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Autore: Mick St John    27/11/2011    1 recensioni
Il caso del quarto episodio si apre con la consegna alla polizia di una foto di una ragazza scomparsa nel nulla. All'indagine dovrà partecipare anche Mick, nonostante sia impegnato a lavorare sulle tracce della legione. Ben presto si ritroverà su una strada molto difficile da percorrere...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Seconda Stagione di Moonlight in fanfic'
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Grazie... a tutti voi che continuate a leggere le nostre fanfic e ci incoraggiate in questo progetto. E io devo anche ringraziare la mia socia alla pari Lady Maeve che ormai ho assunto a tempo pieno e lavora gratis! La nostra grafica doc Sarah, Dani e anche RominaMoonlight che mi ha aiutato nelle informazioni scientifiche di cui è esperta! Naturalmente tutte le informazioni storiche sono prese come sempre da Wikipedia.

Non ci resta che augurarvi buona lettura dell'ep. 20!!




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Awakening
Risvegli


Episodio 20
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Intro

Diane era appena uscita dal night club sulla Maine.
Quella sera non avrebbe lavorato come al solito, aveva un altro impegno e il suo capo lo sapeva bene. Era passata solo per salutare le sue amiche e si era avviata al parcheggio per raggiungere la sua auto, poi aveva infilato la mano nella borsa in cerca delle chiavi, ancora col sorriso ben delineato sulle lebbra. Un sorriso che proprio non riusciva a contenere, era immensamente felice. Ma quando finalmente riuscì a pescare il portachiavi e tirò con una certa energia, il tutto le cadde dalle mani e si chinò per raccoglierlo.
In quel momento sentì una voce familiare alle sue spalle, chiamarla per nome.
Diane si voltò e salutò cordialmente il ragazzo che stava dietro di lei con le mani nelle tasche dei jeans. Poi si scusò per non averlo cercato e non avere comunicato anche a lui la bella notizia, ma sapeva che avrebbe capito. Quando gli spiegò la situazione, lui infatti si avvicinò per abbracciarla forte con un sorriso rassicurante.
Diane rispose a quello slancio d’affetto e gli posò un caloroso bacio sulla guancia.
La sua vita stava per cambiare.


Anche la vita di Matt stava per cambiare.
Si era infilato nel letto dopo avere detto le sue preghiere e già pianificava la fantastica giornata dell’indomani.
La mamma gli avrebbe preparato la colazione con pane, burro e marmellata che adorava tanto e aveva già deciso di strafogarsela tutta d’un fiato, perché avrebbe avuto appuntamento con i fratelli Marvin, quelli che vivevano in fondo alla strada.
Da quando si erano trasferiti a Rockspring non c’era molto da fare la mattina del sabato e così sarebbe andato ad esplorare i dintorni, come faceva di solito, con loro e il piccolo Robert Marton.
Nonostante avesse solo otto anni, sapeva che un giorno avrebbe fatto qualcosa di straordinario per cui tutti lo avrebbero ammirato.

