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Autore: eyesoftiger    23/11/2011    5 recensioni
Song - fic sulla morte di uno dei gemelli figli di Dionisio: Castore.
Adesso non riesce più a respirare. Stringe le mani alla maglietta del fratello sanguinante. Si rialza, guardandolo negli occhi. Gli stessi occhi che ha guardato per diciassette anni. Con quella sfumatura di viola, talmente simile al padre.
- Ti voglio bene anch’io. – sussurrò, rivolgendo il suo sguardo al cielo.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: Questa è una song – fic. E per definirsi tale dovrete ascoltare la canzone mentre leggete. La canzone è Wish You Were Here di Avril Lavigne.
Buona lettura.

Accidenti, Accidenti, Accidenti,
Cosa non farei per averti
Qui, qui, qui
Vorrei che tu fossi qui 

 

 

C’è un bosco, là.

 Poco fuori Mahnattan.
Un bosco di alti alberi, che dall’altezza di un uomo, sembrano toccare il cielo.
La neve ricopre tutto adesso.
E, se si guarda bene, si riesce a scorgere in lontananza una casetta. Una bella casa di legno, tutta a un piano. La riesci a vedere anche tu, non è vero?
Con il tetto ricoperto di candida neve, una macchina parcheggiata fuori e, sotto una tettoia, due piccole sedie e un tavolino, anch’essi di legno,  tanto sfruttati d’estate, tanto poco sfruttati d’inverno.
Una piccola gradinata conduce alla porta. E se fossimo dei fantasmi, riusciremmo a vedere la candida scena familiare che sta avvenendo là dentro.
Una mamma, davanti al fuoco, che sta leggendo, con le gambe accavallate, un romanzo. Su un divano, un divano di pelle rossa. Un giovane donna, dopotutto. Alta, snella, con due candidi occhi nocciola e i capelli color cioccolato. Che di tanto in tanto tira un occhiata ai due bambini di dieci anni, gemelli, che stanno giocando tranquillamente con le costruzioni.
Eccoli la, i miei ometti, pensa la donna, mentre li guarda amorevolmente. 
I miei due … come si chiamavano? Semidei.
Così si definivano i figli nati dall’unione di un mortale e un dio. Aimè, lei non era una dea.
Ma l’uomo, o meglio il dio, che l’aveva lasciata con due pargoli in grembo si. Ma non la fraintendete, lei non lo odiava. Non ancora almeno.
Il dio del vino.
Spuntò un sorriso sulle sue labbra, a quel pensiero. Strano modo di presentarsi. Ma quando si è perennemente ubriachi, qualcosa può scappare, dopotutto, no?


 

- CASTORE! CASTORE! – disse Polluce scuotendo il fratello sdraiato a terra, con una profonda ferita, al pari dello stomaco, dalla quale sgorgava sangue. Troppo sangue.

Era sporco, Polluce, di terra, di sudore, di sangue, in quel terreno desolato, pieno di vittime. A combattere la battaglia. La battaglia del Labirinto.

- Non urlare così fratellino. Mi rompi i timpani. – rispose fievolmente Castore, che girò la testa, sorretta dal gemello, verso di lui.

- Hei, lo sai che stai sanguinando vero? E anche tanto. – disse Polluce, premendo uno straccio della sua maglietta contro la ferita.

- Tranquillo. Capita. Non c’è bisogno che tu prema tanto. –

Polluce cercò aiuto con lo sguardo, fino a gridare di portare una barella.

- PORTATE UNA BARELLA! C’E’ UN FERITO! – gridò a squarciagola, speranzoso di una risposta.

Oddei, quando sanguinava. Ti prego fermati, fermati. Perché hai tanta fretta di uscire, sangue? Eh, perché?

- Hei, Castore perché non cantiamo? – disse disperato il fratello, tremante, impotente.

- Io sto morendo e tu vuoi cantare? L’ho sempre detto io che eri matto, fratellino. – sillabò Castore, con un sorrisetto sulle labbra, lo sguardo rivolto verso il cielo.

- TU NON STAI MORENDO! Tu non morirai! Capito, Castore? Tu non morirai. Non oggi. – gridò il fratello, con le lacrime agli occhi.

Non morirà, non morirà. Perché lui non può morire giusto? Lui non può abbandonarlo. Lui starà sempre con lui.
Lo sguardo era fisso sulla ferita, che stava premendo.

- E andiamo, so che sei sempre stato un fan di Avril Lavigne. – disse, sorridendo e allo stesso tempo piangendo, Polluce.

- Ssshh. Non lo dire ad alta voce. – ridacchiò l’altro, a malapena. Ormai le forze lo stavano abbandonando. Lo sentiva.  

