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Autore: xmusicsavedme    22/11/2011    4 recensioni
Lei scontrosa, lui gentile e carino.
Una storia in cui Styles non si dimostra un puttaniere come nella realtà (?) e tenta di conquistare Ronnie, una ragazza un po' difficile. Leggete e giudicate voi, non sono brava a introdurre lol.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 «Ultima chiamata per il volo Milano-Londra!»
Doveva andare.
Ebbene sì, sarebbe andata a Londra. Ronnie aveva deciso di passare un po' di tempo in vacanza, e sarebbe stata lì per ben due settimane. Proprio a Londra, una delle città più belle d'Europa.
O meglio, "sarebbero stati"..
«Dai Ronnie, andiamo!» esclamò Anna all'istante, la sua migliore amica. O forse no, era solo l'unica.
La ragazza guardò Luca esasperata, e lui alzò entrambe le spalle, con aria rassegnata. Lui era il suo migliore amico, e anche lui l'unico.
Anna la prese per mano correndo, trascinandola sull'aereo. Una volta che si sedettero ai loro posti, lei si rese conto di non essere poi così entusiasta. Insomma, le avevano raccontato che a Londra faceva freddissimo, e avrebbe dovuto parlare in inglese per due settimane. Adorava l'inglese e lo parlava benissimo, poiché sua madre era di Birmingham. 'Evviva' pensò sarcasticamente.
Si mise ad ascoltare musica prima che Anna iniziasse a parlare di quanto sarebbe stato tutto entusiasmante. Quell'oggetto la salvò solo per i primi dieci minuti. Il lettore mp3 si era scaricato. Cominciò a parlare della cosa che detestava di più: ragazzi. 'Chissà come saranno i ragazzi inglesi' - 'Adoro l'accento inglese'. Fu una tortura, nonostante la invidiasse. Nonostante tutto, riusciva a ridere con lei e con Luca, cercando di pensare che con loro si sarebbe divertita come sempre. Eppure aveva l'impressione che sarebbe stato meglio trascorrere le vacanze di Natale a casa propria, con quel poco che rimaneva della famiglia.
Lei e Luca si conoscevano da quando avevano frequentato insieme l'asilo, erano vicini di casa. Tutto cominciò solo perché il suo pallone finì nel giardinetto del bambino mentre giocava, e da lì erano stati grandi amici. Anna invece la conobbe alle elementari, giusto pochissimi anni più tardi.
Erano le persone migliori che avesse conosciuto in 17 anni.
Finalmente, dopo un paio di ore circa, l'aereo atterrò all'aeroporto di Londra, e i ragazzi non potevano essere più felici di rifugiarsi in hotel per poi risvegliarsi la mattina dopo, carichi per visitare la città.

La mattina dopo, Anna svegliò di punto in bianco Ronnie verso le 10.
«Ronnie, svegliati!» cercava di non ascoltarla, voleva dormire. Ripeté la stessa frase più volte, ma per quanto potesse sembrare cocciuta, venne costretta ad alzarsi quando rischiò di essere presa a ceffoni. La delicatezza di quella ragazza era qualcosa di esemplare.
Ammirava tanto Anna, riusciva a farle sempre vedere il lato positivo delle cose quando sembrava inesistente.
Lei bionda, capelli lunghi, occhi chiari, sorriso stupendo. E Ronnie, invece? Capelli neri come il carbone, cortissimi, occhi verdi, un sorriso che solo lei considerava orrendo, e delle inspiegabili lentiggini che odiava. Era sempre stata una persona negativa, che riusciva solo ad allontanare le persone che amava, anche senza la sua volontà. Semplicemente per il suo carattere che a volte riusciva a riconoscere come il più acido che potesse esistere.

