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Autore: isidrinne    27/11/2011    4 recensioni
"... Forse un mondo e  un tempo in cui saremo solo amici esiste... Un mondo in cui starò al suo fianco senza possederlo... Ma quel mondo non è questo... E quel tempo non è ora!"
Un'alternative universe, quindi, annunciata e portata avanti raccontando la storia di un ciuffo biondo di nome Thomas Ratliff, che detesta essere chiamato Joseph e diminutivi connessi (Joe o Joey), dei suoi amici più o meno "allegri" e del suo lato oscuro, che una diva dai capelli di fuoco e gli occhi di ghiaccio riuscirà ad ammorbidire... forse
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Hold on until it's over 1
Hold on
until it's over

By Isidrinne


Eccomi qua... di nuovo!!!^^
Non bastavano due fiction in corso d'opera
su cui spremere le meningi,
ne ho dovuta cominciare un'altra,
perché per me tre è il numero perfetto... ^^;
Che posso dire oltre ad augurarvi buona lettura?
Che i vostri beniamini così non li avete mai letti, di questo posso darvi certezza (anche io ho faticato ad immaginarmeli così, all'inizio),
per il resto... mi appello alla vostra clemenza^^




DISCLAIMER: Adam Lambert e la sua grandiosa esperienza di vita, come pure il suo entourage così spettacolarmente variegato, sono una semplice ispirazione per la mia arte e il mio talento di scrittrice.
Non ho alcuno scopo di lucro nell'utilizzare nomi e parti pubbliche della biografia di ciascuno né pretesa di descrivere eventi realmente accaduti nelle vite dei personaggi nominati.






"... Forse un mondo e  un tempo in cui saremo solo amici esiste... 
Un mondo in cui starò al tuo fianco senza possederti...
Ma quel mondo non è questo... E quel tempo non è ora!"

«Ehilà Thomas... Che ti offro?»

Bob aveva da sempre una simpatia particolare per quel finto biondo dall'improbabile ciuffo sparato a destra, una simpatia senza dubbio equivoca anche per chi non conosceva i gusti del barista del Tower.

Dal canto suo il finto biondo dal ciuffo sparato a destra rispondente al nome di Thomas non aveva mai approfittato una volta dei favori che Bob, ne era sicuro, gli avrebbe fatto pagare successivamente e in un altro modo, che  sicuramente avrebbe considerato troppo caro.

«Mi dai una Pabst ghiacciata, spina, chiaramente, e una doppia porzione di brownie cake bollente!» ordina sottolineando le prime due parole con una significativa sillabazione.

Bob, lontano dallo stereotipo della checca isterica che avrebbe girato le terga sbuffando sdegnata a chi lo aveva rifiutato per l'ennesima volta, ma essendolo, checca isterica, si limita a chiedergli, glaciale: «Al tavolo o qui al banco?»

Thomas si gira intorno, per un attimo incerto sul da farsi, e poi opta per mettere più distanza possibile fra lui e il gay-radar di Bob, che, ne era sicuro, avrebbe iniziato a fare bip a più non posso non appena si fosse seduto sullo sgabello.

«Tavolo, grazie!» e si avvia verso quello libero di fronte alla vetrina più lontano dal bancone.


Non che sia omofobo, il suo migliore amico, Isaac, lo aveva servito più di una volta e lui l'aveva sempre lasciato fare senza battere ciglio, però il gay genere Bob, effeminato, pauroso fino alla paranoia, portato al melodramma e a mettere il broncio come neppure il più capriccioso dei mocciosi, proprio non lo digerisce.

È più forte di lui.

Ma la caffetteria del Tower Center è l’unica di tutto lo stato a farsi arrivare la sua birra preferita in comodi barili pronti per la spina, e questo basta a Thomas per sopportare di buon grado le se avances.

Sistematosi al tavolo e puntato lo sguardo assorto verso l'esterno, Thomas ritorna a far compagnia a i suoi pensieri.

Il primo a richiedere prepotentemente l’attenzione dei suoi neuroni è stato l’ultimo degli ennesimi battibecchi con suo padre…

«Thomas, è impossibile che con il tuo punteggio di diploma tu perda ancora tempo appresso a quello sfaticato e ai suoi sogni di gloria!»

