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Autore: CatchingLightning    01/12/2011    2 recensioni
-Leo, stai bene?
Leo giardava spaventato l'ufficiale di polizia, spostando di tanto in tanto lo sguardo sui comuli di cenere, tutto quello che rimaneva dell'officina di Esperanza Valdez.
Non ricordava più niente dopo la donna vestita di terra, nella sua mente c'era solo il buio.
Non riusciva a capire cosa fosse successo. Pareva che gli mancasse un tassello nella memoria, che era, curiosamente, l'unico modo che aveva per capire qualcosa su quanto accaduto e sul perché sua madre non fosse lì con lui, a rassicurarlo e ad impedirgli la vista di un così brutto panorama.
"Sarà difficile che veda qualcosa di più brutto di questo." constatò il bimbo. "Nemmeno zia Rosa è così orrenda.".

Per celebrare l'arrivo di Dicembre, l'ultimo mese di quest'anno.
Buona lettura.
Genere: Angst, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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I’m holding on your rope
Got me ten feet off the ground
And I’m hearing what you say
But I just can’t make a sound


    -Leo, stai bene?
Leo giardava spaventato l'ufficiale di polizia, spostando di tanto in tanto lo sguardo sui comuli di cenere, tutto quello che rimaneva dell'officina di Esperanza Valdez.
Non ricordava più niente dopo la donna vestita di terra, nella sua mente c'era solo il buio.
Non riusciva a capire cosa fosse successo. Pareva che gli mancasse un tassello nella memoria, che era, curiosamente, l'unico modo che aveva per capire qualcosa su quanto accaduto e sul perché sua madre non fosse lì con lui, a rassicurarlo e ad impedirgli la vista di un così brutto panorama.
    "Sarà difficile che veda qualcosa di più brutto di questo." constatò il bimbo. "Nemmeno zia Rosa è così orrenda.".
L'ufficiale di polizia, un tipo con i capelli rossi e le lentiggini alto quanto un lampione, lo fissava in attesa di una risposta, come se la domanda non fosse abbastanza stupida di suo.
Leo lo fissò, muto come un pesce, con gli occhi colmi di lacrime.
Il rosso si piegò sulle ginocchia, cosicché Leo potesse guardarlo negli occhi senza spezzarsi l'osso del collo.
    -Senti Leo, ehm...- iniziò l'ufficiale di polizia, tentando di trovare le parole adatte. -Hai visto nessuno entrare nell'officina?
    -Ma cos'è successo?- replicò Leo.
Il rosso sospirò. -Stiamo cercando di capirlo. Può essersi trattato solamente di un incendio domestico, per quanto ne sappiamo.
    -Non lo è stato.- disse Leo. -Ho parlato con una donna nell'officina e l'ultimo ricordo che ho è di lei che mi parlava.
Gli occhi del tipo s'illuminarono. -Ah sì? Mi puoi descrivere questa donna?
    -Faceva paura.- iniziò il ragazzino. -Era alta più di tre metri, dormiva mentre mi parlava ed era vestita di terra.
L'ufficiale di polizia sospirò. -Ok, ho capito.
Diede una pacca sulla spalla a Leo e si alzò con l'espressione di chi non è riuscito a cavare un ragno dal buco.
    -Non mi crede, vero?
    -Sì che ti credo, Leo.- rispose il rosso.
    -Non è vero!- replicò il ricciolino. -Nessuno lo fa.
L'uomo lo fissò per una manciata di secondi, poi disse: -Io sì.
Leo non parve stupito dall'ennesima, palese, odiosa bugia.
    -Dov'è mia mamma?
L'ufficiale di polizia fece orecchie da mercante e si affrettò a raggiungere i colleghi, lasciando il piccolo Leo senza uno straccio di risposta.
Il figlio di Efesto posò nuovamente lo sguardo sulle macerie e provò nuovamente quella sensazione di calore e paura che aveva sentito mente parlava con la donna vestita di terra. Allora capì ed ebbe la terribile sensazione di essere stato lui a provocare quel disastro.
Giunse a temere di aver provocato lui la fine di sua madre, che riconobbe come il corpo sotto il telo, disteso sulla barella dell'ambulanza.
Avrebbe voluto dirle che gli dispiaceva, che non avrebbe più giocato con il fuoco.
Ma era troppo tardi per scusarsi.


You tell me that you need me
Then you go and cut me down
But wait…
You tell me that you’re sorry
Didn’t think I’d turn around and say...


