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Autore: Ray    19/07/2006    0 recensioni
Un racconto che attraversa vari momenti dello Universal Century, una cronaca di guerra che ne narra i principali conflitti attraverso gli occhi dei personaggi che li vivono. E che combattono le battaglie più dure dentro di sé.
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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CAPITOLO 1.5: IL SOGNO DELLA FARFALLA

***

"Io penso che gli esseri umani dovrebbero vivere senza sapere quando pioverà", disse l’uomo, mentre le sue palpebre si facevano pesanti.

"È assurdo", rispose la donna scuotendo la testa, che ormai le si appoggiava stancamente sulla spalla dell’uomo seduto al suo fianco, anch’egli per terra, anch’egli con la schiena contro il muro. "L’ignoranza non è mai un bene. Non ha senso che non si sappia quando pioverà".

"Credo che questo modo di vedere le cose sia tipico di una spacenoid". La luce bluastra dell’unico schermo di computer ancora attivo in fondo all’ampia sala di comando era la sola cosa che rischiarava almeno un po’ l’oscurità.

"Ma non hai detto di essere nato su Side 4?". La donna chiuse gli occhi.

"Sì, ma, da quando sono andato a vivere sulla Terra, ho cambiato idea circa molte cose". Poggiò la guancia contro il capo di lei, sentendo i suoi capelli che gli accarezzavano il viso.

"Io credo che ciascuno di noi abbia bisogno di un posto in cui tornare. E quel posto può essere solo quello in cui siamo nati".

"No. Può anche essere il posto dove ci è più congegnale vivere. La regione della Terra in cui sono vissuto è molto piovosa, soprattutto in novembre".

"E questo ti è congegnale?". Una spia rossastra sul monitor lampeggiò per qualche secondo.

"Non so. Però mi piaceva addormentarmi sentendo la pioggia battere sul tetto. E mi piaceva svegliarmi e vedere dalla finestra le strade bagnate".

"Senti…". La donna non riusciva più a restare sveglia, le sue parole erano ormai solo un sussurro.

"Sì?". Anche l’uomo era arrivato al limite.

"Se sopravviveremo a tutto questo… Se sopravviveremo alla guerra… Mi porteresti in quel posto di cui mi parli?".

"Ti ho incuriosita?"

"Mi incuriosisce sapere come viva un earthnoid. Vorrei provare almeno una volta".

L’uomo lanciò un’occhiata al monitor, che ormai si stava spegnendo: "Va bene. Se sopravviveremo, ti porterò a vedere la Terra".

"Uhm… però, scusa… Noi non dovremmo essere nemici? Cioè, io faccio parte dell’Esercito di Zeon, mentre tu sei nell’Esercito Federale… noi dovremmo ucciderci, no?".

"Va bene… Allora prima andremo sulla Terra, poi ci uccideremo, d’accordo?".

"D’accordo… Però cerca di non morire prima… Devo ammazzarti io…".

"Se proprio ci tieni…".

La luce del monitor si spense definitivamente.

L’oscurità li avvolse.

***

Il seguente testo è stato tratto dal volume ‘La Guerra di Un Anno: uomini, mezzi e unità speciali’, di S. Marsh, Horace Press, UC 0082.

A metà di dicembre 0079, molti soldati dell’Esercito Regolare di Zeon erano ancora sulla Terra. La repentina ritirata delle forze del Principato, cominciata dopo la battaglia di Odessa, aveva conosciuto un’improvvisa accelerazione in seguito al fallimento dell’attacco su Jaburo, alla fine di novembre. L’Esercito Federale, che aveva ormai trovato la formula ideale per produrre mobile suit ad alte prestazioni e basso costo in grandi quantità, cercò di stanare questi combattenti abbandonati dalla propria patria, sia perché ciò avrebbe potuto fornirgli preziose informazioni, sia perché alcune regioni della Terra erano ancora in mano zeoniana.

L’Europa occidentale, in particolare, continuava a pullulare di insediamenti di truppe del Principato, sebbene molte di queste stessero cercando di dirigersi verso dei siti di lancio di HLV per tornare nello spazio. Buona parte della Francia restava occupata e la Federazione lanciò un piano di liberazione che prese il via il 16 dicembre. Essendo le isole britanniche sotto il controllo federale fin dalla riconquista di Liverpool, gli zeoniani si aspettavano in qualsiasi momento un attacco da nord; un’abile operazione di controspionaggio li aveva però indotti a credere che tale assalto sarebbe arrivato da Pas de Calais, mentre invece ebbe luogo lungo tutta la costa della Normandia.

L’Operazione Tristan, come fu chiamata, fu indubbiamente una delle più ambiziose dell’Esercito Federale e lo schieramento di truppe fu superato solo nelle battaglie di Solomon e di A Baoa Qu. L’assalto alla costa della Normandia, che era stata pesantemente fortificata e veniva protetta da batterie di artiglieria, cominciò con lo sbarco di mobile suit trasportati sul posto da una flotta di Gunperry (si ritiene circa venticinque, il più grande numero di questi velivoli mai usato in una singola operazione), scortati da numerosi stormi di Depp Rog e Core Booster modificati per fare da bombardieri, che prepararono il terreno (i Fly Manta erano stati giudicati inadatti al compito a causa della propria scarsa autonomia). Le divisioni sbarcate tramite Gunperry avevano il compito di attaccare e rendere inutilizzabili le batterie di artiglieria nemiche, ma si scontrarono con la resistenza delle truppe di Zeon, formate da soldati decisamente più esperti dei federali nel pilotaggio dei mobile suit.

Poche ore dopo il lancio delle divisioni aerotrasportate, avvenne uno sbarco dal mare di numerosi squadroni di fanteria meccanizzata. L’Esercito Federale attaccò un gran numero di spiagge sulla costa della Normandia, schierando la maggior parte dei mobile suit da portaerei di classe Himalaya (altri vennero lanciati, in un secondo tempo, da ulteriori Gunperry, approfittando della copertura di quelli già sul posto). Furono queste divisioni a subire le perdite maggiori. Nonostante molti dei mobile suit anfibi di Zeon fossero stati usati durante l’assalto contro Jaburo, alcuni erano stati inviati in Europa tramite i nuovi sommergibili di classe Mad Angler. L’Esercito Federale non disponeva di efficienti mobile suit per il combattimento in acqua: quelli che aveva (nella fattispecie, un singolo squadrone di RAG-79) erano sensibilmente inferiori, per numero e per prestazioni, alle controparti zeoniane, che fecero strage di nemici e dovettero cedere solo perché soverchiate numericamente dalla quantità complessiva delle forze avverse.

I combattimenti più violenti ebbero luogo sulla spiaggia di Omaha, le cui posizioni erano presidiate dal Battaglione Kerner, uno dei meglio addestrati dell’Esercito Regolare di Zeon. Gli squadroni del battaglione erano stati equipaggiati ad alti livelli: composti prevalentemente di MS-06J, MS-06JC, MS-06G ed MS-06K, contavano anche un’ampia quantità di MS-07 di diverso tipo (buona parte della difficoltà nella missione delle divisioni aerotrasportate era consistita nell’eliminare gli MS-07C-3) e alcuni MS-09, tra cui degli MS-09F messi a punto per il combattimento in presenza di gravità. Difendevano inoltre la spiaggia contando su svariati MSM-07, MSM-03 ed MSM-03C (e gira voce fossero presenti anche dei modelli anfibi mai visti prima, progettati alla California Base e originariamente intesi per l’attacco a Jaburo; se fosse vero, non si spiegherebbe però come possano essere arrivati fino in Francia). Le forze degli invasori erano composte in prevalenza dai nuovi RGM-79, ma contavano anche alcuni esemplari di RGM-79[G] e almeno due RX-79[G], prelevati da altri fronti. Erano inoltre presenti modelli ancor più recenti del GM standard: sembra infatti che tutti gli RGM-79F prodotti (a eccezione di quelli ottimizzati per il combattimento in zone desertiche) abbiano preso parte a questa operazione e che siano stati schierati anche degli squadroni di RGM-79D. A fare da supporto dalle portaerei c’erano inoltre degli RGC-80 e alcuni RX-77D, che avanzarono in seguito verso la costa. Ma pochi di questi mobile suit raggiunsero il suolo: la maggior parte fu abbattuta quando le navi vennero affondate dalle macchine antropomorfe anfibie di Zeon.

Nonostante lo sfondamento federale, Zeon inflisse perdite estremamente ingenti sulla spiaggia Omaha, tanto che fu impossibile conquistare Caen e Bayeux nel corso del primo giorno di combattimenti (come invece era stato preventivato dai vertici federali) e gli scontri si protrassero fino alla fine del mese, quando, con la presa di A Baoa Qu, l’ordine di resa di Zeon raggiunse finalmente anche le truppe a terra. Nonostante questo, in seguito alla distruzione dei loro mobile suit, diversi soldati delle divisioni aerotrasportate sopravvissuti vennero assegnati alle truppe spaziali e alcuni di loro parteciparono alle battaglie di Solomon e di A Baoa Qu.

Molti soldati del Principato si diedero alla macchia senza arrendersi alla Federazione e si pensa che alcuni di loro si siano ritirati in Africa. Ironicamente, la maggior parte dei membri dell’Esercito Regolare di Zeon catturati dalle forze federali in seguito allo sbarco in Normandia fu liberata entro la fine di febbraio 0080 e rispedita nello spazio. Vennero trattenuti solo quegli individui contro i quali era stata sollevata l’accusa di crimini di guerra, che furono processati nel giro degli anni seguenti.

***

31 dicembre UC 0079

"La catena di comando è irrimediabilmente compromessa. Tutte le navi che hanno partecipato alla battaglia cessino immediatamente qualsiasi attività bellica. Agite a vostro giudizio".

Un’esplosione. Un’altra.

Lo spazio attorno ad A Baoa Qu esplodeva continuamente di bagliori rosati, mentre i mobile suit e le corazzate combattevano e sparavano.

Da uno degli hangar della fortezza spaziale che era ormai l’ultima roccaforte di Zeon, il colonnello Ernest Fuchs guardava le armate della Federazione Terrestre e della sua patria che si scontravano, mentre le parole che la radio del suo casco aveva appena trasmesso gli rimbalzavano nella testa senza trovare un appiglio.

Si lasciava fluttuare quasi distrattamente nel vuoto privo di gravità che lo circondava, mentre sul casco della sua normal suit dell’Esercito Regolare di Zeon si riflettevano i fuochi della battaglia.

Tanto tempo fa, aveva sentito dire che, in alcuni luoghi della Terra, si era soliti lanciare dei fuochi d’artificio per salutare il nuovo anno.

Era il 31 dicembre UC 0079, ma l’ora terrestre standard segnava solo le 11:56 di mattina.

Decisamente troppo presto perché quei bagliori fossero una celebrazione.

I suoi pensieri furono improvvisamente interrotti dall’arrivo di un soldato, anch’egli con la normal suit indosso.

Con un goffo saluto militare, l’uomo fece rapporto a Fuchs: "Signore, vengo a parlarle a nome del sessantunesimo squadrone. Stavamo presidiando la zona a noi assegnata, quando abbiamo ricevuto la trasmissione del quartier generale. Visto che lei è il comandante della nostra unità, siamo tornati a ricevere i nuovi ordini".

Il colonnello annuì distrattamente. Non aveva avuto bisogno di sentire quella trasmissione per capire che avevano perso.

Fino a una ventina di minuti prima, si era trovato là fuori, a combattere con il proprio Gelgoog, a contribuire alla difesa di A Baoa Qu.

Poi, il suo mobile suit aveva perso un braccio ed era rientrato per farsene montare un altro.

Non c’erano stati pezzi di ricambio disponibili per l’MS-14A, quindi aveva ordinato che gli fosse montato il braccio di uno Zack o di un Rick Dom.

E, a questo punto, i tecnici avevano cominciato a fare storie.

C’erano problemi di calibrazione dell’equilibrio e dei tempi di reazione.

Tutte le stronzate che dicevano tipicamente i tecnici quando non avevano voglia di lavorare.

"Signore?", domandò il soldato.

La domanda sembrò scuotere Fuchs dal proprio torpore: "Ce ne andiamo, ovviamente", rispose. "Avere perso questa battaglia significa avere perso la guerra. Visto che ormai non dobbiamo più combattere, pensiamo a salvare la pelle. Raduna i tuoi compagni e cerca di capire se c’è da qualche parte una nave che può darci un passaggio. Siete rientrati tutti, giusto?".

"Ehm… veramente, tra i sopravvissuti, c’è ancora una persona che manca all’appello".

"Cristo…". Fuchs aveva già capito tutto prima ancora che il soldato terminasse la risposta. "Provate a chiamarlo e ditegli che ci ritiriamo. Se non risponde, lo lasciamo qui. Mi sono rotto le palle di stargli dietro".

Il soldato alzò una mano, come per obiettare: "Considerata la concentrazione di particelle Minovsky, è possibile che la trasmissione non gli arrivi…".

"La vita è ingiusta", replicò il colonnello agitando la mano con fare fatalista. "Provate a chiamarlo e basta. Questo è quanto dobbiamo fare per non averlo sulla coscienza, poi dipende da lui".

***

La procedura era semplice.

Bastava puntare e premere il grilletto: la beam machinegun avrebbe fatto il resto.

Ma a lui non importava l’azione in sé.

Gli interessava il risultato finale.

Nell’abitacolo del suo Gelgoog, Colin Raimondi guardava le esplosioni luminose dei GM e dei Ball che venivano colpiti dai suoi attacchi a lunga distanza.

Guardava attraverso il monoeye quei piccoli globi di luce che si gonfiavano in un botto di rosa, per poi estinguersi lentamente nel vuoto dello spazio.

Erano quelle luci che gli interessavano.

Non aveva ancora ben capito perché, ma era così.

Nel luglio del ’78, Colin Raimondi era stato arruolato nell’Esercito Regolare di Zeon.

Diciott’anni appena compiuti, capelli, che un tempo erano stati castano chiaro, quasi completamente rasati e petto all’infuori.

Era stato orgoglioso di entrare nelle forze armate.

Poi si era anche chiesto perché lo avesse fatto.

La risposta gli sarebbe arrivata solo qualche mese dopo, in gennaio.

Aveva fatto parte dell’armata di Zeon che aveva partecipato alla battaglia di Loum.

Era stato uno dei piloti di mobile suit che avevano guidato i nuovissimi MS-06C Zack II, le macchine che avevano fatto capire alla Federazione come si combattesse in presenza di particelle Minovsky.

Ma non era stata un’esperienza gloriosa per lui.

Dopo pochi minuti di combattimento, il colpo del cannone di un Salamis lo aveva raggiunto.

Era stato un miracolo che il suo Zack non fosse stato distrutto, ma la battaglia era finita fin troppo presto per lui.

Quando si era risvegliato, nel letto di un ospedale militare, l’unica cosa che era rimasta impressa nella mente di Colin era stata una luce abbagliante.

La luce che aveva visto quando la cannonata lo aveva quasi centrato…

Voleva rivederla.

Sentiva che quella luce racchiudeva la chiave della sua esistenza.

Per un qualche motivo, doveva rivederla.

Quindi combatteva.

Aveva combattuto per tutta la guerra nello spazio.

Poi, era stato uno dei piloti abbastanza fortunati da ricevere un Gelgoog (anche se sospettava che questo fosse avvenuto più per carenza di personale che per meriti suoi) e lo aveva caratterizzato con un colore azzurro ghiaccio sulle braccia, sulle gambe, sulla testa e sull’addome, mentre il torace e la cintola erano stati dipinti di blu scuro.

Ma quello che gli aveva fatto particolarmente piacere era il modello.

Un MS-14Jg, un Gelgoog specializzato per il combattimento a distanza. In questo modo, poteva prendere di mira i nemici da lontano, sparare e guardare la luce della loro esplosione.

Se aveva visto la sua luce in una situazione simile, ricreando quelle stesse circostanze, avrebbe potuto ritrovare l’oggetto del suo desiderio.

***

Quasi quattro anni dopo

Non riuscì a trattenere le lacrime, mentre la sua mano passava lentamente sulla console del Core Booster.

Quei freddi comandi sembravano contrastare violentemente con il caldo opprimente che sentiva nel casco della normal suit.

Lo spazio attorno al velivolo, reso meno vuoto dalla gigantesca sagoma della colonia, pareva volerlo inghiottire in un’oscurità deprimente e senza uscita.

Perché era dovuta andare così?

Era davvero impossibile trovare un senso a quello che si faceva?

E lui?

Cosa aveva veramente?

***

Una settimana prima

"No, dai, non è possibile!". A dichiarare con veemenza la propria incredulità, era stato un ragazzo sui diciott’anni, biondo cenere e dall’aria un po’ assente.

"Ti dico di sì! Non hai idea di cosa ho visto! Roba da matti, giuro!". A ribadire ciò che aveva visto era stato un altro ragazzo, dai folti capelli ricci e neri, con un paio di occhiali dalle lenti rettangolari che gli davano un’aria quasi intellettuale, mentre gesticolava vistosamente con la mano destra e con la sinistra reggeva una focaccia ancora avvolta nella carta trasparente.

Entrambi portavano uno zaino in spalla.

Entrambi indossavano la propria divisa scolastica.

Giacca blu, camicia bianca, su cui spiccava una cravatta rossa.

Pantaloni grigi e scarpe marroni.

Stavano camminando lungo le strade di una città.

Attorno a loro, palazzi che torreggiavano sulle vie trafficate.

Sopra di loro, attraverso la densa coltre di nubi, era possibile vedere la città sulla parete opposta della colonia.

"Ma ‘sta gente non ha davvero niente da fare, eh?", sospirò il ragazzo biondo.

"Non è questo il punto… Il punto è che abbiano certe fantasie", replicò il ragazzo riccio.

"Seee, dai, va be’… Io non ci vedo tutta ‘sta differenza".

"No, no, no… Ti dico che la differenza è enorme. Un conto è scrivere fanfiction, un conto è mettersi a riversarci le proprie fantasie sessuali. Voglio dire, c’è gente che ha fatto una barca di soldi scrivendo fanfiction".

"Scherzi? Guarda che non si può essere pagati per delle fanfiction".

Mentre una bambina guardava la vetrina di un negozio di giocattoli, un grosso cane nero le si avvicinò e prese in bocca la merendina che aveva in mano. La bambina scoppiò in lacrime.

