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Autore: strafe    26/11/2011    4 recensioni
Questa storia è stata scritta da Clide, è la battaglia finale del quarto libro raccontata però dal punto di vita opposto... spero davvero che vi piaccia :)
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Murtagh
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Murtagh e la Parola

Murtagh si svegliò presto quella mattina, il suo drago, Castigo, doveva essere preparato per lo scontro con i Varden, la guerra stava svolgendo al termine dopo anni di sanguinose battaglie.

Solo gli dispiaceva di non essere rriuscito a salvare il capo dei ribelli, Nasuada, catturata da lui non molto tempo prima.

Lei era figlia di Ajihad, la persona che lo aveva imprigionato appena arrivato nel Farthen Dur, riconoscendolo come figlio di Morzan.

Era stranamente teso quella mattina, come non lo era mai stato prima di un battaglia. Le spie della Mano Nera avevano informato lui e Galbatorix dei piani che i Varden volevano mettere in atto, lui non doveva fare altro che far finta di non sospettare nulla.

Face entrare uno schiavo per farsi allacciare l'armatura dove non arrivava, prese Zar'Roc da un tavolo vicino al letto e si diresse verso le scuderie per bardare il suo possente drago rosso.

Quando lo vide, sdraiato su un fianco che dormiva, gli venne in mente il cucciolo che era nato dall'uovo pochi mesi prima.

Un'incantesimo di Galbatorix lo faceva crescere molto più in fretta del normale, ma loro due erano legati da un legame che andava oltre quello di Cavaliere-Drago, erano amici, amici nel profondo.

Il giovane toccò la mente del drago per svegliarlo e quello si riscosse, sgranchendosi le articolazioni dopo il lungo sonno.

Poi iniziarono i preparativi per la battaglia, Castigo non aveva un'armatura come quella di Saphira, ma le squame che lo ricoprivano erano molto più robuste del normale e gli garantivano l'immunità dalle frecce, anche se comunque gli incantesimi del suo compagno lo proteggevano. Intanto che il giovane Cavaliere sistemava la sella tra le due punte cervicali del collo del suo drago ripassava insieme a lui il piano che il re aveva escogitato per lui.

Gli elfi avevano intenzione di creare una falsa immagine della dragonessa per distrarlo e gettare il panico, mentre il vero Eragon e la vera Saphira aggiravano l'esercito e si dirigevano nella sala del trono per uccidere il re.

Lui doveva fare finta di cascare nel loro trucco per poi attendere ordini.

Proprio in quel momento i Varden attaccarono, e i corni d'allarme suonavano dalle mura, dove i morti già intralciavano il passaggio.

Murtagh non voleva scendere in campo a uccidere delle persone, ma il re conosceva il suo vero nome e lo aveva legato a se con un giuramento nell'antica lingua degli elfi.

Era ormai pronto quando dalla piazza sotto di lui provenirono delle urla di giubilio, l'illusione era caduta.

Dalla massiccia porta dietro di uscì il suo drago, imponente e maestoso, e lui si sentì subito in soggezione.

Si sentiva ancora riluttante all'idea di stroncare vite, ma non aveva scelta, gli Eldunarì dalla mente traviata dal malefico potere del re unirono la loro forza alla sua, avrebbe potuto sconfiggere tutti gli elfi presenti nel campo di battaglia se solo avesse voluto.

Appena Castigo entrò nel vivo della battaglia lanciò la sua sfida, ruggendo e sputando un getto di fiamme cremisi.

Volò subito in direzione della piazza dove era caduto l'immagine del suo avversario, sapendo però che fosse totalmente inutile, ma il morale dell'esercito imperiale stava crescendo.

Per un po' seguì l'illusione, ma dietro ordine superiore dovette iniziare a bruciare i soldati dell'esercito avversario e dovette anche liberare gli spalti della parete nord, che erano riusciti a perdere.

Tra i Varden si diffuse lo scompiglio quando sfondarono il portone, infatti lì sotto c'erano il generale Barst e i suoi uomini immuni al dolore.

Barst era un giovane e forte cavaliere che diceva di essere invincibile, ma Murtagh sapeva che era l'Eldunarì che aveva con se che deviava le frecce e lo rafforzava, per quante persone gli andassero contro nessuno riusciva a sopraffarlo e molti cadevano per mano sua.