***********
1.

Ben, stretto nel suo vestito grigio scuro, aveva appena bussato alla porta con la targhetta dorata su cui era inciso il cognome “Morrigan” a caratteri corsivi.
Teneva stretto in una mano un piccolo bouquet e nell’altra una bottiglia di champagne.
Non sapeva che genere di gusti avesse Cindy.
In realtà non sapeva praticamente niente di lei a parte il fatto che fosse una donna incredibilmente sexy e che avesse dimostrato interesse per lui.
Quell’invito non lo aveva neanche sperato e quando lei lo aveva chiamato, lì per lì non aveva esitato un attimo ad accettare, anche se non era proprio da lui buttarsi a capofitto in una storia con una perfetta sconosciuta.
Ora però, mentre attendeva che lei gli aprisse, cominciava a pensare di essere stato troppo avventato, o di avere frainteso le intenzioni della profiler.
Magari si stava illudendo di piacerle, mentre lei probabilmente si sentiva solo in colpa per averlo quasi investito sulla 7th Avenue.
Ma quando Cindy gli aprì la porta avvolta in un magnifico abito azzurro dello stesso colore dei suoi occhi, sfoderando un sorriso smagliante, Ben restò abbagliato e ogni dubbio si paralizzò all‘istante.
"Ciao! Sei puntualissimo... Benvenuto, entra pure." Lo invitò con cordialità, spostandosi da una lato. Ben si destò dal suo stato di ammirata contemplazione, varcando la soglia, riuscendo ad accennare un imbarazzato sorriso di risposta.
"Ciao Cindy... Ti ho portato questi, un piccolo pensiero, per ringraziarti dell‘invito... Sei stata davvero molto gentile ad invitarmi."
Cindy prese con accortezza il mazzetto che lui le porgeva e annusandone il profumo, lo guardò piena di riconoscenza.
"Per me è un vero piacere e tu sei un gentiluomo, non dovevi disturbarti... Vado a metterli subito in un bel vaso! La bottiglia, puoi appoggiarla lì sul tavolo. Io torno subito, accomodati pure... "
Gli indicò la sala da pranzo e proseguì verso l’interno della casa per poi svoltare in cucina, da cui proveniva un piacevole profumo.
Ben invece infilò una mano in tasca per ingannare quel lieve residuo di imbarazzo che aveva ancora e si avvicinò incuriosito al tavolo della sala che era stato apparecchiato con particolare cura, per due.
L’ambiente era decisamente romantico e accogliente, l’aperitivo era già stato versato nel bicchiere giusto, Cindy aveva acceso anche un paio di candele profumate e a centro tavola c’era addirittura un menù scritto a mano.
Notandolo, a Ben scappò una risata di stupore.
“Che splendore! Hai fatto tutto da sola?” Domandò alzando un po’ il tono perché sentisse dall‘altra stanza.
"Si, temo che dovrai accontentarti! Non sono una cuoca straordinaria!” Rispose lei dalla cucina prima di riavviarsi nel corridoio e raggiungerlo con il vassoio ancora fumante in mano.
“Però... Spero di essermela cavata! Cambiando argomento, ti ho visto in tv ieri, mentre cercavi di domare la folla fuori dalle industrie Kostan..." Esclamò Cindy raggiungendolo con uno dei suoi sorrisi smaglianti.

