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Autore: evenstar    18/07/2006    16 recensioni
Tonks riesce a convinecere Remus a fare un pic nic al parco con lei ma, in perfetto stile "Tonks", l'uscita non andrà proprio come previsto dalla ragazza.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Tonks'
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Ciao, per festeggiare la mia laurea di oggi eccovi un altra puntata della vita secondo Tonks, che mi sembra vi piaccia abbastanza. Per rispondere a Faith Sun: in queste storie no, o meglio è depressa ma solo all'inizio, poi tutto sommato le sue giornate hanno sempre una nota positiva. Grazie a tutti voi che riuscite sempre a trovare due minuti per lasciare un commento a questa serie. L'episodio di oggi è liberamente tratto da un episodio omonimo di X-Files. Buona lettura!

Il terzo desiderio

Ninfadora Tonks era depressa.

Questa volta questa sua disposizione d’animo, che sempre più frequentemente l’attanagliava in una morsa piuttosto sgradevole tanto da indurla quasi a ripiegare su qualche pozione antidepressiva, se non su qualche intruglio Babbano consigliatole dal ramo paterno della sua famiglia, era stato indotto da un genio. Non un genio del tipo “ persona moderatamente intelligente che si eleva dalla massa di caproni ottenendo come riconoscimento, molto spesso assolutamente immeritatamente, l’appellativo di genio” , no quello che intendeva lei era il classico genio, uscito dalla classica bottiglia.

Per farvi capire come mai la giovane Ninfadora era incappata nel suddetto genio che, per quando nel mondo magico non fosse cosa unica, era quantomeno cosa molto molto molto rara, dobbiamo fare un passo indietro a una luminosa mattina di inizio giugno quando la strega aveva convinto, dopo strenui e incessanti tentativi, appostamenti, preghiere e qualche supplica, il suo amore (non corrisposto) Remus John Lupin, quello vero non il portachiavi, ad andare ad un pic nic nel parco con lei.

La mattina dell’appuntamento era stata passata da Tonks a stregare, rompere e infine insultare coltelli, panini, affettati, bibite e quant’altro vi possa venire in mente potrebbe essere utile ad un pic nic con il risultato di procurarsi innumerevoli tagli, distruggere tutto il servizio di piatti appena comprato, sprecare quattro buste di affettati e due panini ma anche di ottenere, quasi per miracolo, un cesto da pic nic che avrebbe fatto invidia alla stessa Molly Wasley, se lo avesse visto. Infine, a meno di due minuti dalla fatidica ora in cui Remus si sarebbe presentato alla sua porta (Ninfadora aveva infatti smesso di sperare di poter contare sul quarto d’ora accademico che tutti i maghi e le streghe in genere assicuravano per un appuntamento, se Remus diceva alle undici e mezza, sarebbero state le undici e mezza) Tonks era pronta alla sua grande occasione per conquistarlo.

La ragazza aveva inizialmente pensato di strabiliare l’uomo con le sue abilità di cuoca provetta facendogli mangiare i suoi stupendi panini, prima di ricordarsi la disastrosa cena inaugurale del suo appartamento, salvata all’ultimo solo grazie al suo intervento; aveva quindi ripiegato sulla possibilità che lui notasse la sua simpatia, prima che le tornassero in mente i precedenti modi in cui lo aveva accolto, a dir poco leggermente maleducati. Aveva quindi ripiegato sulla possibilità di stupirlo semplicemente cercando di non combinare grossi guai, per una volta nella sua breve vita.

Il campanello trillò facendola sobbalzare, Tonks afferrò il cestino da pic nic sentendosi molto come la protagonista di una favola Babbana che il papà le leggeva da piccola… berretto rosso, mantello rosso… qualcosa di simile. Aprì la porta sfoderando un sorriso a trentadue denti per trovarsi davanti l’antipatica figlia della vicina di casa, quella bimbetta Babbana che l’aveva chiamata Mucca Viola.

- Che vuoi, scricciolo?

- Mi è caduta la bambola sul tuo balcone.

- Oh, adesso sto uscendo, passa domani a prenderla.

- Mi è caduta la bambola sul tuo balcone.

Tonks la fissò per un attimo, certo che questi Babbani qualche volta erano strani forti. – Piccola, non ho tempo adesso per la tua bambola.

- Voglio la mia bambola.

- Ti ho detto che non…

Il piccolo mostro si mise ad urlare con quanto fiato aveva in gola, le urla echeggiarono per tutta la scala della casa, rimbalzando e aumentando di intensità come una sirena.

