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Autore: Cassiopeia    23/11/2011    2 recensioni
[ Tate e Violet ]
"Gli unici momenti in cui si sentiva veramente vivo erano quei pochi attimi passati a parlare con Violet. Poteva contarli sulle dita di una mano, ma quelli restavano comunque impressi nella sua sconclusionata mente.
Ritrovò un briciolo di lucidità e allungò una mano quel tanto per poter sfiorare il profilo della ragazza."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bastò una manciata di secondi e gli occhi di Tate si abituarono all’oscurità. Era la terza notte consecutiva che il ragazzo si intrufolava nella camera da letto di Violet.
Le lenzuola viola intenso aderivano al corpo incosciente della ragazza, con un braccio stringeva un lembo del copriletto, i capelli formavano una fitta trama di disegni immaginari sul soffice cuscino.
Tate desiderava ardentemente stendersi affianco a Violet, osservarla da più vicino e sfiorarla delicatamente. Si avvicinò ai piedi del letto in ferro battuto, avanzò con passo deciso ma al contempo leggero. I suoi movimenti erano impercettibili, si sporse verso il viso di Violet e assaporò ogni singolo tratto del suo viso. Per poco non cedette alla tentazione di accarezzarle i capelli, quei capelli color dell’oro e …
Tate non capiva appieno cosa gli stesse succedendo. Non era da lui avere certe attenzioni nei confronti di una ragazza.
Si portò le mani nei capelli, il suo cervello non funzionava bene da diverso tempo. Aveva dei vuoti di memoria, veri e propri buchi che lo tormentavano continuamente.
Gli unici momenti in cui si sentiva veramente vivo erano quei pochi attimi passati a parlare con Violet. Poteva contarli sulle dita di una mano, ma quelli restavano comunque impressi nella sua sconclusionata mente.
Ritrovò un briciolo di lucidità e allungò una mano quel tanto per poter sfiorare il profilo della ragazza. In quel momento l’allarme dell’abitazione scattò.
 
Violet si svegliò di soprassalto, ma bastò poco per capire che non correva nessun pericolo. Poche cose riuscivano a spaventare veramente la figlia dello psichiatra, e una di quelle le aveva fatto gelare il sangue il giorno precedente, nello scantinato di quella villa che la affascinava tanto.
Tate aveva fatto uso di una maschera e aveva sicuramente esagerato nell’aggredire quell’idiota, ma era stato Tate era l’unica spiegazione razionale. Continuava a ripetersi nella mente Violet.
Una cosa era certa però, c’era qualcosa di Tate che l’aveva attratta sin da subito.
 
La sera seguente, mentre Ben era tornato a Boston per questioni apparentemente di lavoro, Vivien si fece coraggio e bussò alla porta della figlia.
- Che cosa vuoi? -
Violet stava facendo i compiti e avrebbe preferito passare l’intera serata a studiare piuttosto che parlare con la madre. Le bugie non piacciono a nessuno, e quando provengono da tua madre sono ancor meno gradite.
- Credi che sia stupida? Non bevi più vino a cena e stai ingrassando, soprattutto in faccia -
- Volevo dirtelo stasera -
Violet proprio non capiva come la madre avesse potuto accettare una situazione simile. Dopotutto il padre l’aveva tradita con una ragazzina poco più grande della figlia, per sistemare la faccenda avevano pensato bene di trasferirsi in un’altra città, di ricominciare da capo. Ma la verità era una sola: rimanere nuovamente incinta non avrebbe sistemato un bel niente. E nonostante Vivien non lo ammettesse apertamente sapeva che nel profondo non avrebbe mai perdonato suo marito.
- Sei una debole - sentenziò Violet chiudendo la discussione e sbattendosi la porta alle spalle.
Violet adorava la verità, anche se la maggior parte delle volte brucia sulla pelle come il peggior acido.
Ma la vita non è così? Una serie di dure verità che per la maggior parte delle volte fanno male più di una coltellata.
 
Il telefono. Quello stramaledetto telefono non riusciva a saltare fuori. Violet aveva svuotato la borsa e rovistato nei cassetti, ma tutto era stato vano.
Pochi minuti dopo Violet e Vivien si erano ritrovate nel salotto, l’una affianco all’altra, legate a delle sedie e nelle mani sadiche di tre aguzzini.
Due donne e un uomo guardavano madre e figlia con uno strano scintillio negli occhi, tutti e tre vestivano abiti scuri e non facevano altro che blaterare ed eccitarsi alla vista di un coccio verde.
Violet, che nella mente malata di quei folli personificava Gladis la prima vittima, fu obbligata ad indossare l’uniforme da infermiera.
Nel vano tentativo di scappare, grazie all’indispensabile aiuto di Vivien, Violet si sentì tappare la bocca e tirare in una stanza.
Nell’attimo stesso in cui gli occhi di Violet incontrarono quelli di Tate la ragazza capì di avere ancora una speranza.
- Tate stanno cercando di ucciderci - la voce spaventata di Violet uscì quasi come un sussurro.
- Attirali nel seminterrato, ci penso io - rispose velocemente il ragazzo.
Pochi millimetri separavano le labbra dei due giovani, ma non c’era tempo per farsi prendere dalle emozioni. Tate si fece da parte e lasciò Violet in balia di quei folli che volevano annegarla nella vasca al piano di sopra, proprio come aveva fatto uno psicopatico con Gladis quaranta anni prima.
Violet era riuscita ad ingannare una delle due pazze facendole credere che la vasca originale in cui aveva perso la vita l’infermiera si trovava nel seminterrato.
Con un sorriso sulle labbra e contenta di quello che era riuscita a fare si fece condurre nella cantina. Ora non rimaneva che riporre tutte le speranze in Tate.
Qualsiasi cosa fosse accaduta Violet decise che non avrebbe fatto domande a Tate, l’importante era sopravvivere.
   
 
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