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Autore: abigail05    24/11/2011    2 recensioni
- Tu devi essere Allison, vero? - la ragazza annuì debolmente con il capo, ma non parlò,  tornò invece a fissare quello sconfinato vuoto in cui sembrava volersi rifugiare...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 IL FILO ROSSO DEL DESTINO
 
La portiera della macchina sbatté fragorosamente, seguita da una successione interminabile di tonfi ovattati provenienti dagli altri veicoli, quasi come se cercassero di comporre una sinfonia di echi di sbattiti di portiere. Dalla Mercedes blu platino snidò agilmente Patrick Jane, l’ordinario completo grigio, sotto la cui giacca sbucava un gilet nero e la camicia di un limpido bianco: un ottimo accostamento tra elegante e originale al tempo stesso. Dietro di lui si schierarono i suoi colleghi, come pretoriani che si preparano a sacrificare la propria vita pur di salvare l’imperatore al quale hanno giurato lealtà. Patrick colse questa nota di autorità e, con sguardo compiaciuto, si infilò le mani in tasca e si gonfiò il petto, esibendosi in uno dei suoi inimitabili sorrisi. Tuttavia quell’effimera sensazione di dispotismo durò ben poco: Teresa Lisbon, infatti, bofonchiò parole incomprensibili e superò Patrick con passo austero, sfilando, con una naturalezza professionale, il distintivo dalla cintura e mostrandolo ad un uomo nerboruto ed impettito che si parò di fronte a lei, bloccandole il passaggio. Sulla veranda della casa erano rigidamente appostati un uomo ed una donna sulla mezza età, poco più giovani di Teresa, avvolti in un abbraccio rassicurante. Un velo di lacrime offuscava gli occhi, cerchiati da un alone rosso, della donna, mentre l’uomo non mostrava alcuna traccia di pianto. Nonostante ciò entrambi i volti erano provati da una forte tensione ed inquietudine, più che motivati e fondati. Patrick sollevò il nastro giallo, che delimitava l’area dove era avvenuto l’omicidio, e si accostò a Teresa.
- Sono i vicini, vero? - domandò squadrando scrupolosamente i due individui.
- Sì. Thomas James e Marion Calamy. Sono stati loro ad avvertire la polizia stamani, subito dopo che Allison ha trovato i cadaveri - un poliziotto tagliò loro la strada con passo spedito, mentre altri ometti scattavano innumerevoli fotografie, disturbando così la vista di Patrick con i luminosi flash.
- Allison? - ripeté il detective portandosi una mano davanti agli occhi.
- E’ la figlia adottiva delle vittime. Orfana di entrambi i genitori all’età di tre anni, su di lei momentaneamente non abbiamo altri dati -
- Avremo tempo per quelli - Patrick sorrise e tornò a fissare gli uomini del corpo della polizia che si affaccendavano nervosamente a raccogliere prove e a trasportare sull’ambulanza i cadaveri schermiti da un velo grigio, visione alla quale Patrick era ormai abituato. L’uomo percepì, tuttavia, un clima di ansia e turbamento tra i vari addetti, i quali sembravano voler lasciare quel luogo il prima possibile. Non c’era affatto da stupirsi di ciò, rifletté Patrick, dopotutto era fin troppo evidente chi fosse l’artefice di tale disordine, non dovevano nemmeno interrogarsi sull’identità, per lo meno apparante, dell’assassino. Le vittime portavano la firma di John il Rosso. Quando Teresa aveva pronunciato il suo nome al telefono, Patrick era corso speditamente alla centrale per prendere parte alle indagini. La sua ossessionata ricerca dell’assassino di sua figlia e sua moglie lo tormentava da più di cinque anni ormai, non poteva rimandare. Nonostante la sua brama sfrenata di catturare quel pluri omicida, non aveva avuto il coraggio di vedere di nuovo il suo marchio, la faccia sorridente tracciata con il sangue della vittima, tracciata con il sangue della sua famiglia.
- Dov’è adesso Allison? - chiese a Teresa per distrarsi dai suoi pensieri. La donna lo guardò con un misto di severità e compassione: aveva perfettamente inteso il suo disagio alla presenza di un assassinio di John il Rosso.
