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Autore: Polly_Lu    22/11/2011    1 recensioni
Il tempo sembrava non passare mai, ogni minuto pareva durare una vita.
Avevo bisogno di incontrare quello strizzacervelli e ne avevo bisogno immediatamente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«  Qualcosa non va, qualcosa in me e sudi; mi vedo all'inverso come non mai. » 

 

Tra la lezione di latino che procedeva a rilento e l'attesa per l'appuntamento con lo strizzacervelli l'ora seguente, il mio cervello iniziava a perdersi tra le note e i testi dei Verdena; quella mattina, in particolare, il testo de L'infinita gioia di Henry Bahus non abbandonava la mia mente, continuava a frullarmi in testa.

In quel periodo, poi, ero in fissa con i Verdena, mi ritrovavo nei loro testi, per quanto incomprensibili possano essere, e attraverso questi riuscivo a far capire alle persone che mi circondavano ciò che provavo.

 

Non sono mai stata una tipa brava ad esternare i propri sentimenti, ero la classica ragazza che non soffre, piange o s'incazza mai, sempre lì sorridente a tirare su di morale le amiche che soffrivano per amore o a parare il culo a chi si metteva nei guai. 

 

Il tempo sembrava non passare mai, ogni minuto pareva durare una vita.

Avevo bisogno di incontrare quello strizzacervelli e ne avevo bisogno immediatamente.

Dovevo parlare con qualcuno a me sconosciuto, con qualcuno che forse non avrei piu' rivisto, con qualcuno che poteva capirmi ed aiutarmi; le persone che mi circondavano non mi bastavano piu' e non sapevano piu' rendersi utili, nonostante ce la mettessero tutta. 

 

Quel giorno pioveva, anzi diluviava, pareva che da li' a poco sarebbe crollato il cielo. Infatti, quella mattina, mi bagnai come un pulcino mentre andavo a scuola, perchè anche quella mattina la mia pigrizia mi aveva vietato di portare con me l'ombrello, quel fantastico ombrello verde acqua che comprai con affetto e che usai solo due o tre volte nel giro di quell'anno. 

Ricordo che indossavo la maglia psichedelica che mio cugino mi portò dalla sua vacanza/studio conclusasi due o tre settimane prima; insieme ad essa c'era un bracciale con la medesima fantasia. Forse era freddo come periodo per indossare qualcosa del genere, ma ero troppo contenta di quel regalo che volevo che il mondo lo vedesse e lo invidiasse. 

 

-3. -2. -1. Driiiin.

 

Ecco, un strana sensazione di ansia mixata ad eccitazione, timidezza e felicità, iniziò ad impossessarsi del mio corpo.

Ce l'avrei mai fatta? Ovvio che si, in fondo stavo andando da lei/lui per far si che il mio futuro sarebbe stato un po' piu' semplice, lei o lui avrebbe dovuto aiutarmi.

Respirai, mi alzai e chiesi alla professoressa il permesso per andare all'appuntamento. Acconsentì.

Mi diressi alla porta, l'aprì e la richiusi alle mie spalle. Avrei dovuto solo scendere le scale, svoltare a sinistra e prendere la terza porta sulla destra. L'ansia aumentava.



Ero, ormai, davanti alla porta. Entrare o filarsela in classe a fare un altra noiosissima ora di Latino? Meglio entrare.

Mi armai di coraggio e bussai, una voce calda e gentile mi disse di poter entrare, lo fecii.

Una donna su i 30 anni circa, vestita in modo molto elegante e con un atteggiamento educato, sedeva su una poltrona con un taccuino in mano. Osservai stupìta i suoi fantastici capelli rossi scendere dolcemente sul suo viso, sembrava un angelo.

Rimasi immobile ad ammirarla davanti alla porta, dopo vari tentavi, la sua voce, riuscì a portarmi alla realtà.

- Hei, tutto bene? - accennai un si con la testa - Siediti pure qui.-  consultò il suo taccuino e riprese la parola - Tu devi essere Polly ?! Bene, Polly, parlami di te.

Non sapevo da dove iniziare, pensavo che lei mi avrebbe fatto delle domande e invece no. Dopo alcuni minuti di silenzio da parte mia, disse: - Su, Polly, sei qui per parlare o mi sbaglio? Parlami di te, della tua vita e del perché sei qui, forza.

Mi feci forza e presi a parlare.

