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Autore: Littlefinger    27/11/2011    1 recensioni
Era il caso di arrendersi e dare ragione alla sua dolce metà? Il problema era al di sopra delle sue abilità? Impossibile! Non poteva bloccarsi di fronte a un ostacolo che persino i maestri elementari sapevano risolvere!
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*In matematica dicesi minorante un elemento che è minore o uguale di tutti gli elementi di un dato insieme


«No, no e poi no!» esclamò l’uomo, affermato ingegnere specializzato in nanoelettronica. Gettò la penna sul tavolo, si alzò dalla scomoda sedia e cominciò a passeggiare per la stanza, cercando una soluzione alternativa allo spinoso problema postogli dal “cliente”: sua moglie. Sapeva che quello era un quesito che non poteva aggredire con armi tradizionali quali l’analisi infinitesimale, la meccanica quantistica o la teoria dei segnali. Era qualcosa di molto più complesso a cui né i suoi innumerevoli masters né i suoi anni passati sulle sudate carte l’avevano preparato. Stava perdendo la calma e la sua concentrazione stava andando a farsi benedire, danno e beffa per un ateo come lui, per cui visualizzò mentalmente l’equazione di Schrödinger per riprendersi. Era il caso di arrendersi e dare ragione alla sua dolce metà? Il problema era al di sopra delle sue abilità? Impossibile! Non poteva bloccarsi di fronte a un ostacolo che persino i maestri elementari sapevano risolvere!

     Il “problema” lo fulminò con uno sguardo carico di innocenza e gioia, come solo i bambini sanno fare.

    «Allora, papà, mi spieghi o no come funziona l’operazione del più?» gli chiese quella dolce bimba che era sua figlia.

 

Storia di una bambina e dell’ingegnere che le insegnò a contare

O almeno ci provò

 

     «Siano a e b due numeri reali, ma possono anche essere complessi però immagino che in prima elementare non li usiate, si definisce addizione a più b. È un’operazione per cui valgono le proprietà commutativa e associativa e zero è il suo elemento neutro.» Ecco, aveva pensato l’ingegnere, facile come risolvere un’equazione differenziale lineare.

     «Cos’è un’addizione, papino? E perché parli di lettere? Non dobbiamo fare matematica?» chiese la bambina, mentre apriva il suo quadernino rosa a quadretti. «La maestra oggi ci ha parlato dell’operazione del più». Gli mostrò la prima pagina, dov’erano scritti ordinatamente i numeri dall’uno al dieci. «Guarda! Oggi abbiamo scritto tutti i numeri!»

     «Ma quelli non sono tutti i numeri!» replicò il padre preoccupandosi. «Cosa vi insegnano a scuola?»

     «Sì che sono tutti i numeri» esclamò la bimba. Alzo le mani e iniziò a contare con le dita. «… otto, nove e dieci!» disse crogiolandosi nella soddisfazione.

     L’ingegnere scosse la testa ma preferì lasciar cadere l’argomento facendosi un appunto mentale riguardo all’andare al parlare con l’insegnante di matematica di sua figlia. «Addizione è il nome corretto di quella che tu chiami operazione del più» disse. «Chiamarla così non è tanto corretto. Ma, ora che ci penso, tu conosci solo i numeri naturali!»

     «Numeri naturali?» ripeté curiosa la bimba. «Cosa sono i numeri naturali?»

     «I numeri interi e positivi» rispose quello. «Ma ora non è importante. Soffermiamoci sull’addizione! È giusto che tu sappia che è un’operazione chiusa rispetto all’insieme dei numeri naturali.»

     Ancora una volta i grandi occhini castani della bambina lo fissarono con quell’espressione che precedevano una domanda, ma stavolta l’ingegnere fu pronto ad anticiparla. «Vuol dire che presi qualsiasi due o più numeri che ti possano venire in mente puoi sempre trovare il risultato.»

     «Tutti tutti?»

     «Tutti tutti!»

     «Non ci credo.»

     L’ingegnere rimase a bocca aperta. «E perché non ci credi?»

     «Se io prendo nove» mostrò le mani al padre tenendo, appunto, nove dita alzate «e voglio aggiungere due il risultato è troppo grande per essere contato.»

     «Chiudi le dita e riprendi a contarle» rispose mentre le mostrava con le mani come fare. «Vedi: nove dita, dieci dita» chiuse il pugno e alzò l’indice «undici dita.»

     La bimba rifletté un attimo e poi disse: «Vero. Nessuno mi vieta di usare più volte le stesse dita!»

     «Devi imparare a fare le somme senza usare le dita! Altrimenti come farai quando dovrai usare numeri razionali o reali? O peggio…» un brivido gli percorse la schiena «… i complessi!»