- E’ a casa nostra - rispose Marion per lei, scendendo debolmente gli scalini della veranda e raggiungendo Patrick - Quella povera creatura ha trovato per prima i cadaveri dei suoi tutori e il marchio di John il Rosso. Povera creatura - ripeté dolorosamente, portandosi le mani al viso e cominciando a singhiozzare. Il marito le avvolse le spalle con le mani e Patrick scorse i suoi occhi lucidi.
- Non è giusto. Allison ha vissuto quindici anni in orfanotrofio e quando aveva finalmente trovato una famiglia gliel’hanno strappata via - affermò con una nota di disprezzo nella voce.
- Posso andare a parlarle? - domandò Patrick, rammaricandosi per l’infelice sorte di quella ragazzina.
- Non so quanto potrà dirvi. E’ da questa mattina che è raggomitolata in salotto, non ha toccato cibo, non ha emesso parola - disse Marion indicando la loro casa, a pochi passi da quella delle vittime.
- Vi ringrazio - detto ciò Patrick si diresse verso l’abitazione. Aprì la porta delicatamente e, superato l’ingresso, si infilò rapidamente nella cucina, per poi imboccare nuovamente il corridoio principale ed accedere al salotto. Si guardò intorno senza scoprire nessuno, quando, voltandosi, scorse l’esile figura di una ragazza, raggomitolata nell’angolo della stanza, le ginocchia strette al petto e lo sguardo che vagava nel vuoto più desolato. Aveva i capelli ricci, lunghi fino alle spalle, di un carico rosso, le sopracciglia folte erano rilassate, la bocca carnosa e screpolata non trapelava emozioni, così come i grandi occhi castagna da cui Patrick fu immediatamente rapito.
- Ciao - esclamò sollevando la mano e attirando su di sé lo sguardo impaurito della giovane, la quale si scostò stringendosi sempre di più le gambe contro il ventre - No, no. Non voglio farti del male, stai tranquilla. Sono del CBI, mi chiamo Patrick Jane e voglio aiutarti. Tu devi essere Allison, vero? - la ragazza annuì debolmente con il capo, ma non parlò,  tornò invece a fissare quello sconfinato vuoto in cui sembrava volersi rifugiare. Patrick molleggiò per un attimo sui talloni, poi iniziò a rimestarsi nelle tasche della giacca, estraendone magicamente una barretta di cioccolato e nocciole. Le aveva rubate poco prima dal frigo della cucina.
- La vuoi? - domandò ad Allison mostrandogliela con un sorriso. La giovane lo guardò per qualche secondo, infine annuì nuovamente,  non potendo tacere un brontolio della pancia. Patrick si accovacciò di fronte a lei e rise, mettendole in mano il dolce. - Sai cosa ti dico? Ne mangerò una anch’io - allora ne sfilò un’altra e la scartò insieme ad Allison, che nel mentre aveva già cominciato a divorare la sua. Patrick la osservava con particolare attenzione, studiando i suoi contorni, le sue espressioni, i denti che affondavano avidamente nel cioccolato. Capì quasi subito il carattere  e le abitudini di Allison, dopotutto era il suo mestiere. La ragazza trangugiò l’ultimo boccone ed accartocciò la confezione, che fino a poco prima aveva custodito gelosamente la barretta, e posò gli occhi stanchi su Patrick, il quale le sorrise.
- Grazie - sussurrò flebilmente. La sua voce era appena percettibile e usciva dalle sue labbra come un sottile filo di seta. Patrick fu sorpreso di sentirla parlare.
- So che è un momento difficile per te, ma credimi se ti dico che so perfettamente cosa stai provando. La perdita di una persona cara è più dolorosa di una pugnalata in pieno petto - quelle parole per un frammento di secondo, sufficiente per lasciarsi invadere dalla tristezza, rievocarono nella sua mente il ricordo della morte della sua famiglia. Scosse la testa e cacciò quei cupi pensieri, per poi tornare a fissare Allison - Abbiamo bisogno di te per scoprire chi ha ucciso i tuoi tutori, perciò vorrei farti alcune domande, ma non qui. Te la senti di venire in centrale con me? - Allison lo squadrò con espressione vacua, ma stranamente colma di gratitudine, evidentemente anche lei preferiva lasciare quel luogo il più in fretta possibile. Mosse il capo in segno di affermazione e si infilò la palla di carta nella tasca dei jeans.