- Va bene, va bene, va bene, - si arrese la ragazza, dirigendosi con passo spedito al balcone per recuperare la stramaledetta bambola. – Tieni, mostriciattolo, adesso sparisci, ho da fare, - riprese chiudendo poco educatamente la porta sul faccino arrossato della bimba che teneva la bambola per un piede, senza molta cura.

Per una misera volta in cui era riuscita a raggiungere la porta senza cadere, in cui non aveva insultato il visitatore, in cui aveva fatto tutto in modo assolutamente e incontestabilmente corretto…era stato inutile. Tonks si diresse verso il divano con l’intento di aspettare quietamente seduta l’arrivo del suo principe azzurro (poco principe in realtà e a ben vedere anche poco azzurro… verdino forse, soprattutto dopo la luna piena), magari iniziando a mangiucchiare un panino, tanto per vedere se fossero venuti commestibili. Ne aveva appena preso in mano uno quando il suono del campanello si rifece sentire nel silenzio della casa, Tonks fece un salto per lo spavento, schiacciando in modo forse un po’ troppo entusiastico il panino che scolacchiò maionese sulla sua maglietta violetta preferita. La ragazza si alzò per andare ad aprire, cercando nel frattempo di riparare il danno sfregando con quanta forza avesse i lembi dell’indumento tra di loro, ottenendo invece che una semplice traccia di maionese una enorme chiazza che le ricopriva metà del busto. Era talmente impegnata a ripulirsi che ovviamente non fece caso a dove metteva i piedi e questi a tradimento, i maledetti, inciamparono su un libro abbandonato per terra, facendole perdere l’equilibrio e finire con un tonfo contro la porta d’ingresso. Ninfadora si ritrovò seduta sul pavimento di casa sua mentre un educato e piuttosto preoccupato Remus entrava in casa e rimaneva a fissarla con un’espressione indecifrabile sul volto segnato, ma decisamente affascinante lo stesso.

- Ciao, Ninfadora, scusa se sono entrato così ma ho sentito un rumore e mi sono preoccupato.

- Remus J. Lupin ti ho già detto mille volte di non chiamarmi Ninfadora, - sbottò lei massaggiandosi la testa dolorante. – E già che sei qui non stare lì impalato, dammi una mano!

Ecco fatto, come tutte le santissime volte precedenti ci era ricascata, accogliendo il mago dei suoi sogni come se fosse un Vermicolo. – Scusa, - borbottò prendendo la mano che lui le stava allungando e alzandosi infine dal pavimento.

- Non ti preoccupare, fatta male?

- Solo nell’orgoglio, - rispose lei strappandogli un sorriso.

- Che hai fatto sulla maglietta?

- Maionese, - rispose lei come se fosse la cosa più normale del mondo avere un indumento completamente spalmato di salsa.

- Tergeo, - sussurrò lui puntandole la bacchetta sul petto.

- ‘azie.

- Sempre al suo servizio, mia signora, - disse lui facendo un inchino e approfittando di essere già all’altezza giusta per raccogliere il cestino da pic nic, che era caduto con la sua proprietaria qualche attimo prima. – Andiamo?

- Sì, devo solo…- disse Tonks cominciando a cercare nervosamente qualcosa in giro per la stanza. – Ah eccola, - prese la bacchetta e la puntò al centro della stanza. – Accio Remmy,- scandì afferrando poi al volo un peluche a forma di lupacchiotto che le stava arrivando addosso a tutta velocità. – Sono pronta!

Lupin alzò gli occhi al cielo ma non fece commenti sul portachiavi della giovane, le fece spazio e insieme uscirono di casa, diretti al parco a qualche isolato di distanza.

Incredibilmente non ci furono particolari incidenti di percorso durante tutto il tragitto, Tonks inciampò un paio di volte sul cordolo del marciapiede ma la sua abitudine a questi piccoli, insignificanti, incidenti di percorso, uniti alla provvidenziale presenza di Remus che prontamente l’acchiappò entrambe le volte non le causò danni permanenti. 

- Allora Tonks, dove ti vuoi mettere?

La sagace e pronta risposta che subito nacque nella mente allenata della giovane strega prevedeva una serie di possibilità non adatte ad un pubblico minorenne ma fu abbastanza brava da tenere per sè quelle considerazioni, perdendo solo momentaneamente il controllo dei suoi capelli che fecero un rapido giro tra i colori conosciuti, sfiorandone alcuni anche meno noti, per poi riassestarsi ad un banale castano chiaro, ideale per passare inosservata tra i Babbani del parco. – Andiamo laggiù, - disse indicando un salice piangente ai piedi del laghetto, ideale per avere un minimo di privacy.

