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Autore: Sunny_Blue    23/11/2011    2 recensioni
Albus Silente è uno dei maghi più potenti e rispettati al mondo. Ma mentre nel suo studio, prima di uscire per una missione decisiva, fissa la piccola foto all'interno del medaglione che porta sempre con sé, non può non sentirsi un vecchio stanco.
Il senso di colpa per ciò che è successo in passato non l'ha mai lasciato del tutto, insieme ai ricordi...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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L'ultimo ballo

Ho scritto la storia per "La coppa delle Case - contest". 
Ultimamente, grazie proprio ai contest, sto sperimentando un sacco di personaggi e situazioni nuove...
Be' spero che qualcuno apprezzerà!! ^^

Buona lettura!!

L'ultimo ballo


Albus Silente passeggiava nel suo studio, apparentemente sovrappensiero.
La missione di quella sera si prospettava estremamente pericolosa, e il pensiero di permettere ad Harry di accompagnarlo non lo lasciava del tutto tranquillo.
Forse non avrei dovuto acconsentire – pensava mentre percorreva la stanza per la decima volta. Ma sarebbe stato possibile tenere il ragazzo lontano? Sarebbe stato giusto?
In fondo l'aveva informato degli Horcrux, l'aveva messo a conoscenza di quasi tutte le sue scoperte, per prepararlo a quello che sarebbe stato il
suo compito. Sarebbe stato Harry Potter, infatti, a dovere portare a termine il piano, una volta che lui non ci fosse più stato...
E a giudicare dallo stato della sua mano raggrinzita, e dai commenti di Severus a riguardo, non doveva mancare poi molto al momento della dipartita.
Il pensiero di morire non turbava affatto l'imperscrutabile preside.
Era nell'ordine naturale delle cose. Tutti dovevano partire per l'estremo viaggio, prima o dopo. Il suo turno si stava solo avvicinando più in fretta del previsto. Pensare alla morte, alle dipartite, gli fece balenare in mente come ogni volta il ricordo del passato.
Infilò la mano sana sotto la veste, per tirare fuori il piccolo medaglione argenteo che portava sempre appeso al collo.
Lo aprì.
Dal piccolo bottone ovale, il viso di una ragazzina di quasi tredici anni sorrideva dolcemente al suo indirizzo.
Occhi cerulei in occhi cerulei, lo stesso sguardo, la stessa profondità.
Se fosse stata ancora viva, oggi Ariana sarebbe stata una vecchia signora.
Silente pensava spesso a quanto sarebbe stato bello e dolce invecchiare insieme a lei.
Poter annegare nel conforto delle sue iridi tanto profonde quando qualcosa non andava, sentire il tocco delle sue mani delicate sulla fronte.
Ma tutto questo gli era stato negato... ed era stata sua la colpa.
Col passare degli anni il peso di quello che era successo alla sorella non aveva smesso per un solo attimo di pesargli sulle spalle.
All'epoca dei fatti era solo un ragazzo, accecato dalla sete di potere, di gloria - le accuse di Aberforth erano la pura verità -, ma il tempo aveva cancellato quei desideri ed era rimasto solo il rimorso.
Non era vero, invece, che di lei non gli fosse mai importato niente. Non era vero che l'avrebbe sacrificata sull'altare dell'auto-realizzazione.
Lui amava Ariana, non avrebbe mai, mai voluto farle del male.
Mentre osservava la fotografia sbiadita all'interno del medaglione, gli tornò alla mente un ricordo sopito da anni. Succedeva spesso che la sua mente gli giocasse quel tipo di scherzi, proponendogli immagini di momenti che credeva di avere dimenticato.
Stai invecchiando, Albus – sussurrò una vocina divertita al suo orecchio e lui non poté fare altro che sorridere in risposta.


