“Corri corri, tanto non mi prendi” scherzò una bambina dai
capelli rossicci.
Rideva, si stava divertendo mentre
giocava con il suo migliore amico, un bambino poco più grande di lui.
Passavano
così le loro giornate, sempre insieme. Dopotutto lui era il suo migliore amico,
erano cresciuti insieme. Le loro mamme si erano incontrare all’ospedale ed
entrambe avevano partorito il 29 agosto.
Vicky
era nata qualche minuto prima ed era solita vantarsi con il bambino che
replicava sempre “Sono più alto, chi mi dice che sei più grande di me?” ed ogni volta scoppiavano a ridere.
E
anche quel pomeriggio erano impegnati a giocare, a
rincorrersi nel campo davanti a casa di lei, quando la madre del bambino
arrivò, con un’espressione dispiaciuta sul volto.
“Liam..” lo chiamò, cercando di non sembrare giù di morale. Non
poteva dare quella notizia, non poteva separarli.
I
due bambini smisero di giocare e guardarono la giovane donna, impazienti di sentire cosa avesse da dire. Lei si morse il
labbro inferiore, cercando le parole esatte nella propria testa: “Ecco, noi..dobbiamo andare via. Papà ha trovato un lavoro e..dobbiamo andare con lui” disse poco dopo.
Il
sorriso dai volti dei due bambini sparì, non poteva essere vero. Dovevano
ancora conquistare l’albero che avevano visto il
giorno prima, fingere di essere una famiglia e giocare ancora insieme.
Avevano
così tanti progetti insieme, non potevano separarsi. Era troppo presto.
“No,
no mamma io resto qui” rispose Liam, abbracciando l’amica del cuore, che era
rimasta impassibile. Era piccola, ma capiva bene quelle cose.
Aveva
capito che la sua amicizia con Liam era destinata a finire. Ci sarebbero state
le solite false promesse “vi scriverete e ogni tanto vi verremo a trovare,
oppure voi verrete a vedere la casa nuova”.
Frasi
fatte, frasi che lei dovette fingere di credere. Ormai
era tutta una bugia, tutte quelle frasi non avrebbero mai portato a qualcosa di
vero. Finse un sorriso e guardò l’amico “Noi rimarremo amici per sempre” disse,
certa di convincere l’amico “tieni, prendi questo” continuò ,
cercando di frenare le lacrime, che volevano correre libere lungo le sue guance
“è il mio braccialetto preferito, c’è scritto il mio nome e non devi perderlo
chiaro. Tra tanti anni, quando sarò abbastanza grande
verrò a cercarti e se avrai ancora il mio bracciale vorrà dire che non ti sarai
mai dimenticato di me” sorrise e lo abbracciò, cercando di godersi quegli
ultimi istanti insieme.
Lui
prese il bracciale tra le mani e lo strinse, quasi come se tenesse tra le mani
un tesoro inestimabile. E per lui era quello, un tesoro, qualcosa che l’avrebbe
legato per sempre alla sua Vì, la sua migliore amica.
“Devi
aiutarmi a metterlo” disse, passandole nuovamente il braccialetto. Lei lo
guardò e gli prese il braccio destro, dove ci legò il bracciale. Rimasero così
per qualche ora, senza dirsi nulla ma alternando sorrisi ed
abbracci.
Passarono
i giorni e Vicky passò molto tempo assieme a Liam, per
aiutarlo a preparare gli scatoloni. Quello più difficile da preparare fu quello
delle loro foto, ad ognuna era associato un ricordo,
una risata, un pianto o una litigata.
“Guarda,
qui hai un cucchiaio in mano” disse ridendo “la tengo io, come prova, anche se..hai la faccia terrorizzata” continuò a ridacchiare e mise
la foto da parte, tra quelle che avrebbe tenuto lei.
Non
aveva ancora pianto ed era strano, perché considerava Liam come un fratello,
era il suo migliore amico, quasi il suo unico amico ed
ora che se ne stava per andare sarebbe stata sola.
Il
suo volto assunse un’espressione triste, mentre guardava le foto e pensava a
cosa avrebbe fatto senza di lui.
“Ehi,
conosco quella faccia” disse lui, guardandola e lasciando da parte le foto. La
conosceva troppo bene, sapeva cosa aveva in testa in quel momento, quindi le
prese le mani e sorrise “ascoltami, adesso io andrò via ma tu non sarai mai
sola, capito?” e aspettò un suo cenno del capo per continuare a parlare “sei
una persona meravigliosa, non mi dimenticherò mai di te e tu farai lo stesso,
altrimenti non potremo andare a vivere insieme a Londra, come abbiamo sempre
sognato” fece una pausa e sorrise nuovamente “quindi appena sarò partito voglio che tu faccia subito amicizia con qualcuno,
non voglio che tu stia da sola, anche perché non sarai mai sola” concluse e la
abbracciò. A Liam sarebbero mancati quegli abbracci, il profumo di biscotti che
avevano i capelli di Vì e il suo sorriso contagioso.
Le
stesse cose sarebbero mancate a lei, il sorriso di Liam e la sua risata,
causata dalle battute che facevano ridere solamente lui.