- D’accordo, - rispose lui incominciando a incamminarsi da quella parte. – Tonks attenta alle…

Tonf.

Lupin si voltò verso la giovane dietro di lui e rapidamente tornò indietro per aiutarla a rialzarsi. – …Pietre. Scusami.

Tonks lo fissò chiedendosi se quello splendido esemplare di mago che le stava davanti fosse reale o se fosse solo frutto della sua galoppante fantasia. Lei era rovinosamente inciampata sulla prima pietra posta sul suo percorso, e fin qui niente di nuovo, ma lui… lui non aveva riso, non aveva neanche sorriso per essere precisi, si era voltato e le aveva chiesto scusa. Per cosa il neurone di Tonks smaniava di saperlo.

- Scusa per cosa?

- Per essere andato avanti senza di te, avevo visto le pietre ma ti ho avvertito troppo tardi, - rispose lui come se fosse la cosa più normale del mondo, le afferrò saldamente il braccio e poi si diresse con lei, tenendola a braccetto per il resto del percorso senza accorgersi dell’espressione goduta della ragazza che stava giusto pensando come valesse ben la pena di incrinarsi qualche costola per essere poi scortata a braccetto da lui.

 

Fu a quel punto che iniziarono i veri guai, quelli che poi portarono la nostra Ninfadora alla depressione più nera. Si erano appena seduti sul plaid che Remus aveva fatto apparire, violando una decina di leggi magiche sull’uso della magia in mezzo ai Babbani perché lei si era dimenticata di portarlo, quando la strega vide una stramba bottiglietta deposta a terra, la prese con l’intenzione di spostarla, schifata dalla poca cura e igiene che la popolazione non magica dimostrava nella gestione delle proprie aree verdi, quando fu incuriosita dalla forma della bottiglietta. La rigirò qualche attimo tra le mani, sotto lo sguardo attento di Remus poi gliela tese, commettendo forse l’errore più grande della sua vita… del mese… va bene d’accordo…della settimana.

- Guarda, Remus, - disse innocentemente tendendogli l’oggetto.

- Che cosa fai, butta quella cosa, - le rispose lui con lo stesso tono che usava sua madre Andromeda quando da piccola raccoglieva le cose da terra.

- No, guarda ho detto, c’è qualcosa qui.

Remus prese la bottiglia e strofinò con un lembo di plaid parte indicata dalla giovane. Un fumo di uno sgradevole verde acido si sollevò dal collo della bottiglia, Tonks si guardò intorno preoccupata ma nessun Babbano era in vista. Poi dal fumo prese forma una donna ma giustamente non una vecchia bassa, brutta e con sgradevoli protuberanze dal naso adunco, oh no, non sarebbe stata una giornata in “ stile Ninfadora Tonks “ se fosse stato così, ne emerse una giovane bionda che avrebbe potuto tranquillamente fare concorrenza a quella smorfiosetta francese fidanzata di Bill, la quale fece perdere persino all’impassibile Remus John Lupin la sua imperturbabile tranquillità, strappandogli un gemito di ammirazione.

- Remus! – sbottò Tonks.

- Che cosa? Non è colpa mia, non sapevo che sarebbe uscita di lì, - disse lui con evidente tono contrito ed espressione da cucciolo abbandonato, segno evidente per Tonks di un tentativo di adescare la giovane vaporosa appena comparsa.

- Non è per quello, smettila di sbavare! – rispose lei dandogli una sberla sul braccio.

- Ma non sto sbavando, - si difese l’uomo.

- Scusatemi…

I due si voltarono verso la nuova arrivata. – Chi di voi mi ha richiamato?

- Credo di essere stato io, - rispose Lupin, molto imbarazzato.

- Bene, Padrone, ordina quello che vuoi.

- Padrone? – sbottò Tonks, ora decisamente arrabbiata. Certo anche lei aveva pensato a giochetti erotici da proporre al suo lupacchiotto, ma almeno aveva avuto il buon gusto di non proporli così, a freddo, in un luogo pubblico.

- Ehm, scusi, non ho capito bene.

La giovane sbuffò. – Siete nuovi di queste cose vero? Allora io sono un genio, tu, - disse indicando Remus. – Il mio padrone, hai diritto a tre desideri e finchè non li avrai espressi non potrò andarmene.