Ben nel frattempo si era accomodato sulla sedia e Cindy, da brava padrona di casa, si preoccupò di servirlo al meglio.
Sistemò nel piatto la porzione per lui, ma non riempì il suo e Ben notandolo, aggrottò le sopracciglia stranito da quella novità, ma prese tempo per le spiegazioni.
"Si...beh per fortuna è andato tutto bene. Grazie all'intervento di un investigatore privato impiccione che mi ritrovo sempre in mezzo ai piedi... Ma è una grande fortuna. Quell’uomo è sorprendente. Senza il suo aiuto non avrei risolto molti casi difficili." "Un investigatore? Lo conosco, forse..." Azzardò lei, alzando lo sguardo.
"Non so, ma non mi sorprenderebbe. Si chiama Mick St. John."
Cindy fissò per un attimo Ben negli occhi con il piatto a mezz'aria. Poi glielo porse, riprendendo sicurezza.
"Ah si! E‘ vero, è molto in gamba, abbiamo lavorato ad un caso insieme... E‘ anche un tipo molto affascinante!" Le sfuggì con spontaneità.
Ben ricambiò lo sguardo intenso di Cindy e replicò prontamente.
"Ti prego fammi pensare ad altro mentre mangio, non voglio che mi si chiuda lo stomaco e questo profumo mi fa pensare che si tratti di una prelibatezza. Voglio gustarmela, perciò non nominarmelo più. Ho già chi lo fa di continuo!"
"No, certo, stasera, niente lavoro!”
Aggiunse subito Cindy mentre le sue labbra rosse scoprivano i denti perfetti in un sorriso delizioso.
“Avanti assaggia... Sono curiosa di sapere se ti piacerà. Te lo leggerò in faccia... Questo è uno dei vantaggi dell‘essere profiler! Perciò evita di mentire, quando mi farai i complimenti!"Spiegò lei ridendo.
Ben rise a sua volta e prendendo forchetta e coltello, si preparò ad assaggiare.
"Hai fatto bene a ricordarmelo." Commentò prima di portarsi il boccone alle labbra.
Cindy si concentrò sulla sua espressione, mentre masticando, lui assaporava la sua creazione culinaria.
"Mmmh..." Mugugnò perplessa. "Andiamo viceprocuratore! Non può essere tanto buono, non ci casco!" Lo rimproverò con dolcezza mentre Ben inghiottiva leggermente imbarazzato, prima di ridere.
"E‘ buonissimo, invece... E‘ l‘arrosto più buono che abbia mai mangiato! Sono stupito quanto te!" La provocò.
"E‘ una ricetta secolare... della mia cara nonna. Però erano anni che non la mettevo in pratica! Sono contenta che ti piaccia."
Gli occhi azzurri e luminosi di Cindy si incrociarono con quelli di Ben, dalla tonalità leggermente più scura e lui ne approfittò per farle notare la stranezza di quella situazione.
"Se sai che è tanto buono, perché non lo mangi? Hai intenzione di fissarmi tutto il tempo mentre mangio da solo?"
Le labbra di Cindy si inarcarono in un sorriso più delicato, mentre abbassava stancamente lo sguardo sul piatto vuoto.
"No, ho già assaggiato abbastanza di là in cucina mentre preparavo. E sono perennemente a dieta."
"Più che a dieta, mi sembri a digiuno..."
Precisò Ben provando a convincerla.
"E hai una forma perfetta, non ti serve una dieta."
"E‘ di contenimento... Non vorrai farmi tornare cicciona!"

