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Autore: Devandro    30/11/2011    4 recensioni
Vegeta non aveva mai trascurato gli allenamenti, ma decise che ora che la sua Nemesis era tornata avrebbe potuto concedersi qualche giorno da trascorrere solo ed unicamente chiacchierando con lei. Voleva sapere tutto quello che aveva fatto in quegli interminabili dieci anni.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per l’ennesima volta si girò indispettito gridando: “Smettila di tirarmi la coda, Nemesis! E ringrazia il cielo che hai tre anni e che sei la figlia del capitano della Guardie Reali, altrimenti ti sistemavo per le feste!”
“Allora meno male!” rise lei, saltellando allegramente al fianco del principino dei Sayan, tre anni più grande di lei. Per la sua età aveva una forza e, soprattutto, un’ intelligenza fuori dall’ordinario, e nutriva grande simpatia verso Vegeta, che però sembrava non ricambiare neanche minimamente, e lei lo torturava, tirandogli la codina rossiccia e standogli appiccicata come un francobollo alla lettera. Lui non la sopportava più. Da quando era nata non faceva che gironzolargli attorno, incessantemente.
“Veggy, oggi hai voglia di allenarti con me? Generalmente mi alleno con mio padre e i miei fratelli, ma oggi non hanno tempo.”
“Neanch ‘io! E poi non chiamarmi Veggy!”
“Ma se stai gironzolando in questo cortile senza far altro da questa mattina!”
Lui, esasperato si appoggiò con gli occhi chiusi e le braccia conserte ad una colonna. Lei si sedette poco distante.
“Sai, Vegeta” disse tristemente,con lo sguardo rivolto in basso “ mio padre mi vuole mandare su un pianeta lontano dove ha delle conoscenze per farmi allenare. Lì non hanno la grande forza fisica tipica dei Sayan, ma conoscono delle tecniche molto interessanti. Lui stesso si allenò per diversi anni su quel pianeta, quando era un ragazzo. Quando lui non ci sarà più il comando dell’esercito passerà nelle mie mani, perché fra noi tre figli, anche se sono la più piccola, sono quella che promette meglio come combattente, e vuole che sia all’altezza del compito che dovrò svolgere. Starò via diversi anni.”
“Tanto meglio!” sbraitò lui, evidentemente sollevato. La bimbetta alzò lo sguardo in lacrime verso di lui: “ Davvero non t’importa niente, che io me ne vada?”.
Lui non rispose. In effetti per quei tre anni di esistenza,lei non aveva fatto altro che chiedere di diventare sua amica. Doveva tenerci molto. E lui, crudele e orgoglioso, aveva sempre cercato di starle lontano, ma lei ne rideva e diventava più insistente di prima. Ma ora quegli occhietti in lacrime e quel bel faccino sempre sorridente per la prima volta triste, lo fecero sentire in colpa. Non voleva che lei se ne andasse su un altro pianeta. Chi lo avrebbe torturato giorno e notte per giocare con lui? Chi gli avrebbe tirato la coda? Chi gli avrebbe più rivolto un sorriso solare e luminoso come il suo?…
“E’ necessario che tu te ne vada?” chiese timidamente.
Il volto della piccina si illuminò di gioia come non mai :“Ti dispiace che io parta? Ti dispiace davvero? Non essere orgoglioso per una volta! Dimmi, ti dispiace?”
Per lui, rivelare i propri sentimenti aveva sempre rappresentato un debolezza. Ma come mentirle? “Sì, un pochino mi dispiace.” disse cercando di apparire indifferente.
Lei si asciugò le lacrime con la manica della battle suit rossa. Si alzò in piedi sorridendo. “ Io devo partire domani. Ero venuta a dirtelo, oggi. Ti ricorderai sempre di me?”
“DOMANI???” trasalì lui.
“Si, domani. Per diventare forti bisogna impegnarsi fin da molto piccoli. Allora, ti ricorderai della tua piccola rompiscatole?”
“Tu non sei affatto una rompiscatole! Tu sei l’unica che abbia sempre avuto il desiderio di diventare mia amica! Io non potrei mai dimenticarti!”
“…Nemmeno fra tanti anni? Quando tornerò da quel lontano pianeta ricorderai ancora il mio nome?…”
Lui le poggiò la mano sulla testolina fitta di corti capelli castani. Lei, con un balzo gli salto al collo scoppiando in pianti. Per la prima volta, Vegeta si accorse di quanto bene volesse a quella piccola bimbetta rompiscatole.