Poi
entrambi si alzarono e andarono a fare merenda, mancava poco alla partenza e
quelle ore sembrava stessero passare troppo in fretta.
Ma
nessuno dei due voleva pensarci o dirlo, forse senza dire niente la cosa non si
sarebbe realizzata.
“Dobbiamo
andare”.
Eccole,
le parole che nessuno voleva pronunciare o sentire. Ecco le parole che
avrebbero reso il loro addio vero.
“Chiamami
ogni giorno, promettimelo e scrivimi, poi quando avrò il cellulare
ci sentiremo tantissimo” le promesse che spesso vengono fatte agli addii ma che
raramente vengono mantenute. Ma c’era qualcosa nello sguardo di quei bambini di
10 anni che le rendeva vere, le rendeva promesse su
cui sperare.
Un
ultimo abbraccio, poi sarebbero andati via o avrebbero perso l’aereo. Vicky
aveva anche pensato di far perdere l’aereo alla famiglia, ma poi nessuno avrebbe rimborsato loro i soldi poi ormai la casa dei Payne era già stata venduta e non ci sarebbe stato un posto
dove dormire.
Liam
salì sull’auto e si mise accanto al finestrino, la macchina si mise in moto e
lui tirò giù il vetro “non ti dimenticherò mai Vì,
davvero” urlò mentre la macchina si allontanava.
Ed
eccole, le lacrime che erano state trattenute per troppo tempo si fecero strada lungo le guance rosse di Vicky. Un pianto
liberatorio che non aveva intenzione di finire, aveva trattenuto quelle lacrime
per così tanto tempo che ora sembravano interminabili.
Non
appena l’auto svoltò l’angolo corse in camera sua e si buttò sul letto,
guardando la foto di loro due che sorridevano. Forse
quello era solo un brutto sogno. Sì, si sarebbe svegliata da li
a poco con Liam nel letto accanto e sarebbero andati a giocare insieme.
La
mattina dopo la bambina si svegliò, sperando vivamente che tutto ciò che era successo fosse stato un brutto incubo, come aveva
pensato prima di addormentarsi.
Ma
nel letto accanto al suo c’erano solamente i peluche e
guardando dalla finestra di casa sua vide le tapparelle della finestra della
camera del suo migliore amico abbassate. Davanti alla casa un cartello con
scritto “venduta”.
Se
n’era davvero andato, l’aveva davvero lasciata da sola.
Scese
a fare colazione, senza dire una parola e ripensò alle parole
di Liam “non sarai mai sola”. Furono
queste parole a motivarla, a ritrovare il sorriso e la speranza.
Lui
aveva sempre ragione dopotutto.
Terminò
la colazione ed andò a scuola, come tutti i giorni. Si
sedette al suo banco, quello accanto al suo era vuoto e ciò riportò la
malinconia nel suo cuore. Scrisse le parole di Liam su un foglietto e le
rilesse, quelle parole sarebbero state la sua speranza, la sua arma per
combattere la tristezza.
Le
ore di scuola passarono lentamente senza la sua compagnia e questo comportò
anche seguire matematica, oh lui gliel’avrebbe pagata
prima o poi. Non aveva mai seguito matematica poiché era impegnata a ridere o a
prendere in giro il professore.
Tornò
a casa a piedi e notò un furgone dei traslochi, forse..forse
erano tornati indietro. No, certo che no. Ormai erano andati via. Si schiarì la
voce e cercò di spiare qualcosa attraverso i mobili appoggiati sul marciapiede
e notò una bambina dai capelli castani e gli occhi furbi. Quest’ultima le
sorrise, l’aveva scoperta.
Vicky
mosse la mano per salutarla e le si avvicinò “tu chi
sei?” le chiese, cercando di sembrare gentile. Forse era questa la sua
occasione per ricominciare, doveva seguire ciò che il suo migliore amico le
aveva detto di fare.
La
bambina di fronte a lei sorrise ancora, tenendo stretto il suo orsacchiotto e
le rispose “Nathalie, sono..nuova” rise, facendo
ridere anche Vì.
Sarebbero
diventate amiche? Forse.
Qualche anno dopo:
“Nat, muovi le chiappe altrimenti perdiamo l’aereo e se lo perdiamo non possiamo andare a firmare il contratto per
l’affitto” urlò una giovane adolescente dai capelli rossi. Li teneva raccolti
in una treccia che le ricadeva sulla schiena. Indossava anche un foulard verde,
che teneva come fascia.
Erano
passati sette anni da quando Nathalie e Vicky si erano incontrate dalla prima
volta ed ora erano pronte ad affrontare una nuova
avventura insieme, nonostante le madri avessero concordato che a 17 anni non si
poteva andare a vivere da sole. Ma loro erano
l’eccezione alla regola.
Vicky
aprì il portafogli e guardò il pezzo di carta, dove con una scrittura infantile
una bambina aveva scritto una frase “mai da sola”. Una frase che l’aveva
aiutata nel tempo.
Una
frase che l’aveva aiutata a credere nei suoi sogni, a non essere sola. Una
frase che le ricordava il suo migliore amico, che le ricordava Liam.
Liam
e Vicky si sarebbero rivisti? Chi lo sa.