabbiato, Arthur?” chiede Merlin ed è proprio così Merlin, osservandolo da vicino, per cui Arthur scrolla le spalle e al contempo gli rilancia un’occhiataccia. Merlin ride e si dirige verso l’armadio, aprendolo, e afferra la casacca bianca che usa per dormire e gliela infila come se fosse un bimbo. Arthur mugugna qualcosa e continua a dare la colpa al vino.
“Pronto,” annuisce Merlin, e il re si chiede come mai l’Idiota possa annuire da solo e lui no.
Arthur decide che dormirà con gli stessi pantaloni con cui è andato al banchetto, perché fondamentalmente è troppo stanco per fare altro e Merlin è un imbecille oltre che un servitore inutile.
“Sai, Merlin, dovresti portarmi più rispetto,” dice forte e chiaro, marciando verso il letto. Quando ci si lascia cadere sopra i suoi muscoli indolenziti lo ringraziano festanti.
Merlin si avvicina muovendo una mano, noncurante. Arthur sbadiglia, lacrime che gli pungono gli angoli degli occhi.
“Domani spero di dimenticare tutto questo,” borbotta, per nulla convinto. “E mi cercherò un altro servitore,” aggiunge, gli occhi brillanti.
Merlin alza un sopracciglio. “Non è vero,” risponde tranquillamente. Arthur decide che metterà un broncio - e lo mette, incrociando le braccia al petto.
Lo detesta, ah se lo detesta!
“Vuoi che ti rimbocchi le coperte, mio signore?” chiede, servizievole. Arthur afferra un cuscino e glielo sbatte in faccia con soddisfazione - ‘Idiota, le mie coperte sono anche spiegazzate perché ci hai dormito sopra, sei proprio un...!’-
Arthur decide di fare l’uomo maturo per cui si sdraia comodo, rilassando la schiena, sogghignando.
“Bene, Merlin, ora vai, servitore assolutamente inutile. Io dormirò comodo sul mio letto.”
“Non credo proprio,” sbuffa Merlin, e si toglie uno stivale. Arthur lo osserva costernato.
“Hai dormito con gli stivali, sul mio letto, sulle mie lenzuola?”
Merlin lancia l’altro che finisce chissà dove e scrolla le spalle. “Avevo sonno,” spiega, “e mi sono addormentato subito.”
Ridendo sotto i baffi per la sua espressione incredula afferra il cuscino che Arthur gli ha lanciato e lo butta vicino a lui, poi sale sopra il letto. Arthur si siede di scatto.
“Cosa stai facendo?” ringhia.
Merlin di nuovo inarca un sopracciglio e Arthur pensa che sta troppo con Gaius.
“Dormo.” sbadiglia, poi si mette su un fianco e gli volta le spalle, beffardo ed insolente.
“Merlin, sono il re e-” prova Arthur, ma Merlin ridacchia stupidamente, ed a lui non resta che osservare le spalle che tremolano e la linea armoniosa della sua schiena.
C’è un istante di silenzio in cui Arthur si rende conto di avere il proprio servitore sdraiato dall’altra parte del letto, che gli da la schiena, con dei calzettoni bianchi addosso e la risata che preme sulle labbra. Sente una risata folle salire e scendere dal suo corpo facendolo rabbrividire.
Lo scruta per cercare di afferrare un senso logico a tutto questo, ma non vede nient’altro che Merlin e, nuovamente, gli basta questo per scrollare ancora e ancora le spalle e sdraiarsi anche lui.
“Se ti muovi ti metterò alla gogna per mesi.” chiarisce, occhieggiandolo circospetto. Il torace di Merlin si muove al ritmo del suo respiro e Arthur sente il sonno avvolgerlo nel suo abbraccio.
“Piuttosto, vostra altezza, stai attento a non mettermi un piede in faccia, gradirei non ripetere l’esperienza,” lo rimbecca prontamente.
Arthur trova molto bello dargli un pugno in mezzo alla schiena e sentirlo rumoreggiare di dolore.
“Merlin!” esala, quasi divertito. “L’etichetta, Merlin! Insolente!”
Merlin si muove un po’, sbuffando. Arthur lo guarda divertito e impietosito. Poi alla fine Merlin grugnisce - di nuovo? di nuovo- e si volta, il volto spiaccicato al cuscino, una smorfia sul viso affilato. Ha i capelli che vanno in ogni direzione possibile e Arthur non sa come mai nota questo insignificante dettaglio, tra le altre cose.