- Cosa? – chiese Tonks profondamente lacerata tra il sentimento di ingiustizia nel constatare che la bottiglietta l’aveva trovata lei e che quindi i desideri avrebbe dovuto esprimerli lei, e la constatazione che un individuo riflessivo e preciso come Remus avrebbe potuto impiegare molto, molto tempo per decidere tre desideri e, quindi, Tonks avrebbe avuto tra i piedi la sventola geniale per un tempo che sarebbe stato decisamente troppo lungo da sopportare.

- Posso chiederti qualunque cosa? –chiese Remus con gli occhi che gli brillavano dall’emozione.

- Beh, ci sono un paio di cose che non posso fare. Non posso cambiare il passato tanto per cominciare, non posso portare in vita i morti o meglio, lo posso fare, ma ti assicuro che hanno un aspetto decisamente rivoltante. Non posso fare innamorare nessuno per l’eternità… solo per qualche ora.

Sentirono un tonfo sordo e si girarono entrambi verso Tonks che era appena svenuta andando a sbattere una sonoro craniata sul tronco del salice piangente dietro di sé, Remus la degnò di un’unica occhiata, che chiedeva implicitamente se fosse tutto a posto, il genio invece la guardò come se avesse davanti uno strano e affascinante esemplare di Snaso.

Aveva avuto la possibilità di vivere, anche se solo per qualche ora, la sua storia d’amore con l’affascinante e schivo lupo mannaro e l’aveva appena persa.

- Beh, allora credo che dovrei usare questa possibilità per…

Tonks lo fissò orripilata, sapeva cosa stava per dire, lui l’essere più dolce, buono e gentile del mondo magico e non, stava per chiedere qualche cosa di…utile. Avrebbe potuto avere una casa, dei soldi, tutto quello che voleva ma lei sapeva, se lo sentiva nello stomaco che le si stava fastidiosamente attorcigliando in una morsa infernale, che avrebbe detto…

- … fare del bene, - concluse Remus, non badando all’espressione implorante della sua giovane accompagnatrice.

- Oh, abbiamo un animo nobile qui, bene ragazzo. Spara il primo, - gli disse il genio di rimando, rimboccandosi le maniche.

- Vorrei… vorrei… vorrei la pace nel mondo.

Prima di vedere un sbuffo di fumo verde a Remus parve di vedere il genio fare una smorfia, ma non ne fu sicuro e quando la nube si dissipò era sparita.

Come Tonks, d’altra parte.

Remus si girò a guardarsi intorno, nel parco non c’era più nessuno, nessuno passeggiava per i sentieri, nessuno andava in macchina nella strada vicina, nessun aereo, né elicottero, bicicletta, monopattino, niente di niente. Intorno a lui c’era solo silenzio.

- Ma che cosa hai fatto? – chiese spaventato al genio.

- Tesoro, mi hai chiesto la pace nel mondo, cosa ti aspettavi?

- Che mettessi fine alle guerre!

Il genio rise, scuotendo la testa in modo che i capelli biondi le scivolassero attorno al viso. – Certo, certo. Ma per chi mi hai preso? Pensi che se non sono riusciti a fermare le guerre gli dei, i semidei e le divinità varie degli uomini possa riuscirci io? Annullare l’intera umanità è l’unico modo.

- Ma, ma… adesso? Non possiamo lasciare tutto così!

- Usa il secondo desiderio.

- Ah già, - sospirò di sollievo Remus. – Un momento… tu sapevi vero?

- Certo che sapevo. Capita sempre un animo nobile che cerca di salvare l’umanità. Guarda ti assicuro che questa storia dei desideri ha mandato in rovina molte più presone di quante non abbia salvato.

- Non avrei mai pensato, - rispose quieto Remus, non sentendo tutto sommato l’urgenza di far ritornare l’umanità al suo posto e godendosi ancora qualche attimo quella pace inattesa. Però era strano, la cosa che gli mancava di più erano i continui danni causati da Tonks. – Tu, se ne avessi la possibilità, cosa vorresti?

Il genio rimase un po’ interdetto, riflettendo. – Non me lo ha mai chiesto nessuno… non so, credo che vorrei potermi andare a prendere un caffè.

Lupin rimase pensieroso a fissare il salice, nel posto dove prima era seduta Tonks. – Genio, voglio che tutto torni come prima del mio primo desiderio, - mormorò infine con un sospiro.

