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Autore: Kaho    19/07/2006    7 recensioni
[Fanfic a quattro mani scritta da Kaho e Samy]
Dopo il preludio in “Harry Potter e il Principe Mezzosangue” la Seconda Guerra si scatena ancora più violenta con terribili ripercussioni sul mondo babbano. Tra un’inarrestabile colonia di Dissennatori, squadroni di Inferi, draghi, giganti e sanguinolenti Lupi Mannari Harry Potter inizia la disperata ricerca di R.A.B. e degli Horcrux rinunciando al suo settimo anno. Ma nel bel mezzo di questo mondo travagliato dalle continue battaglie non manca il romanticismo e lo humor con l’amore inconfessato tra Ron e Hermione, l’affetto che nasce tra Harry e Ginny ostacolato dalla guerra e l’ambigua relazione tra Draco e una Mangiamorte.
“Ti ho disarmato, Harry Potter. Ora sei morto… ma prima…”
[Main Couples Hermione/Ron, Harry/Ginny, Draco/Samantha. Altre: Remus/Tonks]
Questo è un'ipotetica fine di Harry Potter, e tutto ciò che vi è narrato è un'invenzione delle autrici, perciò non vi sono Spoiler del vero settimo libro. Se qualche elemento coincide, è un puro caso.
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Past Legacy'
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Harry Potter e gli Eredi dei Fondatori

Capitolo 1 – “La reietta”

 

La nebbia fitta che avvolgeva in una morsa l’Inghilterra si era estesa fino ad invadere tutti i cieli d’Europa. Secondo i Babbani la fosca coltre era un inconsueto fenomeno atmosferico, ma anche i più scettici e razionali non potevano negare che la nebbia aveva portato con sé un’ondata di depressione, senza contare l’aumento di cadaveri negli obitori.

 

Anche Privet Drive con le sue grandi case quadrate, un tempo soffocata dal sole estivo, era cupa e nebbiosa; quell’atmosfera melanconica contribuì, seppure in misera parte, a rendere ancora più inospitale il numero 4: la casa degli zii da cui Harry Potter, dopo diciassette anni di soprusi, se ne andava con gioia.

 

Il giovane, che tra un mese sarebbe diventato maggiorenne secondo le leggi del mondo magico, si premurò di controllare di non aver dimenticato alcunché nella camera che un tempo era appartenuta a suo cugino Dudley e che poi, cinque anni prima, gli era stata “generosamente” regalata.

 

Si udì un vociare al piano inferiore. Harry aveva avvertito gli zii della sua definitiva partenza e questo, a dispetto di quanto pensava il giovane mago, aveva causato scompiglio e una certa inquietudine tra i membri della famiglia Dursley, soprattutto in sua zia Petunia, che aveva preso a comportarsi in modo sospettoso e  quasi fobico già da due anni, da quando Harry le aveva detto che suo figlio Dudley era stato aggredito da un Dissenatore.

 

Harry prese la piuma e scrisse qualche riga su una pergamena che poi avrebbe inviato al suo miglior amico, Ronald Weasley:

Sarò alla Tana entro un giorno. Non tornerò più a casa dei miei zii. Manca ancora un mese al mio diciassettesimo compleanno, ma non credo che questa casa sia più una dimora sicura e soprattutto ospitale. So che Silente voleva che restassi…

Con un gesto impetuoso cancellò l’ultima frase incompleta. Non se la sentiva di scrivere il suo nome, non ancora almeno. Erano passate poche, troppe poche settimane dalla sua morte; doveva dare alla ferita il tempo di rimarginarsi, ma sapeva che, come per Sirius, non sarebbe mai guarita del tutto e sarebbe rimasta una cicatrice a ricordo di quell’uomo che era stato il suo mentore, la sua guida. Una cicatrice…

 

Harry si tastò con le dita il taglio a forma di saetta che aveva sulla fronte. Non le aveva fatto più male e questo continuava ormai da diverso tempo. Significava forse che aveva perduto la connessione magica che lo legava a Voldemort? I poteri del Signore Oscuro non erano certamente rimasti inattivi nelle ultime settimane. Harry afferrò il periodico babbano poggiato sulla sua ex-scrivania: le pagine dedicate alla cronaca nera o efferati fatti di sangue inspiegabili formavano un plico di fogli alto due centimetri abbondanti.

 

Harry terminò di scrivere la lettera per Ron e la consegnò ad Edvige, che subito planò oltre il giardinetto della casa per immergersi nella foschia. Sperò che la civetta sarebbe giunta a destinazione in tempo nonostante quella fitta nebbia e le ferranti revisioni del Ministero; se speravano di intercettare uno scambio epistolare via gufo tra maghi oscuri erano proprio disperati. Harry sapeva che il Ministero era praticamente inutile in una situazione del genere e che il nuovo Ministro, Rufus Scrimgeour, non era meglio del predecessore, Cornelius Caramell, che secondo la Gazzetta del Profeta e il Cavillo era scomparso misteriosamente da casa sua, senza lasciare alcuna traccia. La popolazione magica era sempre più inquieta: se nemmeno l’ex-Ministro della Magia era al sicuro, chi poteva esserlo, e dove?