    -Mostrami quello che sai fare, su.- gli disse Tía Callida, sfidando un Leo di tre anni mentre affilava un paio di coltelli. -Devi fare pratica con le tue armi già da subito, se vuoi diventare il mio eroe.
Sua madre era uscita per comperare dei pezzi di ricambio dal ferramente locale e Tía Callida era magicamente ricomparsa per accudirlo durante l'assenza di Esperanza.
Tía Callida indossava sempre il solito vestito nero e il solito scialle, per questo motivo Leo si era ritrovato a pensare che fosse rimasta vedova.
Certe volte gli faceva anche pena, perché pensava alla sua solitudine a causa della mancanza del marito come quella che provava Esperanza Valdez.
Leo era seduto sul tappeto in salotto, giocherellando con una dozzina di blocchetti Lego che zia Rosa gli aveva sbolognato come regalo di Natale. Era una fredda giornata d'inverno e Tía Callida non aveva voglia di portare Leo a giocare nel cortile sul retro del condominio, così decise che sarebbe stato meglio rimanere dentro casa e accendere il caminetto.
La sedia a dondolo sulla quale era seduta Tía Callida cigolava, andando a ritmo con lo scoppiettio del fuoco. La babysitter sarebbe sembrata uguale a qualunque nonnina dei cartoni animati se solo, al posto di affilare coltelli, si fosse messa a lavorare a maglia.
La donna iniziò a cantare la solita nenia lugubre e deprimente: Leo si era chiesto più volte in che lingua cantasse, ma arrivava a concludere solo che non fosse né Inglese né Spagnolo. Iniziò a considerarla Cinese, ponendo fine al problema.
Mentre Tía Callida cantava, Leo fissava il riflesso delle fiamme sulle lame dei coltelli con aria rapita.
Sul volto della donna comparve un sorrisetto. -Oh, so bene che vuoi giocare con i coltelli, Leo. Ma può essere pericoloso.
Leo sostenne lo sguardo di Tía Callida, cercando di capire dove volesse andare a parare. Quella risposta equivaleva a un no? O a un sì?
Per Tía Callida non avrebbe dovuto fare tanta differenza se il gioco fosse pericoloso o meno, soprattutto perché aveva provato a uccidere Leo più e più volte.
Il sorriso della babysitter si aprì maggiormente, diventando molto simile ad un ghigno. -Ma dovrai fare pratica con i pericoli, mio piccolo eroe.
Tía Callida gli porse i coltelli e Leo sorrise felice, afferrandoli per le lame ed iniziando a giocarci.
    -Presto avrò bisogno di te, mio piccolo eroe.- disse Tía Callida, prima di riprendere a cantare. -Gli eroi non posso essere addestrati in altra maniera.
Leo la guardò confuso, continuando a battere il manico del coltello contro il parquet della stanza, ormai privo di lucentezza e roso dai tarli. Poi il bimbo fece spallucce, tornando a concentrarsi sui coltelli che si ritrovava tra le mani.
Leo minacciò più volte di uccidersi mentre giocava, ma era sicuro che, fosse sopravvissuto o meno, a Tía Callida avrebbe fattolo stesso effetto.
Solo quando, tredici anni dopo, Leo liberò la sua psicotica babysitter dalla gabbia di Gea, Tía Callida parve volersi scusare per aver tentato di ucciderlo tutte quelle volte nel corso di quello pseudo-addestramento per eroi.
Non le pareva un po' tardi per scusarsi?


I’d take another chance, take a fall, take a shot for you
And I need you like a heart needs a beat
I loved you with a fire red, now it’s turning blue
And you say “Sorry” like an angel,
“Heaven let me think was you”,

But I’m afraid...