Subito dopo fu reimmerso in un brusio di fondo, segno evidente che l’umanità era tornata a vivere intorno a lui, con i suoi pregi e i suoi difetti.

Tonks si rimaterializzò in bilico davanti a dove stava seduto lui, oscillando pericolosamente e finendo inevitabilmente per cadergli tra le braccia.

- Ops, scusa. Non so cosa è successo.

- Lo so io, ho fatto un piccolo errore, - rispose trattenendola un attimo a sé, prima di aiutarla a rimettersi seduta di fianco a lui.

La giovane Ninfadora, sebbene non avesse capito praticamente nulla di quanto successo e non avesse la più pallida idea di come fosse finita in braccio a Remus, si godette la sensazione di stretta delle sue braccia, inalò a pieni polmoni il suo profumo muschiato che l’aveva sempre fatta impazzire, resistendo solo a fatica all’impulso di gettargli le braccia al collo e buttarsi di nuovo sopra di lui.

- Bene, padrone…

- Remus, chiamami Remus.

- Bene Remus, il terzo desiderio?

- Come terzo? Che fine hanno fatto i primi due? – chiese Tonks decisamente perplessa e con la netta sensazione che quella vamp travestita da genio li stesse fregando.

- Te lo spiego poi, Tonks. Ascolta, se avessi a disposizione un unico desiderio, cosa vorresti?

Tonks si dovette mordere la lingua per non dire un semplice “ te ” facendosi piuttosto male, poi cominciò ad elencare. – Una casa, anzi no una barca, oppure una stanza piena di Galeoni alla Gringott, oppure una promozione sul lavoro, un mantello dell’Invisibilità oppure…

- Basta, ho capito, - sorrise Remus sventolando le mani. – Ma se ho capito bene come funziona, - disse infine rivolgendosi al genio che li stava guardando incuriosita. – Tutto quello che ti chiedo ha qualche ripercussione sugli altri.

- Ehi, bravo, non sono tanti quelli che ci arrivano, sai? Se chiesi una casa, qualcuno rimarrà senza, se chiedi una promozione sul lavoro, qualcuno verrà licenziato.

- Ma non è giusto, - sbottò Tonks. – Questa storia dei desideri è una fregatura.

- Mai detto che non lo fosse, - rispose il genio con un’alzata di spalle. – Hai deciso?

- Io… sì, credo di sì.

- Bene, allora. Procedi.

 

Due ore dopo Tonks stava rientrando nel suo appartamento con Remus al suo fianco, si fece cadere sul divano bianco tirandosi dietro anche il mago.

- Dovrei andare adesso, ho del lavoro da finire, - disse lui non accennando però a muoversi, abbastanza stremato dalle emozioni della giornata: stare dietro ai pasticci di Tonks, sebbene fosse una delle sue attività preferite, era piuttosto stancante se non si aveva un certo allenamento.

- Uff, sì anche io ho dei fogli da finire per domani.

Rimasero in silenzio per qualche attimo, poi lei aggiunse. – Alla fine non è andato male come pic nic, no? Certo forse se non ti avessi rovesciato il caffè sulla camicia bianca e se non avessi rovesciato per terra il budino alla fragola sarebbe andato meglio, ma non ci possiamo lamentare, no? – chiese speranzosa, fissando i suoi occhioni luccicanti, quel giorno di un verde brillante, in quelli ambrati del lupachiotto seduto al suo fianco,

- No, direi che non ci possiamo lamentare. Qualche incidente è normale nei pic nic, senza non sarebbero neanche tali.

- Me lo dici adesso che cosa hai chiesto come terzo desiderio? - chiese lei con finto tono indifferente anche se in realtà ogni cellula del suo complesso organismo stava urlando la sua curiosità sulla questione.

- Ho chiesto… non so se te lo posso dire.

- Dai, Remus, certo che me lo puoi dire!

- Uhm…

- Dai!

- Va bene, - rise lui. – Le ho detto che volevo che andasse a prendersi un caffè.

Tonks lo fissò per un momento, osservandolo come se avesse davanti uno strambo e affascinante esemplare di animale magico fino a quel momento sconosciuto poi scosse la testa, facendosi ricadere ciuffi di capelli, ritornati finalmente di un rosa acceso,  sulla fronte e gli sorrise.

- Certo che sei unico, lo sai?

- Oh, sì, lo so bene. Per quello stiamo bene insieme, anche tu sei unica, - rispose lui alzandosi e smaterializzandosi sotto lo sguardo francamente allibito, ma anche piacevolmente sorpreso, di Tonks.

  
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