The
fair
distance_
Tokyo,
un supermercato qualsiasi, un giorno di Novembre dell’anno
1996.
Erano andati a fare la spesa, lui e la mamma. A Takeru piaceva moltissimo, soprattutto perché le signore della panetteria gli davano sempre un pezzetto di schiacciata quando lo vedevano. Inoltre, gli piaceva aiutare la mamma.
Soprattutto
da quando erano soli, loro due.
La vide spuntare la lista, un articolo dopo l’altro, fino alla fine.
<< Abbiamo finito. Andiamo alle casse, Takeru. >>
Takeru amava incondizionatamente anche le casse. Voleva sempre essere lui a posare gli oggetti sul nastro.
E
la mamma, da un po’ di tempo a questa parte, glielo lasciava
sempre
fare.
C’era gente. Molta gente.
La mamma lo guidò fino alla fila più corta e quando la raggiunsero gli occhi di Takeru si spalancarono.
<< Yama-nii! >>
Corse ad abbracciare il bambino biondo davanti a lui.
Non
notando la tristezza che aveva negli occhi.
La mamma lo guardava impaurita, ma Takeru non le badò.
Aveva trovato papà e Yamato. Si dimenticò persino di mettere le cose sul nastro e l’unico suo contributo fu di togliere il divisorio tra la spesa della mamma e quella del babbo.
Guadagnandosi
ancora degli sguardi sconsolati.
Era il loro turno. La cassiera fece scorrere gli articoli, fino allo spazio tra i due cumuli.
<< Siete insieme? >>
<< Sì! >> esclamò Takeru.
<< No. >> risposero, invece, la mamma e il papà.
Takeru lasciò il braccio di suo fratello.
Abbassò
lo sguardo e quasi pianse.
<< Vieni, tesoro. >>
La mamma lo strinse a sé.
<< Ti va di tenermi la borsa? >>
Poi iniziò a mettere gli articoli in una busta.
Senza neanche guardare i due che si allontanavano dalla cassa.
Takeru
guardò le schiene – troppo distanti –
di suo padre e suo
fratello.
Nessun saluto, neanche da lì.
Lui alzò comunque la sua manina, sventolandola in aria.
Ma iniziava a dubitare che qualcuno gli avrebbe mai risposto.
Nessun saluto, neanche da lì.
Lui alzò comunque la sua manina, sventolandola in aria.
Ma iniziava a dubitare che qualcuno gli avrebbe mai risposto.
Tokyo,
una strada qualsiasi, un giorno di Novembre dell’anno 2006.
Aveva accompagnato sua mamma per negozi. Doveva comprare un vestito per il matrimonio di una sua collega e un sacco di altri accessori strettamente necessari.
Odiava portare sua madre a fare shopping, perché si sentiva un facchino. Ma finché si trattava di “una volta ogni tanto” poteva anche sopravvivere.
Soprattutto
perché era abituato a ben altri pesi.
Uscirono dall'ultimo negozio dopo quelle che gli parvero ore.
<< Ti sei annoiato? >>
Non rispose nemmeno a sua mamma, mettendo il broncio.
<< Non fare il bambino! >> gli disse ridendo.
Si
divertiva a prenderlo in giro, tutte le volte che si comportava
così.
Svoltarono un angolo.
Takeru si trovò a fissare i suoi stessi occhi.
<< Yama-nii! >>
Quella volta non poté andare ad abbracciarlo, carico com’era.
<< Ti sei ridotto a facchino? >> gli chiese candido suo fratello.
Con
gli occhi, intanto, rideva.
<< L’hai schiavizzato! >> esclamò Hiroaki.
<< Una volta ogni tanto gli fa solo bene. >> ribatté Natsuko.
<< Effettivamente è mingherlino. Un po’ di pesi lo aiuterebbero. >> continuò Yamato.
Aggrottò le sopracciglia.
<< Non prendetemi sempre in giro! >>
Tutti
e tre lo guardarono sorridendo.
Yamato si mosse a compassione.
<< Hai bisogno di una mano? >>
Lui scosse la testa.
<< No, grazie. Non sono pesanti. >>
Hiroaki recuperò una scatolina (gli orecchini?) che stava cadendo.
<< Come ti pare. >>
Takeru
alzò gli occhi e annuì, sicuro di sé.
<< Noi dobbiamo andare. >>
<< Fa’ il bravo cavaliere, Takeru. >>
<< Ciao, tesoro. Ciao, Hiroaki. >>
I due si allontanarono, dando loro le spalle.
Avendo
entrambe le braccia occupate, Takeru si risolse a urlare un <<
Ciao! >> da sopra la pila di pacchetti.
La mano destra di entrambi si alzò in segno di saluto.
E mentre riprendeva a camminare, di fianco a sua madre, Takeru pensò che quella, come distanza, andava più che bene.
La mano destra di entrambi si alzò in segno di saluto.
E mentre riprendeva a camminare, di fianco a sua madre, Takeru pensò che quella, come distanza, andava più che bene.
Buona domenica a tutti!
Eccomi qua con un'altra one-shot, Takeru pov, del tutto priva di originalità nell'argomento ma che spero si salvi con l'ambientazione.
È il risultato di una domenica mattina passata da sola in casa... Spero, ovviamente, che possa piacervi, soprattutto se avete sprecato tempo ad arrivare fin qua.
Eventuali recensione, di ogni genere, riceveranno risposta. Un abbraccio!
coco1994
P.S. A tutti coloro che leggono e seguono "The last Digital star", non disperate! Sono alla quinta diversa versione del capitolo, ma con un po' di fortuna questa dovrebbe andare rendermi soddisfatta. Grazie per la pazienza che mi riservate.