Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: DarknessIBecame    27/11/2011    4 recensioni
"Prima che il buio la avvolgesse, insieme all’acuto urlo che le scoppiò nel petto, riuscì a sentire le sue ultime parole.
-Pensi di aver cambiato idea…beh, forse è meglio che tu ci ripensi. O ce ne pentiremo entrambi.-"
- - - -
"Non l’aveva trovava assolutamente adorabile quando l’aveva stesa sul letto e lei gli aveva fatto un sorrisone addormentato, l’orecchino fosforescente di Mercedes ancora al lobo sinistro ed i boccoli sfatti ad accarezzarle il viso rilassato…No, certo che no, per niente adorabile."
Questa storia ha partecipato al Monthly Contest. Terza classificata e vincitrice del Premo Speciale Personaggi.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Noah Puckerman/Puck, Rachel Berry | Coppie: Puck/Rachel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Titolo: Change it back
Autore: Kathlyn
Fandom: Glee
Personaggi: Rachel Berry; Noah Puckerman
Rating: Arancione/Rosso
Genere: Angst, Sentimentale, What if
Avvertimenti: Blame it on the alchool, a tratti AU, a tratti OOC
Prompt scelto: Don’t you want me
Note dell’autore: Uh, ecco. Solo una preghiera. Arrivate fino alla fine? Per favore? Lo so, può sembrare difficile, ma vi prometto che ne varrà la pena. Se arrivate alla fine, vi regalo un cioccolatino, va bene? E tenete in mente che quest' o.s. è venuta fuori al risveglio da un incubo. Niente è come sembra, negli incubi.


Come diamine aveva fatto a cacciarsi in quella situazione non lo sapeva.
Stesa sul tavolo di un uomo sconosciuto, mezza nuda, con lui che la sormontava completamente…non riusciva proprio a capacitarsene. Letteralmente, non ricordava neanche com'erano arrivati lì.
Il momento prima lui entrava nel suo bar, vestito di tutto punto, cravatta e valigetta, due occhi verdi e penetranti che potevano far sciogliere ogni donna nel raggio di chilometri. Un secondo dopo, in un vortice confuso d'immagini e volti, stava flirtando con lui. Due ore dopo, che sembravano solo un paio di minuti, gli stava raccontando del suo college, dei suoi sogni di Broadway e di quale fosse il ruolo a cui più ambiva. Lui l’aveva guardata tutto il tempo con uno strano sguardo negli occhi, un predatore intento a leccarsi i baffi. Eppure lei non vi aveva fatto troppo caso, contenta com’era che qualcuno stesse a sentirla nei suoi interminabili monologhi. E altri due secondi dopo, era avvinghiata a lui nell’ascensore del suo appartamento costoso.
Si era lasciata sedurre, aveva gettato le precauzioni al vento quando aveva toccato il suo petto muscoloso e quelle adorabili braccia, si era donata a lui. Era stato un po’ violento, forse, ma l’eccitazione di un’avventura come quella non le sarebbe ricapitata presto. Ci era rimasta male quando dopo il terzo orgasmo, lui l’aveva in pratica cacciata di casa, trovando una scusa come un’altra per buttarla fuori. Le aveva dato i soldi per il taxi e lei si era sentita sporca nel salire in macchina, con il denaro di un uomo di cui non sapeva neanche il nome.
I giorni successivi si erano susseguiti in una nuvola di desiderio e sensi di colpa, la scuola quasi dimenticata ogni volta che lui tornava nel bar in cui lavorava e le posava possessivamente una mano sul fianco.
Dopo aver scoperto che quello che aveva davanti era Noah Puckerman, famoso regista di Hollywood, aveva cercato di tirarsi fuori da quella situazione. Solo che lui era così dannatamente eccitante, la faceva sempre sentire speciale, almeno quando erano soli.
In un battito di ciglia era passato un anno, un anno confuso in cui ricordava spezzoni di audizioni, senza neanche rammentare se avesse cantato qualcosa, soltanto con la sensazione di aver dato il meglio, mai la certezza. E doveva a lui tutto quello che le era accaduto, dove era arrivata. Essere la compagna di letto di Noah aveva i suoi vantaggi, più di uno, ma aveva come l’impressione che ogni suo giorno fosse colorato da una nube di rimorso, e di vergogna.