A Leo non piacevano molto le occhiate Calai lanciava a lui e a Festus, non più nelle sembianze di una valigia.
    "Non bada certo a spese, questo qui." constatò Leo con sarcasmo, ammirando lo sfarzo della reggia del dio.
Calai si aggiustò la maglia da hockey con un sorriso bonario, poi spiegò le  ali color porpora e si sollevò di qualche decimetro da terra. Leo non riusciva a capacitarsi di come quel tipo riuscisse a volare, dato che aveva la taglia di un bue.
    -Stupido buffone...- borbottò Zete, entrando nel campo visivo di Leo.
C'erano anche Jason e Piper: Leo era sollevato al vederli tornare sani e salvi. Per fortuna, non tutti gli dèi erano degli psicopatici come Tía Callida.
Lo sguardo di Leo si posò sulla bellissima fanciulla che li aveva condotti giù per la scalinata di ghiaccio. Leo si passò una mano tra i riccioli, scompigliandoli dopo che qualche valletto molto gentile aveva avuto l'onere di pettinarglieli.
Il figlio di Efesto non le tolse lo sguardo di dosso fino a che ella non posò il piede sull'ultimo gradino, dicendo qualcosa a Piper e a Jason; vide Jason replicare qualcosa, e la fanciulla dal vestito bianco parve offesa.
Leo parve sconvolto e, quando Jason gli si avvicinò, iniziò a tartassarlo di domande: -Che è successo lì su? L'hai fatta arrabbiare? È arrabbiata anche con me? Ragazzi, sarebbe stato il mio appuntamento del secolo!
    -Te lo spieghiamo dopo.- tagliò corto Piper, saltando in groppa a Festus.
Lasciarono quel posto in men che non si dica - naturale, nessuno aveva voglia di restare in compagnia di un dio fanatico dell'hockey e di un'altro che sembrava uscito dalla copertina dei CD dei Journey di Esperanza Valdez -, ma Leo non permise che l'argomento "fanciulla bellissima che Jason ha fatto incavolare" cadesse così facilmente.
Piper e Jason presero a raccontagli di come Chione (almeno adesso Leo ne conosceva il nome) avesse quasi convinto il padre Borea a farli diventare dei surgelati.
    -Non posso credere che Chione abbia fatto questo.- disse Leo, mesto. -Sembrava così carina.
Leo non capiva perché si fosse comportato come un tale stupido al palazzo di Borea. Avrebbe dovuto immaginarlo dal primo istante che una famiglia di dèi della neve e quant'altro l'avrebbero odiato a prima vista: un figlio del dio del fuoco che volava su un dragone sputafuoco dentro ad un palazzo di ghiaccio... beh, forse non erastata  una grande mossa.
E poi c'era Chione. Cavolo, si era comportato da totale ebete. Avrebbe dovuto saperlo che sarebbe stata pregiudicata nei suoi confronti, dato che lei era la dea delle palle di neve e affini mentre lui era il figlio del dio del fuoco. La loro compatibilità sfiorava la soglia del meno un percento.
La cosa che aveva fatto più male a Leo era il disprezzo di cui erano carichi gli occhi castani di Chione ogni volta che spostava lo sguardo su di lui. Leo odiava non sentirsi accettato e, malgrado la dea dei pupazzi di neve fosse letteralmente da sballo, non l'avrebbe perdonata per quello che aveva fatto correre a lui, a Jason, a Piper e a Festus.
Ricevette e scuse di Chione solo dopo tempo, quando, dopo che la dea ebbe fatto di Talia una statua di ghiaccio, Leo Valdez le si avvicinò con una fiamma che scoppiettava minacciosa sul proprio palmo della mano.
    -Non ti azzardare.- ringhiò il figlio di Efesto. -Sai, fiocco di neve, adesso è un po' troppo tardi per le scuse.


That it’s too late to apologize, it’s too late
I said it’s too late to apologize , it’s too late

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My little corner:
Leo! *w*
Nutro un'ammirazione e una stima incredibile per questo "Elfo Latino di Babbo Natale".
Penso che questo personaggio abbia subito troppi torti nella vita: la perdita di una madre, il ripudio da parte della sua unica parente, promesse mancate, si è trovato a fare da ruota di scorta alla coppietta [=Jason e Piper], e via discorrendo.
C'è da dire anche che io amo questa canzone: mi è piaciuta dalla prima volta che l'ho ascoltata alla radio. È anche facile da suonare al pianoforte: fate conto che in un'ora, dopo qualche accordo alla cavolo, avevo già trovato le note e imparato a suonarla... ^^"
Ho pensato che fosse perfetta per Leo eeeee... ecco qua! Beh, credo che questa storia abbia rovinato una delle più belle canzoni di sempre.
Alla prossima, mes amis!
Aly.
PS: Vi lascio anche il link al mio blog, fateci un salto se ne avete voglia. =D

Credits:
Characters © Rick Riordan
Song & Lyrics © Timbaland ft. OneRepublic, "Apologize"
Title Font = Made With B
Text Font = Arial
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
   
 
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