"Ah, no? Hai presente J.R. Sommers? Quello ha passato la vita a scrivere fanfiction ed è ricco sfondato!".

"Sommers non scrive fanfiction".

"Scrive libri ambientati nell’universo di Ultimate Feats, no?".

"Sì, ma è roba ufficiale! Ha il consenso dei creatori del gioco, lo pagano apposta".

Una elec-car passò loro a fianco, eseguendo un sorpasso nonostante la segnaletica lo vietasse.

"OK, però scrive di un mondo che non ha creato lui, usando personaggi che non ha creato lui, giusto? Non è forse la stessa identica cosa che fa un autore di fanfiction?".

"Il fatto che i suoi libri siano materiale ufficiale implica automaticamente che non siano fanfiction".

"Ma di fatto sono la stessa cosa! E c’è un mucchio di gente come lui! Ti dico che l’unica differenza tra lui e un autore di fanfiction sono i soldi che prende!".

Aspettarono che il semaforo fosse verde e attraversarono un incrocio.

"Senti, ti ricordi come è cominciata questa discussione? Ecco, quella è un’altra differenza".

"Fino a un certo punto. Sommers avrà anche dei paletti, ma buona parte del materiale sul gioco che è stato sviluppato negli ultimi anni si basa sui suoi libri. A volte è lui a dettare le regole, anche perché ormai la sua firma è famosa e può permettersi di trattare da una posizione… non dico paritaria rispetto alla Phinneas, ma che comunque non può essere sottovalutata".

Attorno a loro, altri gruppi di studenti, vestiti con la stessa uniforme (ma le studentesse avevano una gonna appena sopra il ginocchio al posto dei pantaloni), andavano nella stessa direzione dei due ragazzi.

"Per quanto famoso Sommers possa diventare, dubito che l’editore gli permetterà mai di scrivere una storia in cui Zergatron diventa omosessuale e si incula Lord Kraken approfittando del suo lato dolce e indifeso".

"OK, questo può essere vero… Ma il fatto è che, a saperseli cercare, là fuori ci sono diversi autori di fanfiction che scrivono storie che potrebbero tranquillamente integrarsi con il materiale pubblicato ufficialmente. Voglio dire, come c’è chi ci infila le proprie fantasie sessuali, c’è anche chi si preoccupa di attenersi all’ambientazione. Che differenza c’è tra loro e Sommers, dico io? Soldi a parte, ovviamente".

Varcarono distrattamente il cancello della scuola, un sobrio edificio color verde marcio, al centro del quale campeggiava una grande torre con un orologio che segnava quasi le otto di mattina.

"Non ho ancora capito dove tu voglia arrivare esattamente. Vorresti farti pubblicare le tue fanfiction? E perché non le spedisci alla Phinneas, invece di metterle su quel sito dove non le leggerà un cane?".

"Mi pare ovvio".

"Sì?".

"Sì!".

"E cioè?".

"Libertà artistica. Io non sono Sommers. Se anche diventassi come lui, dovrei farmi una lunga gavetta in cui scrivere sostanzialmente quello che mi venisse commissionato".

I due ragazzi aprirono gli armadietti, che erano adiacenti. Quello riccio mise la focaccia dentro il proprio.

"Eh, va be’! Adesso pretendi di arrivare tu ed essere trattato subito come uno scrittore affermato?".

"Non è questione di essere trattati come scrittori affermati, il punto è che ho una mia dignità. Non accetto di scrivere qualcosa di diverso da ciò che mi sento dentro. Io ho qualcosa da dire con i miei racconti".

"A me pare tanto che tu stia solo girando attorno al problema… E la cosa peggiore è che Penny fa discorsi simili ai tuoi".

"Uh-uh! Geloso?".

"Preoccupato. Preferirei che non si riducesse come te".

Il ragazzo riccio sembrò risentito: "E invece dovresti apprezzarlo. Voglio dire, io sarei contento di avere una ragazza che sentisse il bisogno di esprimersi artisticamente".

I due chiusero gli armadietti e si avviarono lungo il corridoio.

"Non è che io sia contrario alle velleità letterarie di Penny", precisò il ragazzo biondo, "È solo che penso dovrebbe essere più realista. Se vuole farsi pubblicare qualcosa, deve scendere a compromessi. Nemmeno molti scrittori affermati sono liberi di scrivere quello che vogliono. Questa storia della libertà di espressione artistica mi sembra più un modo per tagliarsi le gambe che per diventare dei professionisti".

"Preoccupato per cosa?". Un paio di braccia si avvinghiarono attorno al collo del ragazzo biondo.

Che si girò.

"Ehilà, Penny", salutò il ragazzo moro.

"Ciao", rispose lei, una giovane minuta i cui capelli color grano erano raccolti sulla testa, in una crocchia fin troppo austera per il suo viso sorridente, in cui campeggiava un paio di occhioni blu.

"Cominciavo a sentire la tua mancanza", disse il ragazzo biondo baciandole delicatamente le labbra.

"Eh, lo so", replicò lei, "L’unica cosa che mi riesce difficile è essere ignorata. Allora, David? Non ti sembra il caso di smettere di arrivare in ritardo?".

"Guarda che casomai sei tu a essere in anticipo. E poi, è sempre colpa di Fred – indicò il ragazzo moro – che si fa aspettare per mezz’ora sotto casa".

"Ehi", intervenne Fred, "Io ci tengo a uscire di casa ordinato".

"Il primo passo per essere ordinati è pensare ordinatamente", precisò Penny. "Chi è veramente ordinato si prepara in anticipo per evitare ritardi".

"Però non ha tutti i torti", lo giustificò David. "Il panificio dove va a comprare quelle allucinanti focacce che mangia lui è sempre pieno così".

"Pieno così?", domandò incredula la ragazza. "Ma c’è tanta gente che compra delle focacce simili? Quella che ho assaggiato io era salata come un mare terrestre e sembrava fatta di kevlar!".

"Le mie focacce sono buonissime!", si risentì Fred.

Una conversazione banale.

Una conversazione come tante.

Una conversazione che faceva parte di una vita altrettanto comune.

Forse anche troppo comune.

***

David Jensen armeggiava con la console principale del mobile suit, mentre cercava di prendere confidenza con i comandi.

Non sapeva esattamente come, ma conosceva le manovre essenziali.

La grande macchina umanoide era ferma nell’hangar dell’Utrecht, l’incrociatore sperimentale, derivato da un Salamis (o almeno così gli avevano detto, ma non che gli importasse) che aveva il compito di portarla nei pressi di Side 5 per alcuni test.

E David ne era il pilota collaudatore.

Gli avevano detto che era stato scelto per questo compito dietro pressioni di suo padre, senza spiegargli di più.

Tutta la situazione era strana.

C’era un sacco di cose che non capiva.

Perché proprio lui?

"Allora, tutto a posto?", disse una voce femminile da fuori. La testa di una donna fece capolino all’interno dell’abitacolo.

"Sì, la ringrazio", rispose David riconoscendo la professoressa Raimondi.

I suoi capelli, di un castano chiaro che tendeva al biondo, le ricadevano disordinatamente sulle spalle, arrivandole fino a metà schiena.

I suoi occhi verdi, dietro gli spessi occhiali dalla montatura nera, avevano sempre quell’aria interrogativa che ci si aspetterebbe da uno scienziato.

E sembrava che tutta l’immagine che la donna dava di sé volesse richiamare una scienziata; qualcuno avrebbe detto che tendeva a trascurare la propria persona.

Portava sempre il suo camice lungo, non se lo toglieva nemmeno durante le pause per il pranzo.

Quest’oggi, sotto il camice, indossava un maglione giallo (girava voce che fosse piuttosto freddolosa) e una gonna nera, che copriva le sue gambe, avvolte in calze anch’esse nere, fino al ginocchio.

Patrizia Raimondi faceva parte dello staff tecnico dell’Utrecht, rispondeva direttamente al professor Kemp, che aveva progettato il sistema operativo del Blossom.

Patrizia Raimondi era una donna strana.

Aveva parlato con diversi membri dell’equipaggio, che gli avevano raccontato parecchie cose sul suo conto.

Era originaria di Side 3, innanzitutto.

Una zeoniana, quindi.

Ed era la compagna del capitano Lloyd Cavenagh, l’uomo che sedeva al centro della sala comandi della nave.

La storia che girava su come si fossero conosciuti era piuttosto strana.

Cavenagh aveva fatto parte dell’Esercito Federale fin dai tempi della Guerra di Un Anno, quando era stato arruolato dopo essere stato licenziato (per averci provato con una sua superiore, pareva) dalla rete televisiva di Side 4 in cui aveva lavorato fino ad allora.

Era scampato all’Operazione British perché all’epoca si era trovato sulla Terra per un servizio (pare che fosse stato cameraman). Con la morte di buona parte dei soldati federali nel corso dei primi mesi di guerra, era stato assegnato alle nuove unità di sperimentazione dei mobile suit, presso le quali aveva testato alcuni prototipi ed era poi diventato un pilota vero e proprio. Aveva partecipato all’Operazione Tristan tra le truppe sbarcate tramite Gunperry a bordo dei nuovi RGM-79F GM Land Combat Type e si era guadagnato i gradi sopravvivendo a quella campagna e alla battaglia di Solomon.

La professoressa Raimondi, invece aveva fatto parte dell’Esercito Regolare di Zeon, presso il quale aveva trovato lavoro in quanto ex studentessa di informatica, improvvisamente dirottata dai militari sullo sviluppo di sistemi operativi per mobile suit, una mansione per la quale c’era stato urgente bisogno di personale. Aveva passato praticamente tutta la guerra nello spazio, imparando a pilotare le grandi macchine antropomorfe più per collaudarne i computer che per combatterci.

Alla fine del dicembre 0079, diversi soldati federali erano stati prelevati da fronti terrestri per essere mandati nello spazio, dove il QG aveva pensato di infliggere il colpo di grazia alle forze di Zeon; dato che la resistenza degli spacenoid in Francia stava diminuendo, Lloyd Cavenagh fu uno dei prescelti.

Il fatto era accaduto pochi giorni dopo la partenza dell’unità alla quale era stato aggregato, appena prima di quella che sarebbe stata la battaglia di Solomon. Il comando federale aveva avuto notizia di una squadra di soldati di Zeon impegnata in voli di addestramento presso la zona nella quale il gruppo di Cavenagh stava passando. Ovviamente, aveva dato ordine che fosse annientata, nel timore che potesse portare rinforzi ai propri compagni a Solomon.

La battaglia era stata breve: gli zeoniani avevano costituito una piccola base all’interno di una colonia abbandonata e il comandante dell’unità della quale Cavenagh aveva fatto parte aveva ordinato che si cercasse di recuperare i dati del suo computer principale, che sarebbero potuti tornare utili in seguito.

Sfortunatamente, gli zeoniani non avevano opposto una strenua resistenza: soverchiati numericamente, si erano ritirati quasi subito, e, nel breve combattimento che si era svolto, la colonia aveva subito gravi danni a causa delle cannonate delle corazzate.

Cavenagh, trovatosi nel bel mezzo della battaglia, aveva avuto l’ordine di recarsi personalmente a recuperare quei dati.

Sceso dal proprio mobile suit, si era addentrato nella base, per scoprire che anche una ricercatrice di Zeon aveva ricevuto la stessa disposizione.

Patrizia Raimondi, per l’appunto.

A quanto si vociferava, era stato praticamente un colpo di fulmine, o quasi.

Improvvisamente, i sistemi di sostentamento vitale della base si erano bloccati.

Troppe cannonate, probabilmente.

Il soldato e la professoressa si erano trovati rinchiusi nella sala comandi, unica parte del complesso in cui l’aria usciva nello spazio più lentamente, e avevano deciso di fare fronte comune per evitare di morire entrambi.

Avevano usato le apparecchiature della base per lanciare un segnale di SOS e si erano seduti ad aspettare, cercando di dormire per consumare meno ossigeno.

Non si sapeva esattamente cosa fosse successo in quell’occasione.

Qualcuno diceva che avevano passato il tempo a fare sesso selvaggio, qualcun altro sosteneva che avessero parlato di chissà cosa…

Il fatto era che la loro intesa doveva essere nata in quel momento.

Poi, l’unità federale di Cavenagh, nonostante le particelle Minovsky, era riuscita a captare il messaggio e li aveva salvati entrambi.

Ovviamente, la professoressa Raimondi era stata fatta prigioniera.

I militari avevano cercato di estorcerle tutte le informazioni sulle macchine di Zeon di cui era stata in possesso, solo per scoprire che erano per lo più cose che sapevano già.

Alla fine della guerra, i federali ritennero di non avere più bisogno di lei e decisero di rimandarla a casa, insieme ad altri prigionieri di Zeon che erano stati catturati nelle fasi finali del conflitto.

Pare che fosse stato proprio Cavenagh a premere perché restasse sulla Terra e venisse assunta nell’Esercito Federale. Il che era stato visto come un’assurdità da alcuni… Ma ormai, la nuova Repubblica di Zeon e la Federazione Terrestre non erano più nemici.

Mentre lui frequentava i corsi per ufficiali, lei si occupava dei mobile suit che erano stati suoi nemici.

David si chiedeva come fosse possibile innamorarsi di una persona solo dopo averla incontrata una volta.

Per mettersi insieme, lui e Penny avevano…

Avevano…

Ecco, era stato un tale casino che non se lo ricordava nemmeno più.

***

Lloyd Cavenagh aveva compiuto da poco ventotto anni.

In un qualsiasi esercito, sarebbe stato strano trovare il capitano di una nave così giovane, ma, d’altra parte, a guidare il famoso Cavallo di Troia durante la Guerra di Un Anno era stato un ragazzino diciannovenne, no?

Ma era lui stesso a trovarlo piuttosto strano.

Era entrato nell’Esercito Federale solo perché arruolato forzatamente e poi ci era rimasto perché non avrebbe saputo dove cercarsi un lavoro.

Ma soprattutto perché c’era Patrizia.

Si tolse il cappello di capitano e lo poggiò sull’angolo alto della poltrona di comando: nonostante l’uniforme federale non lo infastidisse più di tanto, pensava che il cappello svilisse il fascino dei suoi folti capelli castani.

Effettivamente, era un tipo piuttosto narcisista, nonostante non avesse molte ragioni per esserlo.

Prima di mettersi con Patrizia, aveva avuto l’abitudine di cercare di irretire le donne fissando su di loro i propri occhi castani, credendo che avessero chissà che fascino.

Probabilmente, aveva collezionato più due di picche lui che tutti i suoi commilitoni messi insieme.

Ma, nonostante questo, si riteneva un discreto seduttore…

Se non altro, perché aveva saputo cogliere l’attimo e instaurare una relazione quando aveva trovato la sua attuale compagna, nonostante tutte le circostanze fossero contrarie.

E Lloyd detestava lasciarsi sfuggire le occasioni.

Aveva dei colleghi che passavano mesi lontani da casa e dalle proprie famiglie; lui, invece, aveva fatto carte false affinché Patrizia venisse assegnata alla sua stessa nave.

Molti suoi conoscenti gli avevano detto che si sarebbe stancato di lei, se avesse potuto vederla in continuazione, ventiquattr’ore su ventiquattro.

Qualcuno aveva anche cominciato a spettegolare sul loro conto.

Ma Lloyd agiva sempre secondo la propria filosofia: cogli l’attimo. Non gli importava di queste idiozie: la priorità era ottenere il massimo da quello che aveva a portata di mano.

Forse era stata la guerra a portarlo a pensare così, a fargli crescere la consapevolezza che qualsiasi cosa è destinata a estinguersi.

Ma, proprio per questo, cercava di godersi appieno tutto ciò che aveva di importante.

Si sarebbe stancato? Se questo fosse successo, ci avrebbe pensato (anche se, dopo quasi quattro anni di vita fianco a fianco, si sentiva ben lungi dallo stancarsi di Patrizia).

Per ora, ciò che era importante era colei che si era portato dietro sulla propria nave.

Partito da Jaburo, l’Utrecht era ora diretto verso lo spazio aereo di Side 5, nel quale avrebbe condotto i test dell’armamento del nuovo Gundam; lungo la strada, nei pressi della luna, avrebbe dovuto incontrare una nave da trasporto di classe Columbus per dei rifornimenti e poi se la sarebbero cavata da soli.

Lloyd sogghignò: sarebbe stata un po’ come una vacanza.

Forse.

***

"Buongiorno a tutti! Vi prego di prendervi cura di me!".

A parlare era stata una ragazza sui diciott’anni, i cui lunghi capelli neri erano raccolti in un paio di code ai lati del capo.

Indossava l’uniforme azzurra degli studenti dell’Istituto di Ingegneria di Von Braun City, con la cravatta sulla camicia gialla che si intravedeva dalla giacca e la gonna appena sopra il ginocchio.

Uniforme che era praticamente identica a quella degli ingegneri della Anaheim Electronics e non era un caso.

La Anaheim stava sovvenzionando la scuola per trarne dei potenziali dipendenti per il futuro.

E la presenza di una studentessa, appena arrivata sull’Utrecht con il Columbus che aveva portato i nuovi rifornimenti, doveva teoricamente fare parte di un programma speciale.

La migliore studentessa della scuola aveva ricevuto l’opportunità di partecipare al viaggio di test di un nuovo modello di mobile suit prodotto dalla Anaheim stessa.

Mentre accoglieva la nuova arrivata insieme al capitano Cavenagh e alla professoressa Raimondi, David si chiese se fosse un’idea intelligente.

Stavano facendo salire una civile su di una nave che trasportava materiale top secret.

Non era decisamente logico.

La mano protesa davanti a sé lo riportò bruscamente alla realtà.

"Sono Rachel Osborne", disse la ragazza, sorridendo con la bocca e con i suoi grandi occhi verdi. "Molto piacere".

David strinse la mano. "Piacere", bofonchiò senza troppa convinzione.

Tutto sommato, non era un’idea così malvagia.

***

"Allora, abbiamo finito?", chiese Lloyd all’addetto allo scarico merci del Columbus che si era avvicinato all’Utrecht.

"Direi di sì", rispose l’uomo, dovremmo solo completare la fornitura di alcune attrezzature scientifiche".

"Ci penso io", disse Patrizia avvicinandosi ai due uomini. "Faccio parte dello staff tecnico, posso sovrintendere io alle operazioni".

L’addetto sembrò tentennante: "Be’, veramente io avrei ordine di consegnare questo materiale di persona al professor Kemp".

