Capitolo 20
«Stè,
io e te dobbiamo uscire un po’.»
«Eh?»
Testa di Paglia mi guardò sorpreso.
Ormai
ci vedevamo quasi esclusivamente davanti alla tomba di Simona o per le
nostre
lezioni di francese e iniziai a sentire il bisogno di riprendermi i
brandelli
di una vita più spensierata: ero circondata da troppi eventi
luttuosi, dovevo
ricaricare le energie per sentirmi meglio e per non far più
preoccupare Emile.
Forse se mi avesse visto più energica e serena, si sarebbe
deciso a lasciarsi
andare, a cedere al dispiacere… ed io avevo il desiderio
sempre più pressante
di distrarmi da tutta quella sofferenza!
«Uscire?
A far cosa?»
«Non
lo so, a far casino! Ho bisogno di distrarmi e credo proprio che serva
anche a
te! Ci sono state troppe tristezze ultimamente,
devo liberarmi da questa angoscia!» altrimenti
Emile non si sentirà mai libero di piangere, si
sentirà sempre in dovere di
essere forte.
«In
effetti ultimamente ci siamo incupiti sempre di
più… probabilmente hai ragione,
abbiamo bisogno di riprendere il buon umore.»
«Esatto,
inoltre finché sarò in queste condizioni,
finché non riuscirò e sentirmi meglio,
non sarò in grado di essere d’aiuto ad Emile e non
voglio sentirmi impotente!»
«Bene,
io sono sempre disponibile a far casino, lo sai! Allora dove
andiamo?»
*****
«Al
diavolo imbecille! Butta dentro quella palla!»
«Testarossa…
sei sicura di star bene?»
«Sto
benissimo Testa di Paglia, perché?»
«Ehm…
ti vedo un po’ troppo agitata…»
«Andiamo
Stè! Proprio da te queste cose non me le aspettavo! Non hai
visto quello
stupido di un cestista?! Avrei giocato meglio io dal basso del mio
metro e sessanta
centimetri!»
Il
basket era uno sport che amavo, mi sarebbe piaciuto tantissimo
praticarlo, se solo
fossi stata più alta! Avevo giocato da piccola e sin dalle
prime partite
scoprii un gran divertimento nel partecipare alle partite, avevo anche
delle
discrete abilità! Ma col passare del tempo i miei compagni
di squadra crebbero,
mentre la mia statura risultò essere un grave handicap per
me, così mi feci
forza e abbandonai l’attività, ripiegando
nell’assistere alle partite.
Stè dal canto suo invece, aveva
l’altezza
perfetta e sebbene avesse giocato anche lui quand’eravamo
alle superiori, non essendo
particolarmente bravo aveva interrotto la sua attività
agonistica. Se avessimo
potuto giocare insieme come un'unica persona, la sua altezza e le mie
capacità
forse ci avrebbero permesso di essere un valido giocatore... ma visto
che
l’idea non era lontanamente realizzabile, ci
limitammo a fare da spettatori, così quando
c’era una partita di basket nei dintorni coglievamo sempre
l’occasione per
vederla insieme.
In
quel frangente però sembrava che a divertirmi fossi solo
io…
«Avanti
Stèèèè! Perché
fai il Fede della situazione?! Divertiti anche tu!»
«Testarossa,
io ho l’impressione che tu ti stia sforzando di divertirti
più che farlo
davvero…»
Il
mio amico era insolitamente serio e preoccupato, non sopportavo
più
quell’espressione sul suo viso, doveva divertirsi anche lui,
ne aveva bisogno
quanto me! E poi mi serviva un sostegno, mi serviva un’anima
allegra, avevo
bisogno della giovialità di Stè accanto a me!
«Testa
di Paglia, per far sì che un motore spento riparta, non
bisogna forzarne un
po’ gl’ingranaggi prima?»
«Sì
è così, ma…»
«Ecco,
io sto forzando un po’ gl’ingranaggi per far
partire il mio buonumore, perché
se attendo che parta da solo, potrei metterci anche tutta la vita! E tu
dovresti fare altrettanto, perché non conto nemmeno
più il tempo trascorso
sempre così immusoniti ed io voglio tornare a ridere insieme
a te! Siamo o no
le due Teste di Fuoco? Quindi ora
alzati con me e grida a quello stupido playmaker di fare il suo
lavoro!»