Due anni dopo aveva sfondato sul grande schermo, facendo quel che più amava. Recitava e cantava come la star che sapeva di essere, la colpa di aver deluso i suoi, dopo aver lasciato la scuola, rinchiusa in un cassetto della memoria ogni volta che sentiva nascere un applauso quando entrava in una stanza. Noah diventava sempre più importante per lei, ma in fondo al cuore sapeva che c’era qualcosa di sbagliato nella loro relazione. La sbandierava al vento come un oggetto, le diceva di amarla con fin troppa possessività, ogni volta che facevano l’amore diventava più violento, se durante la giornata credeva che qualche intervistatore o qualcuno della troupe le si fosse avvicinato troppo. Era solito ripeterle, anche se non riusciva a ricordare bene in quali momenti, che lei era sua, che lui l’aveva presa dal basso, le aveva dato modo di osservare il mondo dalla sua vetta e l’aveva cambiata completamente. Tutto quello che era adesso, lo doveva a lui.
Rachel cominciò a domandarsi se non ci fosse qualcosa di sbagliato in loro due insieme. Cominciava ad avere sempre più lividi, dove le mani di lui si aggrappavano, lividi difficili da coprire col fondotinta e che avrebbero messo in allarme le sue truccatrici, se non fosse stata attenta. Lui la avvertiva ogni volta di non farsi scoprire, eppure ogni volta continuava a stringerla più forte, a sbatterla più forte contro un muro, a baciarla e morderla con più violenza, dentro a quel letto. Un letto che stava diventando il suo incubo.
Dopo cinque anni dal loro primo incontro, Rachel confessò a Noah che sì, lo amava ancora, ma che se ne sarebbe andata di lì seduta stante. Poteva essere chi voleva, anche senza il suo aiuto. Era una star, tutti lo sapevano e anche se non ci fosse stato lui, il suo destino non sarebbe mai cambiato. Sentì un “te ne pentirai” mormorato alle sue spalle, che la fece tremare di paura mentre attraversava per l’ultima volta casa di Noah Puckerman.
 
La sua vita passava fin troppo velocemente, e tante cose non le quadravano. Eppure non si faceva domande, andava avanti come se niente fosse, anche dopo l’arrivo del primo pacco.
Era da parte SUA, lo sapeva, riconosceva la scrittura. C’era dentro un vestito e un biglietto, una sequela di oscenità su cosa le avrebbe fatto se l’avesse vista con quello indosso, scritta sopra. Tremò giusto un secondo, ricordandosi che ormai lui era fuori dalla sua vita e non poteva toccarla.
Arrivò il secondo pacco, ed una nuova paura si fece strada nel suo corpo. Non sapeva chi l’avesse messo sul tavolo della sua cucina e non voleva pensare a cosa significasse tutto ciò. Chiese alla sua cameriera di buttarlo, e di non fare domande.
Ogni nuovo pacco la faceva uscire di testa: la forma, le parole…si, era arrivato perfino a scrivere sopra alla carta del pacco.
Un mese dopo la rottura cominciò a vederlo tra la folla dei fan. Occhiali scuri che ne coprivano lo sguardo che un tempo aveva amato, le mani affondate nelle tasche dei jeans, cercando di risultare rilassato, di passare inosservato. Neanche tra tutta quella gente avrebbe potuto passare inosservato ai suoi occhi. Conosceva ogni minimo particolare del suo fisico, e vederlo sorridere sprezzante ogni volta che voltava il viso verso di lui, le faceva venir voglia di vomitare.
Che si era messo in testa?
I mesi passavano e lui non voleva ancora lasciarla in pace. La seguiva giorno e notte, le erano arrivate persino voci che mettevano in dubbio la sua carriera di regista, data l’assenza dalle scene per tanto tempo. Lo ritrovava nei locali dove si incontrava con le amiche, non si perdeva nessuna delle prime a cui lei partecipava, rimaneva nell’angolo a fissarla fin quando non rientrava a casa, sudata e scossa, in cerca di sollievo nelle pillole di sonnifero che le avrebbero dato l’oblio per una manciata di ore.