"Io faccio parte del suo staff", insistette la donna. "Non c’è ragione per cui non potreste consegnare a me questa spedizione. Di cosa si tratta, poi?".

"Parti nuove per alcuni computer".

Patrizia aggrottò la fronte.

C’era qualcosa che le puzzava: "Parti di computer? E a cosa servirebbero? Dovremmo già avere tutto quello che ci occorre".

L’uomo alzò gli occhi al cielo: "Ah, non lo chieda a me… Il mio lavoro consiste solo nel consegnare la merce".

"E fai bene a non porti troppe domande", aggiunse Kemp entrando nella stiva. Era un uomo alto e robusto, dai folti capelli grigi e arruffati, che quasi nascondevano completamente i suoi occhi neri e spiritati. Il suo viso era ulteriormente celato da un paio di grandi baffi, mentre un affioramento di barba incolta gli dava un’aria trasandata. Aria ulteriormente accentuata dal camice sporco e dai sobri pantaloni marroni che indossava. "Hai detto che c’è del materiale per me? Vieni, consegnamelo personalmente".

L’addetto allo scarico merci afferrò una valigetta a tenuta stagna che, fino ad allora, era stata su di uno dei grandi container che avevano scaricato viveri e beni vari nell’Utrecht.

Fluttuando nell’assenza di gravità, seguì Kemp al di fuori della stiva.

Non appena ebbero oltrepassato la porta scorrevole che li separava dal primo corridoio, si guardò attorno circospetto: "Sono…".

"…uno degli uomini di Erwyn", completò Kemp con un sorrisetto.

"Esatto", rispose quello. "Sono venuto per avvertirla che l’esca è stata lanciata e il pesce ha abboccato".

"Che metafora banale", commentò il professore. "Avresti anche potuto dirmi chiaramente come stanno le cose".

"Il generale Erwyn preferirebbe che non si parli apertamente di questioni… delicate. Non qui, almeno, dove orecchie indiscrete potrebbero sentirci".

"Non preoccuparti, ho il completo controllo del sistema di sorveglianza, il tizio che lo gestisce è un idiota. Possiamo parlare liberamente".

"Be’, allora immagino lei abbia già capito che avrà il suo test esattamente come l’ha chiesto".

"E avrei anche voluto vedere! Dopo che Erwyn ha fatto tutto quel casino per tirarmi dalla sua parte, sarebbe proprio il colmo se non mi permettesse di lavorare come dico io".

"Ecco, appunto. Il generale mi ha chiesto di ricordarle quanto abbia fatto per lei. Anche adesso, sta rischiando grosso, perché il mobile suit che state testando qui dovrebbe essere di competenza del generale Kowen… Nonostante questo, negli ultimi anni, le sue ricerche non hanno dato i risultati sperati, perché lei si è rifiutato di appoggiarsi ai dati che già avevamo recuperato dall’Esercito di Zeon. Il generale le chiede di lavorare con maggiore sollecitudine".

"Il generale non capisce un cazzo!", sbottò Kemp. "Lui vorrebbe che io mi fermassi a concetti obsoleti come lo psycommu o il sistema EXAM, tutte stronzate che potrei riprodurre nel giro di una notte! Ma c’è un motivo se quella roba è di applicazione tanto limitata! Io sto cercando di superarne i limiti, davvero Erwyn non ci arriva?".

"Onestamente, professore? Il generale Erwyn sospetta che lei stia spendendo i soldi dell’Esercito per i suoi fini personali".

Lo sguardo di Kemp sembrò farsi ancora più spiritato del solito.

Aveva la faccia ghignante di un posseduto quando si chinò sul proprio interlocutore fin quasi a toccargli il viso con il proprio.

"Fini personali?", disse. "Né tu né Erwyn capite che è l’esatto contrario. Io faccio quello che faccio per tutta l’umanità".

***

"Molto bene", disse Patrizia mentre Rachel la seguiva all’interno dell’hangar, "Cosa sai esattamente dei mobile suit?".

"Be’, più o meno quello che sanno tutti", rispose la ragazza un po’ titubante. "Sono macchine antropomorfe introdotte poco prima dell’ultima guerra… Impiegano un sistema chiamato Auto-Mass Balance Active Control, che si basa su vettori di spinta disposti in tutto il corpo, per bilanciarsi nello spazio... Traggono energia da un reattore a fusione nucleare ultracompatto modello Minovsky-Ionesco, basato sull’isotopo elio3. Poi ci sono modelli specifici che…".

"D’accordo, basta così", la interruppe la donna più anziana. "Non pensare troppo alla teoria, quello che conta è la pratica. Imparerai molto più da ciò che vedrai qui che da quanto hai sentito a scuola".

Patrizia alzò il braccio e indicò a Rachel il mobile suit che avevano di fronte: "Hai mai sentito parlare del Gundam?".

Rachel restò per un attimo a bocca aperta: "Non è quel mobile suit che diede tanti problemi a Zeon durante la guerra?".

"Per l’appunto. Questo è un mobile suit di tipo Gundam. Diciamo che può essere visto come un’evoluzione di quello di cui hai sentito parlare. Il numero di serie è RX-78GP00, ma noi lo chiamiamo semplicemente ‘Blossom’. Comunque, non ti preoccupare, è solo un nome".

"Un… Gundam?".

"Ti ho detto che è solo un nome. Qualsiasi cosa può essere chiamata Gundam, quello che conta è la sostanza".

"Uh… capisco, mi scusi".

Patrizia annuì: "Dicevamo… Questo è un mobile suit. È stato assemblato essenzialmente per testare un’arma sperimentale, ovvero quel grande beam rifle che gli vedi montato sul backpack. Tu sai come funzioni un beam rifle, vero?".

"La compressione tra una particella Minovsky di carica positiva e una di carica negativa genera la cosiddetta ‘mega particella’, che poi viene sparata attraverso la canna dell’arma tramite un…".

"Va bene, d’accordo, lo sai. Il beam rifle a lunga gittata del Blossom è un’arma pensata per ingaggiare il nemico da lontano. Banale, eh? Per localizzare il bersaglio anche in condizioni di alta concentrazione di particelle Minovsky, il GP00 è stato equipaggiato con un MPIWS, ovvero un Minovsky Particle Interference Wave Searcher. Lo scopo di questa missione consiste nel testare questi equipaggiamenti. Il tutto dovrebbe prenderci approssimativamente una settimana di prove intensive nello spazio, poi ce ne torneremo a casa".

"Capisco. E il mio compito quale sarà?".

"È sufficiente che tu stia a vedere quello che faccio io. Non posso spiegarti tutto, perché molte delle informazioni sono top secret. Nei limiti del possibile, comunque, cercherò di farti vedere di prima mano come funzioni il sistema operativo di un mobile suit. La specializzazione del tuo corso è quella, giusto?".

"Sì, certo. Capisco la situazione e la ringrazio".

***

Lloyd Cavenagh sedette al tavolo della mensa, afferrò la busta del tè al limone e sorseggiò distrattamente.

Aveva pensato di passare le pause insieme a Patrizia, ma il fatto che lei avesse un’allieva a cui badare glielo avrebbe probabilmente impedito.

Che seccatura.

"Posso?".

Lloyd alzò gli occhi.

Ah, già.

Anche lui aveva un allievo, o qualcosa di simile.

David Jensen.

"Prego", rispose il capitano indicando la sedia di fronte alla propria. "C’è qualcosa di cui mi vuoi parlare?".

"Be’, in realtà sì".

"Dimmi". Lloyd pensò che interrompere di bere per parlare fosse alquanto seccante.

"Riguarda la studentessa che è arrivata oggi".

"Ah. Carina, eh? Le hai già messo gli occhi addosso?".

"Non intendevo questo. Il fatto è che io ero convinto che qui si testassero armi top secret. Cosa ci fa una civile su questa nave?".

"Guarda che, tecnicamente, anche tu sei un civile".

"Sì, ma io sono stato sostanzialmente costretto a venire qui! Lei, invece, è praticamente in gita scolastica. Insomma, l’Esercito si pone tanti problemi di segretezza e poi fa salire una ragazza su di una nave che trasporta un prototipo di cui nessuno dovrebbe sapere?".

Lloyd buttò nel cestino accanto al tavolo la busta ormai vuota: "Non è il prototipo di per sé a essere segreto, ma il progetto nell’ambito del quale è stato sviluppato. Al momento, la Federazione Terrestre non ha veri e propri nemici, a parte qualche nostalgico di Zeon. E non sarebbe una sorpresa per nessuno sapere che stiamo sviluppando nuove armi. Non ci vuole un genio per capirlo. Il fatto è che il progetto del quale il Blossom è il primo stadio prevede anche… altre cose, diciamo così".

"E lei non può dirmi di cosa si tratti?".

"No, perché non lo so nemmeno io. Mi hanno detto che il GP00 è il primo di una serie, ma non so altro. Non so quanti altri mobile suit siano in fase di progettazione, né tantomeno che caratteristiche abbiano".

"Quindi… se anche Rachel tornasse a casa e raccontasse tutto…".

"Potrebbe semplicemente dire che l’Esercito Federale sta collaudando un mobile suit ad alte prestazioni. Qualsiasi esercito ricerca continuamente nuove armi. Di per sé, è un’informazione inutile".

David sospirò.

Non sembrava convinto.

Lanciò un’occhiata di traverso a Lloyd: "Però ci saranno pure delle cose che non devono essere scoperte… Voglio dire, quella ragazza studia i sistemi operativi, vero? Non sarà che…".

"Non preoccuparti, David. Patrizia… la professoressa Raimondi sa quello che fa. Non le mostrerà certo cose che non dovrebbe vedere. E comunque mi sorprende parecchio questa tua preoccupazione. O ti sei adattato in fretta all’Esercito, o c’è sotto qualcosa. Hai nascosto delle riviste porno dietro il sedile del Blossom?".

"Ma cosa va a pensare! Il fatto è che… non mi piace che troppa gente metta le mani nel mio mobile suit".

Senza nemmeno salutare, David si alzò e si diresse fuori dalla mensa.

Lloyd lo guardò allontanarsi.

Gli venne quasi spontaneo pensarlo: ‘Ma stiamo parlando del tuo mobile suit o della tua ragazza?’.

***

David addentò il panino subito dopo essersi seduto a cavalcioni della panchina.

Era una panchina senza schienale, che si trovava all’ombra di un grande albero nel giardino della scuola.

"Allora?", chiese a Penny, che, seduta davanti a lui sulla stessa panchina, stava aprendo il cestino con il pranzo.

"Allora preferirei che non parlassi a bocca piena", rispose.

"Non intendevo questo, dai… Volevo solo sapere se quella situazione si fosse risolta".

"In un certo senso…", annuì tristemente lei.

"Cosa significa?".

"Be’, sembra che i miei genitori abbiano deciso di divorziare".

David restò a bocca aperta. Un boccone gli cadde dai denti: "Cazzo, mi dispiace… Speravo davvero che potesse andare diversamente…".

Lei scosse il capo: "E cosa ci vuoi fare? È andata così. In fin dei conti, sono stati insieme per vent’anni…".

"Come stai?".

"Male, cazzo!", esclamò lei, quasi in uno slancio d’ira, mentre tratteneva a stento le lacrime.

David appoggiò il panino sulla panchina e le avvolse le spalle con un braccio: "Dai, su. Non c’è proprio più speranza?".

"Ma che speranza vuoi che ci sia?", replicò Penny appoggiandogli la testa sulla spalla. "Le hanno provate tutte negli ultimi anni, davvero… Non è facile nemmeno per loro, ci hanno pensato a lungo… Però non ce la fanno proprio più…".

"E tu? Che farai?".

"Probabilmente resterò a casa con mia madre… Ma come faccio a pensare di vivere in un posto del genere senza mio padre? È sempre stato al mio fianco da quando sono nata e adesso… Mi ha già detto che verrà a trovarmi spesso, ma non sarà la stessa cosa".

"Non posso dirti di capire, visto che mia madre è morta da tempo, però…".

"David… Ti piaccio lo stesso, anche se sono così egoista?".

"Egoista?".

"Sì, egoista… Io sto pensando solo a me stessa… Non voglio perdere il mio presente, la mia abitudine quotidiana. Credo sia questo a spaventarmi. E ora sono capace solo di compiangermi desiderando che i miei tornino insieme, anche se so benissimo che questo non sarebbe un bene per loro".

"Credo sia normale avere paura in una situazione del genere. Però non preoccuparti, io sono sempre con te".

***

‘Sono una merda’, pensò David mentre guardava la testa di Rachel appoggiata sul suo petto.

Erano nudi nel letto della cabina di lui.

Lei, abbracciandolo, stava dormendo con un sorriso serafico sul volto.

David sentì un nodo in gola e provò improvvisamente una gran voglia di piangere.

‘Sono una merda’, si ripeté. ‘Perché ho tradito Penny, soprattutto in un momento del genere? Mi è bastato un bel faccino per crollare? I miei sentimenti erano davvero così deboli?’.

Mentre una lacrima gli colava lungo la guancia, si trattenne per non singhiozzare: se Rachel si fosse svegliata, avrebbe dovuto spiegarle perché stesse piangendo.

Si pulì gli occhi con le dita, cercando di non svegliare la ragazza.

‘Non lo farò più’, si disse. ‘E comunque, il mio errore è già stato troppo grave: quando tornerò a casa, dovrò dirlo a Penny e lasciarla… Visto che le ho già fatto un torto così grande, non posso continuare a prenderla in giro, devo quantomeno essere corretto dove ne ho ancora la possibilità… Però… se lei potesse perdonarmi…’.

***

"Sei pronto?". La voce del capitano Cavenagh arrivò, seppur ostacolata dalle particelle Minovsky, attraverso la radio del Gundam.

"Signorsì", rispose David tirando un sospiro.

Attorno a lui, nello spazio, fluttuavano degli asteroidi.

Sopra di lui, l’enorme sagoma di una colonia abbandonata.

Durante la Guerra di Un Anno, gli zeoniani vi avevano liberato del gas.

Nessun sopravvissuto.

"Molto bene. Allora cominciamo con il test", disse Cavenagh.

"Riesci a sentirmi?". Stavolta era la voce della professoressa Raimondi.

"Sì, la sento", replicò David. Questa situazione cominciava ad annoiarlo.

"Bene. Per prima cosa testiamo l’efficacia dell’MPIWS. Abbiamo disposto dei bersagli a circa quattrocento metri, nella direzione in cui ti trovi rivolto al momento. Dovresti riuscire a localizzarli impostando una ricerca basata sulla forma umanoide. L’area che devi scandagliare è satura di particelle Minovsky, quindi fai attenzione".

Senza rispondere, David attivò il sistema di ricerca dell’MPIWS e lo puntò nella direzione indicata.

"Stai già sbagliando", lo rimproverò la professoressa Raimondi.

"Eh? Cosa ho fatto?".

"Il beam rifle a lunga gittata. Dovresti cominciare a caricarlo non appena attivi l’MPIWS. Ricordati che non è dotato di E-CAP, quindi trae energia direttamente dal reattore nucleare del GP00. Questo significa che gli ci vuole parecchio tempo per caricarsi".

"La ringrazio", disse David.

‘Ma vaffanculo, rompicoglioni!’, pensò subito dopo.

Avviò la procedura di caricamento dell’arma e attese.

Il basso ronzio che denotava l’inizio del processo, insieme con la spia gialla sulla console, aveva un effetto quasi soporifero.

Distrattamente, David controllò la strumentazione dell’MPIWS.

"Rilevo quattro oggetti di forma umana nella direzione indicata", disse.

"Bene", rispose la voce della professoressa Raimondi. "Procedi alla fase di collimazione. Comincia dal primo bersaglio sulla destra".

David obbedì meccanicamente: puntò il sistema di mira del Blossom sul bersaglio indicato.

"Ce l’ho", annunciò dopo qualche secondo.

"Spara appena il beam rifle è pronto".

David attese.

Fu solo qualche secondo, ma parve non finire mai.

Finalmente, l’indicatore dell’arma emise quel suono acuto che denotava il raggiungimento della potenza massima.

Il Gundam fece fuoco.

Il raggio violaceo si perse nello spazio, tra gli asteroidi che impedivano a David di vedere i propri bersagli.

Fu in quel momento che gli venne in mente Rachel.

Poco prima che lui salisse sul Blossom, gli aveva fatto un sorriso immenso, accompagnato da un "Forza, io tifo per te!" che lo aveva quasi steso.

Non per il fatto in sé, quanto perché aveva ingigantito ulteriormente il suo senso di colpa verso Penny.

E forse si sarebbe dovuto sentire in colpa anche verso Rachel stessa, che non sapeva di spasimare per un uomo già impegnato.

Anzi, senza forse.

Stava prendendo in giro due ragazze che lo amavano contemporaneamente.

"David?". La voce della professoressa Raimondi risuonò nell’abitacolo.

"Uh… sì?".

"Come sarebbe? Controlla la traiettoria del raggio. Da qui non riusciamo a capire se hai centrato il bersaglio".

David riportò freneticamente l’attenzione alla console del mobile suit.

"No… pare che non l’abbia centrato", disse. "Anzi, si è mosso".

"Cosa?" Patrizia sembrava sorpresa. "Come sarebbe a dire?".

"Non lo so… L’MPIWS non sembra in grado di penetrare efficacemente le particelle Minovsky, mail bersaglio che avevo puntato pare non essere più lì… Anzi, eccolo… Si sta muovendo!".

Fece in tempo a finire di parlare, ma niente più.

Un raggio schizzò da dietro gli asteroidi, sfiorando la spalla sinistra del Gundam.

"Merda!", esclamò, "C’è qualcuno là dietro!".

***

I mobile suit comunicavano tramite codice morse.

Facendo brillare a intermittenza i monoeye, riuscivano a trasmettersi messaggi che superavano il limite delle particelle Minovsky.

La squadra era composta di due Rick Dom e un Gelgoog Jaeger.

Mobile suit di Zeon.

In seguito alla Guerra di Un Anno, diversi reduci dell’Esercito del Principato avevano deciso di continuare la propria battaglia.

Era inaccettabile che tutte le vite dei loro compagni fossero andate perdute solo per permettere alla Federazione di continuare a spargere la propria corruzione e di legare gli spiriti degli esseri umani alla gravità terrestre.

Forse qualcuno si sarebbe sorpreso per una tale ostinazione, ma il generale di divisione Anguille Delaz credeva profondamente nei principi di cui parlava.

