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Autore: AngelOfSnow    27/11/2011    2 recensioni
A lungo ho sperato in qualcosa che somigliasse vagamente alla luce... ma non è mai arrivata lasciandomi priva di appigli e punti saldi per salvarmi. Mai.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Baciata Dalla Signora in Nero.





- Sarà come se non fossi mai esistita. -

A lungo ho sperato in qualcosa che somigliasse vagamente alla luce... ma non è mai arrivata lasciandomi priva di appigli e punti saldi per salvarmi. Mai.
 
Ho visto cadere tante persone cadere in quell’oblio totale, da cercare di rimanere indifferente al suo passaggio. Era tutto inutile.
Il tormento derivato da tutte le mie indecisioni, calca insolente il vortice in cui il dolore mi ha gettata tanto tempo fa, troppo. L’unica cosa da fare quella sera per scamparvi, era già stata presa, mettendo la parola fine ad ogni cosa.
Sento come ci si possa distruggere con nulla. Il nulla dentro l’infinito...
Com’erano quelle canzoni che cantavo da giovane, in cui si pensava che dividendone il peso con qualcuno, esso si sarebbe alleggerito?
Sottigliezze, inutili sogni....
L’infinito è un baratro nero in cui ogni emozione si annulla inevitabilmente.
 
Come posso dire una cosa del genere?
Ero una ragazza di 19 anni a cui la vita, aveva sottratto tutto nell’arco di poco tempo.
L’affetto dei miei genitori mi era stato negato, all’età di 12 anni, durante una rapina dentro casa, per proteggermi da uno stupro sicuro.
 Di quella notte, ricordo il suono del campanello durante l’ora in cui solitamente cenavamo, i sorrisi di mia madre, quelli di mio padre che, dopo molti anni, erano ancora carichi di passione, poi due uomini incappucciati. Uno che mi afferra toccandomi senza pudore, l’altro punta la pistola contro loro. Mia madre contro il primo, mio padre contro quello che stava per violarmi... due spari.
 I due spari usciti in sincronia dalle gelide canne appena riscaldate dai quei potenti suoni...i corpi immersi dei miei genitori in pozze di sangue. Il loro sangue. Il sangue con cui mi avevano data alla luce.
 
Mi ero trasferita dalla sorella del mio defunto padre: Serena... un anno più tardi, le fu riscontrato il cancro al pancreas e dopo aver compiuto 14 anni morì, lasciandomi nelle mani di psicologi ed assistenti sociali a cui piaceva tanto affidarmi in famiglie. Famiglie false e costruite appositamente per trattarmi come un animale appena catturato dalla giungla. Inutile dire che scappai facendomi credere morta.
 
Non ricordo come  feci a sopravvivere, ma ricordo come a 18 anni, andai a lavorare in un bar gay. Il miglior lavoro del mondo fatto di serate in compagnia, tetto sicuro sulle spalle, incontri, amicizie, alcol e creazioni da barman degne di tale nome. Ero brava, non smettevano mai di dirmelo, avrei potuto fare successo. Inevitabile l’incontro dell’unico ragazzo etero, trascinato dagli amici gay, in una serata qualunque e inevitabile il letto in cui, 2 mesi dopo, ci eravamo amati in molte notti.
 
Era bello Gabriel, bello come l’angelo a cui si erano ispirati i propri genitori, e come tale, era scomparso punito dalla “Signora in Nero”, quella stessa estate, per essermi stato accanto.
Il mio unico amore con cui avevo avuto il fatidico “colpo di fulmine”... tale era stato il suo ingresso nel mio grigio cielo, nero semmai.
 
Tenevo in grembo il frutto del nostro amore, l’unico punto in cui il mio cuore, già così affranto, avesse riposto rimedio. Ed ero così felice di poter tenere una potenziale progenie per il mio defunto angelo. Il 7 mese di gravidanza, la donna che troppo spesso mi aveva fatto visita, durante un incidente in cui ero stata coinvolta, mi aveva accarezzato la pancia... era maschio... l’avrei chiamato Davide...
 
Sembrerà scontato, dunque, che il giorno stesso del mio compleanno, avessi fatto scorrere una fredda ed affilata lama sui miei polsi caldi recidendo quello che un tempo sembrava essere il mio polso. A che pro, continuare a vivere, se tutto quello per cui avevo lottato, era sfumato senza consistenza sotto i miei occhi rotti dal pianto?
Non ricordo dove sono nata, quando, o che lingua io parlassi. Ricordo soltanto quei pochi avvenimenti per cui la mia anima, trascinata affondo da quella presenza costante, adesso vaga nell’infinito, riuscendo ad osservare i ricordi a cui le “nuove arrivate” si attaccano come bagaglio  unico di quelle semplici morti per banali e futili motivi.
Se sapessero cosa realmente significa vedere i propri genitori uccisi senza ritegno, avrebbero cominciato ad amare quel semplice tepore all’interno  di un famiglia al posto di rinnegarlo. Se loro sapessero con quanta gioia avrei preferito sentirmi dire un semplice - “Tra noi è finita” – alla morte dell’unico uomo che avessi amato. Se loro sapessero quanto avrei desiderato poter vivere accanto al frutto dell’amore che, per 7 mesi, avevo tenuto in grembo...
 
Mi vien da ridere: se sapessero quanto la mia vita fosse stata baciata dalla “Signora In Nero”,dalla Morte, avrebbero accettato di buon grado il bacio della Vita che avrebbero avuto modo di saggiare sulle proprie esistenze...
Ma adesso, è tardi, l’infinito non accetta rifiuti, rimpianti, desolazioni per un errore di calcolo o volontà: quando si decide di metter fine alla propria esistenza bisognerebbe pensare ai reali motivi per porvi fine.
Io, ho trovato la pace nell’oblio totale, senza rimpianti, in fondo, non avevo motivo per gioire di quel dono.
Ma tu, che cedi sotto il peso di un problema superfluo,e che avresti la possibilità di superare aggrappandoti a quell’unico appiglio: sarai in grado di sopportare il peso della tua azione dopo?

 

   
 
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