Al settimo mese cominciarono le lettere. Dicevano tutte la stessa cosa.
“Non posso credere che tu non voglia più vedermi. Sai che dovrai farlo, piccola, alla fine saremo di nuovo faccia a faccia. E non sarà piacevole”.
Era stupido, ma più il tempo passava, più si sentiva moralmente ed emotivamente a terra. Era confusa, a tratti scordava quanto era successo negli anni precedenti, in tutta la sua vita anche. Poteva concentrarsi solo sulle lettere. E sulle e-mail. E sulle telefonate. La terrorizzava pensare che avesse ancora abbastanza contatti da poter scoprire tutti i dati che voleva sul suo conto, senza doversi sforzare. E ancora lo vedeva seguirla, ogni volta che usciva da casa…era estenuante, ma non voleva cedere. Non voleva dargliela vinta. Non voleva confessare a nessuno di essere come tutte le altre donne, che faceva parte del “sesso debole”. Non era quella l’immagine che voleva rimandare al suo pubblico. E poi aveva paura di quello che poteva farle. Si nascondeva sempre più spesso in casa, cominciava a evitare gli eventi mondani, era terrorizzata nell’aprire la porta dell’appartamento anche se si ostinava ad ordinare tutto d’asporto, persino la spesa.
Stava diventando paranoica. E non se ne rendeva neanche conto. Ogni volta che lo vedeva, trovava qualcosa di suo in casa, qualcosa che non doveva essere lì, cadeva di più nel vortice della paura.
Gli eventi si evolvevano troppo velocemente per i suoi gusti.
Un giorno lui era fuori dal suo palazzo, sorriso furbo stampato in volto e fiori tra le mani; la volta successiva, cominciava a perdere il senso del tempo sempre rinchiusa tra quelle quattro mura, era fuori dalla sua porta, a battere violentemente i pugni chiusi contro quel legno spesso e pregiato come se il mondo lì fuori stesse per finire.
Era sempre stato così, con lui.
Un piccolo spiraglio aperto, uno sguardo tra le catene dei chiavistelli ancora al loro posto e l’attimo dopo era in terra, colpita con violenza dalla porta che lui era riuscito ad aprire. Solo guardarlo in volto la faceva tremare, l’espressione collerica, le vene del collo pulsanti e in bella vista…la sua reazione sembrava quasi bilanciare quella dell’uomo che aveva di fronte.
Si sentiva stranamente calma, quasi sapesse che quell’incubo di vita stava per arrivare alla fine.
Non un grido, quando le si avventò contro, schiacciandola contro il pavimento col suo peso e bloccandole la fuga ficcandole le ginocchia nelle costole. Neanche una preghiera di lasciarla andare, quando le strappò con forza i vestiti e l’intimo di dosso. Sussurrò solo il suo nome, dolcemente, mentre una lacrima le rigava il volto e le sue dita trovavano rozzamente la strada nella sua femminilità. Prima che il buio la avvolgesse, insieme all’acuto urlo che le scoppiò nel petto, riuscì a sentire le sue ultime parole.
-Pensi di aver cambiato idea…beh, forse è meglio che tu ci ripensi. O ce ne pentiremo entrambi.-

 

 

 *** 

 
-Rach…Rach! Oddio, ti prego, Rach svegliati! Svegliati svegliati svegliati!- Noah stava entrando nel panico. Era rimasto a dormire a casa di Rachel dopo il festino che lui l’aveva convinta ad organizzare; dopo averla convinta ad approfittare degli alcolici che avevano i suoi, dopo averla fatta bere ed ubriacare per la prima volta nella sua breve vita.
Si sentiva in colpa, tremendamente in colpa e non poteva lasciarla da sola, non quando erano tutti troppo ubriachi per badare a lei. E anche se Finn si fosse proposto per tornare a casa Berry dopo aver riaccompagnato tutti, non gliel’avrebbe permesso, si era comportato da stronzo e non gli avrebbe consentito di rimanere vicino alla sua sexy principessa ebreo-americana per tutto l’oro del mondo.