 

Il candore della civetta si mescolò con la nebbia pallida che opprimeva Privet Drive da due settimane; due sole settimane lo separavano dal funerale di Silente. Il viaggio in treno era stato piacevole in compagnia dei suoi amici, ma giunto a King’s Cross lo aveva colpito una schiacciante certezza: Hogwarts non sarebbe più stata la sua scuola; non avrebbe più fissato gli altri bastioni del castello con lo sguardo ammirato di uno studente; non avrebbe mai affrontato i tanto agoniati M.A.G.O.; non avrebbe mai potuto girovagare per i corridoi del castello con l’aria soddisfatta di chi ha alle spalle sette, fantastici anni di scuola; in definitiva, non avrebbe mai frequentato il settimo anno ad Hogwarts. Per lui, inaspettatamente e sfortunatamente, il sesto era stato l’ultimo anno, e che anno era stato! Certo, non aveva mai passato un anno tranquillo ad Hogwarts, ma durante il sesto i morti non si contavano più.

 

Harry aveva il cuore lacerato da tanti anni di sventura.

 

Era iniziato tutto con Cedric Diggory, e già quell’unica perdita era gravata in maniera spaventosa sull’animo di Harry e l’anno dopo, con la scomparsa del suo amato padrino avvenuta in circostanze talmente assurde, il giovane aveva tollerato una perdita talmente insopportabile da convincerlo a credere che nulla di peggiore potesse mai accadere, e invece, al funerale di Albus Silente, si era dovuto ricredere. Babbani, Maghi, tutti morivano per colpa di un unico uomo, se così lo si poteva chiamare; quell’essere che aveva dissacrato la sua stessa anima, aveva ucciso il suo stesso padre, i suoi nonni… e i genitori di Harry, il suo padrino, il suo adorato preside e chissà chi altro ancora.

 

Harry scosse la testa. Il tempo per rimuginare sui dolori passati era finito; adesso doveva agire e trovare e distruggere gli Horcruxes, questa era la promessa che aveva fatto a Silente ed intendeva onorarla a tutti i costi.

 

Harry sollevò la valigia e la trascinò fuori dalla stanza, scese le scale e la poggiò sull’uscio di casa. Avrebbe voluto andarsene così, senza salutare, ma la sua coscienza gli vietò di aprire la porta e lo spinse, seppure controvoglia, in salotto, dove, seduti su una poltrona, se ne stavano i membri della famiglia Dursley.

 

Dudley ghignava apertamente seduto tra i due genitori, il viso rubicondo di zio Vernon era arrossato e contorto in un sorrisetto soddisfatto. Lo stupore iniziale causato dalla notizia improvvisa della partenza di Harry aveva lasciato posto ad un evidente stato di soddisfazione e compiacimento. Eppure sua zia Petunia aveva un’aria stanca, spaesata, decisamente preoccupata. Di sicuro non sono io la fonte di tutta quella preoccupazione. Pensò Harry fissando il volto della zia pallido come un cencio.

 

Aveva già visto quell’espressione e quella tinta grigiastra sul viso di Draco Malfoy poco prima dell’attentato ad Hogwarts, quando si disperava nei bagni in compagnia di Mirtilla Malcontenta. In due settimane Harry aveva riflettuto: per quel ragazzo, suo acerrimo nemico per sei anni, riusciva a provare una piccola eppure sincera pietà. Lo aveva visto vacillare sotto gli incoraggiamenti di Silente, avrebbe abbassato la bacchetta se non fossero sopraggiunti gli altri Mangiamorte, e anche dopo, seppure non apertamente, si era rifiutato di uccidere il suo preside. Malfoy aveva sempre avuto una raccapricciante predisposizione verso le Arti Oscure, ma anche lui, rifiutandosi di uccidere Silente, aveva dimostrato un minimo di decenza umana. E alla fine era fuggito da Hogwarts per non tornarci più; Harry si ricordava ancora del discorso che Malfoy aveva fatto tutto impettito ai suoi compagni: “Voglio dire, può darsi che il prossimo anno io non sia nemmeno a Hogwarts, che cosa me ne importa se piaccio o no a un vecchio grasso relitto?” Ma tutto l’orgoglio di Mangiamorte si era presto dissipato: forse Malfoy aveva capito di essere dalla parte sbagliata? Silente lo credeva, ma Harry non si fidava più dei suoi giudizi bonari; l’eccessivo altruismo lo aveva portato alla morte.

 

Harry strinse forte i denti quando gli balenò alla mente il volto dell’uomo che più disprezzava e odiava sulla faccia della terra, Severus Piton, che aveva brutalmente assassinato il suo protettore. Secondo dopo secondo, come in un film dove risaltano i particolari più minuziosi e crudeli, Harry rivisse la morte del suo amato preside: Silente piegato dal dolore che implorava Piton. Ma Piton non aveva accolto le sue suppliche e un accecante raggio verde aveva colpito l’esile figura di Silente facendolo precipitare nel vuoto per poi toccare la dura terra con un tonfo sordo: ed era stata la fine del più grande preside che Hogwarts avesse mai avuto. Harry lo seppe da subito, quando l’incantesimo di blocco che gli aveva lanciato Silente svanì di colpo: quella morte era stata immediata e catastrofica, aveva riempito Harry, non di rabbia, com’era accaduto un anno addietro con Sirius, ma di un dolore furente.

