Storie originali > Romantico
Segui la storia  |      
Autore: D e c e m b e r    26/11/2011    6 recensioni
«Si chiamava Nerea. Non avevo mai sentito quel nome prima d’ora ma mi piaceva il suo suono anche se non avevo la minima idea di cosa potesse significare né da quale lingua provenisse. Non avevo mai scambiato una parola con lei, a dire il vero nessuno l’aveva fatto perché rimaneva sempre in disparte e quando non lo faceva era per creare discussioni che fuori da scuola finivano facilmente in calci e pugni.»
Gioia ha diciassette anni, frequenta la quarta superiore e odia la sua classe. O meglio, odia gran parte dei suoi coetanei. Ha due grandi occhi color mogano ed una chioma di capelli rosso sangue, l'unica migliore amica che abbia mai avuto dista qualche migliaio di chilometri da lei e così si ritrova in balia dell'adolescenza e di ciò che la rende così terribilmente diversa. A Gioia piacciono le ragazze. Gioia è innamorata di Nerea tanto quanto potrebbe esserlo un ragazzo.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nevermind

Nevermind

 

Capitolo 1

 

Rimanevo sempre imbambolata nel cortile della scuola, appoggiata alla recinzione sverniciata. Tutta quella gente che schiamazzava non faceva altro che invogliarmi a starmene a casa la mattina anziché svegliarmi all’alba per prendere l’autobus.

 

L’unica ragazza con la quale avevo un buon rapporto era Rachele. Odiavo il suo nome ma non riuscivo ad immaginare di chiamarla con un altro. Era carina, alta, magra, ma niente di speciale, passava inosservata in ogni situazione e ciò non faceva altro che riempirla di complessi ogni qualvolta si innamorasse di un ragazzo.

 

La mia classe era composta da un insieme di persone che c’entravano poco o niente l’una con l’altra e nessuno faceva nulla per cercare di migliorare la situazione che c’era tra noi. Eravamo divisi in gruppetti, stupidi gruppetti dettati da pregiudizi altrettanto stupidi che sarebbero rimasti appiccicati addosso ad ognuno di noi fino alla maturità e forse anche oltre.

 

Nelle prime file c’erano le classiche secchione, nella parte destra, accanto alle finestre, c’erano quelle che ti passavano i compiti e ti suggerivano mentre in quella sinistra c’erano quelle stronze che se ti rispondevano ad una domanda era per dirti un falsissimo “Non lo so” o una cosa sbagliata di proposito, giusto per rimarcare la loro superiorità fatta di libri e quaderni sottolineati.

 

Nelle due file seguenti sedeva la così detta gente normale, persone che passavano più o meno inosservate per quasi tutti gli anni di scuola, persone che non avevano tanti rapporti con gli altri e che aprivano bocca solo se strettamente necessario, persone come me forse.

 

L’ultima fila era occupata dalla gente più sfasata della classe. C’era chi si metteva lo smalto, chi stava perennemente collegato a Facebook, chi disturbava le lezioni per far ridere i suoi amici e chi se ne fotteva altamente di tutte le categorie sopra citate.

 

In realtà, poi, l’unica persona che se ne fotteva di tutti era una ragazza che dall’inizio dell’anno aveva parlato solamente una volta con un componente della classe, Deborah, per mandarla sonoramente a fanculo, oltre ovviamente all’aver rivolto la parola ai professori per sollevare questioni che finivano quasi sempre con una nota con su scritto il suo nome e per rispondere alle interrogazioni. Lei se ne stava con il suo banco, staccato da tutti gli altri, in fondo alla classe nell’angolo destro e questo creava molte discussioni.

 

Rachele, quella mattina, era assente ma non era l’unica. Metà classe se l’era svignata in uno modo o nell’altro per cercare di non prendere il primo quattro dell’anno e così eravamo rimasti appena in otto. Questo lo scoprii quando la campanella che segnava l’inizio delle lezioni ci strillò nelle orecchie obbligandoci ad entrare ognuno nella propria classe.

 

Ero contenta del fatto che, per una volta, fossimo rimasti senza la parte di classe più rompicoglioni, ovvero le ultime file e qualcun altro che non sopportavo. I banchi verdini erano stranamente puliti quella mattina, osservai sedendomi al mio solito posto.