Ora però non sapeva che fare.
L’aveva portata a letto, dopo che Kurt l’aveva svestita e le aveva infilato quello stupido pigiama con i cuoricini.
Non l’aveva trovava assolutamente adorabile quando l’aveva stesa sul letto e lei gli aveva fatto un sorrisone addormentato, l’orecchino fosforescente di Mercedes ancora al lobo sinistro ed i boccoli sfatti ad accarezzarle il viso rilassato…No, certo che no, per niente adorabile.
Le si era steso accanto e l’aveva abbracciata da dietro, ricompensato da un mugolio d’apprezzamento da parte della moretta, seguendola presto in un sonno comodo e profondo.
Solo quando aveva cominciato a muoversi per scappare dalla sua presa si era svegliato, immediatamente vigile e alla ricerca di qualcosa che potesse averla spaventata.
L’aveva rigirata tra le sue braccia e lei, ancora ad occhi chiusi, gli aveva pigiato le manine contro le spalle con forza. Qualche secondo dopo si era totalmente bloccata, una lacrima sulla guancia ed il suo nome sospirato sulle labbra.
C’era qualcosa che non andava. Stava sognando di lui? Allora perché piangeva, perché lo respingeva?
L’urlo che lo sorprese riuscì a spaccargli i timpani e a fargli capire che la sua Berry stava avendo un incubo, ed anche piuttosto spaventoso.
Non voleva lasciarla lì da sola, ma doveva trovare il modo di svegliarla. Per fortuna Kurt aveva lasciato sul comodino accanto al letto una bottiglietta d’acqua, che aprì immediatamente e spruzzò come meglio poteva sul viso dell’amica, nello sguardo solo tanta preoccupazione.
Mai avrebbe pensato che questa sarebbe cresciuta una volta riuscito a svegliarla.
La ragazza si divincolò dalla sua forte presa, terrorizzata ed urlante, rifugiandosi contro la testiera del letto ed attirando le gambe al busto.
-Non mi fare del male, per favore…non dirò a nessuno che sei qui, ma non mi fare del male…-la sua voce era un sussurro, ma lo colpì con fin troppa violenza.
Cosa cavolo aveva sognato quella testona, per farla reagire così?
-Rach, ti prego, sono io, sono il tuo Noah. Guardami, non ti farei mai del male. Sono qui per proteggerti, parlami!- passare la mano sulla cresta sembrò una buona idea, perché gli occhi della ragazza seguirono immediatamente il movimento, un barlume di comprensione prendeva il posto del terrore negli occhi. Quegli occhi scuri che lo scrutavano sempre a fondo, proprio come in quel momento.
Tirò un sospiro di sollievo che neanche si era accorto di trattenere quando la vide rilassarsi, i tremiti quasi cessati del tutto, e tendere le braccia verso di lui. Non la vedeva spesso bisognosa di contatto fisico, ma avrebbe fatto di tutto per rassicurarla; cingerla con le braccia sembrava una doppia vincita. Lei si sarebbe sentita protetta e lui avrebbe ancora sentito il suo corpicino da ballerina premuto contro il suo.
Si arrampicò con cautela verso il capo del letto nel quale era rannicchiata la sua piccola, permettendole di cingergli le spalle con le braccia ancora un po’ tremanti e respirando a fondo il profumo del suo pigiamino, che sapeva di pulito ed innocente. Non era un profumo che sentiva spesso, sulle ragazze che gli capitavano sottomano.
-Abbracciami, per favore…- fece immediatamente come richiesto, infilando un braccio muscoloso sotto il vitino di lei ed attirandola a sé, l’altro che scivolava lungo la sua spina dorsale così che dal gomito al polso le coprisse la schiena, la mano già intrecciata nei riccioli leggeri e sfatti. Si stupì, quasi immobilizzò, quando Rachel infilò una gambina tra le sue. Sembrava che volesse allacciarsi stretta al suo corpo, dal modo in cui il polpaccio ed il tallone premevano contro la sua gamba destra e le mani stringevano nei pugnetti il tessuto della sua maglietta. Era rimasto in boxer, ma aveva avuto la decenza di tenere la maglia, semmai si fosse svegliata. E adesso che la guardava negli occhi, ringraziava il cielo di quel breve ma provvidenziale momento di sobrietà; se l’avesse visto nel suo letto in quelle condizioni e fin troppo svestito, sarebbe stata la fine del mondo.