«Ma certo! Chiunque non rientri nei tuoi canoni di perfetto essere umano è uno sfaticato, vero? Peccato mortale non essere cresciuto nella famiglia giusta, vero?»

«Thomas, non transigo! A settembre ti trasferirai a Boston e inizierai il dottorato al MIT»

«Scordatelo!!!»

Il Thomas di oggi seduto al tavolo di quel bar chiude gli occhi come volesse trattenere dentro di sé, in un impeto di masochismo, tutto il dolore che potrebbe sfogare con le lacrime che premono impazienti sulle palpebre.

Quello “scordatelo!”, urlato alzandosi di scatto e uscendo di casa sbattendo la porta con così tanto rabbioso livore da bastare a riempire un girone infernale, è stata l’ultima parola che ha detto a suo padre, e quella ennesima discussione sul suo futuro l’ultima avuta, e sarà impossibile averne altre, forse neanche nell’aldilà…

La mano di Thomas stringe convulsa un pezzo di carta, quasi a voler esorcizzare il dolore distruggendo qualcosa, ma riaprendo gli occhi, il finto biondo decide di tirarlo fuori dalla tasca appena in tempo per mantenere leggibile il nome del gruppo che suonerà stasera al The Pit.

The Country Artery: sa tanto di galline da depredare dei loro possibili figli e di fienili da riempire con forcone e olio di gomito…

- E come un pollo ti sei fatto incastrare, Tommy - pensa desolato mentre dedica l’attenzione dovuta alla sua colazione preferita che nel frattempo era riuscita ad atterrare sul tavolino davanti a lui, portata da Meggie, la cameriera più alla moda di tutti i locali del Boulevard.

La goduria dell’ustionante contatto del cioccolato bollente con le pareti dell’esofago, immediatamente stemperato dal ghiaccio di malto della birra, rigorosamente spinata, è avvicinabile solo dall’estasi procurata dalle mani del suo amico Sutan quando gli fa un massaggio.

Dopo essersi dedicato alla colazione, torna a considerare il residuo di volantino scampato allo scempio.

- E già, caro il mio Tommy - esclama senza voce alzandosi e dirigendosi verso il registratore di cassa - Ci sei cascato come un pollo… Non gli hai saputo dire di no - con la sgradevole sensazione di essere stato intrappolato in una situazione che avrebbe detestato, e non per pregiudizio.

Dopo avere, nell’ordine, pagato la colazione, ignorato gli sguardi famelici di Bob, salutato Meggie con un buffetto sulla guancia e infilato la porta scorrevole del Tower, Thomas si trova all’esterno sotto il sole californiano con una decisione da prendere: andare a trovare il suo amico prima del concerto, o dedicare un po’ di tempo a se stesso.

Considerando che il suo amico avrebbe di certo avuto di meglio da fare che quattro chiacchiere con lui, prima di ogni esibizione riesce sempre a trovare “compagnia” per scaricare la tensione, e non con le chiacchiere, Thomas decide di dirigersi verso il centro benessere di Sutan, il suo massaggiatore di fiducia, per regalare un paio d’ore di coccole a se stesso e al suo corpo.


«Ehi!… Chi non muore si rivede!» esclama con un sorriso a trentadue denti il padrone di casa non appena vede Thomas mettere piede nel salone «Troppi impegni anche per farti vivo con un tweet?».

Thomas lo squadra storto come il suo umore accomodandosi sullo strapuntino all’ingresso «Lascia perdere» commenta laconico «Mia madre fa i salti di gioia, io sprofonderei all’inferno…» riferendosi al lavoro di consulente informatico in cui era stato intrappolato dai suoi ottimi voti di diploma e dal fottuto incidente…

Thomas socchiude gli occhi a quel pensiero, cercando di ricacciarlo nell’inferno nascosto della sua anima… fortunatamente, Sutan interviene in tempo per impedire il collasso emotivo del cliente, nonché amico, Thomas.

«Sei fortunato, ragazzo! Sono libero, e a tua disposizione per qualunque cosa tu desideri… unghie, massaggio, capelli?…»

Thomas, grato al tempismo degli astri, si riscuote pensando a cosa gli piacerebbe e decide per un massaggio.

«Il signore è servito! Prego signore mi segua… Solita sala, giusto?» sorride Sutan allegro in stridente contrasto con l’umore nuvoloso del ciuffo biondo.