 

Dopo quel terribile colpo la sua pietà era diventata più tenera e flessibile: avrebbe voluto uccidere tutti quei Mangiamorte, compreso Malfoy, assassinarli col suo dolore nel modo più atroce possibile. E quel dolore, alla fine, era sempre rabbia indomabile che lo spingeva a cambiare il suo spirito, soccombendo; il suo spirito martoriato dal dolore e sopraffatto dalla vendetta.

 

E’ così Harry Potter a diciassette anni: vittima di una debolezza d’animo; non era perfetto e non lo sarebbe mai stato, ma doveva sforzarsi di andare oltre i suoi limiti per il bene di tutti.

 

Il giovane mago si concentrò sui Dudley: niente smancerie, sarebbe stato un’ipocrisia salutarli con un abbraccio. Si limitò a mormorare un “Addio” che i Dudley accolsero di buon grado rispondendo con un ispirato “Addio, Harry. A mai più rivederci”

 

Zia Petunia era ancora taciturna. Vernon se ne accorse e si voltò per chiederle: “Che c’è cara, non ti senti bene?”

 

Petunia lo ignorò per rivolgersi ad Harry: “Ora è tutto cambiato, vero. Sono in guerra… siamo in guerra.”

 

I due Dursley la fissarono a bocca aperta e occhi sgranati, evidentemente spaesati dalla sua domanda. Harry sapeva benissimo a cosa alludeva sua zia, ma come poteva saperlo? Il giovane non se ne preoccupò: i problemi di quella famiglia non erano più i suoi. Ma ancora una volta la sua coscienza lo frenò e gli impose di accennare con il capo e dire “Sì” Il viso di Petunia si fece buio e oscuro.

 

Harry sospirò ed abbandonò la famiglia Dudley, mentre zia Petunia si crogiolava sul divano nella sua privata ed inspiegabile disperazione.

 

Prima di uscire Harry fu colto da un’improvvisa nostalgia. Si voltò verso lo sgabuzzino sotto le scale. Quello era stata la sua casa e il suo rifugio fino ai dodici anni; doveva dirgli addio.

 

Si avvicinò ed aprì la porticina. Ormai era decisamente troppo alto per poterci entrare con facilità, era cresciuto di altri cinque centimetri da quando aveva lasciato la scuola. Allungò un braccio per accendere la lampadina che pendeva dal soffitto: era tale e quale l’aveva lasciato, mancava solo il letto. Lo stesso disordine di quando era undicenne pervadeva il piccolo sgabuzzino, gli stessi oggetti, i libri, le riviste accatastate, un cumulo di cianfrusaglie, non c’era da stupirsi se gli zii l’avevano scelta come sua camera da letto. Appagato da quella vista spense la luce e si voltò non prima di intravedere con la coda dell’occhio un leggero bagliore rosso. Si girò di scatto per tirare la corda che pendeva dalla lampadina. Lo sgabuzzino fu nuovamente invaso dalla luce, ma non c’era niente di fosforescente nel punto in cui credeva di aver scorto un luce vermiglia, solo delle riviste, una cornice e un paio di forbici.

 

Spense la luce ed uscì dallo spazio angusto per camminare verso l’atrio. Era diventato ancora più paranoico nelle ultime settimane, doveva stare attento, altrimenti rischiava di impazzire o di vedere esseri invisibili come Luna Lovegood.

 

Afferrò la valigia ed aprì la porta. Con un profondo respiro eccitato mise piede oltre lo stipite ispirando a pieni polmoni l’aria uggiosa mista a nebbia. Si voltò per richiudere la porta e i suoi occhi caddero per terra: non avrebbe mai più toccato il pavimento di casa Dursley! Dopo due settimane, finalmente, un po’ di soddisfazione! Ma Harry s’illudeva: in un futuro non molto lontano sarebbe ritornato a casa Dursley, non certo per far visita agli zii. Lui non lo poteva immaginare.

 

Nonostante fosse ancora pomeriggio, il cielo era cupo e appannato da una spessa foschia. Era difficile scorgere qualcosa oltre i due metri, ma Harry riconobbe subito la figura che si stagliava di fronte a lui. Arrancando tra il banco di nebbia che invadeva tutto il giardino Harry corse lungo il vialetto. Si precipitò tra le braccia di Remus Lupin che lo strinse amorevolmente e lo guardò sorpreso e soddisfatto da quella dimostrazione affettiva. Finalmente una faccia amica!

 

Harry fu felice di notare che i lunghi solchi che di solito scavavano il viso scarno di Lupin erano quasi del tutto scomparsi, la pelle era più viva e il viso più sorridente e acceso. Al contrario di lui, Remus aveva passato due settimane fantastiche, ma se lo meritava dopo tanti anni di solitudine. Ormai erano alti uguali, ma Harry erano più robusto e aveva un fisico più tonico, frutto di sei anni di allenamenti. Il Quidditch! Harry avrebbe voluto giocarci di nuovo, naturalmente dopo aver risolto il problema “Horcruxes”.

 

“Il matrimonio di Fleur e Bill è domani pomeriggio. Mi hanno dato il compito di scortarti fino a casa Weasley” disse Lupin.