-Shhh. Rach, tranquilla, era solo un brutto sogno. Tranquilla.- continuava a sussurrarle dolci futilità all’orecchio, il tono basso per non scuotere i suoi nervi già tesi.
Le accarezzava con calma i capelli, parlando per lo più con la bocca premuta contro la sua fronte, strusciando di tanto in tanto il naso contro la sua frangia per spostarla e stampare lievi baci qui e là, sulle sopracciglia, gli occhi, la punta del naso che tanto adorava…il bacio di lei arrivò inaspettato, delicato e incerto, ma accolto calorosamente dal ragazzo.
Come poteva farsi scappare un’occasione del genere?
Sapeva che non era giusto, sentiva che se ne stava approfittando, ma tutto quello che sognava da quando si era messo con Lauren, erano i baci di Rachel. Anche la lottatrice combatteva con lui ad ogni bacio, proprio come faceva la piccola cantante, riportandogli alla mente un corpo infinitamente più piccolo, ma altrettanto morbido e caldo. Forse per questo aveva scelto proprio la Zizes.
Il flusso confuso di pensieri si bloccò quando la moretta approfondì il bacio, approfittando del suo momento di disattenzione per infilargli la lingua in bocca e sbatterlo con la schiena sul materasso, ormai a cavalcioni sopra di lui.
Perché si stava dimenando in quel modo?
Doveva bloccare quei piccoli fianchi, prima che le cose degenerassero. E stavano degenerando in fretta, se doveva dar retta alle reazioni del suo corpo. Se ne era accorta anche lei, perché la sentì gemere di piacere mentre premeva di più il sedere sulla sua erezione, procurando al ragazzo un ruggito frustrato.
La prese immediatamente per la vita, ribaltando le posizioni e bloccandola sotto di sé.
-Che diamine pensi di fare, Rach? Sei impazzita? Che cosa stavi sognando, perché avevi paura di me?- se avesse potuto si sarebbe preso a pugni, aveva appena rifiutato anche solo un po’ d’azione sopra i vestiti con Rachel Pazza Berry, e stava parlando! Si stava interessando a cosa le fosse successo invece di saltarle addosso. Strana la vita, a volte…si riprese subito, quando Rachel cominciò a singhiozzare, gli occhi pieni di lacrime.
-Ero…ero…con te. E…e noi stavamo insieme e…è tutta colpa di quella stupida canzone, e del tuo stupido alcool! Eri…così violento, così insistente e…quando mi sono svegliata tu…tu eri appena entrato in casa mia e stavi per…stavi per viole…-aveva parlato tra i singhiozzi, le spalline scosse da tremiti di paura, senza guardarlo.
L’aveva ascoltata, anche se il suo discorso aveva preso una piega inaspettata. Quando aveva capito cosa stava per dire l’aveva bloccata con un dito sulle labbra, incapace anche solo di pensare ad una cosa del genere. Non solo andava contro i suoi principi (ehi, anche lui aveva dei principi. Principi da duri, ma sempre principi.), ma…non si tocca neanche con un fiore una ragazza delicata come la Berry, se lei non vuole. Era solo…troppo sbagliato.
-Calmati adesso. Mi vedi. Sai che non è vero. Era solo un sogno. Una cosa che non accadrà mai. Non lo farei mai e impedirei che qualcuno lo facesse a te. Ti farei scudo col mio corpo, se dovessi, e caverei gli occhi di chi ci provasse, tanto per divertirmi. Anzi, se hai qualcuno con cui regolare i conti, Berry, i miei muscoli sono al tuo servizio.- seppe di essere riuscito nel suo intento quando la sentì ridacchiare sotto di sé, le manine calde posate comodamente sui suoi pettorali.