Stè
mi guardò estasiato, col sorriso stampato
sul volto dopo la mia convincente arringa (della quale andai
particolarmente
fiera per mesi); Dio solo sapeva quanto servisse anche a lui distrarsi
e non
pensare a Simona e per fortuna sembrò capire che gli avrebbe
fatto bene seguire
le mie orme, così
nel giro di un battito
di ciglia fu in piedi ad inveire con me ai danni di quel povero
playmaker, che
aveva avuto la sfortuna di averci nel pubblico.
*****
Uscire
con Stè mi fece bene, Testa di Paglia era sempre stato il
mio
calmante/corroborante naturale; da quando ci conoscevamo ogni volta che
avevo
avuto bisogno di ritrovare la serenità, che fosse stato dopo
una litigata con i
miei genitori o per chiedere un po’ di conforto nei momenti
tristi, Stè c’era
sempre stato, pronto a rassicurarmi con un abbraccio e un sorriso. E
sapevo che
solo lui, solo la sua presenza sarebbe stata in grado di ridarmi la
forza
necessaria a smettere di piangere e d’intristirmi per
Claudine e che avrebbe
permesso ad Emile di togliersi la corazza e lasciarsi andare al dolore.
E
per far sì che ciò avvenisse il prima possibile,
decisi di tornare da Rita: ero
ancora troppo in pensiero per lui, ma mi ero resa conto che la mia
ansia non
faceva altro che agitarlo; molto probabilmente, se si fosse sentito
lontano dai
miei occhi preoccupati, sarebbe stato più facile per lui
lasciarsi andare,
togliendosi di dosso la maschera di uomo forte. Così seppure
a malincuore,
decisi di allontanarmi da lui.
Tornare
dalla mia amica però mi ricordò quanto
quell’appartamento mi mettesse a
disagio: ormai non ci vivevo da qualche settimana e nonostante le
parole di
Rita, non l’avevo mai sentito come casa mia; inoltre lei e Fede erano
ufficialmente tornati ad
essere una coppia, per cui la mia presenza lì era del tutto
fastidiosa.
Compresi che era giunto il momento di cercare un luogo che potessi
chiamare
casa.
«Perché
vai via Pasi?»
Rita
mi abbracciò triste quando, giorni dopo il mio ritorno, le
comunicai la mia
decisione.
«Rita,
lo sai meglio di me che non potevo restare qui per sempre e poi ora
sarei solo
d’impiccio a te e Fede!»
«Ma
no dai, che dici! Non ti sentire di troppo, ti ho sempre detto che
questa è
casa tua, io e Fede possiamo vederci dove vogliamo!»
«Lo
so che tu non mi manderesti mai via ed è per questo che me
ne vado io. Ma
questo non significa mica che non ci vedremo più!»
Improvvisamente
Rita sembrò una bambina: lei che avevo sempre visto come una
mamma acquisita,
come una figura da cui prendere esempio, in quel momento mi sembrava
solo
qualcuno da consolare.
«Lo
so questo, ma era bello stare insieme, era bello avere una sorella con
me!»
Margherita
era figlia unica: era sempre stata circondata d’affetto e in
famiglia non le
era mancato mai nulla, tranne una compagnia. Sua madre aveva avuto
degli aborti
dopo la sua nascita e in seguito le era stato detto che non avrebbe
potuto più
avere figli, così a Rita era rimasto il desiderio di avere
una sorella accanto.
Probabilmente come io vedevo in lei una figura che era tra quella di
una madre
e una sorella maggiore, allo stesso modo lei vedeva in me la sorella
minore che
non aveva mai avuto ed era per questo motivo che risultava
così dolce, materna
e protettiva nei miei confronti. Non mi ero mai resa conto della
solitudine che
si portava dentro... forse era anche per quel motivo che riempiva la
sua vita
di impegni? Per non sentirsi sola? Eppure ora aveva Fede e sarebbe
potuta
tornare dai suoi genitori quando voleva…
«Ma
io e te saremo sempre sorelle Rita, non mi perderai mai!»
«Scusami
Pasi, sono un’egoista a parlarti di sorellanza, sono stata
poco delicata!»
«Non
preoccuparti, io ti ho sempre considerato come una sorella maggiore
Rita; al di
là del rapporto con la mia vera sorella, tu per me hai
sempre ricoperto quel
ruolo e sono felice di essere importante allo stesso modo per te e
proprio per
questo ti assicuro che non ci allontaneremo mai! Tu ami i tuoi
genitori, vero?
Eppure te ne sei andata via di casa… Allo stesso modo, per
quanto io ti voglia
bene, voglio trovare il mio posto nel mondo a partire da quattro mura
che possa
chiamare solo mie; capisci cosa intendo, vero?»