 

La professoressa di italiano, entrando in classe qualche minuto dopo il suono della campanella, ci ordinò di riunirci nella zona centrale così da essere tutti raccolti. Rimasi a sedere lì, scarabocchiando su un foglietto bianco trovato sotto il banco, quando con la coda dell’occhio vidi la ragazza dell’ultimo banco dell’ultima fila sedersi accanto a me.

 

Si chiamava Nerea. Non avevo mai sentito quel nome prima d’ora ma mi piaceva il suo suono anche se non avevo la minima idea di cosa potesse significare né da quale lingua provenisse. Non avevo mai scambiato una parola con lei, a dire il vero nessuno l’aveva fatto perché rimaneva sempre in disparte e quando non lo faceva era per creare discussioni che fuori da scuola finivano facilmente in calci e pugni.

 

«Ciao» buttai lì.

 

Al mio fianco sinistro, intanto, si sedette Veronica, una ragazza con qualche chilo di troppo e dei capelli biondi unti come l’olio. Ecco, Veronica era una delle persone che non sopportavo e chiaramente era seduta di fianco a me. Avrei dovuto passare l’intera mattinata di fianco ad una specie di maiale biondo ed un fantasma. Decisi di mandare un messaggio a Rachele per informarla dell’accaduto e ringraziarla, ironicamente, per avermi lasciata in balia di quella gente.

 

La lezione era iniziata da una ventina di minuti quando mi accorsi che Nerea mi stava fissando insistentemente. Continuai a guardarla con la coda dell’occhio fino a quando non mi decisi a voltarmi per constatare se stesse davvero osservando me. Mi girai e vidi due impenetrabili occhi grigi posati su di me. Credo facesse la modella o una cosa del genere, perché molte ragazze erano invidiose di lei e della sua bellezza, forse io ero compresa tra quelle ragazze, e poi Rachele mi aveva mostrato una sua foto del profilo dove appariva in un striminzito abitino nero su dei tacchi vertiginosi, in una posa elegante ma che ti imponeva di odiarla se eri del suo stesso sesso.

 

Assaporai il suo nome nella mente mentre il mio sguardo si spostava dai suoi occhi ai suoi capelli neri e disordinatamente mossi che sarebbero potuti stare bene solo a lei, con quel suo viso dai lineamenti decisi e freddi. Aveva dei grandi occhi color del fumo che mi penetravano senza lasciarmi via di scampo. Era disarmante.

 

«Puoi ridarmi la penna?» mi chiese. Aveva un tono distaccato e duro e solo in quel momento mi accorsi di star usando la sua penna nera.

 

«Ehm… scusa, l’ho scambiata per la mia» dissi ridandogliela immediatamente e cercando la mia. Ecco perché mi stava fissando, stavo prendendo appunti da una decina di minuti con la sua penna. Mi diedi della stupida mentalmente mentre, coperta dai miei capelli color miele, arrossivo.

 

In quel momento avvertii il telefono vibrare e mi ricordai di aver mandato un messaggio a Rachele. Senza farmi notare afferrai il cellulare e lessi la risposta: “Vicino a Nerea? Ahahah auguri! Se torni a casa fammi uno squillo così sono tranquilla! Scherzo, a domani, un bacio!” rilessi il messaggio due volte. Anche a Rachele Nerea non stava simpatica. A nessuno stava simpatica, in realtà, ma probabilmente perché il più delle ragazze, essendo invidiose, non provavano nemmeno a fare conoscenza con lei e si limitavano a spargere brutte voci.


*

 

Le due ore seguenti si erano susseguite in una noiosa cantilena dettata dai monologhi dei professori. Italiano poteva essere paragonato ad una dose di sonnifero, mentre matematica e diritto erano state due mazzate in testa. Quando suonò la campanella che segnava l’inizio dell’intervallo mi alzai, presi la giacca, e decisi di andarmene in cortile per prendere una boccata d’aria. O di freddo, dati i due gradi sottozero di quel sabato.

 

Generalmente se non c’era Rachele a ricreazione rimanevo in classe, perché mi sentivo una stupida a stare nel cortile da sola mentre ognuno rideva e scherzava con qualcun altro. Quella mattina decisi di uscire comunque dato che Nerea rimaneva sempre sola, anche durante l’intervallo, così colsi l’occasione al volo e cercai di seguirla per scambiarci due banali parole.