 

Harry, per un attimo, si rabbuiò: di solito era Silente a dare gli ordini, ma si riprese quasi subito: “Sì, lo so. Ma prima di andare mi piacerebbe salutare Arabella Figg.”

 

“Oh” Lupin lanciò un’occhiata alla casa di fronte a quella degli zii di Harry: era parzialmente celata dalla nebbia, le tende erano tirate e le luci tutte spente “Non credo sia ancora in casa, saputo della tua partenza ha deciso di andarsene. Privet Drive non gli è mai piaciuta, troppe pettegole. Almeno così diceva lei. Però può darsi che sia ancora in casa”

 

Harry ne dubitava, ma tentar non nuoce: “Meglio che vada a controllare, allora”

 

“Stai attento” lo ammonì Remus “Non vorrei fare la parte dello scocciatore, ma sai anche tu che di questi tempi il pericolo è ovunque, cerca di non cacc…”

 

Harry lo interruppe chiedendogli con voce maliziosa: “Come vanno le cose con Tonks?”

 

I capelli grigiastri di Lupin si contrapponevano in modo netto con il rossore acceso del viso “Non c’è male” Harry sapeva di essere diventato un tantino visionario negli ultimi tempi, ma avrebbe giurato di vedere le orecchie di Remus fumare “Ehm, abbiamo solo avuto degli… incontri ravvicinati” Lupin si morse la lingua: chissà quale terribile e perverso doppio senso aveva macchinato la mente adolescenziale di Harry Potter?

 

“Non fraintendere, Harry” aggiunse Lupin guardando un punto imprecisato nel banco di nebbia “Siamo solo usciti a cena” e diede un marcato colpetto di tosse “Niente di più, niente di meno… ma soprattutto niente di più!”

 

Harry non riuscì a trattenersi, neanche la sua imperiosa coscienza era stata in grado di fermarlo: “Cosa avrei dovuto fraintendere, Remus?” domanda retorica “Ad ogni modo mi fa piacere che le cose con Tonks vadano bene. Ma chissà per quanto ancora potrò chiamarla Tonks, cambierà di cognome quando si sposerà, giusto?” altra domanda retorica “Ma c’è un martellante interrogativo che mi pongo ormai da tempo…” Il groppo nella gola di Lupin non accennava a sbloccarsi, Harry, invece, non sembrava avere esitazioni e neanche peli sulla lingua “… come pensate di chiamare vostro figlio? Preferisci un maschio o una femmina?”

 

A questo punto la discussione tra i due poteva dirsi conclusa, Harry dubitava che Lupin riuscisse a mettere assieme due parole in un discorso logico. Il giovane mago sorrise nel vedere Remus tutto impacciato e balbettante: chissà se quello era il suo primo amore? Probabilmente sì; Lupin aveva sempre sfuggito la vita amorosa per via delle sue condizioni, in fondo, dopo trentasette anni di vita, non era riuscito ancora ad accettare il fatto di essere un Lupo Mannaro, ma Tonks era un’ottima medicina per superare questo blocco emotivo e a giudicare dall’evidente imbarazzo che Remus tentava di nascondere infruttuosamente, Tonks era una medicina che funzionava mooolto bene.

 

“Torno subito, aspettami qui.” Non avrebbe fatto fatica a ritrovarlo in mezzo alla foschia: il viso di Remus brillava come una lampadina da 100 watt, era meglio di un faro da nebbia.

 

Harry si allontanò da Lupin puntando dritto davanti a lui, sperando che quelle fossero le coordinate giuste per arrivare a casa di Arabella Figg.

Lumos!” Gridò Harry e una ridotta macchia di luce riuscì a perforare lo spesso banco di nebbia. Viveva in Inghilterra da diciassette anni eppure non aveva mai visto una nebbia tanto fitta, era come se fosse solida e carica di negativismo: i Dissennatori si stavano duplicando alla svelta. I metereologi babbani avevano tentato in tutti i modi di spiegare il fenomeno, ma era impossibile prevedere quali sarebbero state le prossime regioni ad essere invase dalla nebbia; inoltre la polizia si scapigliava per trovare delle risposte all’improvvisa crescita di decessi, che alla fine erano stati classificati come suicidi a causa della depressione portata dalla nebbia. Nessun oggetto babbano poteva individuare residui di magia, ma se avessero potuto, avrebbero sicuramente trovato tracce di qualche Maledizione Senza Perdono.

 

Harry puntò la bacchetta di fronte a lui e scorse quelle che potevano essere le mattonelle di un muro. Tastò a tentoni la parete finché non trovò il legno della porta e la maniglia; la abbassò, ma la serratura era chiusa. Allora bussò, ma non vi fu risposta. La signora Figg se n’era già andata.

 

Scoraggiato si voltò per tornare da Lupin, ma la serratura alle sue spalle scattò e la porta si aprì con un lento cigolio. Il sesto senso di Harry lo fece sobbalzare: c’era qualcosa di oscuro nell’aria! Si girò di scatto con la bacchetta saldamente stretta tra le dita, ma si trattava solo di Arabella Figg.

 

Harry sospirò e abbassò la bacchetta, aveva già i nervi a fior di pelle e quell’atmosfera carica di tensione non aveva certo contribuito a calmarlo. Ma l’intuito di Harry gli diceva che c’era qualcosa di strano che non dipendeva dalla nebbia, ma davanti a lui c’era solo un’anziana donna magonò completamente indifesa e disarmata. Che gli stava succedendo?