Ben scoppiò a ridere a quella frase insulsa.
"Non credo proprio che tu fossi grassa, forse in un‘altra vita! E saresti splendida comunque, anche con qualche chilo in più."
Cindy adorava le frasi dettate dalla galanteria, ma quelle dette da Ben erano ancora più emozionanti. Se avesse potuto farlo, sarebbe arrossita di certo.
"Oh zitto tu! Smetti di fare l’adorabile! Ma si, dite sempre così voi uomini, poi a quarant’anni scappate con le ventenni con il fisico da modelle! Non mangerò, però vorrei assaggiare lo champagne che hai portato..."
"Come vuoi, ai tuoi ordini."
Sussurrò Ben asciugandosi le labbra con il tovagliolo e stappando la bottiglia, le versò da bere nel bicchiere di cristallo che iniziò a ribollire di una piacevole schiuma. Poi sollevando il calice, propose un brindisi.
"Alla magnifica cuoca, e alla Nonna con le sue preziose ricette!"
Cindy sbottò in una risata argentina e poi, bevendo una sorsata ricca di bollicine, azzardò un commento più piccante.
"Ho sbagliato, avrei dovuto farti il menù afrodisiaco che avevo preparato... Hai letto?" Chiese, indicando il biglietto a centrotavola. Ben restituì lo sguardo malizioso che si era sentito addosso, mentre sorseggiava anche lui il suo champagne e rispose prontamente, riappoggiando con accortezza il calice sul tavolo.
"Gli ho dato uno sguardo... Come mai hai cambiato idea?"
Cindy sospirò con le labbra socchiuse, passandosi una mano tra i capelli morbidi.
"Perché stavolta ho voluto fare affidamento solo sul mio fascino... " Gli spiegò posando il calice a sua volta e alzandosi per avvicinarsi a lui.
Ben alzò lo sguardo incuriosito verso di lei, la vide piegarsi inaspettatamente verso di lui e prendere il suo viso tra le sue mani infreddolite. Restò a fissare la sua espressione seria e i suoi occhi languidi, aspettando con ansia che facesse ciò che stava immaginando di fare anche lui da quando era arrivato.
Eppure prendeva tempo per assicurarsi che fossero entrambi certi delle proprie sensazioni.
Cindy si avvicinò ancora di più al suo viso, posò le labbra sulle sue per baciarlo, e chiudendo gli occhi, Ben si sentì trasportare in un’altra dimensione, abbandonandosi a quel bacio così intimo e travolgente.
Non credeva potesse essere così emozionante, eppure sentiva il sangue ribollirgli nelle vene, il cuore pompare sempre più veloce. Il suo corpo reagiva senza alcun possibile controllo a quegli stimoli, mentre le loro bocche si esploravano a vicenda scambiandosi il loro sapore.
Quando Cindy si allontanò da lui, Ben si accorse di avere il respiro più affannoso.
Lei piegò la testa per spostare le labbra sul suo collo, mentre si imponeva, sedendosi sulle sue gambe e Ben fece scorrere le mani sui suoi fianchi, accogliendola nel suo abbraccio, accondiscendente.
Con suo grande piacere, la vampira inarcò la schiena per strofinarsi lievemente sul corpo dell’uomo teso sotto di lei, decisa a provocare in lui un’eccitazione maggiore. Poi infilò le dita tra i capelli castani per solleticargli la nuca, mentre avvertiva distintamente le vene di quel collo forte pulsare sotto la sua bocca.
Cindy faceva fatica a controllare i propri canini e ad un tratto, strizzò gli occhi, tirando la testa all’indietro, come se fosse stata ferita.
"Non posso, Ben... Non posso." Sussurrò sciogliendosi dal suo abbraccio e alzandosi a malincuore.
"Scusami, io... Non dovevo farlo. Non avrei dovuto."
"No... Non dire così! Vieni qui..."
La pregò lui cercando di riavvicinarla a sé, ma Cindy si voltò decisa ad allontanarlo.
Ben allora si alzò con il respiro ancora tremante e lo sguardo annebbiato dall’eccitazione intensa che non aveva ancora smaltito.