- Wish You Were Here, ok? Ti è sempre piaciuta no? La canticchi continuamente. –

Fece qualcosa che doveva assomigliare a un segno di assenso.
Aprii la bocca, dapprima senza emettere suono, per poi iniziare a intonare qualche nota della canzone.

- I can be tough
I can be strong
But with you, It’s not like that at all–

Polluce all’inizio non riuscii a cantare. Ormai le lacrime, gli stavano salendo in gola, lasciando poco spazio alle parole.

- Theres a girl who gives a shit
Behind this wall
You just walk through it. –

Ormai lo straccio è zuppo di sangue. Preme, preme. Ma il sangue non si ferma. Non sta morendo, lui non morirà. Perché lui è un grande fratello. Lui è un grande. Il più grande dei fratelli. Ti prego, ti prego, ti prego. Non lasciarmi solo.

- And I remember all those crazy thing you said… - intonò Castore.

Lo stomaco. Quanto gli faceva male lo stomaco. Lo sente che si sta lacerando.
Sta per lasciare. Sta per morire lo sente. Ma …
Polluce.
Non vuole lasciarlo solo. Non vuole lasciarlo, come ha fatto la madre.
Glielo aveva promesso:
“Insieme.
Per sempre.”
- You left them running through my hea … -
No, Polluce non ce la fa ad andare avanti. Le lacrime ormai gli sono arrivate agli occhi. E stanno scendendo, lo sente. Lo sente sulle sue tenere guance rosee, lo scorrere delle lacrime. Quelle bastarde.
Il labbro inferiore gli trema. Oddei, no, vi prego. Non sono pronto.

- Polluce … - sussurò Castore, continuando a guardare il cielo, con un sorrisetto sulle labbra.

- NO, Castore! Continua a cantare, continua a cantare, ti prego. Ti prego … -

Quanto fa male. Il suo cuore. Il suo cuore. Gli fa terribilmente male.

- Ascoltami … -

- Ti prego … - singhiozzò Polluce. Non ce la può fare. Non lo sopporterebbe. Non sopporterebbe di perderlo.

Si accascia sul petto di Castore, in lacrime. No, no. Non lasciarmi.
E’ l’unica cosa che riesce a pensare.
QUANDO CAZZO ARRIVA LA BARELLA?

- Mi raccomando. Stammi bene, c – capito? Fatti una vita, e una moglie. E vieni a trovare la mia tomba ogni tanto … -

- CASTORE! Non sparare cose a caz … -

- Ti voglio bene, fratellino. –

Adesso non riesce più a respirare. Stringe le mani alla maglietta del fratello sanguinante. Si rialza, guardandolo negli occhi. Gli stessi occhi che ha guardato per diciassette anni. Con quella sfumatura di viola, talmente simile al padre. Oddei.

- Ti voglio bene anch’io. – sussurrò, rivolgendo il suo sguardo al cielo.

Mio fratello.
 Come siamo arrivati a questo punto?

-  Hei Castore, io … -

Ma Castore,non sentì mai ciò che il fratello voleva dirgli.  
Mai più.


 
E adesso Polluce è lì, davanti a quella tomba, e a quei fiori, e a quel fratello a cui un tempo voleva tanto bene. Ma cosa dice? Lui gli vuole ancora bene. Lui gli vorrà sempre bene.
Anche se il suo cuore non sarà mai come prima. Una parte è volata via con lui.
Castore perché mi hai lasciato? Si ripete.
Hai infranto la promessa.
Te lo ricordi?
“Insieme,
Per sempre.”
 

Tutte quelle cose folli che abbiamo fatto
Non ci ho mai pensato, le ho fatte e basta
Tu sei sempre lì, sei ovunque
Ma adesso vorrei che tu fossi qui.
 

 

 

Note della folgore: Questa è la prima prima song – fic. *musichina tetra in sottofondo*
*La ragazza prende una mazza e la da in capo al musicista*
Allora, come avrete capito, è come ho visto io la morte di Castore.
Perché scriverla? Oh, mi è sempre sembrata una cosa crudelissima dividere due gemelli. Crudele. Crudelissima. Drammatica.
*se ne va via piangendo disperata*
*dopo due ore torna con un fazzolettino bianco in mano, intenta ad asciugarsi una lacrimuccia*
Quindi se volete lasciare una recensioncina qua sotto *tossisce* Giusto per sapere che cosa ne pensate. Se vi ha fatto ridere, piangere ( non per la morte di Castore èwè ) vomitare, venire la diarrea, se vi ha fatto voglia di ballare il tip tap.
Tutte cose che io apprezzo con il tenero e povero cuoricino che mi ritrovo.
The Little Lightning :3





  

  
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