Rita
mi osservò con ammirazione e mi fece un gran sorriso prima
di parlare:
«Hai
ragione, che stupida! Ti ho sempre visto come la mia piccola e
avventata
sorellina da proteggere, ma tu sei grande e hai tutte le ragioni per
volerti
rendere completamente indipendente camminando sulle tue gambe.
Però mi
mancherai!» Tornò ad abbracciarmi, prima di
aiutarmi a trovare casa, tra gli
annunci che stavo sfogliando.
*****
Trovai
un piccolo appartamentino, che poteva ben definirsi un monolocale
più che
altro, con un soppalco che fungeva da camera da letto, una mini cucina
e
un’area giorno che a mala pena lasciava spazio per un
divanetto accanto a
tavolo e sedie. Era decisamente piccolo, ma era mio, era la mia piccola
tana,
era il luogo che avrei chiamato casa mia. Non sarei stata
più ospite di nessuno,
l’avrei arredata a gusto mio e l’avrei vissuta come
meglio preferivo! Certo
questo significava anche che avrei dormito da sola, che non avrei
atteso che
Rita tornasse e al mio risveglio non avrei trovato nessuno accanto, ma
le mie
giornate non sarebbero state solitarie: io non ero affatto il tipo che
ama
starsene per conto proprio e qualche ora notturna l’avrei
potuta sopportare…
E
poi c’era Emile… Iniziai a fantasticare su una
futura vita in due, guardando la
mia piccola dimora: già mi sembrava di vedere il mio Pel di
Carota che si
affacciava dal soppalco con gli spartiti in mano e mi chiedeva cosa ci
fosse
per cena…
Mi
riscossi subito dai quei sogni ad occhi aperti prima di andare troppo
oltre e
felice come non mai, decisi di condividere la mia gioia con Emile,
così corsi
immediatamente da lui per dargli la notizia.
Con
mia grande sorpresa però, appena aprii la porta di casa, non
vidi il volto che
tanto amavo, ma quello molto meno piacevole di Claudio.
«Sei
venuta a farci compagnia, Coda di Emile?»
Sapevo
che i GAUS erano in riunione, stavano decidendo la grafica della cover
del loro
album e altri dettagli importanti per il lancio del CD, per cui mi ero
preparata ad attendere che finissero di parlare, prima di dire ad Emile
del mio
appartamento. Sperai quindi di non dover vedere il suo batterista, che
per me era
diventato una vera e propria spina nel fianco… e invece la
spina mi colpì in
pieno!
«Ti
ho detto che non mi piace…»
«Sai
Pasi, non ti ho mai sopportato, da
quando sei entrata nelle nostre vite hai solo dato problemi, hai solo
creato
scompiglio.»
Eravamo
ancora nell’ingresso, avevo
appena chiuso la porta e si avvicinò minaccioso,
ricordandomi in un istante la volta
precedente in cui ci eravamo incontrati, quando mi bloccò
nella cucina di
quella casa.
«Sei
una presenza fastidiosa, distogli l’attenzione e non ci fai
concentrare.»
Mi
bloccò nuovamente al muro: non riuscii
a muovere un passo, il suo sguardo era pericoloso e mi paralizzava.
«Forse,
se provo a guardarti sotto un altro aspetto, mi sembrerai
più sopportabile…»
Si
protese in mia direzione ed io spostai
il volto quando mi fu chiaro che voleva baciarmi, ma rapidamente mi
prese il
viso con una mano e premette le sue labbra sulle mie. Cercai di
divincolarmi e
mi tenne più stretta al muro premendo col suo corpo, mentre
le sue mani
iniziarono a toccarmi in modo rozzo. Le nostre stature erano troppo
diverse e
non riuscii a dargli un calcio nelle parti basse, cercai allora di
spostarlo
spingendolo via, finché d’improvviso non fu
strattonato lontano da me e vidi
Emile che gli tirava un pugno in pieno viso:
«Non
ti permettere mai più di alzare le mani su di lei, vigliacco!»
Il
suo volto era furioso, gli occhi due
pozze azzurre d’ira; Claudio dal canto suo si
toccò il labbro sanguinante e ci rivolse
un sorriso colmo di rancore:
«Il
nostro prezioso leader ha perso di nuovo il suo contegno! Che fine
hanno fatto
le tue parole: “La musica viene prima di tutto, il gruppo
dev’essere la nostra
priorità assoluta”?! Non è
più così eh, Emile? Non è
più la musica il tuo primo
pensiero!»