E i suoi uomini si erano uniti alla flotta che capeggiava ciascuno per le proprie motivazioni.

Colin Raimondi, che pilotava il Gelgoog, stava semplicemente continuando a cercare la propria luce.

La nave alla quale era stato assegnato faceva parte della Flotta Delaz ed era stata assegnata a una missione di pattuglia attorno a Side 5.

Loum.

Il posto che i reduci di Zeon stavano fortificando con l’altisonante nome di ‘Giardino di Spine’.

Possibile che i federali non lo sapessero?

Sicuramente la questione non era di dominio pubblico, ma qualcuno doveva esserne a conoscenza.

Eppure, lì c’era una nave, qualcosa di somigliante a un Salamis.

E c’era anche un mobile suit, con un enorme fucile spianato.

Un mobile suit che, grazie al monoeye migliorato del Gelgoog Jaeger, riusciva a vedere come molto simile al Gundam della Guerra di Un Anno.

Proprio come la loro talpa nell’Esercito Federale aveva detto.

Colin girò la testa del Gelgoog verso i suoi compagni e lanciò loro un messaggio: "Attuare manovra di accerchiamento standard".

Mentre lui si avvicinava lentamente tra gli asteroidi che li separavano dalla nave nemica, i due Rick Dom si aprirono a ventaglio, puntando ai lati.

***

L’MPIWS segnalò una fonte di calore che stava rapidamente aumentando.

David si spostò, senza sapere nemmeno lui dove andare.

Un raggio passò dove poco prima si era trovato lui.

Merda!

C’era davvero qualcuno tra quei bersagli!

A questo punto, l’unica cosa sensata da fare era infilarsi tra i blocchi di roccia per rendere la mira del nemico quanto meno sicura possibile.

Il GP00 volò verso le grandi pietre, nascondendosi tra di esse, mentre l’MPIWS cercava di localizzare il nemico.

Non poteva distinguerlo dalla forma, perché lì in mezzo c’erano anche i bersagli disposti per il test.

Il criterio di localizzazione doveva essere il movimento.

Ecco, appunto.

C’erano cinque forme umanoidi, quindi adesso l’MPIWS vedeva anche il falso bersaglio che prima non aveva segnalato.

Ma erano tutte e cinque immobili.

Probabilmente, il nemico stava aspettando che lui uscisse allo scoperto, anch’egli nascosto tra le rocce.

Però c’era una cosa che non gli tornava…

Possibile che quel mobile suit fosse venuto fin lì da solo?

Aveva appena finito di formulare il pensiero, quando due Rick Dom spuntarono dalle rocce a tutta velocità, i bazooka spianati verso l’Utrecht.

Improvvisamente, uno dei due sembrò accorgersi della presenza del Blossom e si girò per attaccarlo.

Con un tuffo al cuore, David capì di essere finito: avrebbe impiegato troppo poco tempo per voltare verso il nemico il beam rifle a lunga gittata e, se avesse sparato, avrebbe segnalato la propria posizione al cecchino ancora nascosto.

Il bazooka sembrava una voragine…

Era così profondo e oscuro che David ebbe l’impressione di guardare in una fossa oceanica…

Anzi, in un utero materno…

Cosa poteva esserci di più profondo e oscuro del posto da cui si generava la vita?

E lui stava vedendo la vita prima di morire.

Una raffica di colpi trapassò l’addome del Rick Dom.

Il tozzo mobile suit nero esplose, mentre dietro di lui compariva un GM Custom.

"Il capitano?", mormorò David.

E non era solo: con lui c’erano anche i due GM Kai imbarcati sull’Utrecht.

Sembrò che l’altro Rick Dom avesse avuto un attimo di esitazione.

Fu allora che David percepì qualcosa.

Un movimento!

L’MPIWS aveva segnalato un movimento in un una delle cinque forme umanoidi!

Possibile che fosse il nemico che gli aveva già sparato?

O forse era solo un movimento naturale di uno dei bersagli disposti per il test?

No, c’era anche una lettura di una fonte di calore.

Vettori di spinta in uso.

"E beccati questo, stronzo!", esclamò David alzando il beam rifle e facendo partire il colpo.

Il raggio trapassò alcune rocce, lasciandosi dietro una scia di detriti.

***

Quando il raggio sparato dal Blossom colpì la grande pietra di fianco al suo Gelgoog, Colin ebbe un attimo di smarrimento.

Istintivamente, fece spostare il suo mobile suit sfruttando i vettori di spinta nel backpack.

L’esplosione della roccia fu un lampo di luce.

Colin sogghignò vedendola.

Somigliava molto a quella di quel giorno…

Poi, vide uno dei Rick Dom passargli accanto a tutta velocità, segnalando con il monoeye il codice della ritirata.

Significava che il suo compagno era stato abbattuto?

Colin sorrise amaramente: "E va bene, Gundam", si disse tra sé e sé. "Non voglio perdermi l’occasione di guardare quella luce che puoi farmi vedere, ma per stavolta va così".

Spingendo al massimo il Gelgoog Jaeger, si diresse verso la zona in cui era atteso dalla nave madre.

***

"Sei un bastardo…", mormorò Penny coprendosi il viso con le mani, senza riuscire a nascondere le lacrime che le scendevano copiose dagli occhi.

"Lo so", rispose David chinando il capo sconsolato, sul punto di mettersi a piangere anche lui.

Erano in uno dei corridoi della scuola.

Un corridoio stranamente deserto.

Il sole che tramontava filtrava attraverso le persiane delle vetrate, parzialmente abbassate.

Con uno sforzo evidente, la ragazza cominciò a trattenere il pianto e incrociò le braccia.

Lanciò un’occhiata gelida al suo interlocutore, che alzò lentamente la testa.

"Perché?", gli chiese. "Si può sapere cosa ti ho fatto? In cosa ho mancato verso di te? Cosa c’era che non andava? Dove ho sbagliato?".

David, di nuovo, si sentì una merda: "Non sei stata tu a sbagliare… Ho fatto tutto io… Sono stato uno stronzo, ne sono consapevole. È evidente che ormai non possiamo più stare insieme… Però volevo almeno scusarmi, per quello che può valere".

Penny scosse la testa: "Non riesco ancora a crederci, davvero… Dimmi che è uno scherzo, perché davvero non posso credere che mi sia capitata una cosa del genere! Ma cosa aveva quella di tanto interessante?".

"Suppongo di essermi semplicemente lasciato andare… Però lei non sapeva che io avevo già la ragazza, quindi non è colpa sua".

"Fin qui ci arrivo!", sbottò Penny alzando improvvisamente le braccia al cielo e dandogli le spalle. "Però… come credi che possa ancora guardarti in faccia dopo quello che è successo?".

David chinò nuovamente il capo senza rispondere.

"Mi hai umiliata", proseguì la ragazza. "Io non sono romantica, non mi sono mai illusa che il nostro sarebbe stato l’amore della vita… Però non dovevi tradirmi. Se proprio avevi tanta voglia di scoparti un’altra, avresti potuto almeno mollarmi prima!".

"Scusami".

Penny si girò all’improvviso e colpì David al viso con il dorso della mano.

"’Scusami’ un cazzo!", sibilò. Poi, sembrò tranquillizzarsi per un attimo: "Se non altro, ti riconosco che hai avuto abbastanza fegato da venirmi a dire cosa hai fatto, visto che altrimenti non sarei mai venuta a saperlo. Sei uno stronzo, ma almeno sei uno stronzo con le palle. Comunque sia, come hai detto anche tu, è ovvio che non possiamo più stare insieme. Non potrò mai perdonarti per questa umiliazione".

***

"È un problema", disse Lloyd picchiando il pugno sul tavolo del proprio ufficio sull’Utrecht. "Quelli erano mobile suit di Zeon, da dove saltavano fuori?".

Davanti a lui, oltre a David, c’erano Earl Shaw e Frank Anderson, i due piloti assegnati ai GM Kai; nessuno dei quattro uomini presenti si era ancora tolto la normal suit.

I soldati alla guida degli RGM-79C erano stati collocati sulla nave semplicemente come unità ausiliaria, per simulare dei nemici durante il collaudo e collocare i falsi bersagli.

Nessuno aveva pensato che ci sarebbe stato bisogno di loro per combattere.

Earl, un ragazzo di colore dai capelli vistosamente tinti di bianco argenteo e tagliati corti, fece un passo avanti: "Il problema più grande è che non siamo riusciti a inseguirli. E, anche se l’avessimo fatto, non avremmo avuto garanzie di cosa avremmo trovato".

"Erano un Rick Dom Zwei", gli ricordò Frank, un tipo basso e decisamente poco atletico, dai capelli neri che ormai si stavano diradando nonostante la giovane età. "Hanno una potenza di accelerazione superiore a quella dei nostri GM, sarebbe stato inutile tentare un inseguimento".

"A questo punto, la missione è abortita", sentenziò Lloyd con decisione. "Non sappiamo quanti nemici si nascondano nelle vicinanze, quindi dobbiamo evitare lo scontro. Appena tornato sul ponte, darò ordine di fare rotta verso Luna2 e finiamola qui".

"E il test del Blossom?", chiese David.

"Mi pare chiaro", replicò il capitano. "Il test non si fa più. È evidente che non possiamo restare qui con una sola nave contro chissà quanti nemici. Non vi faccio rischiare il culo per collaudare un cazzo di mobile suit".

***

Quando uscì dall’ufficio del capitano, David si stava massaggiando lentamente la cervicale.

"Qualche problema?", gli chiese Earl.

"Uh?", replicò David senza rendersi subito conto di cosa gli fosse stato detto. "Oh, no, grazie, nessun problema. È solo che per me è un periodo piuttosto stressante"-

Si allontanò verso la propria cabina senza aspettare una risposta.

Già, era davvero un periodo stressante.

Prima quel casino del divorzio dei genitori di Penny, poi quella cazzata che aveva fatto con Rachel, l’incidente in cui erano stati coinvolti quei mobile suit di Zeon, infine il fatto di avere dovuto confessare alla propria ragazza quello di cui si era reso colpevole…

No, un momento…

C’era qualcosa che non quadrava.

Digitò distrattamente il codice che apriva la porta della propria cabina mentre ci pensava.

C’era decisamente qualcosa che non tornava.

Quand’è che Penny gli aveva parlato del divorzio dei suoi genitori?

Prima di partire da Side 3, no?

No, impossibile, perché lui era sicuro di essere già salito sul Blossom…

E, soprattutto, quand’è che aveva parlato a Penny del suo tradimento, se era sempre rimasto sull’Utrecht da quando lo aveva commesso?

Si lasciò cadere stancamente sul letto.

Che periodo di merda…

Aveva la vaga impressione che gli fosse già successo qualcosa di simile: era uno di quei momenti in cui gli andava tutto male e non vedeva l’ora che finissero.

Forse aveva anche un paio di linee di febbre.

C’era solo una cosa a cui riusciva a pensare…

E se ne stupiva…

Il GP00.

Il suo Gundam.

Perché gli tornava in mente proprio adesso?

Perché si sentiva così sicuro pensando a quell’abitacolo solitario?

Perché voleva tornarci il prima possibile?

Perché, quando sedeva ai comandi, sentiva quella sensazione di protezione, sicurezza e tranquillità che non riusciva a spiegare?

Perché gli dava tanto fastidio che qualcuno ci mettesse le mani?

Si mise a dormire senza pensarci ulteriormente.

Dimenticò anche che il capitano aveva ordinato che i piloti stessero in allerta fino a nuovo ordine in previsione di un possibile attacco.

***

Patrizia aggrottò la fronte, mentre i caratteri che comparivano sul suo computer assumevano un senso.

Anzi, quella roba non poteva avere senso.

Con il proprio portatile collegato alla colonnina con terminale incorporata nell’ascensore dell’hangar dei mobile suit, guardava quello che le appariva davanti, a metà tra lo sbalordito e il contrariato.

Non le piaceva che qualcosa andasse in maniera diversa da come si aspettava.

Al suo fianco, il boccaporto dell’abitacolo del GP00 le ricordava che l’ascensore, composto praticamente da un’unica piattaforma metallica e dal suo supporto scorrevole, l’aveva portata a diversi metri da terra.

Le era stato detto che il computer imparante montato sul Blossom era una versione potenziata di quello dell’RGM-79, che, a propria volta, derivava dal modello montato sull’RX-78-2 della Guerra di Un Anno.

Le era stata fornita una documentazione che ne dettagliava il funzionamento.

Ma i dati che stava ricevendo dopo essersi collegata a esso non le tornavano.

Il computer, in qualche modo, aveva cambiato i propri schemi di calcolo.

Usava procedimenti diversi per ottenere gli stessi risultati, apparentemente senza un motivo.

Il modo di inviare gli input ai sistemi del mobile suit non era come quello che aveva usato fino allo scorso controllo.

Il sistema operativo era indubbiamente lo stesso, ma aveva cominciato a funzionare in maniera differente.

Attivò il comando dell’ascensore e si fece riportare a terra.

L’unica possibilità era che David avesse messo le mani nell’OS.

Doveva averlo modificato in qualche modo, non c’era altra spiegazione.

L’ascensore toccò il suolo dell’hangar.

Patrizia scollegò rapidamente il portatile e scese dalla piattaforma metallica.

"Scoperto qualcosa di interessante?".

La voce di Kemp la sorprese al punto che quasi andò a sbattergli contro.

Si grattò la testa e posò gli occhi sull’anziano scienziato.

Ecco, questa era una caratteristica di se stessa che Patrizia detestava: quando qualcosa le occupava i pensieri, praticamente non si rendeva conto del mondo che le stava attorno.

"Più o meno", mugugnò, quasi sottovoce.

Di se stessa, detestava anche quella fastidiosa incapacità di rapportarsi decentemente con il prossimo.

Kemp sogghignò sotto i baffi: "Ne sono felice".

Senza rispondere, Patrizia gli passò di fianco e fece per lasciare l’hangar.

Poi si fermò.

Si girò lentamente verso il proprio collega.

"È stato lei a programmare Alice, non è vero?".

Stavolta, Kemp ridacchiò: "Com’è che ti viene in mente proprio adesso? Hai visto qualcosa che vorresti ti spiegassi?".

Patrizia aggrottò la fronte.

L’idea di dipendere da quell’uomo per capire una situazione che si stupiva di non riuscire a comprendere non le piaceva per niente.

Ma cercò di ignorare il proprio orgoglio: "Il pilota deve avere agito sul sistema operativo", disse, stavolta ad alta voce. "I processi di calcolo sono cambiati".

Non disse di non avere ancora capito come funzionassero esattamente.

Kemp non si girò, continuò a parlarle volgendole le spalle: "Sì, se è successa una cosa del genere, significa che Alice ha subìto l’influenza del ragazzo".

"Subìto la sua influenza? Che significa?".

Stavolta, il professore si girò.

Nonostante i baffi, era possibile vedere la sua bocca contratta in un sorriso a metà tra il folle e il soddisfatto: "Alice è stato concepito proprio a questo scopo".

Kemp si avvicinò a Patrizia a grandi passi, finché poté guardarla direttamente negli occhi: "Alice cresce e si evolve. È normale che cambi il suo modo di pensare, come fa qualsiasi persona nel corso della propria esistenza. Ma questo era previsto. Quello che mi interessa ora è vedere come reagirà il ragazzo. Perché Alice non è stato pensato per avere un legame a senso unico. Alice è molto più di quanto chiunque di noi possa immaginare, me compreso".

"Non creda di incantarmi con queste parole assurde!", sbottò Patrizia. "Le ricordo che anch’io sono qui per occuparmi del GP00, quindi devo essere messa al corrente di qualsiasi informazione lo riguardi!".

"Vuoi sapere come funziona Alice? Conosci Lewis Carrol?".

"Uno scrittore attivo prima del cambio di datazione? Ne ho sentito parlare, ma non ho mai letto qualcosa di suo".

"Alice era il nome del suo personaggio più noto. Alice ha attraversato lo specchio ed è arrivata in un altro mondo. Era convinta che oltre lo specchio ci fosse il mondo reale riflesso, ma invece vi si trovava una realtà completamente differente. Forse anche il sistema Alice ha oltrepassato lo specchio e, se questo è successo, deve averlo fatto anche David. Ma nemmeno io posso sapere con certezza cosa abbiano trovato nel nuovo mondo in cui sono arrivati. E va bene così, perché è così che ho progettato Alice".

"Gradirei che non rispondesse alle mie domande suscitandomi altri motivi di perplessità. È evidente che lei sta usando delle metafore, ma qual è il loro significato? A cosa si sta riferendo, esattamente?".

Kemp si girò di nuovo e proseguì a grandi passi verso l’ascensore dal quale Patrizia era appena scesa.

Si fermò un attimo prima di salirvi: "Trovare la risposta a questa domanda è proprio il motivo per cui ho programmato Alice. Se l’avessi conosciuta, fare quello che ho fatto non avrebbe avuto alcun senso".

Patrizia reclinò il capo, lanciando un’occhiata di traverso al collega: "Professore, le ricordo che questo progetto non esiste per assecondare le sue idee lunatiche. Ci sono già troppi punti oscuri riguardo la sua persona, credo che aggiungerne un altro non possa tornare a suo vantaggio".

Per un attimo, nessuno dei due parlò.

Fu Kemp a rompere il silenzio: "Ma certo", disse infine. "Dimenticavo che sei l’amante del capitano. Non è poi così strano che venga a riferirti informazioni riservate".

"Sono la sua compagna", lo corresse Patrizia acida. "La nostra relazione non è clandestina. Se mi ha detto certe cose, è perché riteneva che fosse nell’interesse della mia incolumità saperle".

"Già", ridacchiò l’uomo più anziano, "non sia mai che possa succedere qualcosa alla figa con la donna intorno con la quale si trastulla".

Patrizia spalancò gli occhi.

Fu sul punto di scoppiare in un fiume di insulti, ma Kemp la anticipò: "Dì pure al tuo amichetto che non hai niente da temere da me. Non mi importa di quello che fa una donna che avrebbe bisogno di un vocabolario per capire le mie parole più semplici. Il mio scopo non è certo quello di fare del male a te, o a chiunque altro su questa nave. Non ho tempo da perdere, io".

"Suppongo di no", sogghignò la donna, "Dopotutto, quando si sono già passati otto anni in manicomio, di tempo se ne è perso abbastanza, o mi sbaglio?".

Le spalle del professore furono scosse da un debole riso: "Potrei pensare che questa sia una frecciatina, se non fosse che io so perché sono finito in manicomio, mentre tu no".

