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Autore: Tanin    23/11/2011    2 recensioni
Un mondo diviso in regni distinti e litiganti, una principessa che preferirebbe essere chiunque altro piuttosto che sè stessa e un giovane apparentemente sbucato dal nulla. La magia impregna ogni cosa, ma raramente si manifesta. O forse no?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è orignale e mi appartiene, casi di omonimia o riferimementi a fatti realmente avvenuti sono puramente casuali. Vietata la riproduzione, la commercializzazione e le opere derivate. Tutti i diritti riservati.

L'amore vero lo senti scorrere nelle vene, non nel primo, ma nell'ultimo sguardo prima che le vostre strade si separino.

 

Un bambino di otto o nove anni giocava spensierato nell’erba soffice sotto il sole, mentre il vento taceva, e degli uccelli variopinti volavano alti nel cielo, cantando dolci melodie. Alzò gli occhi grigi dal gioco che stava facendo quando dalla capanna poco distante, da cui s’innalzavano pigre volute di fumo, uscì un uomo attempato, rubicondo, con in mano una seggiola di legno robusto.
Dei soldati dalle divise scarlatte sbucarono silenziosi tra gli alberi e sulla strada, le spade sguainate, le balestre già pronte a fare fuoco, e vedendoli l’uomo emise un urlo feroce, acuto, i suoi lineamenti presero a mutare: i denti si allungarono, trasformandosi in zanne, del pelo prese a crescere su tutto il corpo, e la sua mole iniziò ad aumentare, quadruplicandosi. I suoi vestiti si tesero sulla muscolatura, fino a strapparsi e a cadere in brandelli al suolo, e l’uomo lasciò il posto ad una belva dal pelo scuro, imponente e feroce. La porta saltò con un boato, e ne uscirono altre tre figure che presto raggiunsero la prima fiera.

I militari si arrestarono, turbati, le armi ora vacillanti nelle mani tremanti.
« Muovetevi, codardi! Quei mostri meritano solo la morte!» La voce di un comandante si alzò severa da dietro le fila dei soldati, e i capelli dorati dell’uomo si illuminarono sotto il sole, mentre slanciava avanti il proprio cavallo.
Le urla eccitate lo seguirono lungo la piccola radura, e lo scontro fu inevitabile.
Le bestie erano incredibilmente più veloci degli uomini, tento che essi facevano quasi fatica a seguirle con lo sguardo, ma assai meno numerose, e dove non arrivavano le spade v’erano dardi mortali; i fiori delicati si tinsero di rosso sotto il fragore delle armi, e corpi morti si afflosciavano nel fango, le urla si alzavano alte, le carni martoriate dove erano state raggiunte dagli artigli o dalle lame affilate.

Un ragazzino osservava in disparte, gli occhi grandi per l’orrore, la divisa rifinita d’oro lacerata su una manica. Si accasciò dietro un albero per vomitare anche l’anima quando vide la testa di una di quelle fiere volare sopra la testa dei combattenti, per rotolare ai suoi piedi avvolta in piccole scintille di luce, prima di tornare ad essere il volto sofferente di una giovane donna bionda.

Un grido acuto, una via di mezzo tra un ruggito e un rantolio si innalzò sopra le macerie:
« Fuggi, Rion, FUGGI!!!» Poi calò il silenzio stupefatto degli uomini superstiti in mezzo alla morte, il sole ora illuminava la carneficina avvenuta, i corpi straziati; l’odore di morte, sangue, sudore si mescolò al fumo che non aveva ancora smesso di fuoriuscire dal camino. Soltanto il comandante folle che aveva ordinato la carneficina si stagliava dritto sulle macerie, i lineamenti delicati distorti da un ghigno, mentre attorno a lui i sopravvissuti barcollavano.

Dense nuvole si addensarono rapidamente, e la pioggia prese a cadere rapida, portata dal vento, inutile pianto per un orrore che non era possibili cancellare.

  
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