* * * * * * * * * * * * * * *


Era primavera.
Lui e Gellert erano stati via per alcune ore quella mattina, visitando diverse cittadine alla ricerca di tracce dei Doni della Morte. Era quella la sua ossessione, a quei tempi.
In un piccolo negozio di antiquario aveva scovato un oggetto che era certo sarebbe piaciuto molto alla sorellina.
L'aveva comprato per lei.
"Albus, sei tornato", la voce di Ariana era colma di gioia, quando aveva visto la figura del fratello maggiore stagliarsi sulla porta.
Lui le aveva sorriso, affettuoso.
Quel giorno la ragazzina sembrava tranquilla, serena, normale...
Era sempre con sollievo che il giovane prendeva atto di quei momenti di lucidità. Allora poteva quasi fingere che non ci fosse niente di sbagliato in lei, nella loro famiglia. Poteva quasi fingere di poter fare della propria vita tutto ciò che voleva, senza limitazioni.
Il fratello minore, con la sua presenza, con i suoi bassi mormorii e le risposte taglienti, era però sempre presente a ricordargli come stavano davvero le cose.
I momenti di buona erano solo attimi passeggeri.
C'era sempre una nuova crisi, dopo. Ci sarebbe sempre stata una nuova crisi.
"Ho una sorpresa per te", le disse mentre nascondeva il piccolo involto dietro la schiena.
Gli occhi della giovane brillavano di curiosità ed eccitazione.
"Non farla agitare." Il basso ringhio da dietro le sue spalle lo avvisò dell'arrivo di Aberforth.
Allungò la scatola ad Ariana, che quasi saltellava dalla felicità.
Lei la aprì con mani tremanti, quasi avesse paura di rompere il misterioso oggetto.
Alla fine tirò fuori un carillon.
Era la perfetta imitazione di una giostra con i cavallucci a dondolo. La rotella sulla base dava la carica e insieme alla musica, il piccolo scrigno ruotava su sé stesso.
"E' bellissimo." Negli occhi della sorella Albus poté leggere una tale riconoscenza e una tale felicità da fargli traboccare il cuore di amore.
"Posso?" Chiese ancora lei, indicando la chiave dorata.
"Certo. È tuo", la incoraggiò lui.
E la ragazzina girò alcune volte la carica.
Una musica dolce, da minuetto, si diffuse per tutta la stanza.
Ariana fissava incantata i piccoli cavalli bianchi, neri, fulvi, che le passavano davanti agli occhi, andando su e giù al ritmo del carillon.
Dopo che il movimento si fu esaurito, caricò di nuovo il congegno.
Lo posò sul tavolo e allungò una mano verso Albus.

"Mi concedi questo ballo, fratello?"

La tensione di Aberforth alle sue spalle era palpabile.
Nonostante fosse il minore, era lui quello più realistico, quello più di buon senso; lui che forse sarebbe stato il più adatto ad occuparsi di Ariana.
Invece quel compito era toccato al maggiore tra i due.
Vedendo dal luccichio nei suoi occhi azzurri quanto la giovane desiderasse danzare, Albus non riuscì a dirle di no.
Le prese la piccola mano candida tra le sue.
La tirò a sé, passandole un braccio dietro la schiena.
Poi iniziarono a muoversi al ritmo della musica.
Piccoli passi leggeri, sul pavimento di pietra dura.
La risata argentina di Ariana superò anche la musica del carillon, quando lui mormorò un incantesimo e la coppia si sollevò leggermente da terra.
Aberforth sulla porta gli lanciò uno sguardo ancora più accigliato.
Ma non era successo niente di tragico.
Dopo pochi minuti, il suono del minuetto si era interrotto e lui aveva lasciato con gentilezza la ragazzina di nuovo con i piedi al suolo.
Le guance di lei erano imporporate di un bel rosso acceso, un tocco di colore su quella pelle di solito così pallida. Sembrava ancora più sana, così, ancora più viva.
Albus aveva guardato Aberforth con occhi carichi di sfida, come a chiedergli di dimostrare che quella danza era stata un male.
Il fratello aveva dovuto abbassare la testa, di fronte della gioia di Ariana e al suo bell'aspetto.



Quello era stato il loro ultimo ballo.



Pochi giorni dopo, durante una delle sue crisi più accese, Ariana era finita in mezzo ad uno scontro a colpi di incantesimo tra lui, Grindelwald e il fratello...
Era stato il giovane copro spezzato della ragazza a rimanere sulla strada polverosa, alla fine.


* * * * * * * * * * * * * * *


La pendola nell'angolo suonò le sette.
Silente chiuse con uno scatto il piccolo medaglione.
Era il momento di andare.
Scacciò via i ricordi, il pensiero di quella giovane vita spezzata troppo presto, il peso delle proprie responsabilità nell'accaduto. Le mise da parte mentre indossava il mantello e si avviava fuori dal suo ufficio, a fare la cosa giusta.
Lottare contro il male, lottare per il bene di tutti - non più soltanto solo per la sua realizzazione - lo facevano sentire lievemente meglio.
Aveva votato tutta la sua vita a quella nuova causa, dopo la morte della sorella, per cercare in un certo modo di espiare quelle che erano state le sue responsabilità.
Non sono riuscito a fare del tutto ammenda, sorellina – si ritrovò a pensare per l'ennesima volta, mentre scendeva le scale.
Con la vecchiaia era arrivata la consapevolezza che quel peso sulle spalle e sul cuore non l'avrebbe mai lasciato, fino al momento della sua morte.



Silente lo aspettava accanto al portone di quercia. Si voltò quando Harry arrivò pattinando al gradino più alto, ansante, con una fitta nel fianco...
[Harry Potter e il Principe Mezzosangue. p.501]

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