Uscite dall'hotel, lei e Anna decisero di fare un giro nel parco, ma non c'era niente di così tanto bello. Trovarono una caffetteria Starbucks a circa 200 metri dall'Hotel, e Anna non poteva essere più felice, anche se Ronnie non capiva di preciso il motivo. 'Insomma, era una caffetteria come tutte le altre'. Nonostante questo, decise di prendere un cappuccino, visto che era mattina e non aveva fatto colazione.
Appena uscite, Ronnie si scontrò con un ragazzo che entrò a corsa nella caffetteria, ridendo come un deficiente.
La sensazione di caldo che aveva sul petto e sul collo le fece realizzare che quel ragazzo le aveva fatto versare addosso il cappuccino.
«Oh mio Dio, mi dispiace! Scusa! Tutto bene?» disse in inglese mentre lei si rialzò da sola, ignorando la mano che lui le aveva offerto come appoggio.
«Il cappuccino sarebbe dovuto stare nel mio stomaco, ma sto bene.» sbottò. La sua felpa verde era diventata marrone. E puzzava di caffè.
Nell'istante in cui lo guardò negli occhi, lui fece un'espressione quasi sorpresa, poi sorrise come un ebete. 'Che cazzo sorridi?!' avrebbe tanto voluto dirgli.
Notò solo in quell'istante che insieme a lui c'erano altri quattro ragazzi, poi si soffermò a guardare lui. Aveva dei riccioli castani, che riuscivano a coprirgli parte di un occhio, e gli occhi, non capiva se fossero azzurri o verdi. Il suo sorriso perenne la faceva confondere.
«Scusami tanto, non l'ho fatto apposta!» disse, tornando leggermente serio.
«Vivo anche senza le tue scuse, ciao!». Prese Anna per mano ed entrambe si diressero fuori dal locale. Era esasperata dopo quella figuraccia, e tutto quello che voleva fare era tornare all'hotel.
«Ronnie! Era un tipo carino!» disse Anna, con tono di ammirazione.
«Oh certo, un ragazzo mi versa la colazione addosso e devo considerarlo carino. Di sicuro è un minchione.» si affrettò, cercando di andare il più veloce possibile in hotel, per cambiarsi quella fottuta felpa.
Fortunatamente il suo giubbotto nero si era salvato. Non le importava cambiarsi per l'apparenza, più che altro non sopportava l'odore del caffè. La stranezza era una cosa che le apparteneva da sempre.
Dopo nemmeno un minuto, sentì una mano sulla sua spalla, e non era quella di Anna, perché era dal lato opposto.
«Hei!» solo al suono di quella voce si sentì irritata. Era lo stesso ragazzo di pochi istanti fa. Lo guardò, rivolgendogli un sorriso finto. Era evidente che lo avesse preso per il culo, e lui non fece fatica a capirlo, ma continuava ad avere quell'aria fastidiosamente socievole.
«Hei!» disse imitando la sua voce di pochi istanti prima. La tecnica del ghiacciolo aveva sempre funzionato per fare sì che i ragazzi le stessero lontani.
«Mi dispiace davvero tanto per quel che è successo, io sono../» venne interroto da una voce. «HARRY!». Quei quattro ragazzi che erano con lui prima, si affrettarono a raggiungerlo.
Lui fece una specie di faccia rassegnata, dopodiché continuò a parlare, come se loro non ci fossero. Era una scena veramente patetica agli occhi della ragazza, e la cosa più inquietante, era che fosse una dei protagonisti.
«Beh, è per rimediare..». Le porse un bicchiere di plastica identico a quello che aveva, e c'era del cappuccino. 'No, oddio, che coglione' pensò.
«Grazie, non ne ho bisogno.» fece per andarsene, ma lui la fermò delicatamente per un braccio. Lo respinse subito e poi si voltò per fulminarlo con lo sguardo, ma lui parlava ancora.
«Nessuno rifiuta un cappuccino da Starbucks» disse, sorridendo leggermente.
«Allora piacere, sono Nessuno.» restò seria.
Lui soffocò una risata, poi diventò più serio di lei. «Seriamente, tieni!».
«No, davvero. Va bene così, ciao.» prima che insistesse, se ne andò. Non aveva bisogno delle sue elemosina.
«Aspetta!». "Un'altra interruzione e lo picchio". Si voltò un'ultima volta verso di lui, giusto per non farsi più rompere.
«Quando ti rivedrò?». Era uno scherzo, vero?
«Ah certo, Londra è una città di 7 milioni e mezzo di abitanti e tu speri di rivedermi! Nemmeno ti conosco» chiunque avrebbe potuto pensare che stesse cercando di rimorchiare una piccola e innocente turista. Si sentiva che abitava lì. In ogni caso, non intendeva avere rapporti con lui. Aveva la tipica faccia da prendere a schiaffi, in più le pareva che si sentisse superiore.
«Se dovesse succedere, come ti potrò chiamare?».
«Chiamami 'La ragazza che ha rifiutato un cappuccino da Starbucks', ciao Harry!». Stavolta corse via sul serio, e lui non cercò di fermarla.
«Lo sai che sei un'idiota?» disse Anna dietro di lei, mentre cercavano di farsi spazio nella folla.
«Lo sai che questi mi sembrano i 200 metri più lunghi di tutta la mia vita? Dio, era insopportabile quello lì.» si spiegò in fretta, prima che arrivasse ad avere una discussione con l'amica. Fortunatamente riuscirono ad arrivare in hotel, e Ronnie si cambiò.
Dopo di questo, iniziò a cercare il suo cellulare per chiamare il padre. Come avevano stabilito, doveva chiamarlo una volta la mattina, e una volta la sera. Giusto per assicurargli che stesse bene.
Non trovò il cellulare. 'Era impossibile' -pensò- 'Uscita fuori per andare da Starbucks ce l'avevo'.
Poi le venne una specie di illuminazione che la sconvolse. E se l'avesse perso per strada?! Di sicuro era colpa quel tipo, Harry, no?

  
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