     «Ma cosa dici, papà?» replicò la bimba mettendosi a ridere. «Non prendermi in giro! Mi racconti queste cose per farmi paura? Come quando da piccola mi dicevi che se non mi fossi comportata bene sarebbe venuto il Matematico Nero a moltiplicarmi per zero!» Scosse la testa facendo ondeggiare i capelli castani. «Non ho più tre anni, non ci casco.»

     «È vero» rispose concitato quello. «Esistono i numeri reali!»

     «Tutti i numeri sono reali, altrimenti non esisterebbero, no?»

     «Sono solo un particolare tipo di numeri. È solo un nome.»

     «Quindi esistono numeri che non esistono?».

     «Certo! No, aspetta! Cosa mi fai dire! Anche i numeri che non sono reali esistono!»

     «Hai una gran confusione in testa, papà!» rispose dolcemente la bambina. «Dovresti parlare un po’ con la mia maestra. Lei è tanto brava a spiegare le cose!» Prese la matita e scrisse alcuni numeri su una pagina del quaderno. «Proviamo a fare qualche esercizio.»

     L’ingegnere era rimasto interdetto davanti alla scioltezza dialettica della loquace oratrice il cui spirito aveva posseduto sua figlia. Si passò una mano fra i capelli e disse: «Vediamo questi esercizi.»

     Per qualche minuto aiutò la bimba nel risolvere semplici operazioni poi, nella improbabile seppur non impossibile speranza di aver generato una Carl Friedrich Gauss le chiese: «Prova a sommare tutti i numeri da uno a dieci.»

     «Facile come risolvere un’equazione differenziale lineare» replicò la bambina, usando una delle frasi preferite del padre, nonostante non avesse idea di cosa fosse un’equazione, per di più differenziale e lineare. Scrisse ordinatamente i numeri in colonna e cominciò a sommare. «Uno più due fa tre. Tre più tre fa sei. Sei più quattro fa dieci… ».

     «Perché invece non           provi a fare così» la interruppe il padre prendendole la matita. Scrisse i numeri dall’uno al dieci in riga e poi li riscrisse sotto in ordine inverso, partendo dal dieci. «Vedi» disse «se fai così e sommi ogni colonna ottieni undici. Undici per dieci fa centodieci, poi dividi per due e ottieni cinquantacinque, la soluzione. Così è semplice ed è un metodo generale.»

 

1              2              3              4              5              6              7              8              9              10

10            9              8              7              6              5              4              3              2              1

11            11            11            11            11            11            11            11            11            11

 

     «Hai imbrogliato!» rispose con veemenza sbattendo la dolce manina sul tavolo. «Avevi chiesto la somma dei numeri da uno a dieci, non tutte queste operazioni! E poi sei anche disordinato e hai rovinato la mia paginetta di esercizi!»

     Ma il padre non la stava ascoltando e continuava a scrivere, estasiato dalla genialità del suo matematico preferito. «Vedi, questo metodo vale sempre, se infatti consideriamo la somma dei primi n numeri possiamo scrivere così:

 

1          2          3                  n-2       n-1       n

n          n-1       n-2               3          2          1

n+1      n+1      n+1              n+1      n+1      n+1

     da cui si ottiene

n*(n+1)/2

     semplice eppur geniale, non è vero?» L’ingegnere aveva lo stesso sorriso di sua figlia quando giocava con le bambole.

     «Ma cosa stai combinando!» gridò la bimba. «n non è un numero!». Prese la gomma e cominciò a cancellare le formule scritte dal padre.

     «Ferma!» esclamò l’altro. «Non è numero ma si usa per indicare che al suo posto puoi mettere qualsiasi numero».

     «E allora perché non si mette direttamente un numero? Così è una perdita di tempo.»

     Doveva chiamare un esorcista per eliminare lo spirito dell’oratrice che la possedeva, pensò l’ingegnere.

     «Basta!» urlò. «Ha ragione tua madre! Mi arrendo! È impossibile per me!». Si alzò in piedi esasperato.

     «Non essere così pessimista» rispose la figlia, alzandosi a sua volta e facendosi prendere in braccio. «Sei bravo a fare le somme però fai tanti errori quando usi lettere al posto di numeri o parli di numeri che non esistono. Secondo me se ti fai aiutare dalla mia maestra in un paio di giorni puoi diventare veramente bravo. Poi l’operazione del più non è difficile!». Gli diede un bacio sulla guancia.

     «Facile come risolvere un’equazione differenziale lineare» disse l’ingegnere, scompigliandole i capelli.

     «Facile come risolvere un’equazione differenziale lineare» ripeté la bambina.

   
 
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