Era fuori di sé. Sentiva il suo corpo chiamare disperatamente Cindy così come era sicuro del contrario. Ma non capiva perché ora lei lo respingesse, dopo avergli fatto assaggiare tutta la dolcezza del suo bacio e avere acceso in lui un desiderio incontenibile.
Cindy invece, sapeva perfettamente di doversi fermare prima di commettere l’irreparabile.
Non aveva mai fatto l’amore con un mortale senza morderlo. Non ci sarebbe riuscita nemmeno quella volta. Anzi sarebbe stato ancora più difficile, perché di Ben le piaceva tutto.
Voleva trovare il modo di spiegargli cosa davvero fosse e quale fosse il suo segreto, era per quello che lo aveva invitato, ma la serata stava andando così bene che aveva avuto l’impressione di rovinarla con quella confessione.
Il suo sesto senso le diceva che Ben non avrebbe capito, non era ancora pronto per accettare la sua vera natura. Aveva bisogno di conoscerla meglio.
Se gli avesse rivelato di essere un’immortale di 300 anni, lo avrebbe fatto fuggire, perdendolo per sempre.
Quel timore l’aveva paralizzata, ma ora non sapeva davvero come giustificare il suo atteggiamento. E avvertiva il contrariato stupore negli occhi azzurri di Ben che la fissavano intensamente.
Lui si avvicinò cercando di controllare il suo istinto e le posò le mani sulle spalle, facendole scivolare lungo le braccia nude.
Avvicinò anche il corpo al suo di modo che si sfiorassero e che lei avvertisse tutto il suo calore. Era infreddolita e lui cercava premurosamente di scaldarla, trasferendole parte del suo tepore, come a volerla rassicurare.
"Lo so... forse stiamo correndo troppo. Ma non mi era mai capitata una cosa così..."
Cindy invece capiva bene tutto.
La passione che può suscitare il contatto tra un umano e un vampiro è qualcosa di assolutamente irrazionale e incontrollabile.
Si crea un’attrazione tra due creature opposte e complementari che si cercano a vicenda e si possiedono insaziabilmente.
Ma Cindy conosceva bene anche il risultato della fusione di quelle due energie.
Una delle due finiva sempre per assorbire l’altra completamente, facendola sua.
Così il vampiro talvolta abbracciava l’umano, trascinandolo di forza nel suo mondo, attraverso la morte, ed era quello che era successo a me con Coraline.
Oppure l’umano convinceva il vampiro a trasformarlo, nella speranza di poter condividere con lui la stessa immortalità.
E questo era quello che era accaduto a Josef e Sarah.
In entrambi i casi, sia il vampiro che l’umano erano destinati a perdere entrambi.
L’unica vera vincitrice di quell'amore restava la morte.
Cindy aveva ragionato su questo e ad un tratto si voltò per dargli una carezza con l‘espressione più triste che aveva.
"Fai come ti dico, Ben... Torna a casa. Io sento che tra noi potrebbe funzionare, ma tu devi darmi un po‘ di tempo per capire. Puoi aspettare?"
Ben sospirò profondamente, sentendosi mancare.
Era confuso, ma si stava facendo coinvolgere troppo e anche lui capiva quanto fosse compromettente.
"Hai ragione, certo che posso aspettare. Me ne vado... Ma tu, chiamami domani." Si raccomandò, sforzandosi di sorridere.
"D’accordo... Grazie per la tua comprensione."
Ben le sfiorò le labbra con un nuovo bacio, meno invadente, per salutarla e si avviò verso la porta senza aspettare che lo accompagnasse.
Attendendo di sentire il rumore della porta d‘ingresso chiudersi, Cindy fissò per qualche secondo i fiori che le aveva portato.
Presto sarebbero appassiti, perdendo la brillantezza di quei colori vivaci.
Anche Ben un giorno sarebbe appassito tra le sue braccia. Ma questo non le faceva pensare affatto di rinunciare a lui, al contrario, glielo faceva desiderare immensamente.