Quei dieci anni al principe dei Sayan parvero cento. Non trascorreva più le giornate fra allenamenti e litigi con la piccola Nemesis. Aveva ormai l’età giusta per vagare nello spazio alla ricerca di pianeti da conquistare. Era diventato il Sayan più forte del suo pianeta. Perfino suo padre, rispetto a lui, sembrava un dilettante. Spesso avrebbe voluto domandare al Capitano delle Guardie Reali se aveva notizie di sua figlia. Ma era rimasto del parere che rivelare i propri sentimenti fosse una debolezza. Preferì aspettare lui stesso il giorno del suo rientro sul pianeta Vegeta. Chissà com’era cambiata, in quei dieci anni! Ma lui non riusciva proprio ad immaginarsela diversa da una mocciosetta sorridente e assillante, con una vocetta acuta da rompere i timpani e la sua battle suit rossa che sembrava così assurda indossata da una bimba tanto piccola (ma anche indossata da un lottatore professionista, era ridicola lo stesso!)…
Quel giorno lui era di ritorno da una missione su un lontano pianeta. Era soddisfatto. Tutto era andato per il meglio: il pianeta era stato conquistato e lui non aveva avuto la minima difficoltà ad annientare da solo l’esercito avversario, che del resto, non era molto temibile. Appena atterrato, dopo aver sbrigato le noiose formalità amministrative necessarie e dopo aver fatto rapporto al Re suo padre di come s’erano svolte le cose sul quel pianeta, uscì nell’ immenso cortile del Palazzo Reale.
Guardò il lungo colonnato che circondava il lussuoso edifico. Una colonna in particolare.
Quella colonna dove dieci anni prima aveva salutato la sua amica Nemesis.
La sua grande amica Nemesis. La sua migliore amica.
Rompiscatole, si, ma di cui sentiva tanto la mancanza.
Appoggiò mestamente la mano su quella colonna, con lo sguardo rivolto a terra… L’aveva sempre trattata male, considerata una pulce,… Ma quei dieci anni trascorsi senza la sua voce acuta nelle orecchie che ripeteva sempre lo stesso nome, che lui non riusciva a sopportare e che solo lei aveva il coraggio di affibbiargli: Veggy…
“Veggy!” .Vegeta levo lo sguardo con gli occhi sbarrati. Una ragazza, con corti capelli neri, occhi castani, con un’assurda Battle Suit rossa…
“…Nemesis!” mormorò senza quasi farsi sentire.
“Non m’ hai mentito, dieci anni fa: ti ricordi davvero di me! Dopo tutto questo tempo non ci speravo più! Però! Come sei cresciuto! Sembri un gigante rispetto a come ti ricordavo!”
“Nemesis” ripeté lui alzando la voce “sei veramente… quando sei tornata?”
“Qualche giorno fa: ho chiesto a tutti di non dirti niente, volevo farti una sorpresina!” “Non ci posso credere! Sei gigantesca! L’ultima volta eri alta come uno scalino! Diamine…” “Devo dedurre che sei felice di vedermi?”
“ Io felice? MA CER… Cioè…si, insomma, un pochino.”arrossì.
“Non sei cambiato affatto, sei rimasto un orgoglioso, spocchioso, arrogante e ipocrita bambino viziato! Fatti abbracciare!”.
Le code rosse di entrambi si agitarono in una sorta di scodinzolio, Vegeta un po’ imbarazzato, lei mai così felice, da dieci anni ad allora.

Vegeta non aveva mai trascurato gli allenamenti, ma decise che ora che la sua Nemesis era tornata avrebbe potuto concedersi qualche giorno da trascorrere solo ed unicamente chiacchierando con lei. Voleva sapere tutto quello che aveva fatto in quegli interminabili dieci anni.
Seduti sempre allo stesso posto, ai piedi di quella colonna. Se dieci anni prima qualcuno avesse detto a Vegeta che un giorno avrebbe perfino interrotto gli allenamenti per stare tutti il giorno con quella rompiscatole gli avrebbe dato del pazzo.
Nemesis era molto contenta: finalmente, dopo anni di solitudine, insistenza, e sentimenti non ricambiati era lui a correrle dietro senza quasi lasciarle tempo per respirare. Un giorno, dopo essersi allenato con dei Saibaim, Vegeta decise di partire alla conquista di un pianeta lontano. Chiese a Nemesis di venire con lui.
“Ok, Veggy, vengo con te. Sai, anche Napa e Radish vogliono partire per lo spazio.Ma suppongo non che non te ne importi granché.”
“Infatti. Comunque sono felice che tu abbia accettato di venire con me. Ma perché hai quella faccia? Qualcosa non va?”
“Sono preoccupata: mentre saremo via noi quattro, tutti gli altri, con a capo tuo padre e il mio, intendono rivoltarsi contro Freezer. Si preannuncia qualcosa di terribile. Non parlo dello scontro dei Sayan contro gli scagnozzi di quel traditore. Ho un presentimento. Accadrà qualcos’altro. Qualcosa di terribile.”
“Ma và, che vuoi che accada? Noi Sayan siamo superiori, e se Freezer ci mandasse contro i suoi uomini noi li sconfiggeremmo”
“… Ma se intendesse contrattaccare in modo diverso? Con qualche arma pericolosa?”