"Non posso negarlo, ma credo di essere più vicina alla verità di quanto lei non pensi. Sa com’è, essere ‘amante’ del capitano, come dice lei, dà accesso a informazioni poco note ai più. Per esempio, so che lei era già stato in manicomio ben prima che sua figlia morisse".

Ci fu un altro lungo silenzio.

Poi Kemp si girò.

Per la prima volta, il suo sguardo sembrò serio: "Non sai quello che stai dicendo. Tutto ciò che ho fatto ha avuto una ragione ben precisa. E da sempre si teme chi non si riesce a comprendere".

Patrizia alzò gli occhi al cielo: "Ah, già, certo. L’uomo scomodo che viene internato perché dà fastidio ai potenti. Mi risparmi la solita tirata da film di quart’ordine, Kemp, ho già notato che lei ha ben più di qualche sprazzo di paranoia. Vorrei solo essere messa in condizioni di fare decentemente il mio lavoro, i suoi problemi personali non mi interessano".

Dopo quel breve attimo di serietà, l’anziano studioso sembrò tornare alla sua parlata sarcastica: "Non preoccuparti, non avevo certo intenzione di parlartene. Come ti ho già detto, me ne frego di quello che fate tu o gli altri idioti che popolano questa nave. Io voglio solo vedere dove arriverà la felicità di Alice".

***

L’ufficio di Patrizia Raimondi, sull’Utrecht, era un posto piuttosto disordinato.

Sulla scrivania della piccola stanza, due portatili e un numero imprecisato di scartoffie quasi impedivano a David, che la stava seduto davanti, di vedere la donna.

In piedi, con le braccia incrociate, appoggiato al muro dietro Patrizia, c’era Kemp.

Lloyd era appoggiato con il braccio destro alla scrivania.

Sembravano tutti aspettarsi qualcosa da David.

"Potrei sapere perché sono stato chiamato qui?", domandò il ragazzo.

"Vorrei farti qualche domanda", chiese Patrizia. "Non preoccuparti, non c’è alcun problema".

David si mosse nervosamente sulla sedia.

Aveva proprio l’impressione che i problemi ci fossero, invece.

"Allora, vediamo un po’…", cominciò la donna, "Partiamo dalle basi. Come ti chiami?".

"David Jensen. Dovreste saperlo".

"Sì, sì, ma passiamo oltre. Data e luogo di nascita".

"Sono nato il 9 febbraio del ’65 a Munzo, Side 3".

"I tuoi genitori?".

"Henry e Stephanie Jensen. Mio padre fa il ricercatore, mia madre è morta".

Kemp si avvicinò; fu lui a porre una domanda: "Chi sono i tuoi migliori amici?".

"Be’, ci sarebbe Fredrick, lui è il mio migliore amico. E poi c’è la mia ragazza, Penelope. Ma perché mi chiedete queste cose?".

"Con calma, David", disse Patrizia nel vano tentativo di tranquillizzarlo (mentre Kemp stava sogghignando da quando aveva sentito la risposta). "Proseguiamo, piuttosto. Da quanto tempo sei sull’Utrecht?".

"Sono qui da quando la nave è partita, un paio di settimane".

"E come ci sei finito? Come hai imparato a pilotare i mobile suit?":

David sembrò incerto per un attimo: "Io… Sono sull’Utrecht perché mio padre è coinvolto nella progettazione del sistema operativo del Blossom… Sono arrivato qui e il capitano mi ha dato qualche lezione".

L’interrogatorio proseguì per circa un’ora.

David si sentì porre domande di ogni genere, per lo più relative alla vita privata.

Alcune anche apparentemente insignificanti, magari riguardanti i suoi gusti alimentari.

Poi, gli venne detto che poteva andare.

"Eh, no, cazzo", sbottò picchiando una mano sulla scrivania.

Qualche foglio cadde a terra.

"Voglio sapere perché diavolo mi fate queste domande!", gridò colpendo nuovamente la scrivania.

"Cerca di calmarti", disse Lloyd mettendogli una mano sulla spalla. "Stiamo solo cercando di capire alcune cose sul tuo conto. Ora torna nella tua cabina e aspetta. Tra non molto, ti sarà tutto più chiaro".

David sbuffò.

Per un attimo, fissò il capitano dritto negli occhi.

Ma obbedì e lasciò la stanza.

Lloyd si girò verso Kemp: "Allora?".

Lo scienziato stava ancora ridendo.

"Ce l’ho fatta!", esclamò. "Finalmente sono arrivato al punto in cui il pilota e il mobile suit sono tutt’uno! Avete sentito le sue risposte? Ha mischiato le sue esperienze personali con le informazioni che Alice gli ha inviato. Ha oltrepassato lo specchio. E, se Alice gli ha detto quelle cose, significa che anche lei lo ha fatto".

"Vorrebbe piantarla con questi enigmi assurdi?", ringhiò Patrizia spazientita.

"Abbiamo sentito le risposte e in effetti sono confuse", convenne Lloyd cercando di fare da paciere tra i due. "Per esempio, il ragazzo dice di essere nato su Side 3, mentre invece è terrestre. La sua data di nascita, però, è esatta. Inoltre, conosce i nomi dei suoi genitori, ma non sa che suo padre è un politico e sua madre una manager di banca. Né che quest’ultima è ancora viva. Sembra non ricordare di avere imparato a pilotare i mobile suit in un addestramento di due mesi all’accademia di Nijmegan. Inoltre, non tutte le risposte alle domande sulle questioni personali sono le stesse che ha dato due settimane fa, al momento di salire sull’Utrecht. Quelle sui suoi amici, per esempio. Ha fatto questi due nomi che non ci aveva detto prima… Pare che sia convinto di frequentare una scuola, nonostante a noi risulti che ha sempre avuto tutori privati. Ha parlato di una sua ragazza, mentre prima aveva detto di non averla… Lei ha un’idea di cosa questo possa significare, Kemp?".

Lo scienziato annuì, senza togliersi il sogghigno dalla faccia: "Certo che ce l’ho… Solo, non pensavo sarebbe andata tanto bene. Ora il pilota e la macchina sono davvero una cosa sola!".

Patrizia fece per alzarsi dalla sedia.

Lloyd la trattenne per un braccio: aveva avuto la netta impressione che fosse stata sul punto di sferrare un pugno al professore.

"Voi sapete cosa sia uno psycommu system?", domandò Kemp, forse rendendosi conto di essere troppo sibillino.

"Certo che lo so!", sbottò Patrizia.

"Oh, bene!", replicò sarcastico lo scienziato. "Alice è praticamente uno psycommu system al contrario. Anziché ricevere le onde cerebrali dei newtype, emana esso stesso degli ultrasuoni che agiscono sul cervello del pilota a livello subconscio… Utilizzando un sistema simile al linguaggio binario, infondono nella sua mente delle informazioni e questo porta all’unione tra il sistema operativo stesso e il pilota".

"C’è una cosa che non capisco", chiese Lloyd aggrottando la fronte, "Se le informazioni errate nella mente di David sono state messe lì da Alice, perché è accaduto questo? Come è possibile che un computer alteri così le cognizioni sulla vita di una persona?".

"Ma è ovvio", rispose Kemp come se fosse la cosa più logica del mondo. "Mi pare chiaro che nessun computer possa comunicare con un essere umano, men che meno arrivare con lui a un livello di sintonia tale. Questa è una cosa che può accadere solo tra due esseri umani, quindi era necessario che anche Alice lo fosse".

"Che significa?".

"Non ci arrivi ancora, capitano? Tieni tanto a fare brutta figura davanti alla tua bella?".

Patrizia fu nuovamente sul punto di scattare.

Ancora una volta, Lloyd la trattenne: "Diciamo che io sono molto meno intelligente di lei. Mi spieghi come stanno le cose esattamente".

"Sai la cosa divertente? Io potrei rifiutarmi di farlo, perché ho ricevuto da un’autorità superiore alla tua l’ordine di mantenere tutto segreto… però trovo questa faccenda troppo divertente e ho una gran voglia di parlare".

"Sono tutto orecchi", disse il capitano facendo qualche passo verso il professore.

Kemp assunse quella sua espressione pazzoide, con gli occhi sgranati e il sogghigno satanico: "Sapete qual è il problema principale dello psycommu system? Che per farlo funzionare ci vogliono dei newtype. Uno scienziato di Zeon poi passato alla Federazione ebbe una buona intuizione: inventò il sistema EXAM, che prevedeva l’inserimento degli schemi mentali di un newtype nel computer, in modo che potessero sincronizzarsi con un pilota che non lo fosse, ma il risultato fu ampiamente instabile… Instabile, già, perché quel tizio non aveva veramente compreso come ci fosse riuscito… Era stato un caso. Ma io ho fatto un passo avanti. Alice è l’anima di un essere umano, la sua essenza più pura. Alice è una persona vera e propria, e, come tale, può crescere e provare nuove sensazioni. Il Blossom è a tutti gli effetti una macchina senziente. Anzi, di più: è una macchina che è entrata in sintonia con il pilota al punto di trascinarlo nella propria realtà eterna, fermando il presente in un istante che durerà per sempre!".

"Sta delirando…", commentò Patrizia facendo per alzarsi dalla sedia. Ancora una volta, Lloyd la trattenne.

"Delirando?", domandò Kemp. "Tutt’altro. Ho finalmente ottenuto ciò che volevo. Non ti rendi conto? No, probabilmente no. Io ho trovato Shangri-La. Ho trovato la città in cui tutti sono felici ed eternamente giovani. Ho trovato il segreto dell’immortalità".

"Andiamo, Kemp", obiettò Lloyd, "Converrà con me che questo è poco originale anche per un racconto di fantascienza di quart’ordine".

Il professore rise: "Certo che lo è… Ma non è questo il punto. Pensa cosa succederebbe se la gente sapesse che un procedimento del genere è possibile… Farsi impiantare l’anima in un computer nel momento della massima felicità ed esistere per sempre in questa condizione eterna… Chi non lo vorrebbe? Chi non vorrebbe liberarsi di tutti i problemi che lo tormentano? Quante domande si pongono le persone? Chi siamo? Dove andiamo? Cosa vogliamo? Chi non vorrebbe trovare la soluzione? Io ce l’ho. Potrebbe essere il prodotto più redditizio del futuro, no?".

"Un pazzo…", mormorò Patrizia scuotendo la testa e portandosi le dita alla fronte. "Adesso capisco perché sia stato in manicomio".

"Oh, no che non lo capisci. Sono stato in manicomio perché non avevo nessuno a coprirmi le spalle. Di conseguenza, quando sperimentai il sistema su mia moglie, fui preso per un folle. Ma il generale Kycilia venne a sapere di quanto avevo fatto e mi volle con sé affinché proseguissi le mie ricerche sui newtype. Per non parlare del generale Erwyn, che affidò a un’unità speciale il compito di venirmi a prendere durante l’Operazione Tristan, proprio perché voleva che io usassi il mio genio per lui. E adesso, lui ha ottenuto un risultato che andrà oltre le sue più rosee aspettative".

La notizia giunse del tutto nuova anche a Lloyd. Sapeva che l’Operazione Tristan era stata organizzata da Erwyn, ma non aveva immaginato che avesse avuto anche questo scopo occulto.

"E adesso?", chiese. "Ora che ha raggiunto il suo scopo, cosa ha intenzione di fare?".

"Cosa, dici? Ma è ovvio: gli esseri umani cambiano. Se Alice e David continueranno a influenzarsi vicendevolmente, sicuramente qualcosa succederà. Come avete già visto, i ricordi del ragazzo sono confusi e lui crede delle cose che non sono reali. Fredrick era il fidanzatino della vera Alice e Penelope era la sua migliore amica. Evidentemente, David ha scambiato i loro ruoli. La spiegazione più banale che mi viene in mente è che lui è eterosessuale. Ha completamente dimenticato che suo padre è un parlamentare federale che lo ha rifilato all’Esercito quando è saltato fuori che c’era bisogno di un adolescente per questo progetto perché sperava di guadagnarsi certi favori nella sua ascesa politica. Ma quello che conta è che David ha attraversato lo specchio e sta vivendo il presente infinito di Alice. Adesso dobbiamo solo aspettare di vedere se anche lui raggiungerà l’eterna felicità".

***

Quando uscì dall’ufficio di Patrizia, Kemp era a metà tra l’esaltato e il deluso.

Quello che David aveva detto era la dimostrazione che Alice funzionava.

Che era felice.

Ma c’era ancora un passo da fare.

Era necessario un ultimo stimolo per capire quale fosse il confine del mondo oltre lo specchio, sia per il ragazzo che per la macchina.

Un’ultima prova…

***

"Chi cazzo è stato?", sbottò Lloyd rabbiosamente.

Attorno a lui, tutto il ponte dell’Utrecht cadde nel silenzio.

"Chi cazzo è stato?", ripeté, stavolta in un vero e proprio urlo. "Voglio sapere chi cazzo è stato a ordinare l’uscita dei mobile suit!", disse picchiando un pugno sulla poltrona del capitano.

Poi si girò lentamente verso Kemp, in piedi alla sua destra: "Tutto sommato, la mia è stata una domanda stupida", considerò con calma. "Manda a tutte le unità l’ordine di rientro immediato", ordinò poi rivolto all’ufficiale addetto alle comunicazioni.

"Non è una decisione un po’ affrettata?", domandò Kemp con un sogghigno.

Lloyd scese dalla poltrona di capitano e si avvicinò al professore. Nonostante quest’ultimo fosse ben più alto di lui, la rabbia negli occhi del giovane sembrava renderlo altrettanto minaccioso: "Mi hai rotto i coglioni con le tue stronzate. Io avevo ordinato il rientro su Luna2, non mi pare di avere mai autorizzato altri test in quest’area. Anzi, avevo detto chiaramente che la missione era abortita!".

"Capitano, capitano…", disse Kemp sarcastico mentre muoveva l’indice con aria canzonatoria, "Un buon leader non dovrebbe perdere certe occasioni. A questo punto, direi che ci siamo già allontanati a sufficienza dalla zona in cui abbiamo incontrato quei mobile suit nemici, quindi non dovrebbe esserci alcun pericolo. È per questo che ho approfittato delle sue ore di riposo per eseguire degli ordini che vengono da un’autorità superiore alla tua. Perché ti ricordo che le disposizioni di Erwyn erano di portare a termine i test sul GP00, nel caso tu te ne fossi dimenticato. O credi forse che l’equipaggio di questa nave obbedirebbe ai miei ordini piuttosto che ai tuoi? Le mie disposizioni vengono dal generale in persona…".

"La situazione è palesemente cambiata!", Lloyd picchiò un piede per terra. "Non potevamo sapere che sarebbe stato tanto pericoloso! È assurdo rischiare di incappare in forze nemiche di cui non conosciamo l’entità solo per dei test! Ti rendi conto che potremmo morire tutti per questo?".

La tirata del capitano fu bruscamente interrotta dall’addetto alle comunicazioni: "Signore, i mobile suit hanno ricevuto l’ordine di rientro, ma non tornano".

"Merda!", sibilò Lloyd. "Non avranno già incontrato il nemico? Andiamoceli a prendere".

***

La zona di spazio per cui l’Utrecht stava passando era molto simile a quella in cui aveva condotto i primi test: una enorme colonia abbandonata fluttuava sopra la nave (ammesso che il termine ‘sopra’ avesse un qualche valore in un luogo privo di gravità), mentre una miriade di pietre, asteroidi e rottami galleggiava nel vuoto attorno a essa.

I mobile suit erano stati mandati a effettuare i test proprio nel bel mezzo di quel mare di detriti.

David ne era rimasto sorpreso: nonostante il capitano Cavenagh avesse ordinato chiaramente che l’Utrecht facesse rotta su Luna2, Kemp aveva richiesto che il Gundam uscisse per il test finale.

Visto che il professore era lì per eseguire gli ordini del generale Erwyn, avevano tutti giudicato che dovesse andare bene così.

Ma, una volta che i mobile suit furono usciti, diverse cose cominciarono a non andare bene.

La prima fu un raggio proveniente dal campo di detriti, che trapassò da parte a parte uno dei GM Kai, facendolo esplodere in un attimo.

La seconda fu il Rick Dom che spuntò da dietro un gruppo di rocce, scartando subito il bazooka e ingaggiando l’altro RGM-79C con la heat saber.

Istintivamente, David puntò il beam rifle a lunga gittata nella direzione da cui era venuto il colpo e fece fuoco.

Vide il raggio spazzare tra i detriti e perdersi nello spazio.

Un attimo dopo, pensò di essere stato un idiota.

Perché cazzo aveva sparato d’impulso, senza controllare l’MPIWS per farsi un’idea di dove fosse l’avversario?

Avviò rapidamente il processo di ricarica del fucile.

***

Colin Raimondi sogghignò.

Cos’era quello? Un colpo del mobile suit di tipo Gundam?

"Bene", mormorò tra sé e sé mentre spingeva i razzi vettori del proprio Gelgoog attorno all’enorme sagoma della colonia, "sembra che tu sia lo stesso dell’altra volta. Sono sicuro che mi farai vedere una splendida luce, forse proprio quella che sto cercando".

Imbracciò la beam machinegun e si mise tra un paio di rocce vaganti.

Si assicurò di avere una via di fuga sopra e una sotto, mentre faceva sporgere tra le pietre solo la canna del fucile.

Mentre il Rick Dom si occupava del GM rimasto, lui avrebbe potuto sistemare quell’interessante Gundam.

Era stato un bene che il capitano della nave su cui Colin viaggiava avesse deciso di non lasciar fuggire quell’incrociatore federale.

Già.

Anche se probabilmente il capitano era più preoccupato di fare in modo che il Giardino di Spine non venisse scoperto, Colin pensava solo che sarebbe stato un peccato perdersi una preda tanto ghiotta.

Era evidente che il mobile suit federale non sapesse esattamente dove lui si trovasse… D’altra parte, la scorsa volta era riuscito a localizzarlo nonostante i falsi bersagli e la pesante concentrazione di particelle Minovsky, quindi doveva avere un qualche meccanismo di rilevazione estremamente efficiente.

Stare fermo per troppo tempo non era consigliabile.

Prese velocemente la mira attraverso il monoeye del Gelgoog e fece fuoco, mentre al tempo stesso scartava rapidamente verso l’alto, alla ricerca di una nuova copertura.