********
2.

Allo spuntare dei primi raggi di sole, le creature della notte erano rientrate nelle loro tane per il riposo, mentre quelle del giorno riprendevano ad uscire dalle loro dimore, restituendo alla città la propria vitalità.
Tuttavia erano in molti a non avere chiuso occhio, quella notte di plenilunio.
Uno di questi era il tenente Carl Davis, che era ancora nel suo ufficio a stilare il rapporto della vicenda Collins.
La sera prima era andato a trovare Mark alla prigione di stato e insieme, per qualche ora, avevano ripercorso i ricordi dei bei tempi passati, con il sorriso sulle labbra. Ormai mancava poco da scontare perchè fosse finalmente libero. Poi era rientrato in commissariato per il turno di notte ed era ancora fermo alla sua scrivania a compilare i moduli.
Ad un tratto la sua porta si spalancò e uno dei suoi agenti si scusò con un gesto, spiegando il perché della sua irruzione.
“Tenente... C’è un ragazzo che ha chiesto di lei. Ha detto di chiamarsi Leon.”
Carl aggrottò le sopracciglia e poggiò la penna nera sui fogli.
“Leon?”
Era uno dei suoi informatori e il tenente Davis non si aspettava di trovarselo alla porta senza una convocazione. Perciò si alzò con una certa rapidità e lasciò l’ufficio per raggiungere il corridoio e invitare il ragazzo ad entrare.
Leon nell’attesa si stava aggiustando la sua bandana sulla fronte, guardandosi intorno con disagio.
“Ehi, non ti ho fatto chiamare... Che è successo?” Gli domandò, avvicinandosi.
Il ragazzo lo guardò fisso negli occhi riprendendo sicurezza e gli allungò una busta da lettera.
“Ho questa per te. Un tipo mi ha chiesto di consegnartela, diceva che era importante che arrivasse al più presto nelle mani di un poliziotto.”
Anche Carl si guardò attorno prima di prendere la lettera e poi gli fece segno di seguirlo in ufficio e lì, mettendola in controluce sulla finestra, lo minacciò con sguardo severo.
“Andiamo, che diavolo c‘è qui dentro? Non dirmi che l‘hai portata senza sbirciare il contenuto!”
“No, si vede che non ci sono soldi, altrimenti non mi avresti proprio visto, amico!”
Rispose il ragazzo con un sorriso strappato.
“Pare sia una fotografia, ma perché me lo chiedi? Apri! Non sembra una bomba!”
Carl era sicuro di dover informare la scientifica, ma si infilò un paio di guanti usa e getta e la aprì. Dentro c’era in effetti una fotografia con una splendida ragazza nuda seduta sul bordo di una lussuosa piscina.
Girò la foto e lì trovò una scritta che lo mise subito in allarme.
Lei è morta.
“Mio Dio...” Esclamò trasalendo.
Non poteva essere uno scherzo.
Leon si strinse nelle spalle confuso e lui gli mostrò la foto. L’agente sulla porta avanzò ad un suo cenno e Leon si ritrovò suo malgrado con il sedere sulla sedia mentre due grosse mani poco delicate gli imponevano di restare fermo.
“Ma che cavolo fai?!? Sbirro, toglimi le mani di dosso!”
“Leon, chi ti ha dato questa foto?”
Lo interrogò subito il tenente con espressione tesa.
“Non ne ho la più pallida idea! Era un tipo normale, mi ha solo allungato un biglietto da 50 dollari chiedendomi di portarti la busta! Non mettermi in mezzo, fratello, io ho solo fatto da postino! Non so un cazzo di questa storia!”
Carl si passò una mano sulla fronte e ordinò di far chiamare il viceprocuratore immediatamente e Ben entrò di lì a pochi minuti nel suo ufficio, chiudendosi velocemente la porta alle spalle.
“La conosci?” Domandò Talbot mostrandogli la foto per la seconda volta.
Leon la guardò appena e girando gli occhi per la stanza, sbuffò infastidito. Poi tornò a fissare il tenente con determinazione.
“E’ una del quartiere ma la conosco solo di vista, non so nemmeno come si chiama! E’ straniera e si è trasferita da poco... ”
“Ma certo... ”
Commentò Ben annoiato da quella risposta scontata. E il ragazzo alzò ancora di più il naso fieramente rispondendogli con tono urtato.
“Senti bello, credi che se conoscessi una così, passerei il mio tempo in strada? Quella è roba da ricchi! E poi ha sempre avuto la puzza sotto al naso! Se non le mostri la carta di credito, una così, te la sogni soltanto! Proprio ieri sera l’ho vista salire in macchina con Kostan. Sai, quel milionario da fare schifo...”
“Josef Kostan? Quel Josef Kostan?”
Domandò Carl allibito mentre Ben spalancava gli occhi.
“Spero che ad L.A. non ce ne siano altri con una cazzo di Ferrari rossa F430 da sballo come quella, fratello! Una vera figata! Con una macchina come quella è difficile che le pollastre non ti aprano le cosce!”
Ben roteò gli occhi infastidito, dopo avere ascoltato con attenzione ogni singola parola. Quel caso gli era appena piombato addosso come un macigno e doveva ancora riprendersi dal colpo.
“Te l‘ho detto, Davis, non so altro! Lasciatemi tornare ora, devo guadagnarmi il pane anche io!”
Con uno strattone cercò di allontanare la mano dell’agente e Carl fece segno di lasciarlo andare.
“Che facciamo?” Domandò poi guardando Ben preoccupato.
“Non possiamo sottovalutare questo...”
Talbot rimase a fissare la foto con attenzione per qualche secondo.
“Potrebbe essere solo una falsa pista, Ben. Perché darci una foto come quella? La ragazza nemmeno si vede bene.”
“Ma è nuda... ed è a bordo piscina... questo è un indizio.”

Ci aveva riflettuto su, ma non gli ricordava nulla che avesse già visto.
“Vai a prendere Kostan e parliamoci. Io intanto faccio qualche telefonata e cerco di scoprire chi è questa ragazza. Ma mi raccomando, con molta discrezione.” Concluse serio, mentre Carl annuiva convinto.
Stuzzicare Josef Kostan mettendo a dura prova la sua pazienza era l’ultimo dei pensieri di Ben. Ma non poteva esimersi dall’indagare e doveva seguire l’iter, anche se sperava che quella ragazza fosse ancora viva.