- Magnifico! - esclamò Patrick battendosi entrambe le mani sulle ginocchia e si sollevò in piedi, imitata da Allison, la quale contrasse il viso in una smorfia, per il dolore alle gambe e ai muscoli intorpiditi a causa della posizione in cui era stata per tutte quelle ore - Ti portiamo in un posto sicuro adesso - la consolò Patrick dolcemente. La visione di quella giovane fanciulla capitata in un così triste destino toccò un tasto assai profondo nel suo animo ed un’insolita sensazione lo avvolse.
 
Teresa vide Patrick sbucare dalla porta della casa, affianco a lui c’era una ragazzina sui quindici anni, le braccia strette sul ventre ed i capelli calati sul viso.
- E’ Allison - mormorò Marion commossa, così dicendo si diresse rapidamente verso la giovane e la strinse in un energico abbraccio. Patrick vide Allison muoversi in leggersi spasmi ed intuì che stava piangendo. Marion le accarezzò i capelli e la cullò per qualche secondo, poi si slegò dall’abbraccio e fissò i suoi occhi su quelli della ragazza, ancora traboccanti di calde lacrime.
- Andrà tutto bene. Andrà tutto bene, tranquilla - alle due si aggiunse Thomas, che si rivolse a Patrick, particolarmente toccato da quella scena.
- Dove la portate? - domandò premurosamente.
- Alla centrale. Lì non correrà alcun rischio - li rassicurò Patrick accennando un sorriso - Andiamo Allison? - la ragazza volse il capo verso di lui ed annuì.
- Vi ringrazio signori James - disse Allison debolmente e donò ai due una dolce espressione di gratitudine. Marion continuava a piangere, mentre la mano scorreva delicatamente sulla chioma crespa della ragazza; Thomas la abbracciò e si congedò da lei insieme alla moglie.
- Arrivederci - li salutò Teresa e appoggiò delicatamente una mano sulla spalla di Allison, conducendola fino alla Mercedes, dove li attendevanoKimball Cho, Wayne Rigsby e Grace Van Peltt.
- Signori, lei è Allison - esclamò Patrick poggiando entrambe le mani sulle sue spalle - Loro sono i miei colleghi, ma se vuoi posso anche non presentarteli. Non sono molto importanti - scherzò nella speranza di provocare anche solo l’accenno di un sorriso in Allison.
- Grazie della considerazione Jane - ribatté Cho allacciandosi le mani dietro la schiena. Patrick ottenne il risultato sperato: Allison sorrise e, dopo essersi asciugata le guance con il dorso della mano, salì in macchina e dal finestrino osservò le figure dei suoi vicini, che sparivano oltre la soglia della porta.
 
In breve raggiunsero la centrale  ed Allison, offertole un tè caldo, fu fatta accomodare in una stanza, al centro della quale troneggiava un tavolo circondato da tre poltrone di pelle, che emanavano un terribile effluvio di vecchio. Patrick fece per parlare, ma Teresa, con il suo solito fare autorevole, lo anticipò.
- Allora Allison, questo non è un vero e proprio interrogatorio, vogliamo semplicemente chiacchierare con te - la ragazza sorseggiò timidamente il tè ed annuì - Da quanto tempo vivevi con i tuoi nuovi tutori? -
- Circa due mesi e mezzo - era la prima volta che la sentivano parlare ad alta voce e furono entrambi sorpresi dalla sua fermezza, apparente tuttavia, pensò Patrick.