 

“Ah, sei tu Harry!”

 

Harry fece uno sforzo per riconoscere la voce di Arabella Figg; era proprio lei? Un sottile strato di nebbia le aleggiava attorno al viso, ma i lineamenti erano i suoi. Forse aveva solo un po’ di influenza o mal di gola. Perché devo sempre pensare negativo?

 

“Sì, sono io. Volevo dirle arrivederci, signora Figg.”

 

“Mi fa molto piacere che tu sia venuto a salutarmi, Harry! Sono così contenta!” ma, nonostante le sue parole, il tono della voce rimaneva piatto e quasi meccanico.

 

“E’ meglio che non ti faccia entrare” continuò lei insistendo sullo stesso tono di voce “Sto per partire e ci sono bagagli sparsi dappertutto”

 

“Anch’io me ne sto andando. Remus Lupin è qui di fronte che mi aspetta.”

 

“Remus Lupin… sì certo. Come sta?”

 

Harry ebbe un attimo di esitazione prima di risponderle: parlava come se non conoscesse Remus. “Sta molto bene, le cose con Tonks sembrano andare a gonfie vele.”

 

“Mi fa piacere per lui.”

 

La conversazione sembrava ristagnata. Che cosa era successo all’energica Arabella Figg che non era mai a corto di pettegolezzi e di argomenti di discussione?

 

“Oh, scusami Harry!” cominciò a piangere.

 

“Ehm, signora Figg…” i singhiozzi della donna risuonavano nelle strade deserte di Privet Drive. Harry era completamente spiazzato, non sapeva cosa fare quando una persona, in special modo una donna, si metteva a piangere di fronte a lui. “Che cosa le prende? Mi dica, forse posso aiutarla.”

 

I piagnistei di Arabella si attenuarono “Oh, Harry. E’ solo che queste ultime settimane sono state così… pazzesche. Non so più che cosa fare, non so più come andrà a finire questa guerra e ora che Silente non c’è più…” e riprese un pianto dirotto.

 

Una valanga di rimorsi colpì Harry in pieno petto: aveva sospettato di Arabella Figg, ma lei era solo sconvolta per la morte di Silente, il minimo che poteva fare era tentare di consolarla.

 

“Non si preoccupi, ci penserò io a risolvere tutto” le parole gli erano uscite di getto dalla bocca, quasi di loro spontanea volontà. Harry rimase quasi basito: era vero quello che aveva detto, toccava a lui e a lui solo sconfiggere Voldemort e mettere fine a quella guerra, portava un enorme fardello sulle spalle.

 

Arabella Figg interruppe il suo pianto “Ora sono più tranquilla sapendo che ci sarai tu a difenderci dall’Oscuro Sign… da colui-che-non-deve-essere-nominato.” Non ne era molto sicuro, ma Harry avrebbe giurato di scorgere un leggero tono di ironia nell’affermazione della donna e il riferimento all’Oscuro Signore non gli era sfuggito. Il suo sesto senso si risvegliò.

 

“Signora Figg, va tutto bene?”

 

“Sì, sì, è solo che sono così stressata!” rispose quasi seccata.

 

Il dubbio in Harry continuava a crescere ad ogni parola della donna “Le dispiace se entriamo in casa un momento?” la domanda di Harry sembrava più un ordine che una proposta.

 

“Mi dispiace, te l’ho già detto che è tutto in disordine.”

 

“Perché non mi vuole fare entrare?”

 

“Non ti voglio fare entrare?” la donna proseguì con freddezza “Se ci tieni così tanto, allora entra” e si levò dallo stipite della porta lasciando libero accesso a Harry.

 

Il giovane varcò la soglia pronto per qualunque cosa dovesse succedere, ma, una volta dentro la casa, non successe nulla.

 

“Allora..” Harry sobbalzò sentendo la voce cupa di Arabella Figg dietro di lui “… vuoi perquisire la mia casa come hanno fatto quelli del Ministero, vuoi controllare sul mio braccio sinistro” e alzò la manica della sua tunica per rivelare un braccio immacolato “oh, ma che peccato, niente tatuaggio. Allora, Harry, mi credi una doppiogiochista?” questa volta la sua voce suonava offesa, triste e delusa.

 

Harry dimenticò subito tutti i suoi dubbi: “Mi dispiace molto signora Figg! E’ solo che sono così sospettoso ultimamente, deve essere colpa di tutta questa nebbia!”

 

La donna ebbe un improvviso cambio di umore e si mise a ridacchiare compiaciuta “Naturalmente! Ma devi scusare anche me, vedi, con la morte di Silente e la tua partenza mi sento così inutile” Arabella continuò con fare melodrammatico “E’ solo che la morte di Silente mi ha così sconvolta! Che uomo era Silente! Pensa che ha persino concesso ad una magonò come me di entrare nell’Ordine della Fenice! Non che io svaluti i magonò, non voglio certo offendere tua zia Petunia…” Arabella Figg ammutolì e cadde un lungo silenzio imbarazzante.

 

Harry era esterrefatto: “Che cosa ha detto?”

 

“Niente!” la donna fece un gesto non curante con la mano, sembrava quasi che stesse recitando.