- Si, bè, ecco... sono Polly, ho quindici anni e vivo in un paese isolato dal mondo che mi sta rovinando l'adolescenza. Posso dire di aver avuto un infanzia felice, a parte quel periodo in cui la mia mente ha avuto un crollo, dal quale, fortunatamente, mi sono ripresa nel giro di qualche mesi, otto se ricordo bene. Avevo otto o nove anni, frequentava la terza elementare e avevo paura della pioggia e dei lampi e dallo stare lontano dalla mia famiglia, ricordo che mia madre doveva chiamarmi ogni giorno a scuola per farmi stare tranquilla e non piangere. A parte questo periodo emotivo triste, ho avuto una bella infanzia, il tutto è diventato più difficile nel momento in cui la mia infanzia se n'è andata per lasciar spazio all'adolescenza, brutta carogna! - mi fermai, avevo bisogno di una pausa, parlare così tanto senza mai una pausa non era da me, chiesi della acqua e poi rispresi - Stavamo dicendo? Ah si, parlavamo della mia adolescenza...dunque. Tutto è iniziato a rovinarsi dopo l'esame di terza media, la mia migliore amica, d'allora, s'incazzò con me perché inizia a stringere amicizia con delle altre ragazze. La cosa che mi diedi più fastidio è che ogni volta in cui a lei capitava qualcosa di bello oppure faceva nuovi incontri io ero felice per lei, ma non era lo stesso per lei, s'incazzava quando mi capitava qualcosa di bello e allora capì che continuare così sarebbe solo stato un danno per me. Però questa ormai è acqua passata. - smisi di parlare, non sapevo più che dire, anzi da dire avevo ancora molte cose, ma non sapevo da dove continuare.

- Su, Polly,- mi disse Mindy, si così si chiamava - continua...

- Ehm, si certo. Credo sia meglio lasciar stare gli anni passati, in realtà sono qui per parlare di quest'anno e delle sue disgrazie, di una in particolare. Meno di tre mesi fa, mio nonno c'ha lasciati, ha deciso di andar via. Era malato. Aneurisma all'aorta. Prima che se ne andasse, il 2 Agosto, era in sala rianimazione. Il giorno prima ero andata a trovarlo, era sveglio. Prima di entrare in quella sala, ricordo, l'ansia mi stava divorando tutti gli organi interni, in particolare lo stomaco, ma mi feci forza, dovevo vedere il nonno, avevo bisogno di vederlo. Arrivò il nostro turno, prima di tutto ci fu bisogno che indossamo camici e cose varie, poi entrammo. Mi dissero di non guardarmi intorno, di andare dritta dal nonno, ma non li ascoltai. Oltre al nonno c'erano altre cinque persone nelle sue condizioni, le osservai tutte, ebbi paura. Mi concentrai sul fatto di dover aiutare la nonna ad arrivare al letto del nonno, che era l'ultimo in fondo a sinistra, e così distolsi lo sguardo dagli altri pazienti. Il nonno era pieno di tubi piccoli e colorati e poi ce n'era uno enorme in gola che lo aiutava a respirare, ma che gli impediva di parlare. Era sveglio. I suoi occhi in quel momento erano vispi e azzurri come al solito, anche se invece di trasmettere gioia, trasmettevano dolore e speranza. La nonna incoraggiava il nonno a farsi forza, gli diceva che ce l'avrebbe fatta e che doveva combattere, non solo per lui, ma anche per lei. Io non sapevo cosa fare, guardavo i suoi occhi azzurro intenso e una lacrima scivolò silenziosamente sul mio viso. Ero abituata a vedere il nonno sempre allegro, pronto a difendermi vederlo in quello stato mi spezzò il cuore. Il nonno non aveva mai mostrato la sua debolezza a nessuno, aveva sempre tenuto la tristezza ed il dolore in disparte, perchè lui era un tipo forte. Oh, se solo potessi abbracciarlo per un ultima volta mi sentirei meglio. Che poi spesso mi capita di pensarlo e sento il bisogno di piangere, ma non ci riesco, persino le lacrime non mi danno più retta. E...

- Polly, credo che abbiamo finito!

- Ma io... io...

- Polly, va bene così.  Hai solo bisogno di un pò più di autostima e stai tranquilla andrà tutto bene. Hai 15 anni è normale sentirsi così e per quanto riguarda la perdita di tuo nonno, imparerai a conviverci. 

- Bè, allora grazie.

- Figurati e se ne senti il bisogno, io sono qui.

- Grazie ancora, arrivederci.

- Arrivederci.

 

Terminò così quell'incontro con lo strizzacervelli, o meglio LA strizzacervelli. Fu così breve, ma così soddisfacente.

Ora, un pò di quel me che s'era perso, era tornato.

  
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