“Troppo lavoro...” mugugna, senza aprire un occhio. “Altro che onore, è un-”
“Dillo e la gogna sarà una passeggiata piacevole, per te.”
Lentamente, le palpebre di Merlin si alzano, tremolanti. Arthur viene investito dai suoi occhi blu inaspettatamente.
Gli viene in mente il mare, il cielo di Camelot quando scende la sera.
E Merlin sorride. Arthur comprende perché, nonostante tutto, non riesce ad arrabbiarsi con lui.
Perché è Merlin. Com’è fregato.
“Arthur” bisbiglia, la mano che stringe il cuscino, le ginocchia ossute che pungolano senza pietà un fianco del re. “Buonanotte.”
Arthur sbadiglia e non risponde, chiudendo gli occhi. Merlin gli dà un calcetto.
“Stai fermo, cretino,” dice il re, rilassato, chiudendo gli occhi. Merlin lo colpisce di nuovo e Arthur sbuffa pesantemente.
“E lasciami stare, idiota molesto! Buonanotte!” ringhia. Non riceve risposta.
I rumori del silenzio sono assordanti, letali, e Arthur li sente appiccicarsi nella sua mente piena di vino e noia dopo quel banchetto e ora che ha ritrovato Merlin - se lo ricorda da solo: è il tuo servitore, amico, ok, e sta dormendo con te dopo che non ha fatto il suo lavoro perché ha dormito nelle tue stanze e tu non hai fatto assolutamente nulla invece che punirlo o sbatterlo fuori ma è sicuramente colpa del vino- la notte scorre densa nelle sue vene, calda, come un bacio tenero e lungo e privato, intimo.
Arthur apre un occhio. Merlin lo guarda sorridendo, piano, ed è un sorriso che gli addolcisce di molto il suo già dolce viso, delicato.
Lo vede avvicinarsi di più, silenzioso, e quando la sua testa si appoggia alla sua spalla chiudono entrambi gli occhi e assieme si addormentano, cullati dal calore che i loro corpi vicino emanano.





Ma cosa... ?
Arthur si svegliò sbattendo le palpebre, interdetto.
In quel momento la porta si aprì e Merlin entrò nella stanza.
“Siete già sveglio?” la sua faccia era incredula.
Arthur sbatté le palpebre, arrossendo sulle guance, i capelli per aria, e la prima cosa che fece quella mattina, dopo un sogno assurdo del genere, è agguantare la prima cosa che vide - la sua corona appoggiata sul comodino - e lanciargliela addosso, soffocando un ruggito di vittoria.
“Così impari, Merlin!”
Merlin spalancò la bocca, raccogliendo la corona, per poi massaggiarsi la spalla. “Ma siete impazzit-”
“Io? Sei proprio un Idio-”
“Voi! Siete assolutamente il sovrano più-”
“Non provocarmi, Merlin, potresti pentir-”
Merlin lo interruppe, ancora. “Ma io, verament-”
“Merlin!” gridò Arthur, puntandogli un dito contro. “Non interrompermi mai p-”
“MA IO NON HO FATTO NULL-” gridò Merlin, sconvolto.
“E smettila di parlarmi sopra, maledetto idiota! E NON URLARMI CONTRO, SONO IL RE!” Arthur spalancò gli occhi. “Sei assolutamente il peggiore servitore che-”
“Ma i-”
“Taci, Merlin,” gongolò Arthur con soddisfazione.
Si squadrarono in silenzio.
“Io non ho fatto null-”
“E comunque devi imparare che i-”
Chiusero la bocca. Merlin allargò le braccia, senza parole, il volto smarrito. Arthur ridacchiò, soddisfatto.
“-io sono il re, Merlin,” continuò Arthur, annuendo, “e ho una buona ragione per-”
“Sicuramente, certo, avrete un’ottima ragion-” Il ghigno ironico di Merlin non gli piaceva.
“Tu.” Arthur lo fissò con fastidio. “Tu sei, sei impossibil-”
“Io?” Merlin per poco non svenne sul pavimento. “Ma siete voi che-”
“ORA BASTA!” L’urlo del re si perse nella mattina che stringeva Camelot, nel cielo chiaro e nella pallida luce del sole. “PORTAMI LA COLAZIONE E TACI, TACI!” sbraitò.