 

“No, non è vero! Lei ha detto che, che… mia zia è una magonò?”

 

Arabella abbassò il viso con una simulata aria costernata “Vedi, Harry, certe cose le devi capire. Voglio dire, certi segreti vanno tenuti, per il bene di una persona.”

 

“Quali segreti? Quale bene di una persona?” chiese Harry con insistenza.

 

La signora Figg si abbandonò ad una risata straordinariamente priva di emozioni “D’accordo, mi hai beccata, Harry! Ma tutti gli altri hanno sempre reputato che fosse giusto tenerti all’oscuro delle condizioni di tua zia Petunia… e dei tuoi nonni materni.”

 

“Quali condizioni dei miei nonni materni?”

 

“Loro erano maghi, Harry. E di conseguenza tua zia Petunia è una magonò perché non ha poteri magici e tua madre non era una Mezzosangue.”

 

“Cosa?” Harry era sconvolto “Ma è impossibile! I miei nonni materni vivevano tra i Babbani, non mi risulta che fossero mai andati a Hogwarts!”

 

“Questo è vero perché i tuoi nonni erano dei magonò. Ed è anche per questo che la nascita di tua madre fu una vera benedizione per loro, è raro che da una coppia di magonò nasca una strega con dei poteri e tra l’altro una strega straordinariamente dotata come tua madre! Devi capire tua zia Petunia e l’avversione che nutre nei confronti di tua madre, una gelosia tanto forte da portarla a…” e qui si interruppe bruscamente.

 

“Come?” Harry non riusciva a dire altro, troppo sconvolto per capire qualcosa. Era andato a salutare una vicina di casa e invece gli venivano svelati segreti che riguardavano la famiglia di sua madre!

 

“Capisco che tu sia molto confuso, Harry. Ma l’abbiamo fatto per il tuo bene, Silente ci ha fatto giurare di non dirtelo mai, per non farti soffrire…”

 

Harry si riprese grazie all’insensatezza di quella frase: “Perché dovrebbe farmi soffrire?”

 

“Col tempo lo scoprirai” sembrava quasi un avvertimento, una minaccia, un ammonimento… Harry non lo sapeva, quella situazione era così strana e Arabella Figg era così…

 

Harry non ebbe il tempo di riflettere perché la voce di Remus Lupin gli arrivò alle spalle, a confronto di quella di Arabella Figg, la sua voce era molto più colorita, vitale e… meno forzata.

 

“Che cosa succede? Ho sentito piangere, ma prima di trovare la porta ci ho impiegato un po’. E poi ho sentito la voce di Harry un tantino sconvolta.”

 

Arabella Figg si rivolse a Lupin “Ehm… Remus… Harry sa tutto di sua zia Petunia e dei suoi nonni materni.”

 

Lupin fece un balzo impressionante: “Come sa tutto? E chi gliel’ha detto?”

 

“Io… ma inavvertitamente” Arabella riprese a parlare con quel tono simulato, freddo e meccanico.

 

Remus si mise a fissare Harry con aria preoccupata: “Harry, stai bene?”

 

“Perché dovrebbe farmi soffrire sapere che mia zia è una magonò?” doveva assolutamente saperlo; era impossibile pensare che la risposta fosse semplicemente: Perché è tua zia e devi provare compassione per le sue condizioni. Inoltre Silente aveva fatto giurare il silenzio a tutti, doveva trattarsi di qualcosa di importante.

 

Ma Remus ignorò la sua domanda: “Mi sembra che tu sia molto agitato. E’ meglio che saluti Arabella, dobbiamo andare.”

 

Harry gettò la spugna, era inutile insistere. Prima doveva riprendersi e poi considerare i fatti a mente lucida. “D’accordo” e si voltò verso Arabella “Arrivederci signora Figg.”

 

Ma la donna restava muta, ritta sulle sue gambe come un palo inanimato, sembrava bloccata da un incantesimo. Anche Remus se ne accorse e le andò incontro: “Arabella, va tutto bene?”

 

Prima che le arrivasse vicino la donna ebbe uno scatto epilettico e mosse la testa freneticamente avanti e indietro. Lupin indietreggiò e afferrò Harry per un braccio: “Harry, andiamo via. Credo sia vittima dell’Imperius.”

 

Harry lo sospettava già da molto ma non aveva intenzione di abbandonare Arabella Figg: “Non possiamo lasciarla qui! E se tornassero i Mangiamorte e la uccidessero?”

 

Remus esitò ma poi strattonò Harry fuori dalla porta mentre Arabella li seguiva ritta e statica come un pezzo di ghiaccio. Alla tenue luce della bacchetta di Lupin i due scorsero il volto pallido e spettrale della signora Figg: aveva l’intensità espressiva di un Inferus e i suoi occhi erano completamente vacui.

 

“Ascolta” disse Lupin con voce malferma “So che è rischioso, ma prima di tutto dobbiamo pensare a te. Appena arrivati alla Tana manderemo subito qualcuno dell’Ordine per verificare che stia bene, ma dobbiamo fare alla svelta!”

 

A malincuore, Harry chiuse gli occhi e si concentrò visualizzando nella mente la casa dei Weasley e un attimo dopo ebbe la consueta e sgradita sensazione di vertigini, i piedi si staccarono da terra e un imbuto di energia li risucchiò entrambi per smaterializzarli molte miglia lontano da lì.