***

David fece appena in tempo a sopprimere un grido quando vide il Rick Dom trapassare con la heat saber l’abitacolo del GM Kai.

Un grido che invece gli proruppe dai polmoni con forza quando il mobile suit federale, in un ultimo slancio di disperazione del pilota, infilò la beam saber nel tozzo corpo del suo avversario.

Entrambe le macchine antropomorfe esplosero nello spazio.

David non se ne rese quasi conto quando un raggio sparato da chissà dove fece saltare la gamba sinistra del Gundam all’altezza del ginocchio.

Merda! Il Gelgoog! C’era ancora quell’avversario!

Gli occhi del ragazzo corsero frenetici sulla strumentazione di bordo: il beam rifle a lunga gittata non aveva ancora completato la carica.

Ma mancavano solo pochi secondi.

Nel frattempo, doveva muoversi.

I vettori di spinta del Blossom lo fecero scattare rapidamente verso l’alto, mentre l’MPIWS esplorava i dintorni alla ricerca di una reazione…

Eccola!

Il GP00 sollevò il beam rifle e fece fuoco.

***

Quando vide il raggio del nemico che sibilava sfiorando la spalla destra del suo Gelgoog, Colin capì che faceva bene a muoversi in continuazione.

E, a quanto vedeva con il monoeye, sembrava che anche il Gundam avesse preso la stessa decisione. Il rovescio della medaglia di un tale modo di fare, però, era una perdita di precisione nei colpi.

Colin era stato un po’ seccato nel vedere che il suo primo attacco aveva centrato solo una gamba… Ma anche così poteva dire di avere tolto dei preziosi vettori di spinta all’AMBAC, quindi il suo avversario sarebbe stato meno manovrabile.

Visto che il sistema di rilevazione del nemico sembrava impiegare del tempo ad acquisire il bersaglio, doveva approfittarne per un altro attacco, tanto più che anche quel beam rifle dalla straordinaria potenza pareva richiedere un certo periodo di ricarica.... che sicuramente prima o poi avrebbe gravato sul reattore nucleare, per quanto potente fosse.

Il Gelgoog si sistemò nuovamente tra un paio di grosse rocce e fece fuoco, per poi schizzare subito via.

***

Fonte di calore in aumento…

Stavolta, il raggio del Gelgoog colpì il braccio sinistro del Blossom, staccandolo appena sotto la spalla.

‘È finita’, pensò David. Il nemico era decisamente più veloce di lui nella ricarica ed era anche più esperto. Inoltre, evidentemente poteva vederlo.

Il beam rifle a lunga gittata avrebbe necessitato ancora qualche istante per poter sparare nuovamente. E, senza i vettori di spinta sul braccio e sulla gamba, il GP00 non si sarebbe potuto muovere granché.

Non c’era altro da fare…

E il pilota nemico doveva saperlo.

David era convinto che quelli fossero i suoi ultimi pensieri.

Mentre pensava alla morte che strisciava velocemente verso di lui, fu colto da un’angoscia insopprimibile.

Cominciò a tremare.

La morte?

Eppure…

Perché questa sensazione non gli era nuova?

***

David era inginocchiato a terra in una stanza buia.

C’era solo uno schermo televisivo a rischiarare le tenebre, permettendo di vedere un letto contro una parete e una scrivania contro quella opposta.

Sopra David incombeva suo padre, il volto nascosto dalle ombre.

"Gli esseri umani sono tanto stupidi", commentò l’uomo. "Non riescono a rendersi conto del valore di ciò che hanno. A volte inseguono sogni impossibili senza capire di avere già a portata di mano quanto bramano, per poi rendersi conto della sua importanza solo quando lo perdono".

L’uomo fece qualche passo avanti.

Fu in quel momento che David si accorse di indossare una gonna.

"Papà…", disse con voce femminile.

"Il problema delle persone è che non vedono la realtà", continuò il padre. Tu in questo momento hai tutto… Hai un ragazzo che ti ama, frequenti una scuola che ti piace, hai degli amici ai quali sei affezionata… A tutti gli effetti, puoi definirti felice. E io non voglio che tu perda questa felicità. Io voglio cristallizzare in un momento eterno questo attimo, perché è il migliore della tua vita. D’ora in poi, tu esisterai solo in funzione di questo singolo momento. Anzi, tu sarai questo momento".

Fu allora che David si rese conto che stava succedendo qualcosa di ancora più strano di quanto fosse accaduto fino a quel momento.

La sua voce naturale sembrò sovrapporsi a quella femminile che aveva avuto un attimo prima: "Ti stai sbagliando! Anche se ora sono felice, la mia felicità non potrà certo durare illudendomi che la situazione in cui mi trovo sia eterna! L’unico modo in cui potrò essere felice anche in futuro è inseguire quanto voglio veramente, anche a costo di soffrire per delle rinunce!".

"Che assurdità! Le aspettative sono fatte per essere deluse! Se non approfitti subito dei tuoi momenti di felicità, non torneranno mai!".

"Niente può tornare, perché il passato è finito. Ma vivere il presente non significa adagiarsi sulla propria felicità, perché ciò comporta anche accettare passivamente il dolore che questo può portare! Io voglio capire cosa fare della mia vita vivendo giorno per giorno consapevole di quello che mi succede!".

"Ancora non riesco a credere che tu sia mia figlia… Parli di cose assurde come un concetto idealistico di felicità, dimenticando che siamo solo animali! La felicità e l’infelicità non sono altro che differenze negli equilibri delle sostanze chimiche prodotte dal cervello. Non ci sono nobili emozioni che elevano l’essere umano, siamo solo organismi che funzionano meccanicamente!".

A questo punto, David si era trovato disorientato. Non aveva saputo cosa rispondere.

E invece, la sua voce femminile aveva replicato: "E che importa? Possiamo anche essere creature insignificanti di fronte all’immensità del cosmo… Ma quello che pensiamo e quello che proviamo è tutto ciò che abbiamo, è tutto ciò che siamo. È assurdo valutare la nostra vita con parametri che le sono superiori: dobbiamo vivere in funzione di ciò che possiamo percepire e giudicare! Io so che adesso ho delle cose preziose che voglio proteggere…".

Il padre di David si era fermato per un attimo.

Poi, aveva cominciato ad avanzare verso di lui (o lei?).

"Non ti ho insegnato io a fare ragionamenti del genere", disse. "Non solo ti regalerò l’eternità, ma sarà anche un’eternità di gioia senza fine! E te la regalerò perché nessuno ti ama più di me!".

Il padre avanzò ancora.

E ancora.

E ancora.

Protese le proprie mani verso il collo di David.

E lui vide il suo volto, illuminato dalla luce del televisore.

Era il professor Kemp.

***

David tornò in sé appena in tempo per vedere le indicazioni sul monitor.

Fonte di calore in aumento: le indicazioni dell’MPIWS erano chiare.

Era ovvio che il pilota del Gelgoog avrebbe cercato di sparargli a quel punto, quando fosse stato convinto di non poterlo più mancare.

All’improvviso, David ebbe l’impressione che qualcosa gli risuonasse in testa.

Era strano.

Era come sentire una voce lontana, eppure familiare.

Era come se avesse già ascoltato molte volte questa voce.

"Il nostro nemico ci sta sparando", disse la voce. "Ormai ci ha già puntati, e, se dovessimo spostarci, potrebbe seguirci e provarci ancora in un secondo momento. E il nostro tempo di ricarica è più lungo del suo, quindi lui sarebbe in vantaggio. Bisogna approfittare del fatto che crede di poterci abbattere adesso".

Certo, era così.

David trovò quella considerazione pienamente logica.

Ma…

Chi era stato a farla?

"Ora farò qualcosa che ci permetterà di vincere questo combattimento", riprese la voce, "Però, poi non potremo più vederci. Quando avrò sganciato la parte superiore del mobile suit, i dati della mia personalità resteranno in essa, perché lì c’è il blocco in cui sono stati inseriti, che non ha trovato spazio nel Core Booster. In altre parole, cesserò definitivamente di esistere. Volevo solo ringraziarti. Tu mi hai permesso di vivere un po’ del tuo presente, condividendo con me qualcosa che altrimenti non avrei mai potuto avere. Io sono stata creata per essere la felicità eterna nel presente, ma la verità è che non sono altro che una patetica fossilizzazione del passato. La felicità non può essere una condanna a vivere sempre gli stessi eventi e a compiere sempre le stesse azioni. Tu mi hai permesso di capire ciò che avevo quasi dimenticato, donandomi un presente. Quindi, ora è giusto che io regali il mio presente a te. Addio, David. Grazie".

David spalancò gli occhi, da cui cominciarono a scendere lacrime senza che nemmeno se ne accorgesse: "No!", gridò con decisione, pur non avendo bene idea del perché.

Il beam rifle a lunga gittata era al massimo dell’energia.

La leva d’emergenza si spostò da sola.

Il Blossom si separò.

Le gambe si staccarono dall’addome.

Il torace e le spalle si separarono dal torso, venendo centrati in pieno dal raggio ed esplodendo in una nube rosa.

Nel frattempo, l’addome del Gundam cambiò rapidamente forma, assumendo quella di un caccia, un Core Booster.

Sul suo fianco destro, il beam rifle a lunga gittata.

Qualcosa, forse un residuo della presenza che era stata all’interno del GP00, impresse una potente accelerazione al Core Booster, che schizzò lontano dall’esplosione.

Il beam rifle a lunga gittata aveva un colpo in canna.

Fece fuoco.

***

Quando Colin vide il colpo del beam rifle che gli arrivava addosso, la sua prima reazione fu sorridere.

Era quella la luce che stava cercando da anni…

La luce che aveva visto quando la cannonata del Salamis lo aveva colpito…

La luce che aveva rischiato di ucciderlo…

La luce che lo aveva fatto rinascere, dandogli finalmente qualcosa per cui vivere…

La luce che ora lo stava inghiottendo…

In quegli istanti, Colin pensò che non era vero quello che si diceva.

Non era vero che, al momento di morire, tutta la vita ti passava davanti agli occhi come un film.

In quel preciso istante, Colin ricordò solo qualche episodio sparso.

Vide i suoi genitori che gli dicevano di scegliersi la sua vita.

Vide sua sorella che se ne andava per seguire la propria strada.

Vide se stesso cadetto all’accademia militare senza sapere nemmeno perché.

E la felicità per avere trovato la luce divenne amarezza.

Si rese conto di non avere mai fatto quello che aveva voluto.

Gli avevano detto "Fai ciò che vuoi", ma non gli avevano dato modo di scegliere consapevolmente.

Fino a quella battaglia fatale, quella in cui aveva visto la luce per la prima volta, si era solo trascinato sull’impulso del momento.

Quando poi la consapevolezza di qualcosa di enorme come la morte lo aveva colpito, vi era rimasto legato indissolubilmente, senza riuscire più a staccarsene.

Vissuto sempre senza punti di riferimento, aveva afferrato disperatamente il primo che aveva trovato, restandovi morbosamente legato.

Aveva condotto i suoi ultimi anni di vita in un vortice insensato di ossessione, dimentico di tutto il resto, inconsapevole di quello che possedeva o avrebbe potuto possedere.

Sorrise nuovamente, stavolta di un sorriso amaro, che gli ricordò la sua stupidità.

Poi, la luce divenne buio.

***

David aveva capito.

Non con precisione, ma aveva capito.

Aveva capito di avere perso il proprio presente, o almeno una parte di esso.

Qualcosa che aveva sempre creduto essere reale gli era crollato addosso in un attimo.

Non riuscì a trattenere le lacrime, mentre la sua mano passava lentamente sulla console del Core Booster.

Quei freddi comandi sembravano contrastare violentemente con il caldo opprimente che sentiva nel casco della normal suit.

Lo spazio attorno al velivolo, reso meno vuoto dalla gigantesca sagoma della colonia, pareva volerlo inghiottire in un’oscurità deprimente e senza uscita.

Perché era dovuta andare così?

Era davvero impossibile trovare un senso a quello che si faceva?

E lui?

Cosa aveva veramente?

***

L’ampia sala era avvolta nell’oscurità.

Ma non era difficile immaginare che si trattasse di un luogo abitualmente deputato alle riunioni: era completamente occupato da un enorme tavolo rotondo, a un lato del quale c’era un grande schermo.

La sua tenue luce biancastra costituiva l’unica fonte di illuminazione.

Contro di essa, si stagliava la figura del generale Erwyn.

Con i suoi quarantadue anni, era uno dei più giovani generali dell’Esercito della Federazione Terrestre, e lo era stato fin dai tempi della Guerra di Un Anno.

Più che un generale che guidasse i suoi uomini dalle retrovie, però, aveva l’aspetto di un guerriero che combattesse in prima linea.

Alto, ben piantato, dal portamento eretto.

I suoi ordinati capelli castani, accuratamente pettinati all’indietro, contribuivano a dare un aspetto ancor più ordinato alla sua mandibola, quadrata e perfettamente rasata.

Dalla parte opposta del tavolo, seduto, con il mento appoggiato sui dorsi delle mani e i gomiti sul tavolo stesso, c’era Kemp.

"Che peccato, eh?", disse Erwyn rivolto verso lo schermo, come a osservare qualcosa che solo lui poteva vedere.

Nessuna risposta.

Erwyn riprese: "Sai, Kemp, sto cominciando a pensare che volerti a tutti i costi al mio fianco non sia stata una grande idea. Negli ultimi anni, sei stato una delusione dopo l’altra. Non hai fatto altro che spendere i soldi dell’Esercito per giocare con le tue cazzate. Cosa dovrei raccontare al comando?".

"Non saprei", disse lo scienziato. "Prova a dire loro che ti sei sbagliato".

Il generale si girò e poggiò i palmi delle mani sul tavolo: "Mi hai fatto rischiare grosso, sai? Ho rotto le palle a un bel po’ di gente per darti quei test che mi avevi chiesto e per crearti una situazione favorevole. Ho speso un sacco di soldi per le spie che hanno avvisato gli zeoniani della vostra presenza sul posto e ho dovuto promettere investimenti futuri al direttore O’Sullivan perché non mandasse sull’Utrecht degli ingegneri della Anaheim e si facesse bastare il contentino di quella studentessa. Per non parlare del tempo che hai impiegato per cancellare dal GP00 il sistema operativo originario e metterci il tuo. Mi sono davvero messo quasi con le spalle al muro. Però ci è andata di culo, a tutti e due. Perché il Progetto di Sviluppo Gundam era competenza di Kowen e nessuno sa che io ti ci ho fatto infilare per sperimentare il tuo sistema operativo del cazzo. Dopo tutto il casino che è successo con la testata nucleare del GP02, probabilmente i dati verranno cancellati dalle cronache… Le armi atomiche sono vietate dalla Pace di Granada, dopotutto".

"E tu cosa hai intenzione di fare?".

"Io? Oh, ma mi pare chiaro, salterò sul carro del vincitore. La caduta di Island Ease darà il via a nuovi movimenti anticoloniali… Sai che quello stronzo di Jamitov ha già proposto al comando di fondare una polizia militare appositamente per prevenire altre ribellioni di spacenoid? Ovviamente, lo sosterrò, anche se è chiaro che lui e i suoi leccapiedi vogliono semplicemente tirare acqua al proprio mulino. In fin dei conti, anche se la Flotta Delaz non costituisce più un problema, esistono altri reduci di Zeon che non sanno arrendersi, e la fobia di una nuova guerra farà sicuramente presa sulle masse. Ma, fossi in te, io mi preoccuperei di me stesso".

"Oh, dici?".

"Dico, dico… Perché, vedi, credo che tu sia appena diventato un disoccupato". Erwyn alzò le mani dal tavolo per puntare un dito verso il suo interlocutore. "Ti sia di consolazione sapere che i dati del tuo Alice sono stati recuperati. Nessuno era a conoscenza della loro esistenza, quindi sono riuscito a far riprendere quanto ne restava senza che venissero cancellati. Il progetto proseguirà, anche senza le tue puttanate esistenziali".

Kemp sogghignò: "Allora hai deciso di uccidermi? Perché dubito che tu voglia lasciare libero un disoccupato che conosce tanti segreti militari…".

"Ucciderti? E perché? Sarebbe complicato e attirerebbe l’attenzione. Magari qualcuno potrebbe chiedersi cosa ci facessi tu sull’Utrecht nonostante non ti ci avesse messo Kowen. Esiste un sistema molto più efficace per toglierti di mezzo… Ti rimando dove dovresti stare. E, soprattutto, dove nessuno sarebbe disposto a credere ai tuoi deliri".

Kemp balzò in piedi: "Come sarebbe a dire? Vuoi rimandarmi in manicomio? Vuoi farmi passare nuovamente per pazzo?".

"Kemp, fattene una ragione: tu SEI pazzo. Chi, se non un pazzo, ucciderebbe la propria figlia per trasferirne gli schemi mentali in un computer? Divertiti, amico".

Il professore si sedette di nuovo, stavolta con il suo tipico sogghigno stampato in faccia: "Ma sì, torniamo pure in manicomio. Non si stava tanto male, alla fine. E ho l’impressione che io ne uscirò prima che tu possa goderti i frutti della nuova manovra che stai preparando".

***

"Alice?", chiese la professoressa Meis Roots quando i progetti del sistema operativo le arrivarono sulla scrivania.

Attorno a lei, le altre cinque persone che avrebbero composto lo staff tecnico.

"Dicono sia un progetto cominciato durante la scorsa guerra", la informò uno di loro. "Pare serva per ottenere dei mobile suit senza pilota, che si guidano da soli con una sofisticata intelligenza artificiale, capace di avanzati ragionamenti indipendenti".

"Alice", ripeté Meis Roots. "Ma perché l’hanno chiamato così?".

"Non saprei", rispose un altro tecnico. "Però direi che possiamo anche tenere il nome, no? In fondo, non è male".

"È troppo poco formale", considerò un altro ancora. "Dovremmo dargliene uno che rifletta le sue caratteristiche".

"E se ne facessimo un acronimo?", propose la professoressa. "ALICE, ovvero Advanced Logistic & Inconsequence Cognizing Equipment. Mi pare buono, no?".

"Sì, non è male…".

"Bene, allora vada per ALICE. Mettiamoci al lavoro: se ho capito bene ciò che è contenuto in questi dati, la ricerca ci prenderà degli anni".

***

Colin Raimondi prese la mira e fece fuoco.

Non si fermò a guardare la luce.

Non gli importava più, ormai.

Erano passati quasi undici anni da quando il suo Gelgoog era stato centrato dal raggio sparato da quel Gundam.