Fece
una risata sarcastica mentre Emile
diventava sempre più rosso dalla rabbia:
«Vattene
immediatamente, non voglio più vederti! Sparisci dalla mia
vista e non ti
presentare mai più!»
Claudio
lo guardò deridendolo, come se si aspettasse quella
reazione… possibile che
fosse tutto calcolato? «Certo
che me ne vado, me ne sarei andato comunque, ma aspettavo che mi
cacciassi tu.
Ora sono proprio curioso di sapere come farai senza un batterista in
piena
promozione: complimenti Emile, bella mossa, questo sì che
gioverà al gruppo!»
Claudio
se ne andò via senza nemmeno
guardarmi, ridendo soddisfatto: aveva tirato un brutto colpo al suo
vocalist,
mi aveva usato per incrinare la sua volontà, per dargli una
lezione e per
fargliela pagare nel modo più dannoso che conoscesse. Emile
aveva perso di
propria volontà il suo batterista all’alba della
campagna promozionale, a causa
di un litigio causato da una donna! Claudio non avrebbe potuto
vendicarsi in
modo migliore.
Rimasi
impietrita, attaccata ancora a
quella parete, mentre Emile respirava a fatica preso dalla rabbia e
stringeva i
pugni serrandoli al punto da farsi male: diede un colpo al muro e si
lasciò cadere
a terra, reggendosi il capo tra le mani.
Ero
terrorizzata: non solo con le mie
parole avevo incitato Claudio ad andarsene e gli avevo anche suggerito
involontariamente il modo di farlo, ma avevo commesso anche il grande
errore di
minimizzare le sue intenzioni e sottovalutarlo, senza allertare Emile
del
possibile pericolo che correva, per evitare di pagarne le conseguenze
ed ora si
trovava in un pasticcio senza possibilità di una soluzione
veloce e soddisfacente.
Imitandolo, mi lasciai cadere sul pavimento, a distanza da lui che mi
dava le
spalle e sconsolata iniziai a parlare:
«È
tutta colpa mia… sono stata io
a dirgli
di affrontarti, io gli ho fatto prendere questa decisione... sono una
stupida!»
Le
lacrime iniziarono a scorrere copiose
sul mio viso, Emile mi avrebbe odiato per questo! Ero stata la causa
dello
sfaldamento del suo gruppo, avevo contribuito a incrinare la sua
carriera e l’obiettivo
che voleva realizzare più di ogni altra cosa al mondo! Non avevo scuse a mia
discolpa e sentii la
disperazione al pensiero di vedere il suo volto adirato che mi mandava
via. Dopo
l’iniziale sconforto però, Emile alzò
la testa, guardò davanti a sé per qualche
istante e sospirò, poi si alzò e venne a sedersi
accanto a me.
«Ti
ha fatto del male?»
Scostò
i miei capelli dal viso per vedere
se avessi segni di colluttazione, ma a parte il fastidio provato al
tocco di
quel bacio forzato e quelle mani invadenti, non avevo alcuna ferita.
«Emile
mi hai sentito? Ti prego dimmi qualcosa, lo so che ora mi odi, se devi
mandarmi
via fallo subito, mostrami il tuo rancore! È tutta colpa mia!»
Non
vidi nulla di tutto questo sul suo
volto, mi guardò con un’espressione triste e
addolorata e poi mi strinse a sé:
«Non
dire sciocchezze, la colpa non è tua, sono io
l’imbecille che ha creato questa
situazione, che invece di smorzare le tensioni le ha aumentate. Se
c’è qualcuno
da incolpare, quello sono io!»
Rimasi
a piangere tra le sue braccia, non
riuscii a sentirmi sollevata: nonostante non avessi ricevuto alcuna
accusa da
Emile, il mio senso di colpa era troppo grande per potermi permettere
anche
solo di pensare di sentirmi sollevata. E quella mancanza di reazione da
parte sua,
unita alla mancanza di una reazione alla morte della madre, mi fecero
temere
ancora di più che il mio Pel di Carota non fosse
più in grado di esprimere ciò
che aveva dentro di sé.
Sentendo
gli schiamazzi provenienti
dall’ingresso, gli altri componenti del gruppo risalirono dal
piano interrato
per sapere cosa fosse accaduto: appena videro me ed Emile seduti a
terra, si
bloccarono e con fare imbarazzato e incuriosito, Francesco prese
parola:
«Ehm…
Claudio dov’è?»