 

Sia Harry Potter che Remus Lupin svanirono sotto lo sguardo vuoto di Arabella Figg, ma ad osservarli c’era un altro paio di occhi, nascosti in un angolino buio della casa.

 

Di fronte al numero 4 di Privet Drive dominava il silenzio, ma una sottile voce femminile lo interruppe bruscamente bisbigliando: “Imperio” e le invisibili funi che fino a quel momento avevano guidato Arabella Figg come una marionetta si spezzarono e il corpo della donna tornò libero.

La signora Figg cadde in ginocchio mentre, con la voce mozzata dal fiatone, mormorava: “Cosa mi hai fatto fare!”

 

Dalla zona più in ombra della casa venne avanti una figura incappucciata, nera come la notte: “Non si agiti, non intendo ucciderla.” La voce che proveniva da dietro la maschera si accordava ben poco con l’aspetto maligno che ispirava quella Mangiamorte: il timbro della voce era gentile e rassicurante: “Io non la ucciderò, ma si ricordi: non deve dire a nessuno che sono stata qui. E se per caso scopro che mi ha disubbidito la polizia babbana avrà a che fare con un misterioso caso di suicidio collettivo, diciamo… il suicidio di tutti gli abitanti di Privet Drive.”

Arabella divenne più pallida di quanto già non fosse: “Non faccia del male a questi Babbani, sono brava gente! D’accordo, starò zitta.”

“Meglio per i suoi amici Babbani. E si ricordi che io la tengo d’occhio, non mi faccia arrabbiare, sappia che sono capace di qualunque cosa quando mi arrabbio.”

 

“Non ne dubito, è una Mangiamorte.”

 

“Se questo voleva essere un insulto, sappia che non me la sono presa” La misteriosa Mangiamorte passò accanto ad Arabella Figg e le si inginocchiò davanti: “Guardi che non scherzo, sappia che sono una persona molto… poco affidabile.”

 

Arabella deglutì nel vedere la Mangiamorte avvicinarsi pericolosamente. Adesso che erano faccia a faccia poteva vedere i suoi occhi attraverso le fessure della maschera: erano di un colore incredibile, che faceva impallidire persino il verde intenso degli occhi di Harry; avevano sfumature azzurre cielo e verde bottiglia che si mescolavano in una miriade di tonalità, come in un vortice che esaltava la pupilla nera.

 

“Ho degli occhi molto belli, vero?” sibilò la Mangiamorte mentre si alzava e si preparava a svanire.

 

“Aspetti!” esclamò improvvisamente la signora Figg.

 

La Mangiamorte stese le braccia lungo i fianchi e fissò la donna accasciata a terra: “Sì?”

 

Arabella proseguì dubbiosa “Lei mi sembra molto giovane, quanti anni ha?” non ricevette risposta “Credo che lei sia nel fiore dell’età e allora perché butta via la giovinezza in questo modo? Non sia più una Mangiamorte, cambi idea, scelga la strada giusta!” la Mangiamorte non reagì, si limitava a fissarla.

“Ha finito con questi vuoti discorsi da filosofa moralista. Che le prende? Ora che Silente è schiattato vuole sostituirlo nel ruolo di predicatrice? Non se la prenda, ma mi ha fatto davvero pena con il discorso di prima e poi non le conviene fare rimproveri a Maghi Oscuri, è un lavoro pericoloso. Ricordi cosa ha ottenuto il caro e defunto Silente per fare la ramanzina del buon samaritano a Severus Piton.” e con la mano simulò una caduta accompagnata da un fischio sordo.

 

Il colorito del viso di Arabella passò dal bianco spento al rosso acceso: “Come osa parlare male di un uomo che ha sacrificato la sua vita perché noi potessimo…”

 

“Sta insistendo con la tattica della moralista? Non le ho già detto che non le si addice?” la interruppe la Mangiamorte.

 

La signora Figg boccheggiò come un pesce fuor d’acqua, ma non pronunciò parola.

 

La Mangiamorte rise sommessamente: “Ha qualcos’altro da propinarmi oppure mi lascia andare a fare il mio lavoro.”

 

Arabella si riprese dal mutismo: “Vai pure a fare il tuo sporco lavoro!”

 

“Però, ora che ci ripenso, per fare il mio sporco lavoro non mi devo allontanare granché” la Mangiamorte sghignazzò di nuovo con un sorrisetto estremamente dolce “La mia vittima è molto vicina.”

 

Un oscuro dubbio si insinuò nella mente di Arabella: “Perché dice così? Non stava andando via?”

 

La Mangiamorte sghignazzò, questa volta più crudelmente: “Beh, ho cambiato idea.”

“In che senso?” domandò Arabella mentre indietreggiava verso l’uscio della porta.