Thomas annuisce, mentre segue Sutan in un dedalo di corridoi che porta alla sala massaggi più interna e lussuosa del centro, la sala Orchidea Nera.

«Eccoci qua… Mentre io preparo il signore si può accomodare nello spogliatoio… Conosce la strada, giusto?»

L’ossequioso invito di Sutan fa sorridere Thomas mentre, raggiunto il separé inizia a spogliarsi del completo grigio da perfetto consulente che gli copre il corpo per la maggior parte della giornata.

Via la giacca, che trova asilo su una stampella; via gli stivali texani, unica concessione al gusto personale per non impazzire dal ribrezzo prima di sfilare dalle gambe asciutte ma comunque muscolose al punto giusto i pantaloni che ben piegati, vanno a far compagnia alla giacca sullo staggio inferiore della stampella; via la camicia che, in mancanza di un altro più adeguato sostegno, viene distribuita equamente e con ogni cura perché il collo non subisca deformazioni fra i due pomelli dell’attaccapanni.

Inevitabile un masochistico sguardo allo specchio, disgustato quanto il sospiro che gli esce di bocca, prima di sfilarsi i boxer.

Regola d'oro di Thomas Ratliff: mai farsi fare un massaggio in boxer, però quanto è dura rimanere completamente privo di vestiti di fronte a un te stesso che non ti è mai piaciuto!

Afferrato in fretta e furia l’asciugamano approntato sullo sgabello e cintoselo ai fianchi, Thomas esce dallo spogliatoio e si dirige verso il tavolo dove Sutan lo sta aspettando.

O il suo altare, come ama chiamarlo…

Più che un tavolo vero e proprio è un rialzo in pietra nera di altezza sufficiente da consentire al massaggiatore di lavorare comodamente, in perfetto accordo con lo stile grotta hawaiiana della sala, sul quale Thomas, inevitabilmente ad ogni massaggio, vive una fantasia molto particolare.

Anche questo non fa eccezione: quando le esperte mani di Sutan, spandendo nell’aria l’aroma fruttato dell’olio da massaggio agli agrumi, iniziano a percorrere centimetro per centimetro i muscoli delle sue spalle, rilassandone ogni fibra, la sua mente inizia a vagare in un mondo scuro come le pareti della sala e sensazioni diverse da quelle più erotiche ma ugualmente piacevoli che si impadroniscono dei suoi lombi osservando le esibizioni delle lap-dancers nei bikini bar,  si impadroniscono di lui.

Ma stavolta non può lasciarsi andare: di solito dopo il massaggio va a trovare la sua gattina, per continuare il “discorso” iniziato in precedenza; stasera, invece, deve fare un favore al suo amico, di conseguenza deve mantenersi lucido.

«Su, per caso ti piacciono gli uomini?» gli chiede all’improvviso, proprio per non lasciarsi sopraffare dal torpore che il piacevole massaggio gli provoca e dalle inevitabili conseguenze.

«Ossantocielo! No!» esclama recisamente Sutan che, nonostante i modi decisamente eleganti e per nulla sguaiati che lo inquadrerebbero senza dubbio tra i “diversi”, predilige accompagnarsi al gentil sesso.

«Perché me lo chiedi? Non mi dire che lo sembro» conclude preoccupato che un’immagine troppo effeminata possa nuocere alla sua attività.

«Così… Tranquillo, non lo sembri, è solo che mi è venuta in mente la regola di Cris sui massaggiatori…»

«La regola di Cris?»

«Sì, la sua classifica dei migliori massaggiatori mette al primo posto i gay… Se non ti piacciono gli uomini, vuol dire che tu sei l’eccezione che conferma la regola: hai le mani d’oro!»

Sutan sorride compiaciuto: non è da Thomas Ratliff sperticarsi in complimenti, e questo gioco di sponda per lui è come un’ammissione di incondizionato apprezzamento.

«Vuoi dire che lo “scazzo”, come lo chiamate voi giovani, sono riuscito a fartelo passare?»

A questa domanda, Thomas scoppia a ridere «Noi giovani???… Sì, decisamente mi è passato» lo rassicura congedandosi per imboccare la strada verso “The Pit”, il locale dove Isaac si sarebbe esibito. Pensando cupamente - Almeno per un po’ -



   
 
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