- Quando hai ritrovato i corpi dei tuoi tutori? -
- Alle dodici di questa mattina. Ero andata a dormire da una mia amica e la mattina seguente mi sono fatta accompagnare a casa. Poiché i miei tutori lavoravano intensamente durante la settimana, la domenica era l’unico giorno che potevano concedersi per recuperare le forze, per questo motivo mi ero portata le chiavi, sapevo che stavano ancora dormendo. Sono entrata in casa e sono andata in camera mia a posare lo zaino. Aspettai mezz’ora. A mezzo giorno  ancora non si erano svegliati, perciò decisi di andare a chiamarli, ma quando aprii la porta… - Allison al solo ricordo ebbe un tremito ed involontariamente fece cadere il bicchiere di tè sul pavimento  - Scusatemi - esclamò mortificata - Mi dispiace tantissimo - fece per inginocchiarsi e pulire, ma Teresa la fermò.
- Non ti preoccupare, non c’è problema - Allison si riaccomodò imbarazzata e nascose le mani nelle tasche della felpa.
- Orfana di entrambi i genitori, ma questo già lo sapevo - irruppe Patrick, il quale non aveva ancora parlato fino a quel momento - Hai una passione per i romanzi gialli e per la scherma. I tuoi animali preferiti sono il leopardo e il lupo, perché ti trasmettono una sconfinata sensazione di libertà, una libertà di cui senti il bisogno - Allison spalancò gli occhi e fissò Patrick scetticamente.
- Lei è un sensitivo? -
- Oh no. I sensitivi non esistono. Solo guardandoti ho capito che sei una ragazza semplice e pura, ma ricordi frammentati di un passato doloroso ti tormentano. Hai molti disagi, ti senti “sfigata” perché non hai i genitori e non hai un ragazzo come la maggior parte delle tue amiche… - Allison diventò paonazza ed il suo volto s’incupì - … Perché non ti attira affatto l’idea di ubriacarti o di provare droghe o di fumare. Molto spesso critichi il tuo carattere, ti senti diversa ed estranea ai tuoi compagni, forse perché… - Allison scattò impetuosamente in piedi e picchiò con violenza il palmo aperto sul tavolo, facendo sobbalzare Teresa e Patrick, il quale s’interruppe fulmineamente.
- Stia zitto! - gridò con quanta voce trovò in corpo - Lei… Lei non ha il diritto di divulgare le mie debolezze. Non ne ha il diritto! - detto ciò scappò fuori dalla stanza e sbatté la porta, attraversando a passo deciso il corridoio. Teresa fece per inseguirla, ma Patrick la bloccò.
- Che cosa diavolo avevi in mente? L’hai fatta scappare! - lo rimbrottò immediatamente la donna, sbuffando adirata.
- Non sta fuggendo, non si allontanerà da qui - rispose lui distrattamente. Il suo sguardo navigava nel vuoto e la sua espressione per la prima volta era seria e spaesata.
- Che ti prende? - Teresa lo riportò alla realtà scuotendolo per il braccio, Patrick scosse il capo e la fissò negli occhi.
- E’ la prima volta che una persona agisce in modo contrario a quanto avevo previsto o mi ero aspettato -
- Come credevi che avrebbe reagito dopo quello che le hai detto? - Domandò Teresa sconcertata.
- Allison è una ragazza mite di carattere, non credevo fosse così forte, non me lo sarei mai aspettato. Ho esagerato, devo assolutamente parlarle - Patrick, senza aggiungere parola, si diresse in corridoio, nella medesima strada presa da Allison e sparì oltre la porta d’ingresso. Teresa si lasciò andare sulla sedia e sbuffò contrariata, passandosi le mani tra i capelli per reprimere l’esasperazione a cui Patrick la portava la maggior parte delle volte.

To be continued... Oh wow! Si vede proprio che non sono un'esperta di efp... Mi sono accorta solo oggi che posso aggiungere un mio commento al fondo della storia... Va beh... Piano piano ce la posso fare xDxD La mia prima fanfiction di The Mentalist è un po' lunga, per questo motivo l'ho divisa in diversi capitoli, ma per ora ne ho messi solo due... Spero vi possa piacere e sono ansiosa di leggere vostri eventuali commenti =) vi ringrazio in anticipo per il tempo che dedicate al mio racconto... Beh che dire... Buone Feste in anticipo ^.^ grazie!
  
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