«Se
n’è andato.»
fu la risposta lapidaria
di Emile.
«Andato?
Ma siamo in piena riunione… è successo qualcosa?» Il tono di Francesco
divenne seriamente preoccupato, era
chiaro come il sole che fosse accaduto qualcosa e che Claudio avesse
preso
parte a quell’evento.
«Claudio
non fa più parte del gruppo, dobbiamo cercare un altro
batterista. Scusateci un
attimo.»
Mi
fece alzare, mi condusse in salotto e
mi fece accomodare sul divano:
«Devo
parlare con i ragazzi di ciò che è accaduto,
appena finiamo sono da te, ok?
Rilassati qui e smettila d’incolparti.»
Mi
diede un bacio sulla fronte e una
carezza sul viso e si allontanò per rimettere in sesto
quella situazione
disastrata, che avevo contribuito a creare.
*****
Rimasi
a piangere ancora per un po’ in quella stanza, sola con i
miei sensi di colpa,
finché non ebbi più lacrime da versare. Mi
accucciai sul divano, osservando
quelle pareti tappezzate dai posters di Claudine e mi ritrovai a
pensare a lei.
In modo indiretto il mio sbaglio era anche in sua direzione: se Emile
non fosse
riuscito ad emergere, non avrebbe realizzato il suo desiderio di
riscattare sua
madre e Claudine sarebbe rimasta nuovamente nell’ombra,
ricordata da soli pochi
appassionati di musica in Francia.
Il
tempo sembrò non passare mai, qualche volta mi concentravo
per sentire
eventuali voci provenienti dal piano interrato, ma intorno a me
c’era solo
silenzio, un silenzio più opprimente di qualsiasi altro
rumore. Andai in
cucina a prendere un bicchiere
d’acqua e mi tornò alla mente Claudio,
così in cerca di un luogo che non fosse
legato a ricordi spiacevoli, salii direttamente in camera di Emile.
Restai
seduta sul suo letto osservando il suo mondo e solo dopo qualche minuto
mi resi
conto che sul comodino c’era una seconda foto: accanto a
quella con i suoi
genitori, ora ce n’era anche una di noi due, un autoscatto
fatto quando eravamo
riusciti ad avere un giorno per noi ed avevamo trascorso del tempo
sulla
spiaggia.
Il
mio senso di colpa per un momento fu
offuscato dalla gioia di vedere quella dimostrazione di affetto;
dicendo a me
stessa che Emile mi amava e che non mi avrebbe messo alla porta,
iniziai a
rilassarmi un po’.
Non
sapevo quanto tempo avrei dovuto attendere prima di rivederlo e
stavolta volevo
affrontare il discorso e ricevere una sua reazione, perciò
iniziai a pensare a
come poter trascorrere il tempo in attesa: osservai i libri sugli
scaffali in
cerca di una lettura interessante, sfogliai qualche libro, ma mi resi
conto di
non riuscire a concentrarmi. Il mio sguardo si posò quindi
sul violino: non
l’avevo più toccato dalla sera della mia prima
lezione, così decisi di
riprovarci cercando di ricordare ciò che mi aveva detto
Emile. Dopo qualche
stridio fastidioso mi trovai a desiderare di saper suonare davvero
qualche
strumento, magari proprio la batteria, in modo da poter rimediare
personalmente
al mio errore e in modo del tutto irrazionale, decisi di concentrarmi
di più su
quel violino, come se ne valesse il futuro dei GAUS.
Mi
concentrai a tal punto che persi il senso del tempo e non mi resi conto
della
presenza di Emile, finché non mi chiamò lui.
«Ah!»
sobbalzai per la sorpresa e corsi a rimettere a posto il violino.
«Stai
migliorando… dovresti esercitarti più
spesso.» il viso di Emile era serio ma
soprattutto stanco, non doveva essere stato un dibattito facile, quello
con il
suo gruppo.
«Avete
finito?» Rimasi accanto al violino,
irrigidita per la tensione, in attesa della sua reazione.
«Sì,
i ragazzi sono appena andati via.»
Emile
si lasciò andare sul letto con le spalle curve e
l’aria di chi portasse un peso
enorme sulle spalle: la mano con cui aveva colpito Claudio e
successivamente il
muro, era fasciata; doveva essersi fatto male con quei due colpi
violenti.
«La
tua mano è ferita?!»
Al
solo pensiero di avergli causato anche qualche problema a
quell’arto con cui
suonava, sprofondai
maggiormente nel
senso di colpa, che ormai stava raggiungendo proporzioni bibliche.