 

Uscii dall’entrata sul retro e la vidi appoggiata alla parete pervinca della scuola. Sul retro non ci stava mai nessuno, a parte un gruppo di ragazzi che rollava canne e non doveva farsi scoprire dagli insegnanti, così appena il portone antipanico si richiuse tutti si voltarono a guardare chi fosse uscito.

 

I ragazzi mi guardarono e sentii uno di loro fare una battuta che probabilmente doveva essere una presa in giro su di me. Non ci feci caso e mi avvicinai a Nerea. Quando gli fui davanti mi accorsi di non avere nessun pretesto per il quale mi trovassi lì, a due passi da lei e così cercai di inventarmi qualcosa.

 

«Scusa… volevo chiederti…» osservai il fumo dissolversi dalla nuvola densa che aveva soffiato fuori dalla sua bocca. Aveva delle labbra carnose, ma nella norma, lievemente piegate all’ingiù e ciò le donava un’aria ancora più misteriosa, quasi cattiva. «…hai una sigaretta?». Mi accorsi della cazzata che avevo appena detto quando vidi Nerea sfilare fuori da un pacchetto di Marlboro rosse ciò che le avevo chiesto. Afferrai la sigaretta, le mani mi tremavano e sperai che non se ne accorse o pensasse che fosse colpa del freddo, e rimasi lì impalata a guardarla.

 

«Quindi?» chiese con aria strafottente dopo qualche secondo di silenzio.

 

«Hai… hai da accendere?» dovevo essere molto patetica e pregavo che quella scenata finisse al più presto, desiderai di scavarmi una buca e sparirci dentro in quel momento.

 

«Nerea stai attenta che a quella piace la figa!» urlò uno dei ragazzi del gruppetto.

 

Arrossii violentemente mentre cercavo di accendermi la sigaretta, per la prima volta della mia vita, trasalii e mi cadde la sigaretta dalle labbra finendo a terra. La raccolsi immediatamente, rossa in viso, e captai lo sguardo duro di Nerea.

 

«Ehm… scusa… » dissi accampando una scusa che non sapevo nemmeno io a cosa fosse riferita. Poi la vidi sollevare un angolo della bocca per scoprire un sorriso sghembo che mi lasciò pietrificata.

 

«Ti piace la figa?» mi chiese mentre mi guardava.

 

I ragazzi scoppiarono a ridere e lei gli rivolse uno sguardo di puro divertimento, poi tornò a fissare me che cercavo di spiccicare qualche parola senza riuscirci. Volevo dire che non sapevo di cosa stessero parlando quei quattro, anche se lo sapevo benissimo, ma non riuscii a comporre una frase di senso compiuto.

 

Nerea mi afferrò per il viso con una presa ferrea, affondando le sue unghie laccate di nero nella mia pelle e provocandomi un certo dolore. Rimasi pietrificata mentre un coro di “Oh” interessati e divertiti si sollevò dai ragazzi. «Allora succhiamela» sputò fuori con veleno quelle parole prima di avvicinare maggiormente il mio volto al suo e sputarmi.

 

Il secondo dopo, in uno stato quasi di trance, ricordo di aver visto i ragazzi passarmi di fronte ridendo e di essere stata spinta contro un muro mentre la campanella suonava. Quando ripresi conoscenza, in una manciata di secondi, mi ripulii il viso dallo sputo di Nerea che sapeva di catrame e corsi in bagno per chiudermici dentro. Non avevo il coraggio di uscire da quella porta. Già non avevo un’ottima fama, ora con questa novità tutto sarebbe stato peggiore e mi sembrava già di vedere gli sguardi altrui puntati su di me mentre si spargevano altre voci sul mio conto.

 

Chiusi gli occhi ed avvertii il calore delle lacrime riscaldarmi il viso punto dal freddo e mi accasciai sul pavimento.

 

 

 

 

Note: saaaaalve gente. Questo è un esperimento che mi è venuto in mente qualche giorno fa e che ho deciso di iniziare a mettere nero su bianco. Non ho mai scritto di relazioni tra ragazze né ho mai approfondito il genere romantico, infatti mi sento a mio agio tra drammi, sangue e cose varie ma volevo provare qualcosa di nuovo, almeno per me. Qualche recensione mi farebbe molto felice e forse mi invoglierebbe anche a continuare questo mio esperimento. Grazie a chi si impegnerà anche solo a leggere, è già un inizio ò.ò

Ci si vede al prossimo capitolo bbbbelli.

December

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: D e c e m b e r