E lui, già miracolato una volta, era stato nuovamente graziato dal destino.

Il colpo non aveva toccato il reattore nucleare e lui era stato raccolto da dei compagni.

Adesso faceva parte delle armate di Neo Zeon, che avevano appena perso il loro leader, la Cometa Rossa.

Per Colin, però, questo non era un grosso problema.

In realtà, non aveva mai creduto negli ideali che avevano radunato i soldati di Char Aznable, non gli era mai importato di quanto corrotto fosse il governo della Federazione.

L’unico motivo per cui si era rifugiato su Axis dopo la sconfitta della Flotta Delaz, per poi unirsi al secondo Neo Zeon in seguito alla morte di Haman Karn, era stato quello che lo aveva sempre spinto: trovare un presente.

Era sempre stato così.

Aveva sempre avuto difficoltà a capire quello che gli accadeva intorno, troppo impegnato a cercare un supporto esterno per crearsene uno dentro di sé.

Arrivato a trentaquattro anni, aveva deciso che non valeva la pena di pensare a queste cose.

A che serviva cercare qualcosa di importante? In fin dei conti, era solo un ragionamento da adolescente complessato.

Era più importante maturare dentro, no?

A dire la verità, Colin non ne era poi così sicuro.

Più che altro, cercava di non pensarci.

Ogni volta che usciva per una missione, Colin pensava che qualcosa sarebbe successo.

Forse.

Cioè, la vita non poteva andare avanti in eterno senza che accadesse niente.

Dopotutto, ora era stato messo a capo di una squadra (anche se, proprio come quando gli avevano affidato un Gelgoog, sospettava che questo fosse dipeso più che altro dalla mancanza di personale) e pilotava una variante a basso costo del famoso Sazabi di Char Aznable.

All’inizio dell’UC 0094, la Federazione Terrestre stava ancora cercando di liberarsi di quei reduci di Neo Zeon che la tormentavano, e Colin era uno di loro.

Mentre sparava contro i Jegan federali, mentre evitava le loro raffiche, mentre pilotava il suo Sazabi attraverso il cosmo, lo sfiorò il pensiero di essere sempre stato un tormento, per tutti.

Aveva fatto preoccupare la sua famiglia quando aveva deciso di arruolarsi?

Non se ne era mai curato.

Non sapeva nemmeno che fine avesse fatto sua sorella.

Forse era tornato al tempo in cui viveva solo per il momento, in cui si lasciava trascinare dagli eventi.

Cosa aveva fatto della sua vita?

Aveva veramente dato il giusto valore al presente?

O si era forse limitato a usare la propria volontà di vivere in cerca di qualcosa come una scusa per non assumersi delle responsabilità?

Volteggiò tra i nemici, voltandosi rapidamente e abbattendone due.

Poi, sopra di lui apparve qualcosa.

Un Gundam.

Quel mobile suit era senza dubbio un Gundam.

Quelle strutture simili ad ali che aveva sulla schiena lasciavano partire delle derive che vomitavano raggi in continuazione.

Una delle derive arrivò proprio davanti al Sazabi di Colin e fece fuoco.

Per la terza volta, lui vide la luce che gli veniva incontro.

Sorrise.

***

Note dell’autore

No, la discussione sulle fanfiction tra David e Fred non ha un significato particolare. Il mio intento era semplicemente introdurre quei personaggi tramite uno scambio di battute e ho pensato che l’argomento avrebbe fatto drizzare le orecchie a chi frequenta un sito di fanfiction. Diciamo che volevo vedere la reazione, anche se non è mia abitudine scrivere in funzione di quei due o tre che mi leggono. Tengo a precisare che non è mia intenzione criticare chi scrive fanfiction che poco o nulla hanno a che vedere con il materiale originale: ognuno è libero di fare quello che vuole. Anche perché, alla fin fine, io non sono certo uno di quegli autori che si inseriscono nel filone della fedeltà all’ispiratore a tutti i costi: è vero che mi documento (essenzialmente per scrivere qualcosa che sia coerente con la realtà nella quale si svolge la storia), ma è anche vero che altero deliberatamente degli elementi di ambientazione, se ne ho la necessità (vedere l’RX-78-7, tanto per fare un esempio). Nonostante questa mia abitudine, comunque, non ritengo opportuno definire le mie storie come degli AU: le modifiche da me apportate sono di portata sensibilmente inferiore a quelle introdotte in passato da materiale ufficiale della Sunrise (Stardust Memory e The 08th MS Team, per citare un paio di casi). Insomma, se uscisse una serie animata con il soggetto di Gundam D, i fan vedrebbero senza dubbio queste alterazioni come ordinaria amministrazione. Tra l’altro, più cerco di infiltrarmi nel fandom giapponese di Gundam (e qui devo ringraziare un baldo compagno di merende ostiense che mi fa da traduttore simultaneo via MSN Messenger… ah, io abito nella Pianura Padana, per la cronaca), più mi convinco che ai nipponici importi ben poco di stabilire una continuity fissata a definitiva. Sarebbero capacissimi di inserire tra le opere canoniche anche Moon Crisis e della validità ‘storica’ di alcune produzioni (come Counterattack of Gigantis; a proposito, guardatevi Ideon, è un capolavoro) non sembrano molto certi neanche loro. O forse non se ne curano affatto. Anzi, sono sempre più convinto che sia così: il canone in Gundam non esiste. Gundam è una scatola di Lego: i pezzi sono quelli, ma ciascuno li monta come vuole. Di conseguenza, qualsiasi considerazione sul canon io abbia fatto in passato, perde valore alla luce di questo fatto (no, non ho voglia di andarmi a correggere tutto quello che ho già scritto alla luce della mia nuova presa di coscienza, quindi fate voi e attaccatevi). Ah, che bello cambiare idea.

Ma parliamo d’altro. Parliamo un po’ di questo Gundam D, che si evolve, cresce, prolifera e vive di vita propria, almeno credo. Il che era completamente imprevisto. Se siete di quei lettori che hanno cominciato dal capitolo 1 e adesso sono passati direttamente all’1.5, ci sono delle cose che dovete sapere. Gundam D era nato come racconto one shot (originariamente intitolata Una Storia di Guerra Qualsiasi) e l’avevo pensato come una parte di un altro progetto, nel quale voglio calarmi seriamente solo quando e se avrò le idee più chiare di ora (leggi: quando avrò scritto una sceneggiatura che riterrò sufficientemente organica). Poi, così, mi venne in mente il capitolo 2 (che, a dire la verità, avevo già abbastanza chiaro al momento di stendere il primo… solo che non sapevo se mi sarebbe venuta voglia di scriverlo). Di conseguenza, questo capitolo 1.5 è in realtà il terzo (il quarto, se contiamo anche l’intermezzo su Keroro Gunso). D’altra parte, Stardust Memory è uscito dopo Z Gundam, no? Con quest’ultimo aggiornamento, ho inserito anche un capitolo 3 e, benché io consideri attualmente la storia conclusa, non è escluso che possa un giorno o l’altro aggiungerne uno ulteriore… anzi, ho già scritto le schede tecniche di diversi mobile suit che vi dovrebbero comparire (la versione delle D-MSV che ho sul mio HD è ben più ampia di quella pubblicata qui). Ma, ancora, non so se mi verrà mai voglia di realizzarlo effettivamente, quindi preferisco non promettere alcunché. La sostanza di tutto questo discorso, che si sta perdendo nella mia allucinante logorrea, è che Gundam D mi è sfuggito di mano. È diventato una specie di saga parallela dell’UC, quello che è successo dietro le quinte degli eventi descritti nelle serie animate, la cronaca di quei personaggi che non sono diventati eroi. Il che mi piace. Non che io ritenga di avere ottenuto un risultato particolarmente buono con la storia: quello che mi piace è l’idea di parlare di questo tipo di personaggi, le cui azioni non hanno fatto la Storia, ma sono state importanti per loro stessi e per la loro crescita. Un elemento, in fin dei conti, già presente in Gundam: uno dei motivi per cui sono un fissato di questo universo è la potente dialettica di Tomino, che si sviluppa proprio attraverso i suoi personaggi. Ma è anche vero che Amuro, Kamille, Judau, Seabook e Uso sono fondamentali per la risoluzione dei conflitti a cui partecipano. Dolores e David sono due soldati qualsiasi, invece (da cui il primo titolo di questa storia). In realtà, esiste un’orda di manga e videogiochi basati su concetti simili e sono convinto che anche le fanfiction straniere esplorino spesso queste possibilità (eh, però non le leggo). Di fatto, è una delle scelte più facili, quando si vuole scrivere di Gundam (ma anche in questo mi contraddico, perché, se mai butterò giù il nuovo capitolo… ebbene, lì probabilmente il protagonista sarà fondamentale per il conflitto). E poi, c’è un’altra cosa che mi piace ancora di più: il fatto che la storia si dipani attraverso i momenti cardine dell’UC. Si può dire che presenti una visione personale sui conflitti più famosi della saga, e questo è uno dei motivi per cui mi piacerebbe espanderla (forse questa fissa mi è venuta dopo avere giocato a Climax UC, boh… tra l’altro, di Climax UC è stato pubblicato anche un manga, del quale però sono riuscito a trovare molto poco).

***

Forse adesso cominciamo a parlare di cose (quasi) serie

Oh, dopo questo mucchio di allucinanti minchiate dalle pretese semi-autoriali, posso anche concentrarmi sui retroscena della storia di per sé, che probabilmente è quanto interesserà maggiormente a chi ha gradito questo scritto. Al solito, i miei racconti di Gundam sono palesemente scritti da un fissato e avrebbero altri fissati come pubblico ideale. Potreste anche dirmi che sto sfondando una porta aperta e che questa è una caratteristica comune a tutte le fanfiction, ma, parlando di Kido Senshi Gundam, acquisisce un significato tutto suo particolare. Chi si interessa a Gundam nel mondo occidentale, infatti, tende a prendere come punti di riferimento certi siti americani rinomati e ben noti, che non starò qui a elencare, ma che, confrontati con fonti giapponesi, si rivelano essere largamente incompleti e, in discreta misura, inesatti. Per assurdo, leggere il manuale di un gunpla può dare più informazioni che spulciarsi diecimila webpage americane (sapete che, contrariamente a quanto scrive un famoso e apprezzato sito statunitense dall’acronimo di quattro lettere, non c’è MEZZA fonte giapponese secondo cui i tre prototipi di Z Gundam sarebbero trasformabili?). Ma non è nemmeno questo il punto. Il punto è che, nelle mie storie, ci sono riferimenti a roba quasi sconosciuta in Italia. Nel mio piccolo, posso dire di avere contribuito a far conoscere nel nostro Paese Gundam Sentinel, passando la mia traduzione a www.universalcentury.it, che adesso la sta pubblicando (sì, so bene che la qualità del testo è infima… è che inizialmente non pensavo di farla pubblicare da qualche parte – dovrebbe esserci un riferimento a questo fatto nelle note al secondo capitolo – e quindi mi sono preoccupato solo di capire cosa stesse succedendo, senza curarmi della forma… e la revisione altrui non ha migliorato granché in questo senso, visto che ha corretto degli errori e ne ha aggiunti altri). E non avete idea di quanta disinformazione circoli su questa storia… Pare che lo sport principale di chi ne parla in rete sia dare per morti dei personaggi che in realtà arrivano tutti interi fino alla fine, per non citare la marea di inesattezze sui mobile suit correlati che mi è capitato di leggere. Ma c’è molto altro che andrebbe conosciuto. Per esempio, la cronologia della Guerra di Un Anno pubblicata su di un vecchissimo RPG Magazine, in cui vengono riportate numerose operazioni militari del periodo, per lo più ispirate a quelle omonime della Seconda Guerra Mondiale. Curiosamente, tra di esse non c’è un corrispettivo dello sbarco in Normandia, quindi ce l’ho messo io. Anche la mia versione dello sbarco in Normandia è blandamente ispirata a quella reale (nonostante la descrizione sia per forza di cose stringata: mi premeva fornire un elemento di ambientazione che era nel background di alcuni personaggi, non una accurata cronaca militare). Tra l’altro, secondo i libri delle MSV, l’RGM-79F (alias Land Combat Type GM; so benissimo che il nuovo Mobile Suit Illustrated 2006 lo chiama GM Ground Type, ma preferisco usare il vecchio nome per evitare confusione con l’RGM-79[G]) sarebbe stato usato prevalentemente in Europa, ma non viene specificato come. L’ho fatto io. Gli RGM-79F ottimizzati per combattere in zone desertiche a cui mi riferisco sono gli RGM-79F Desert GM. È curioso notare come il numero di serie di quest’ultimo modello sia stato indicato per più di venticinque anni in RGM-79SP, nonostante lo si fosse sempre descritto come una variante dell’RGM-79F. Con il libro Mobile Suit Illustrated 2006, il numero di serie del Desert GM è stato cambiato in RGM-79F, il che mi pare più sensato (RGM-79SP è anche la designazione del GM Sniper II). A dire il vero, nel videogioco Spirits of Zeon, anche quello che un tempo veniva chiamato RGM-79[G] ha avuto RGM-79F come nuovo numero di serie... Pare che alla Sunrise abbiano radunato sotto quel codice tutti i GM a uso terrestre.

Ah, il Gundam che Colin vede alla fine della storia è ovviamente l’Hi-n Gundam e la battaglia alla quale partecipa è la stessa che c’è alla fine del primo capitolo.

Il monoeye del Gelgoog Jaeger è effettivamente una versione migliorata rispetto a quelli montati sugli altri mobile suit della serie MS-14, almeno secondo quanto afferma il manuale del modellino HGUC corrispondente.

Sempre a proposito di Gundam Sentinel, la Meis Roots che compare alla fine della storia è ovviamente la madre di Ryuu Roots. Così come dovrebbe essere chiaro che Alice è il prototipo di ALICE (chi ha letto Gundam Sentinel, però, saprà che i due sistemi, pur condividendo una premessa simile, sono molto diversi). A proposito di Gundam Sentinel, state un po’ a sentire qua… Se volete leggervi con calma la storia, aspettate che il sito di cui sopra finisca di pubblicarla e passate al prossimo capoverso; se invece volete uno spoiler mostruoso, proseguite pure. Allora, il Gundam principale di Sentinel si chiama S Gundam (dove la S, contrariamente a quanto i più frettolosi avranno pensato, non sta per ‘Sentinel’, ma per ‘Superior’) e monta, per l’appunto, il sistema ALICE di cui sopra. Come il mio Alice, anche l’ALICE in questione si basa sul trasferimento della personalità di un individuo (che però non muore) nel sistema operativo di una macchina. Individuo che è proprio la Meis Roots della quale ho scritto anch’io. E il pilota del S Gundam è Ryuu Roots. Nel corso della storia, ALICE salva in un paio di occasioni il pilota, prendendo decisioni autonomamente e permettendogli, tra l’altro, di sconfiggere il Gundam Mark V. Allora, abbiamo questo robottone che contiene la personalità della madre del pilota e che si muove da solo. Ricorda qualcosa? Qualcosa di grosso e viola? Eh, già, se non fosse che Gundam Sentinel è stato raccolto in volume nel 1989 e la pubblicazione su rivista è ancora precedente. Quindi non è stato Takahashi a copiare, ma qualcun altro… Tanto per cambiare, eh… Mi rendo conto che la spiegazione che Alice dà della propria fine è piuttosto debole. Cioè, Kemp si sbatte per creare un sistema operativo del genere e poi non lo mette nel Core Booster? A dirla così, sembra quasi che VOLESSE perderlo. Il fatto è che succede una cosa simile anche in Gundam Sentinel: ALICE diventa un comune computer imparante nel momento in cui i moduli centrali del S Gundam si separano. Lì si vuole sottolineare il fatto che si sia sacrificato per salvare i piloti e compiere la missione… Qui anche.

Sicuramente qualcuno avrà già sentito parlare del Blossom, perché non è un’invenzione mia. Trovate tutte le delucidazioni del caso nelle D-MSV in coda alla fanfiction, qui vorrei solo precisare che la sessione di test in cui l’Utrecht ha incontrato per la prima volta gli zeoniani è stata preceduta da un paio di altre. La cosa era deducibile dal fatto che Alice aveva già cominciato a insinuarsi nella mente di David, ma giusto per chiarirlo… Naturalmente, a Juburo qualcuno sapeva del Giardino di Spine, ed è proprio per questo che Side 5 era stato scelto come zona delle esercitazioni. Lo paleserò nella cronologia in appendice a questa storia, ma gli eventi si svolgono poco prima dell’inizio di Stardust Memory, quindi la Flotta Delaz è in grande fermento in preparazione all’Operazione Polvere di Stelle.

Come nota di colore, aggiungo che la battuta che risuona durante la battaglia di A Baoa Qu ("La catena di comando è irrimediabilmente compromessa. Tutte le navi che hanno partecipato alla battaglia cessino immediatamente qualsiasi attività bellica. Agite a vostro giudizio") è la stessa comunicazione che si sente, nella medesima circostanza, nel terzo episodio di MS IGLOO – Apocalypse 0079. Dicevo che scrivo roba da fissati, no?

Sempre in tema di discorsi da fissati, vorrei portare l’attenzione sul punto in cui Erwyn (sì, lo stesso che ha diretto l’Operazione Tristan, quindi è stato superiore anche di Dolores) dice che le armi atomiche sono vietate dalla Pace di Granada. Forse avrei dovuto citare il Trattato del Polo Sud, ma le fonti sono contraddittorie in tal senso. Dopo essermi spulciato un bel po’ di materiale ufficiale giapponese, non sono riuscito ad arrivare a una conclusione certa sul dilemma che potrebbe cambiare questa battuta. Dilemma riassumibile con la domanda "Il Trattato del Polo Sud valeva solo per il periodo della Guerra di Un Anno o è rimasto in effetto anche dopo?". OK, non citatemi Ecole du Ciel, vi ho già detto che ho consultato diverse fonti. E, a giudicare dagli Historica e dalle Entertainment Bible, pare proprio che fosse un trattato valido solo in tempo di guerra… Il problema è che sembra non ne siano sicuri nemmeno diversi autori giapponesi, che lo tirano in ballo in più occasioni come se fosse in vigore anche dopo. In pratica, credo sia una di quelle cose che non sanno bene neanche alla Sunrise. Al che, per essere sicuro di non sbagliare, ho preferito citare la Pace di Granada. Anche quella proibisce le armi nucleari, in fin dei conti.