«Non
è nulla, solo una contusione… non sono abituato a
dare pugni a qualcuno… o
qualcosa!»
«Emile,
ti prego… dimmelo che sei adirato con me, non la sopporto
questa finta
indifferenza!»
Non
mossi un solo passo verso di lui, ero troppo terrorizzata per fare
altro tranne
esortarlo a parlare. Emile portò una mano al viso, come per
sostenersi, prima
di rispondermi:
«Raccontami
cos’è accaduto. Perché mi hai detto di
averlo incitato tu ad andarsene?»
Rimasi
in piedi accanto al violino ed iniziai a raccontargli del mio incontro
con
Claudio, dei miei dubbi sul dirlo a lui o meno e della mia decisione
finale di
omettere tutto, nella speranza che il peggio fosse passato. Per tutto
il tempo
in cui parlai rimasi dov’ero, incapace di muovere un solo
passo in sua
direzione; Emile restò ad ascoltare a capo chino
concentrandosi sulle mie
parole e solo quando smisi di parlare, alzò la testa:
«Ti faccio così paura?»
«Non
ho paura di te… ho paura di perderti, perché so
quanto sia importante la musica
per te e so che in una battaglia tra me e lei, la parte sacrificabile
sarei
io.»
Chinò
nuovamente il capo e rimase in silenzio: quell’atmosfera tesa
mi stava snervando,
sentivo che lo stavo perdendo e non volevo restare ancora
nell’agonia
dell’attesa, così mi decisi a parlare:
«Ora
dimmelo che mi odi ti prego, così potrò andarmene
senza dover attendere ancora!»
Sentii
la mia voce incrinarsi, al pensiero di doverlo abbandonare e di non
rivederlo
più: alla sola idea di non avere Emile nella mia vita,
sentii un varco vuoto
aprirsi nel mio petto e pensai al mio appartamento in cui avevo
già
fantasticato di vivere con lui, rendendomi conto che invece non
l’avrebbe mai
visto, anzi non avrebbe mai nemmeno saputo della sua esistenza!
«Sì,
sono arrabbiato Pasi, sono arrabbiato perché non hai avuto
la forza di
parlarmene, perché non hai avuto fiducia in te e in me e
perché se l’avessi
fatto, avrei già rimediato da tempo, cercando un altro
batterista. Ma non ti
odio, non potrei mai odiarti e men che meno mandarti via. Non potrei
mai vivere
senza di te, sciocca bambina insicura!»
Si
alzò dal letto e venne ad abbracciarmi e il varco che si era
aperto nel mio
petto d’improvviso si richiuse, mentre il calore che mi
avvolse tornò a donare
vita al mio corpo, che si era congelato in quelle ore di angosciante
attesa.
«Perdonami
Emile, perdonami, sono una stupida!»
«Non
nascondermi altro Pasi, non farlo mai più!» Ero
ancora stretta tra le sue
braccia e lottavo con il pianto in procinto di esplodere, per cui feci
un
semplice cenno col capo. «Me lo prometti? Posso essere certo
che non mi nasconderai
altro? Che mi dirai sempre tutto?»
«Te
lo giuro Emile, non voglio più vivere dei momenti terribili
come quelli!» Lo
strinsi maggiormente a me, avevo ancora il terrore inconscio che mi
mandasse
via e volevo ridurre il più possibile le distanze tra noi;
persino l’aria mi
sembrava un ostacolo fastidioso, qualcosa che m’impediva di
arrivare a lui.
Emile
pose una mano sulla mia testa e iniziò ad accarezzarla,
dandomi conforto come
un genitore verso il figlio impaurito: avevo amato dal primo giorno
quella sua
parte così dolce, ma non riuscivo a credere che mi stesse
consolando dopo
avermi detto di essere arrabbiato. Probabilmente ero ancora preda delle
mie
ansie, del mio timore di vederlo spegnersi com’era accaduto a
sua madre, il che
unito alla paura ancora fresca di essere allontanata dalla sua vita, mi
riempì
di nuovo l’animo di angoscia. Lo guardai negli occhi per
qualche istante,
sperando di leggervi la verità che mi avrebbe calmato e
successivamente, avvicinai
il suo viso al mio e gli diedi un bacio disperato, un bacio intenso che
desideravo potesse ricongiungermi a lui, che mi potesse legare a lui e che mi conducesse alla sua
anima.
