San
Valentino.
Anche
quest’anno il cruciale giorno di San Valentino è
giunto a
noi.
Felice?
No! Insomma, è o non è una festa dal fine
commerciale?
Eccome.
Sebbene quest’anno possa anch’io festeggiare, mi
viene
spontaneo ripensare al passato. Ho forse dimenticato tutte quelle
lacrime e
quella tristezza che mi stringevano il
cuore?
No,
li ricordo.
Ricordo
tutto, come se quel periodo non si fosse mai allontanato.
Per
Emma, San Valentino non era altro che una sventura, una
cattiveria volta a far soffrire qualsiasi persona single
si fosse azzardato a mettere il piede fuori dalla porta di
casa.
Camminava
ritta, testa alta e spalle in fuori.
Quel
giorno si era arricciata i capelli, sperando vivamente che
qualcuno le si dichiarasse, che qualcuno le facesse apparire almeno un
po’ più gradevole
il suo aspetto e meno disprezzabile la sua interiorità.
Mamma
le aveva sempre detto di non demordere, di continuare a
crederci, perché potesse anche lei un giorno essere una fidanzata.
Fidanzata?
Che
strano termine. Credeva veramente che avrebbe potuto diventarlo?
Non
lo sapeva, ma lo desiderava comunque ardentemente.
Lei
voleva essere gelosa di un ragazzo.
Voleva
arrossire alla vista di questo.
Voleva
che qualcuno la prendesse fra le braccia e le dicesse
qualcosa di dolce.
Voleva
litigare e poi far pace.
Voleva
avere le farfalle nello stomaco nell’attesa di qualcosa che
non fosse un compito in classe, un’interrogazione o un esame.
Voleva
amare e perché
no, magari essere ricambiata.
Era
troppo? Forse, ma voleva continuare ad essere positiva.
Attraversò
coraggiosamente i corridoi del Liceo; vicino ai
termosifoni, amoreggiavano coppie dovunque, ed ogni ragazza portava con
sé un una
rosa.
Rossa,
come l’amore.
Emma
si chiese perché, perché erano necessari tutti
quei gesti, a
lei così insopportabili.
Finalmente
giunse in classe, la meta era raggiunta.
Tuttavia,
l’impresa non era ancora terminata: l’aula era
gioiosamente adornata di rose e fiocchetti, stelline e cuoricini.
Si
gettò a terra: ma allora! Dunque era una congiura!