“Voi siete impazzito, Arthur,” borbottò Merlin trotterellando verso gli scuri per aprirli lasciando che la luce inondasse la stanza.
“E’ ovviamente colpa tua,” rispose Arthur, godendosi la comodità del letto.
Merlin gli lanciò un’occhiata in tralice. “Asino, asino che non siete alt-”
“Non chiamarmi asino, razza di-”
“Ma voi siete un-”
“MERLIN!”


Bussarono improvvisamente alla porta e i due ragazzi si bloccarono, ansimanti.
“Chi è?” borbottò Arthur, sentendosi già stravolto. Il portone si aprì e Gaius si affacciò.
“Stavo passando di qua, devo chiedere alla cuoca se soffre ancora di emicrania, buongiorno sire, e non ho potuto non ascoltare e, permettetemi di dirlo ad entrambi,” il sopracciglio destro del medico schizzò su per tutta la fronte, “dovreste smetterla di comportarvi come dei novelli sposini e fare meno casino, poiché la gente dorme ancora e le vostre urla hanno praticamente svegliato mezza popolazione, detto questo io tornerei ai miei incarichi.” e richiuse la porta.
Merlin e Arthur erano arrossiti. Si guardarono, colpevoli, in silenzio.
“E’ colpa vostra, vedete, siete scorbutic-”
“E’ sempre colpa tua, Merlin, sei proprio un idiot-”
Merlin era paonazzo. “Mi farete impazzire un giorno!” strillò, gesticolando, puntandogli un dito contro.
“Stai puntando il dito contro il re, Merlin? E’ questo che stai facendo?” s’inalberò Arthur, scattando a sedere.
Quel dito gli picchiettò il torace nudo. “VOI MI FARETE ANDARE FUORI DI TESTA!” gridò lo stregone, sputacchiando, completamente fuori controllo.
“COME OSI URLARMI NELLE ORECCHIE, MERLIN?”
“Ho mal di testa, credetemi,” sussurrò Merlin, massaggiandosi le tempie. Arthur sbuffò, guardandolo male. Poi gli diede la schiena e chiuse gli occhi.
“Cosa fat-”
“Dormo.” lapidario.
“Ma non potete, voi siete il r-”
“Ah, per tirarmi giù dal letto te lo ricordi, idiota, che sono il re, invece per mancarmi di rispett-”
“Cosa c’entra, voi dovete alzar-”
“C’entra eccome, invece, Merlin, TESTA DI LEGN-”
“Quella parola l’ho INVENTATA IO, Arthu-”
BAAAAASTAAAA!!!!” L’urlo di Gaius, chissà dove nel castello, fece quasi tremare i candelabri e le pareti.
Re e Stregone si zittirono, colpevoli.
“Quindi...” Merlin occhieggiò la schiena di Arthur. “Tornate a dormire?”
Arthur senza che l’altro lo vedesse sorrise. “Sì. D’altronde sono il re, posso tutto.”
“Uhm, okay.” Merlin si umettò le labbra. “Quindi-”
“Fammi un favore, vuoi?” Arthur sospirò. “Sono stanco. Sali sul letto e taci, forse così non parli più, per l’amor di tutti gli Déi! A meno che tu non preferisca pulire le stalle, lavare la mia armatura, portare a passeggio i miei regali cani, sistemare la mia stan-”
Merlin si gettò sul letto, finendogli addosso con un ‘ouuf!’. Arthur si mosse infastidito, scrollandoselo di dosso, e Merlin rotolò dall’altra parte del letto, ficcando un braccio sotto al cuscino.
Restarono zitti, i rumori quieti del giorno appena salito che arrivavano nella camera, il sole che bagnava i capelli del re.
“Merlin?”
Lo stregone cercò una posizione più comoda.
“Togliti quegli stramaledetti stivali o ti ammazzo,” ringhiò Arthur. Merlin fece un verso insofferente e gli cacciò un piede sullo stomaco.
Arthur senza neanche aprire gli occhi, ringhiando tra i denti, gli tirò via uno stivale, che gettò lontano, e Merlin gli diede anche l’altra gamba e ripeté l’operazione.
Poi si misero più comodi e si addormentarono, vicini.

fine


  
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