Ma
quel bacio scatenò qualcosa anche in Emile: probabilmente il
mio impeto aveva
scosso parte del dolore che stazionava all’interno del suo
animo, perché iniziò
ad amarmi con la stessa voracità che sentivo mia, con lo
stesso disperato
desiderio. I suoi baci mi divoravano e i miei non erano da meno: volevo
farlo
mio, volevo che fosse sempre parte di me, che non si allontanasse
mai… volevo
che fosse una mia proprietà, che fosse legato per sempre a
me… Le mie mani si
artigliarono sui suoi vestiti per toglierli il prima possibile, il mio
corpo
era pressato dal suo sulla parete della stanza, avvolto dalle sue mani
bramose…
in breve tempo ci ritrovammo avvinghiati l’una
all’altro, presi da una passione
bruciante, selvaggia e divorante, che non avevamo mai provato prima.
*****
«Forse
dovremmo rivestirci… non vorrei che arrivasse tuo padre da
un momento all’altro
e ci trovasse così!» La violenta passione che ci
aveva travolto era stata
consumata, lasciandoci appagati e molto più sereni... e
anche più stanchi. Per
questi motivi ci stavamo godendo la reciproca vicinanza,
l’intimità dei nostri
corpi e quella sensazione estatica di serenità che ci aveva
pervaso dopo esserci
amati. Ma l’idea che Alberto potesse trovarci in quella
situazione, non
contribuiva certo a mantenermi serena: non che temessi che ci
scoprisse, perché
sapevo benissimo quanto poco tenesse alle formalità.
Ciò che davvero temevo,
erano le battute che ne sarebbero sfociate: sarei sprofondata per
l’imbarazzo
una volta per tutte e non avrei avuto più il coraggio di
guardarlo in viso!
«Stai
tranquilla, mio padre non rientrerà, è in
viaggio.»
Ero
comodamente abbracciata ad Emile, poggiavo la testa sul suo petto
ascoltando il
battito del suo cuore, ma a quella notizia, alzai il capo sorpresa:
«In
viaggio? E dov’è andato?!»
Da
quando l’avevo conosciuto, Alberto era sempre stato collegato
a quella casa,
erano state davvero rare le volte in cui non c’era stato per
più di un giorno e
saperlo addirittura in viaggio, lontano per chissà quanto
tempo, mi lasciò
senza parole.
«È
andato in Francia.» Il viso di Emile
s’indurì, vidi il rancore sui suoi bei
tratti, e capii a chi si stesse riferendo:
«È
andato dai familiari di Claudine!»
Vidi
la sua mascella indurirsi per un attimo, prima che ritrovasse la calma
per
parlare:
«È
andato da quella gente per dire
loro
di persona, che la vergogna della famiglia ha smesso di esistere, che
possono
sentirsi sollevati, ora!»
Serrai
il mio abbraccio per dargli conforto, sentivo dolore e rabbia repressa
in ogni
parola che diceva. Non avevo mai chiesto ad Emile di parlarmi della sua
famiglia, ma era chiaro che non avrebbe mai amato coloro che avevano
lasciato
sua madre a se stessa, che la consideravano una vergogna
perché figlia di un adulterio.
Non sapevo nulla nemmeno della famiglia di Alberto, ma in qualche modo
sentivo
che quel ramo familiare non costituiva un problema: la spina nel fianco
era la
famiglia Flaubert.
«Alberto
cerca ancora un contatto con loro… forse se ti
vedessero…»
«Se
mi vedessero cosa, Pasi? Cosa cambierebbe? Mia madre è morta
lontano dai suoi
parenti, non ha mai sperimentato il calore di un abbraccio familiare,
l’appoggio di un fratello o la complicità di una
sorella! Persino sua nonna
manteneva le distanze da lei! Cosa mai potrebbe cambiare se vedessero
me,
tranne rendersi conto che gli sto sbattendo in faccia il disonore che
ha
macchiato la loro famiglia, con questi miei capelli che nessuno di loro
ha mai
avuto!?»
Era
un discorso così delicato, che rimasi in silenzio per
qualche secondo,
ponderando bene le parole da dire, tenendomi stretta a lui.
«Non
sai nulla riguardo l’identità di tuo nonno? Magari
lui…»
«Lui
è il peggiore di tutti, Pasi! Credi che se fosse stato
interessato ad occuparsi
di sua figlia, mia madre sarebbe fuggita via dalla Francia
così facilmente? No,
lui sicuramente sarà scappato non appena mia nonna gli
avrà detto della
gravidanza!»