********
3.

Due pattuglie della polizia parcheggiarono nel giardino di Josef e Carl si avviò alla porta da solo, distanziando gli agenti.
“Aspettatemi qui.” Ordinò loro e si avvicinò silenziosamente all’ingresso, bussando con gentilezza, ma non avendo ricevuto risposta, bussò una seconda volta in modo più convinto.
Quando Josef si accorse del rumore, si voltò tra le lenzuola dell'alcova refrigerante e cercò di articolare un grido.
“Consuelo!! Non sente la porta? Vada ad aprire!!”
Poi si ricordò di avere dato il giorno libero al suo personale già dalla sera prima e soffocò un’imprecazione poco elegante, premendo con forza la bocca sul cuscino.
Dopo pochi secondi passati a darsi inutilmente dell’idiota, apparve alla porta avvolto nella sua vestaglia di seta blu con gli occhi semichiusi.
La luce accecante del giorno gli stava mettendo a dura prova le pupille e avrebbe preferito avere quel colloquio nel tardo pomeriggio.
“Che succede? Le mie domestiche hanno un giorno di permesso e io stavo riposando.” Il tono di voce basso e lento che usava, lasciava trasparire tutto il fastidio che Carl gli aveva procurato.
“Tenente, spero abbia un buon motivo per disturbarmi a quest‘ora!” Mormorò con tono intimidatorio.
“Mi dispiace averla svegliata, Mr Kostan, ma dovrebbe seguirmi in centrale. Stiamo conducendo un‘indagine e vorremmo farle qualche domanda.” Spiegò Davis senza giri di parole.
Josef si accigliò, ma non diede molto peso a quella frase.
Si voltò per fare uno sbadiglio lento e profondo, poi spalancò la porta con uno scatto per farlo entrare.
“Si accomodi, io vado a mettermi qualcosa addosso.”
Stava cercando di ricordare a quale dei tanti omicidi commessi, la polizia fosse arrivata, ma nella sua infinita sicurezza, non provava alcuna preoccupazione. Ogni sua manovra era sempre studiata nei particolari proprio per non lasciare tracce che portassero a lui, perciò era sicuro che non avessero prove per incolparlo di nulla.
Mentre spariva al piano di sopra, Carl osservò l’interno della casa e quando posò gli occhi sul meraviglioso paesaggio oltre la vetrata, restò di stucco.
La collina su cui la villa era posizionata permetteva di ammirare buona parte di Los Angeles e il tutto con la possibilità di rinfrescarsi nella piscina pensile di una considerevole grandezza.
“Bella, vero? E’ uno dei miei invidiatissimi gioiellini!” Esclamò Josef con un sorriso soddisfatto mentre Carl annuiva lentamente.
Poi notò i vetri rotti intorno al bordo e una vetrata infranta.
“Cosa... Cosa è successo?” “Ah, ladri! Per fortuna non hanno rubato nulla perché sono rientrato e loro sono scappati! Ma mi hanno fatto qualche danno, in effetti. Già che andiamo al commissariato, inoltrerò la denuncia.”
“Accidenti... ”
Commentò Davis pensando al fatto che fossero vetri antisfondamento e domandandosi come diavolo fossero riusciti ad infrangerli.
“Già... Non si può stare mai tranquilli qui ad L.A. Comunque, sono pronto, possiamo andare.”Josef deviò il discorso e presi gli occhiali da sole, li inforcò con decisione prima di seguire il tenente ancora sgomento, fuori dalla sua proprietà.
Quando rientrarono al commissariato, il plurimiliardario Josef Kostan si ritrovò in una delle sale da interrogatorio e prima di entrare, Carl prese da parte Ben per spiegargli ciò che aveva visto.
“La piscina... A me sembra la stessa della foto. Avresti dovuto vedere che spettacolo!”
Ben aggrottò la fronte e fece un profondo sospiro prima di entrare e porre tutti gli interrogativi del caso al suo primo indiziato con l‘accusa di presunto omicidio, mentre pensava con sempre maggiore convinzione che stava per mettersi in un mare di guai.

  
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