“Stai tranquilla! Contro noi Sayan non c’è arma che tenga!”
Lei parve poco consolata. “Noi siamo Sayan… ma il nostro pianeta è un pianeta come un altro. E se fosse in pericolo?…” pensò. Ma non disse nulla. Forse si stava davvero agitando per nulla.

Erano passati altri tre anni. Nemesis aveva ragione. Qualcosa di terribile accadde al pianeta Vegeta: un’ asteroide lo colpì in pieno distruggendolo e uccidendo tutti i Sayan, tranne i quattro che partirono alla conquista di altri pianeti e un altro Sayan, fratello di Radish, figlio di Bardak, che, essendo troppo debole alla nascita fu inviato sulla terra, del quale non si avevano più notizie da anni. Tutti gli altri erano morti. Il re, il Capitano delle Guardie Reali, i soldati,… Tutti. Ai quattro sopravvissuti non restò altro che farsi assoldare come mercenari da Freezer, trascorrendo la loro vita conquistando pianeti e sterminando razze aliene che al tiranno non andavano a genio.
E quando non avevano pianeti da distruggere e alieni da massacrare andavano alla loro base spaziale dove si allenavano, in attesa di qualcosa di meglio da fare.
Nemesis e Vegeta erano rimasti amici come lo erano tre anni prima. Ma lei non riconosceva più il suo principino arrogante e spocchioso. La distruzione del suo pianeta e lo sterminio della sua razza gli avevano indurito il cuore. Fingere indifferenza era inutile. Il suo carattere gia schifoso (con rispetto parlando) era peggiorato in maniera incredibile. Non erano più i bei tempi quando si sedevano sotto il colonnato del palazzo reale a chiacchierare di quando erano due bimbetti dispettosi. Vegeta non sorrideva più quando Nemesis gli raccontava un episodio divertente. E neanche lei riusciva più a sorridere.
“Senti, Vegeta, ti volevo dire una cosa. Io sono una Sayan. La mia patria era il pianeta Vegeta, e lo sento tale tuttora, anche se non esiste più. Ma in fin dei conti vi ho vissuto solo tre anni. La maggior parte della mia vita l’ ho trascorsa sul pianeta Gaide, dove mi sono allenata per dieci anni. Io è li che voglio tornare, ora che casa mia non c’è più. Vuoi venire con me?” Lui la guardò. “Vegeta, su quel pianeta c’è anche un’ altra Sayan un anno più grande di me che, come il fratello di Radish, fu allontanata alla nascita. Ora si è stabilita lì. E’ una mia amica. Non saremo soli, lì, la gente è simpatica. E per me è una seconda casa. Allora, vieni? Ti supplico!”
“Io verrei dovunque con te, anche nel Regno degli Inferi, ma voglio restare per trovare il momento giusto per vendicarmi di Frezeer per l’aver reso i pochi Sayan sopravvissuti suoi schiavi. Vorrei averti al mio fianco quando vendicherò mio padre e tutti gli altri Sayan. Ma se me lo chiedi verrò dopo averlo fatto.”
Lei si alzò in piedi. “Vendica la nostra Razza e poi va per la tua strada. E’ triste farlo di nuovo, questa volta per sempre, ma ci dobbiamo dire addio. Il destino non ha scelto me per starti accanto per tutta la vita. Tu troverai la felicità da un’ altra parte, chissà, forse sulla Terra… io non ti rivedrò più, ma ti conserverò sempre in un posto speciale del mio cuore. E quel posto non sarà mai occupato da nessun’ altro.”
Lui si alzò in piedi e la prese per mano “Nemesis…”
“Fai ciò che il tuo cuore ti chiede di fare. E non dimenticarmi, sempre che nel tuo cuore ci sia abbastanza posto per una piccola rompiscatole come me…”
“Tutto lo spazio che vuoi, Nemesis.” La abbracciò. E la baciò. Per la prima, e, forse, per l’ultima volta. Gli occhi della Sayan erano pieni di lacrime che le bagnavano il viso. Vegeta le asciugò con le mani. “Non devi piangere, Nemesis!”
“Ma non ti rivedrò mai più! Almeno in questa vita!”
“Mi rivedrai Nemesis. Passerà molto tempo, ma mi rivedrai.”
Lei sorrise timidamente.
“Si, è così che ti voglio salutare. Con un bel sorriso. Prima di lasciarti voglio rivedere la piccola gioiosa Nemesis di tredici anni fa. E la vorrò rivedere di nuovo quando ti incontrerò la prossima volta.”
“Secondo te ci sarà una prossima volta?” lui fece cenno di si col capo. Lei sorrise, stavolta di vera gioia. Si voltò e volò in aria qualche metro più su. “Addio, Vegeta!” Sorrise. Poi scomparve contro il cielo stellato.
“Arrivederci, Nemesis!!”…

  
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