“Vede, cara signora Figg, è inutile che tenti di scappare: io sono una strega molto potente e lei una misera magonò; scommetto che non ha mai assistito ad un incantesimo Imperius migliore del mio, ha notato che avevo preso pieno possesso del suo corpo e che potevo manipolarla come volevo, farla parlare come volevo…”

 

“Sì, ho notato” rispose secca la donna senza alcuna traccia di ironia nella voce: era troppo spaventata, l’ansia le stava attanagliando la gola “Siete terribili! Voi, tutti i Mangiamorte! Avete il maligno nel sangue…”

 

“Il maligno nel sangue? Sbaglio o eravate voi a predicare: Non si giudicano i maghi a seconda del sangue! E’ un po’ contraddittoria, cara signora. Ma ora sto facendo passare troppi, preziosi secondi, quindi…”

 

La Mangiamorte ebbe la prima reazione emotiva della serata, ma questa non giovò ad Arabella Figg che si ritrovò sbattuta contro il muro da uno schiantesimo.

“Le sembro cattiva, io?” la Mangiamorte bisbigliava a denti stretti; tutta la tenerezza della voce era scomparsa “Proprio io che le stavo offrendo su un piatto d’argento la possibilità di sopravvivere all’attacco di una Mangiamorte, e lei, invece…” e detto questo afferrò l’anziana donna per il collo del pullover e la alzò da terra: quella giovane era incredibilmente forte e aveva una stretta molto poderosa.

“Mi… mi dispiace” balbettò Arabella mentre tremava dalla paura, prigioniera tra la parete e la Mangiamorte.

 

“Già, anche a me dispiace per lei” la Mangiamorte estrasse la bacchetta e si compiacque nel vedere il terrore negli occhi della sua vittima “Non è mai piacevole morire da soli, per fortuna ci sono io qui con lei. Non si preoccupi, non soffrirà minimamente, almeno ora. Alcuni credono che le vittime dell’Avada Kedavra anche dopo la morte non trovano pace.”

 

“La preg…”

 

Ma Arabella Figg non fece in tempo a finire la frase; la Mangiamorte urlò: “Avada…”

 

E tutto si fece oscuro per Arabella Figg.

 

La Mangiamorte fissò il corpo inerme della donna steso a terra, una smorfia di sorpresa e dolore le contorceva i lineamenti del viso.

 

“Ho visto una luce verde! Non sarà mica…”

 

Degli uomini si erano appena materializzati di fronte alla casa e stavano per entrare dalla porta spalancata, per fortuna della Mangiamorte la nebbia fitta limitava la visuale e quindi i membri dell’Ordine non l’avevano ancora localizzata.

 

Si chinò e toccò il freddo volto di Arabella Figg: “Povera donna, ma in fondo non mancherai a nessuno: a chi può mancare una magonò? E a proposito, hai fatto proprio un bel lavoro con il giovane Harry Potter, gli abbiamo confuso le idee per benino. Quando scoprirà il resto della verità sulla sua famiglia scommetto che farà per noi il lavoro sporco. Sarà lui a portare a termine il piano, anche se non lo farà volontariamente. Ehm, povera Petunia, doveva essere molto gelosa della sorella per farle una cosa del genere, ma del resto avere una sorella talmente dotata l’avrà fatta sentire una… reietta.” E si smaterializzò nel covo segreto del Signore Oscuro.

 

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Samy & Kaho show

 

Sorella: Innanzitutto grazie e x qnt riguarda Draco non c’è da preoccuparsi… (purtroppo ndKaho fortunatamente!! Ciao sorella! Condividiamo la stessa passione ndSamy^////^; ç__ç à *_* ndKaho) è un personaggio principale e non deve assolutamente mancare (tranne in questo capitolo) nei prossimi cap la sua presenza abbonderà. X qnt riguarda gli errori ce li correggiamo a vicenda ma nel Prologo abbiamo avuto dei leggeri problemi di pubblicazione ^_^ e ci è sfuggito qlcs. Grazie 1000 KS

 

Siangel87: Grazie per avere avuto tutta la pazienza di leggere l’intro sulla trilogia… per quanto riguarda la completezza della trilogia……. teoricamente la trama di HP7 è già tutta scritta e siamo arrivate a 5 cap completi e il 6° è in corso. Ci saranno degli imprevisti vacanzieri e ovviamente la pigrizia di Kaho -_- , ma la frequenza di pubblicazione è di circa 4 giorni per quelle già fatte e x le altre circa una settimana e dipende anke da fattori X e Y ma ci impegneremo (tra l’altro i cap sn un po’ funghetti, l’hai notato? ^__^) (Momento di imbarazzo) à ehm, ehm, x la terza parte la trama dettagliata nei cap c’è già tutta, ma mancano i cap scritti in concreto; ma porta pazienza xké HP7 è un  po’ lungo (all’incirca 20 cap o +) Ciao, speriamo di sentirti ancora KS

 

Rebecca: In effetti anche noi avevamo dei problemi di comprensione con la legenda ma tanto x fare i tecnologici e le precisine abbiamo voluto scriverla. Nel contesto i segni si dovrebbero capire ma cercheremo di semplificare e di togliere alcune cose. Grazie x il tuo commento costruttivo. Ma x qnt riguarda la storia, ti intriga? Non mancare alla prox Ciao! ^_^ KS

 

Evanescense88: 1^ cosa hai un bel nick (Kaho ne è rimasta affascinata dato che ricorda un certo gruppo ndSamy) 2^ Grazieeee x i complimenti, hanno avuto l’incredibile potere di invogliare Kaho a scrivere un altro capitolo (cs ke accade di rado… ndSamy -_-) Baci KS

 

 

 

 

  
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