***

Le solite, inevitabili puttanate sui personaggi

Ecco una delle parti più ricche di pippe mentali di tutto Gundam D, ovvero l’analisi dei personaggi che vi compaiono.

David Jensen

Data di nascita: 9 febbraio UC 0065

Luogo di nascita: Germania, Terra

Altezza: 178 cm.

Peso: 67 Kg.

Misure: 87/85/87

Pilota di: RX-78GP00 Gundam "Blossom"

Residenza: Berlino, Germania

Gli piace: non se lo ricorda con esattezza, è troppo confuso

Non gli piace: come sopra

Cibo preferito: come sopra

Famiglia: il padre, Henry Jensen, è un parlamentare del Governo Federale; la madre, Stephanie Jensen, lavora come manager di banca

Che bizzarro personaggio. Ho pensato a David come a un ragazzo che non aveva mai avuto una vita ‘normale’ e quindi la desiderava ardentemente, al punto di sostituire i propri ricordi con quelli di Alice. In un certo senso, quello che fa David è una negazione della propria realtà perché non gli piace. Non avendo mai avuto degli amici a causa del guscio protettivo in cui i suoi genitori lo hanno avvolto, ha sempre sofferto molto la solitudine. In realtà, Kemp lo aveva indicato come il pilota ideale dopo avere letto il suo profilo proprio perché pensava che il suo background fosse particolarmente adatto. Ah, naturalmente serviva un adolescente perché avrebbe avuto una personalità ancora in fase di formazione.

Colin Raimondi

Data di nascita: 16 marzo UC 0060

Luogo di nascita: Side 3

Altezza: 176 cm.

Peso: 66 Kg.

Misure: 86/83/83

Pilota di: MS-06C Zack II Early Type; MS-06F Zack II; MS-14Jg/S Gelgoog Colin Raimondi Custom; AMS-04 Sazabi Mass Production Type

Residenza: vive su di una nave della Flotta Delaz

Gli piace: la luce, ma solo quella che cerca lui (anche se non si è ancora deciso)

Non gli piace: dice che non gli piace l’indecisione, ma non si rende conto che è anche un suo difetto

Cibo preferito: wurstel

Famiglia: fondamentalmente, se ne frega. I suoi genitori vivono su Side 3 e stanno bene, ma lui non lo sa; sua sorella è Patrizia Raimondi

Penso che Colin sia una persona che può essere definita con il termine ‘paura’. È l’emozione predominante in lui. Ha paura di guardarsi attorno, ha paura di avere rapporti con gli altri, ha paura di affrontare il mondo, in pratica. È per questo che si aggrappa a un appiglio stupido come può essere l’illusione della morte esemplificata dalla luce che gli arriva addosso. Forse è cresciuto così perché, contrariamente a David, ha avuto troppo supporto, da tutto e da tutti, e questo gli ha impedito di imparare a camminare sulle proprie gambe. Ha ingigantito il problema del non sapere cosa fare della propria vita al punto di finalizzarla a qualcosa di futile solo perché aveva bisogno di uno scopo. Probabilmente, Colin è impegnato in una ricerca interiore che non finirà mai. Sarà morto alla fine de racconto? E chi lo sa? Ah, ovviamente, Patrizia è sua sorella. No, non pensavo di creare una situazione conflittuale tra fratelli, tant’è che nessuno dei due si rende mai conto che l’altro è tra i suoi nemici. Diciamo che è solo una nota di colore che volevo buttare lì.

Gerard Kemp

Data di nascita: 20 aprile UC 0026

Luogo di nascita: Terra

Altezza: 188 cm.

Peso: 79 Kg.

Misure: 92/90/91

Pilota di: -

Residenza: faceva parte di una delle ondate di migrazione che si trasferirono su Side 3, ma ora non ha una residenza fissa; Erwyn lo spedisce di volta in volta dove gli serve

Gli piace: pensare a questioni esistenziali mentre lavora ai suoi computer

Non gli piace: che qualcuno gli faccia notare l’inutilità delle sue elucubrazioni

Cibo preferito: insalata condita con poco olio (ma mangia sempre un sacco di schifezze)

Famiglia: i suoi genitori sono morti da un pezzo; ha ucciso sia la moglie che la figlia per sperimentare i suoi sistemi operativi (ma più che altro per proseguire la sua ricerca sulla felicità eterna)

Credo che la fonte di ispirazione di questo personaggio sia il professor Saotome di Getter Robot – The Last Day. Però Kemp è DAVVERO pazzo. Cosa lo ha fatto diventare così? Boh, non saprei… Forse lo è sempre stato. A modo suo, è una persona sincera e capace di dedicarsi totalmente a coloro che gli stanno a cuore. Ma, come Colin, anche lui ha troppa paura del mondo per vedere la realtà. È eccessivamente preso dalle sue elucubrazioni personali, ma il problema è che lui crede veramente di fare del bene al prossimo e, quando si mette in testa di dover proseguire, non si ferma di fronte a niente. Per la cronaca, le sue ricerche sui sistemi operativi per newtype sono cominciate durante la Guerra di Un Anno, per ordine di Kycilia (che lo aveva confinato sulla Terra essenzialmente perché nessuno voleva lavorare con lui), ma i tentativi di cercare la felicità attraverso un sistema operativo ‘umano’ risalgono alla fine degli anni ’60 (è stato nell’ambito di quei progetti che ha ucciso la moglie ed è stato di conseguenza internato in manicomio). Il generale Erwyn aveva sentito parlare di Kemp da alcune spie e, progettando l’Operazione Tristan, ha assegnato una squadra al suo recupero: si tratta del 12° Squadrone MS del Battaglione Erwyn, ovvero il gruppo capeggiato da Dolores, dicendole però che Kemp era semplicemente un tizio che progettava nuovi mobile suit. In pratica, il Gundam Deathlock è stato impiegato nella sua prima battaglia per prendere questo tizio.

Lloyd Cavenagh

Data di nascita: 31 agosto UC 0055

Luogo di nascita: Side 4

Altezza: 173 cm.

Peso: 64 Kg.

Misure: 85/82/83

Pilota di: RGM-79F Land Combat Type GM; RGM-79 GM; RGM-79N GM Custom

Residenza: base dell’Esercito Federale di Milano, sulla Terra

Gli piace: darsi atteggiamenti da figo, giocare a pallamano

Non gli piace: fare brutte figure per essersi dato degli atteggiamenti da figo (però succede puntualmente)

Cibo preferito: nessuno in particolare, è una buona forchetta

Famiglia: i suoi familiari vivono ancora su Side 4; ha entrambi i genitori, ma è figlio unico

Avevo pensato a Lloyd come a una sorta di figura paterna per David, ma alla fine mi è venuto fuori troppo… Uhm… ‘Scapestrato’, diciamo così. Si può dire che Lloyd sia stato una persona segnata dalla guerra: ha visto molti suoi commilitoni morire improvvisamente e ha deciso di vivere sempre e comunque per il momento. A modo suo, si può dire che anche lui abbia paura: ha fretta di muoversi, non vuole concedersi del tempo perché teme che quello che ha possa sfuggirgli di mano. Al tempo stesso, però, teme che Patrizia possa sentirsi soffocata da questo suo comportamento, quindi con lei si trattiene ed è di conseguenza un po’ represso. Per come la vedo io, la loro relazione potrà continuare solo se Lloyd maturerà, sia in termini di sincerità con se stesso che nella comprensione della sua compagna. Però, una persona che ha letto un pezzo di questa storia prima che venisse pubblicata mi ha detto che le piacerebbe che questi due andassero a vivere per sempre felici e contenti sulla Terra. Bah, non so se è quello che ho in mente. Comunque, se avete un animo romantico, potete anche pensare che sia andata così. Non so se riprenderò mai questi personaggi, quindi c’è la possibilità che la vostra aspettativa non venga mai delusa…

Ah, per la cronaca, c’è effettivamente una base federale a Milano, è scritto su MS Era (OK, quel libro non è il massimo dell’attendibilità, ma tant’è). Ho deciso di fare risiedere lì Lloyd perché la Pianura Padana è effettivamente un posto piovoso, soprattutto in novembre… però non avevo pensato a questa collocazione quando ho scritto quella parte. Direi che è una coincidenza che è capitata a fagiUolo.

Patrizia Raimondi

Data di nascita: 3 luglio UC 0057

Luogo di nascita: Side 3

Altezza: 165 cm.

Peso: 54 Kg.

Misure: 82/62/81

Pilota di: MS-06F Zack II

Residenza: base dell’Esercito Federale di Milano, sulla Terra

Le piace: i computer, le cose difficili che riesce a capire

Non le piace: le cose che non riesce a capire, i comportamenti irrazionali

Cibo preferito: qualsiasi cosa sia salata a livelli disumani

Famiglia: i suoi genitori vivono ancora su Side 3, ma non va a trovarli spesso; suo fratello è Colin Raimondi e non ha idea di dove si trovi

Una donna che ama il proprio lavoro, è così che ho immaginato Patrizia. In un certo senso, è il tipico topo di biblioteca, che passa le giornate a studiare quello che le piace. È diventata un po’ misantropa per questo, ma si è resa conto, nonostante continui a negarlo a se stessa, che non le piace essere sola. Forse è per questo motivo che si è messa con Lloyd: ci andava d’accordo e ne riceveva un po’ di compagnia. Non è che i suoi sentimenti non siano sinceri, ma hanno una base piuttosto infantile ed è in buona misura la paura della solitudine a farglieli nutrire. Anche lei ha bisogno di maturare, alla fin fine. Mmmh, non fatemi scrivere queste cose, che poi mi viene voglia di riprendere questi personaggi in futuro per raccontare come è andata a finire…

Rachel Osborne

Data di nascita: 7 dicembre UC 0065

Luogo di nascita: Side 4

Altezza: 162 cm.

Peso: 52 Kg.

Misure: 78/60/77

Pilota di: -

Residenza: Side 4

Le piace: i luna park, fare jogging la mattina presto

Non le piace: essere circondata di persone delle quali non le importa niente (ma è una buona attrice e lo sa nascondere)

Cibo preferito: surgelati in generale, ma più perché sono facili da cucinare che perché li ritiene migliori di altri cibi

Famiglia: è figlia unica ed entrambi i suoi genitori sono vivi

La cosa brutta di queste schede è che devo inventarmi sul momento dello informazioni inutili. Del tipo: qual è il cibo preferito di Rachel? Ma che cazzo ve ne frega, dico io, è un personaggio secondario. In effetti, però, Rachel non è poi così secondaria. La sua funzione è quella di creare il contrasto tra la realtà di Alice e quella di David. Rachel è quanto David ha, ma non riesce a capirlo, perché è convinto che la sua ragazza sia Penny. Ah, non ho dettagliato granché le motivazioni dell’attrazione tra David e Rachel, perché sostanzialmente non mi interessava. Quello che contava era il contrasto, non il contorno. Cosa succederà quando David tornerà sull’Utrecht? Rachel sarà lì ad aspettarlo? Decideranno di stare insieme nonostante la distanza che li separa? Andranno sulla Terra e vivranno felici e contenti come qualcuno vorrebbe per Lloyd e Patrizia? Non credo che riprenderò questi personaggi, quindi potete pensare un po’ quello che volete…

***

Cronologia di Gundam D

28-3-0081

I reduci di Zeon fuggiti da A Baoa Qu, tra cui Char Aznable, Zenna Zabi e Mineva Lao Zabi, arrivano ad Axis.

5-5-0081

Zenna Zabi muore di malattia su Axis.

15-8-0081

Nel dodicesimo anniversario della fondazione del Principato di Zeon, la Flotta Delaz comincia la propria attività di guerriglia.

3-10-0081

Il Parlamento Federale approva il Piano di Ricostruzione dell’Esercito della Federazione Terrestre.

20-10-0081

Viene varato il Progetto di Sviluppo Gundam della Anaheim Electronics per l’Esercito della Federazione Terrestre.

11-0081

La Flotta Delaz e Axis confermano la propria alleanza.

12-0081

Su Axis, Mineva Lao Zabi sta per essere incoronata erede della famiglia Zabi durante una cerimonia; nel corso della stessa, una flotta federale attacca e viene respinta, principalmente grazie alle azioni di Char Aznable e Haman Karn.

10-1-0082

In occasione del proprio quindicesimo compleanno, Haman Karn viene nominata tutrice di Mineva Lao Zabi in una cerimonia solenne.

4-0082

L’Esercito della Federazione Terrestre fonda in segreto l’Istituto Murasame e il Laboratorio Newtype di Augusta.

5-0082

Comincia il Progetto di Ripresa delle Colonie e inizia il trasferimento delle colonie riparabili da Side 4 a Side 3.

30-7-0083

La Flotta Delaz stila i piani dell’Operazione Polvere di Stelle.

9-8-0083

Muore il leader di Axis Maharaja Karn.

11-8-0083

La sedicenne Haman Karn viene nominata reggente di Axis in vece di Mineva Lao Zabi; approvando i principi della Flotta Delaz, accetta di fornirle supporto.

9-0083

Axis sviluppa una nuova lega, il gundarium g.

4-9-0083

Rollout dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom".

9-9-0083

L’RX-78GP00 Gundam "Blossom" viene consegnato dalla Anaheim Electronics al QG dell’Esercito Federale di Jaburo.

19-9-0083

L’Utrecht, al comando del capitano Lloyd Cavenagh, parte da Jaburo per la missione di collaudo del GP00.

24-9-0083

Rachel Osborne arriva sull’Utrecht.

25-9-0083

Primo volo di prova dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" nei pressi di Side 5.

27-9-0083

Primo test degli equipaggiamenti dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" nei pressi di Side 5.

29-9-0083

Secondo test degli equipaggiamenti dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" nei pressi di Side 5; durante le manovre, l’Utrecht viene attaccato da mobile suit della Flotta Delaz.

2-10-0083

Durante uno scontro nei pressi di Side 5, Alice, sistema operativo dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" di David Jensen, si sacrifica per abbattere l’MS-14Jg/S Gelgoog di Colin Raimondi.

7-10-0083

La corazzata di classe Pegasus II MSC-07 Albion imbarca a Von Braun City l’RX-78GP01 Gundam "Zephyranthes" e l’RX-78GP02A Gundam "Physalis" (risultati del Progetto di Sviluppo Gundam) e parte per la base federale di Torrington, in Australia.

13-10-0083

L’Albion arriva a Torrington. Un commando della Flotta Delaz, capitanato dal maggiore Anavel Gato, trafuga l’RX-78GP02A e si dà alla fuga, inseguito dalle forze federali.

14-10-0083

Il sommergibile di classe Jukon U-801 recupera Gato con il Physalis e si dirige in Africa.

L’Albion parte all’inseguimento.

23-10-0083

Anavel Gato arriva alla base africana di Kimberlite, in mano ad alcuni reduci dell’Esercito Regolare di Zeon.

La base viene attaccata dall’Albion e costretta alla resa, ma Gato riesce a fuggire con il Physalis usando un HLV.

25-10-0083

Lo Squadrone Cima si unisce alla Flotta Delaz.

31-10-0083

Battaglia tra l’Albion (accompagnato da due incrociatori di classe Salamis) e il Lili Marleen dello Squadrone Cima; l’RX-78GP01 Gundam "Zephyranthes", pilotato da Ko Uraki, viene seriamente danneggiato.

Il generale di divisione Aiguille Delaz trasmette in tutta la Sfera Terrestre una dichiarazione di guerra al Governo Federale.

2-11-0083

L’Albion arriva a Von Braun City, dove lo Zephyranthes comincia la conversione in modalità Full Vernian.

4-11-0083

Ko Uraki, a bordo dell’RX-78GP01 Full Vernian Gundam "Zephyranthes", abbatte l’MA-06 Val Varo pilotato da Kelly Layzner, ex capitano dell’Esercito Regolare di Zeon.

L’Albion lascia la luna e si dirige verso il Mare di Solomon.

10-11-0083

L’Esercito della Federazione Terrestre tiene una parata militare a Konpeitoh.

Durante la parata, il maggiore Anavel Gato spara con il bazooka nucleare dell’RX-78GP02A Gundam "Physalis", distruggendo o immobilizzando due terzi delle navi riunite.

Ko Uraki sul GP01 combatte contro Anavel Gato sul GP02; entrambi i Gundam vengono distrutti nello scontro, ma i piloti si salvano.

Lo Squadrone Cima effettuano operazioni di dirottamento di alcune colonie, che risultano nella caduta di Island Ease verso la luna.

11-11-0083

La Flotta Delaz riceve da Axis l’AMX-002 (AMA-X2) Neue Ziel, che viene assegnato ad Anavel Gato.

La Flotta Delaz cambia la traiettoria di Island Ease, in modo che si diriga verso la Terra.

L’equipaggio dell’Albion si impadronisce dell’RX-78GP03 Gundam "Dendrobium", sottraendolo alla La Vie en Rose; pilotandolo, Ko Uraki si dirige a fermare la caduta della colonia.

12-11-0083

L’Albion ingaggia la Flotta Delaz; comincia il combattimento tra il GP03 e il Neue Ziel.

Cima Garahau uccide Aiguille Delaz e si impadronisce del Gwaden, l’ammiraglia della Flotta Delaz.

L’Esercito della Federazione Terrestre fallisce nel tentativo di fermare la caduta di Island Ease usando il Solar Ray System II.

Ko Uraki, pilotando l’RX-78GP03 Gundam "Denrobium Orchis", abbatte l’AGX-04 Gerbera Tetra, su cui si trova Cima Garahau.

Anavel Gato completa le ultime correzioni alla traiettoria di caduta di Island Ease.

13-11-0083

Secondo tentativo fallito di fermare Island Ease con il Solar Ray System II.

Island Ease si schianta al confine tra Kansas e Nebraska.

Il maggiore Anavel Gato tenta un ultimo, disperato attacco contro la flotta federale e muore ai comandi del Neue Ziel.

18-11-0083

Incontro segreto tra Gerard Kemp e il generale Erwyn a Jaburo. Kemp viene sollevato da qualsiasi progetto di ricerca federale.

23-11-0083

Nei confronti di alcuni membri dell’equipaggio dell’Albion vengono celebrati dei processi della corte marziale, riguardanti gli eventi accaduti durante la ribellione della Flotta Delaz. Il colonnello Eiphar Synapse, comandante della corazzata, viene condannato a morte e Ko Uraki a due anni di reclusione.

  
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