Piegò le braccia, che al momento erano puntellate ai lati della ragazza e si abbassò per darle un altro bacio. Poi se la portò dietro così che fossero sdraiati di fianco, occhi negli occhi.
-Perché mi hai baciato, Rach?- il suo sguardo era serio, e pieno di genuina curiosità.
-Io…credo volessi provare che eri veramente tu. Che ero sveglia e davanti avevo ancora il Noah che conosco, quello gentile, senza pregiudizi, quello che si preoccupa per me.- scosse il capino, la frangetta che cadeva di lato coprendole un occhio. Sbuffò per spostarla in quel modo dolorosamente adorabile, e Puck si ritrovò a ridacchiare sotto i baffi.
-Se ogni volta che hai un brutto sogno mi aggredisci in quel modo, Berry, allora è il caso che passi più notti nel tuo letto. Magari approfondiamo il discorso di prima, che ne dici?- alzò un sopracciglio, quel ghignetto soddisfatto che lo contraddistingueva di nuovo ad aleggiare sulle labbra.
Gli arrivò uno schiaffone sul petto, che gli fece soffocare un’altra risata e lo divertì per la fierezza del gesto. Ecco la sua Rachel.
-Noah! Sei proprio un porco! Vuoi solo approfittarti di una donzella in difficoltà, altroché!- la adorava quando faceva l’offesa, solo per sciogliersi subito dopo sotto il tocco delle sue dita.
Gli si avvicinò di più, riprendendo quell’abbraccio intrecciato di solo qualche minuto prima, baciandogli la punta della mascella.
-Però non mi dispiacerebbe passare qualche giornata con te. Per le notti ci sarà tempo, se…sempre che tu non volessi solo tranquillizzarmi e…ohmmioddio, tu sei fidanzato con Lauren. Mi ucciderà! Mi farà a pezzi e non avrò mai l’opportunità di recitare a Broadway come Maria, Elphaba, Bella…oh, dio, la mia vita è finita prima di cominciare!- affondò il visetto nel suo petto, continuando a mugugnare e lamentarsi, anche mentre lui rideva quasi a crepapelle.
-Scema. Pensi davvero che se stessi ancora con la Zizes, mi avrebbe lasciato dormire da te? Prima mi avrebbe tagliato mele e banana, te lo assicuro. Stasera, con tutto l’alcool che ha buttato giù, si è resa conto che sono solo un perdente e che tutto il suo ben di dio non me lo meritavo. Ora non posso più lamentarmi.- la strinse forte tra le braccia, posandole un bacio tra i capelli mentre la sentiva ridacchiare, probabilmente sollevata dal suo discorsetto.
-Per quanto io sia estremamente grata di avere ancora davanti tutta una vita per raggiungere i miei obbiettivi e di poter vincere quella manciata di Tony che mi spettano di diritto, sai quanto io biasimi il tuo linguaggio…colorito, e…- ancora una volta interrotta nel bel mezzo del discorso, non rifiutò le labbra calde del ragazzo.
-Se hai finito, Berry, qui ho una missione da portare a termine. Sono qui per controllare che tu stia bene per la notte, e per farlo ho bisogno che tu chiuda quella bocca e baci il tuo ragazzo. Siamo d’accordo?- inarcò un sopracciglio, divertimento e speranza nei magnifici occhi verdi. Dopo un timido cenno d’assenso col capo, la moretta si avventò di nuovo sulla sua bocca, e quella risposta gli bastava…almeno per adesso. Se poi la sua ragazza avesse voluto di più…chi era lui per non accontentarla? Dopo tutto aveva appena avuto un bruttissimo sogno su di lui, doveva rimediare. E lo voleva con tutto se stesso.
 

Fine


Ok, adesso che ne dite? E’ vero che non volete spararmi? Non sono stata troppo cattiva, no? Non lo so, ho avuto un incubo e una volta svegliata…l’idea era lì. Ringrazio la mia adorata sista Ainwen, che mi ha fatto da beta e mi ha sopportata durante tutta la stesura. E’ la mia stella morosa lei!
BascioCascio
Vevve
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: DarknessIBecame