«Ma
ci sarà pure qualcuno di buon cuore tra loro! Non posso
credere che siano tutti
così spietati, Emile!»
«Se
ci tieni così tanto a saperlo, la prossima volta che mio
padre va ad
elemosinare un po’ di attenzione, puoi
accompagnarlo!» Il suo sguardo era
rivolto altrove, indurito dal rancore: presi il suo viso tra le mani e
lo girai
in mia direzione per guardarlo negli occhi:
«Io
amo i tuoi capelli rossi, sono la cosa più bella che i miei
occhi abbiano mai
visto e non m’importa affatto di chi non apprezza te e la tua
famiglia. Voglio
solo te, ora e per sempre.»
Trattenni
la mano sul suo viso accarezzandolo e vidi i suoi lineamenti rilassarsi
fino a
dar vita ad un dolce e mesto sorriso prima di stringermi a
sé.
«Come
farei senza di te?»
Quella
era una domanda che anch’io mi ero posta solo poche ore prima
e per fortuna
sembrava tornata ad essere solo pura retorica e non una dura e
terribile verità,
pronta dietro la porta, per essere affrontata.
*****
Quella
notte rimasi a dormire con lui e nuovamente vidi le lacrime scorrere
dai suoi
occhi chiusi: avevamo avuto quel momento di pace che mi aveva rilassato
dalle
ansie nei suoi confronti, ma la notte aveva portato come al suo solito
la
verità a galla. Non era tutto risolto, non era tutto
tranquillo, Emile era ben
lontano dall’essere in pace ed io avevo messo mano nel dargli
un altro pensiero,
da sommare al dolore troppo recente, che non riusciva ad esprimere.
Dovevo far
qualcosa per lui, dovevo rimediare al mio errore in qualche modo, non
avrei
potuto sopportare ancora per molto la visione notturna del suo viso
piangente,
o peggio ancora, quella mancanza di reattività diurna.
_____________________________
NDA
Et voilà,
è giunto finalmente anche il capitolo 20 (Prim scusa il
ritardo, spero di essere ancora in tempo per sopravvivere xD): che ne
pensate?
Immagino che ora Claudio
sia il personaggio che amate di più, vero? xD
Come ho detto anche alla
mia Beta, avevo alcune titubanze su questo capitolo (a dir la
verità c'è una lotta interna tra una parte di me
che dice che scorre tutto benisssimo e l'altra che mi dice "Ma che
cavolo scrivi?"... dite che soffro di disturbo da
personalità
multipla?), ma lei come sempre mi ha rassicurato dicendo che andava
più che bene, perciò attendo di sapere i vostri
pareri più che mai ^ ^
Ieri alcune mie sorelle
hanno avuto l'onore di vedere Emile dal vivo... o meglio, proprio
quando mi sono assentata, hanno notato un bel fanciullo riccio dalla
chioma di fuoco che sembrava proprio il mio bimbo *_* ed io
non c'ero..... Se riesco a recuperare la foto ve la posterò
e vi farò partecipi di questo evento soprannaturale
(Emiluccio di mamma dove te ne andavi solo soletto senza dirmi
niente???!!!)
PS:
Se avete voglia di
leggere una storia d'amore per niente zuccherosa, ma i cui protagonisti
sono interessanti (soprattutto quel gran mascalzone del
protagonista) e il loro rapporto è tutt'altro che
semplice, vi
consiglio la storia originale di Veru,
Nonostante
Tutto: ho iniziato a leggerla qualche giorno fa, è
al 6° capitolo e li ho divorati tutti uno di seguito all'altro
^ ^
Angolo dei Ringraziamenti
Visto che sono
sopravvissuta al capitolo precedente, il mio più grande
ringraziamento è per il fatto che non mi abbiate fatto
fuori! *me è davvero contenta di respirare ancora*
Per il resto, siete
sempre meravigliose nell'incoraggiarmi e nell'immedesimarvi nei miei
ragazzi, sono ancora stupita del trasporto che mostrate
leggendo ogni capitolo e per questo vi ringrazierò a
vita!!!
Iloveworld,
Saretta,
Niky, Vale, Concy, Ana-chan, Cicci, Ely.
lorenzabu,
samyoliveri,
sbrodolinalollypop,
Aly_Swag,
green_apple,
cara_meLLo,
cris325,
Drama_Queen,
hurry, Newiyurd,
nicksmuffin,
Origin753, petusina, sel4ever,
ThePoisonofPrimula, _Grumpy
Grazie mille e un milione di volte a tutte voi!!!