Era incredibile con quanta facilità quell'uomo fendeva l'enorme anìrmata che erano i Varden, ma vedere quegli uomini venire trucidati dalla sua voglia di sangue fece venire a Murtagh voglia di lasciare la battaglia e scappare lontano da tutti, Varden e Impero.

Castigo scese in picchiata verso la sua nemesi, e il suo Cavaliere si accorse che la regina degli elfi, Islanzadi, aveva deciso di affrontare Barst.

Entrambi erano dotati di grande abilità, tutti i combattenti si erano fermati per assistere all'accanito duello che poteva decidere le sorti della battaglia.

Dopo un breve periodo di stallo la regina della Leggiadra Razza cadde colpita dall'infallibile mazzafrusto del generale e gli elfi che ancora combattevano levarono un alto grido pieno di disperazione.

Alcuni di essi si avvicinarono al suo corpo per portarlo in salvo e quando un soldato gli si parò davanti il Cavaliere, mosso dalla pietà fece in modo che non li intralciasse uccidendolo sul posto.

Continuò a infierire sull'esercito dei Varden fino a quando sentì una mente immensa che spazzava le sue difese con la stessa facilità con cui avrebbe sposato delle foglie secche, era Galbatorix, gli ordinò di trovarsi al suo cospetto il più presto possibile ed era incurante dell'esito della battaglia.

Atterrò su una delle numerose terrazze del palazzo, entrò e sigillò la porta dietro di se con la magia.

Quando arrivò nell'immensa sala del trono il re lo sgridò perchè ci aveva messo troppo, davanti a lui c'erano Eragon, Saphira, l'elfa che avevano salvato a Gil'ead e una bambina che non conosceva ma che aveva un marchio stranamente simile al gedwey ignasia.

Erano tutti immobilizzati da un incantesimo del re, e il suo enorme drago, Shruikan dominava la scena con il suo sguardo gelido.

Lo scopo del re era di far combattere Murtagh e Eragon per stabilire chi fosse il più forte, l'uso della magia era proibito ma gli incantesimi che rendevano il Cavaliere del drago rosso forte e veloce come un elfo rimasero intatti.

Rimasero un po' a studiarsi a vicenda, poi lo scontro cominciò e Murtagh si portò subito in vantaggio colpendo l'altro di striscio a una gamba.

Continuarono a infliggersi piccole ferite, solo che il seguace del re era furioso e la metà dei suoi colpi andavano a vuoto.

Per un attimo credette di poter uccidere Eragon, ma il re lo blocco, la lama a un palmo dal collo del ragazzo.

Dopo quella mossa il Cavaliere di Saphira lo studio a lungo,poi sembrò capire qualcosa e si lanciò all'attacco,solo che dopo una serie di colpi in rapida successione abbassò la guardia e si fece trafiggere al fianco, ma solo quando Murtagh capì che la sua spada era bloccata comprese cosa stava per accadere, il freddo metallo lo colse sotto la cotta di maglia, facendone uscire un forte getto di sangue.

In quel mentre capì una cosa, la sua vita era stata fondata solo sull'odio e sulla sofferenza degli altri, solo che adesso era cambiato, nn voleva più uccidere persone solo per suo volere, adesso volevo aiutarli a difendersi da quel malvagio tiranno che era il loro re.

-Eragon se mi avessi lasciato ancora un giorno o due di tempo sarei riuscito a liberare Nasuada- sussurrò-ma adesso dobbiamo ancora fare una cosa insieme, fratello-.

Detto questo mormorò una Parola, il vero nome dell'Antica Lingua, e ogni incantesimo in quella stanza perse di significato, liberando Arya e Saphira . Che corsero insieme a Castigo verso il drago oscuro.

Quando Galbatorix capì cosa stava succedendo estressa Vrang, la spada di Vrael, la lama bianca brillava alla luce delle torce.

Allo stesso tempo Arya corse verso la testa del drago nero, che aveva la testa a livello del suolo, l'Orchidea, la lancia magica creata dagli elfi per uccidere i draghi stretta in pugno, e gliela conficcò nell'occhio.

A quel punto Murtagh si accasciò a terra per la perdita di sangue, proprio mentre il re si gettava su suo fratello, solo che dopo un paio di colpi qualcosa parve spezzarsi nel tiranno, che riusciva solo più a arrancare, implorando Eragon di far cessare il dolore che provava.

A quel punto il ragazzo li vide scomparire dal suo campo visivo e il buio calò sulla sua mente.  

  
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