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Autore: speranza19    01/12/2011    4 recensioni
“Bé, sai come é, é buona educazione svuotare l’armadietto quando ci si trasferisce”- fu tutto ciò che le labbra di Dave pronunciarono mentre i suoi arti superiori si riempivano di oggetti, foto, quaderni, block notes e penne di tutti i colori.
Santana gli lanciò uno sguardo esasperato.
“Non l’armadietto, stupido idiota. Spiegami perché te ne stai andando dal McKinley.”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dave Karofsky, Santana Lopez
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A box filled with past memories

 

Era stranamente malinconico percorrere i corridoi della McKinley il pomeriggio tardi, quando ormai la scuola si era svuotata e non era rimasto più nessuno nell’intero istituto.

Che sensazione strana camminare e sentire il rimbombo dei propri passi, senza il solito sottofondo composto dal chiacchiericcio e dal casino tipico dei compagni che affollavano le aule e le lezioni.

Santana incedeva col solito portamento sicuro tra gli androni, tra le mani un grosso scatolone vuoto appena fregato dall’ufficio della Sylvester; nella testa, tutta quella serie di riflessioni agrodolci.

“Ecco a te” – disse in direzione di una figura alta e massiccia, sistemata accanto a un armadietto rosso.

“Ma dove l’hai trovato sto scatolone?”- le chiese Dave, sorridendo.

“Ancora metti in dubbio le capacità di zia Tana? L’ho trovato, su, rallegratene!”- gli rispose di rimando, fintamente acida.

Non riusciva a essere più stronza sul serio con David Karofsky.

Ormai, non aveva gusto farlo con qualcuno che sapeva condividesse fin troppo dei suoi pensieri e delle sue preoccupazioni.

Dave si accostò all’armadietto e lo aprì digitando la combinazione a scatti sul lucchetto.

“Football?”- domandò Santana con un sopracciglio alzato e una smorfia sulle labbra all’insù. “Questo è il tuo meglio come password?”

“Cosa vuoi che ti dica, San? Sono estremamente banale”- le replicò Dave, lo stesso ghigno dipinto sui lineamenti.

Santana si mise a osservarlo con attenzione in silenzio, le braccia protese verso il ragazzo che infilava mani e testa nel piccolo cantuccio metallico per tirar fuori tutto ciò che vi aveva custodito per mesi e mesi.

“Spiegami perché lo stai facendo”- si limitò a proferire, andando dritta al punto. Secca, decisa. Come era lei stessa, d’altronde.

“Bé, sai come é, é buona educazione svuotare l’armadietto quando ci si trasferisce”- fu tutto ciò che le labbra di Dave pronunciarono mentre i suoi arti superiori si riempivano di oggetti, foto, quaderni, block notes e penne di tutti i colori.

Santana gli lanciò uno sguardo esasperato.

“Non l’armadietto, stupido idiota. Spiegami perché te ne stai andando dal McKinley”- dichiarò volitiva. Era curiosa e anche molto dispiaciuta della risoluzione presa da quel ragazzone indelicato ma tenero che lei aveva chiamato fidanzato (anche se finto) per i mesi addietro.

Forse, fin troppo dispiaciuta. Ma non avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura a Guantanamo: gli sarebbe mancato girare con lui per la scuola e avrebbe avuto nostalgia della sicurezza che riusciva a trasmetterle sempre.

Non appena quelle frasi lo raggiunsero, Dave si raddrizzò immediatamente, come se la schiena gli fosse stata messa a posto da una scarica elettrica.

Guardò Santana negli occhi, in maniera così profonda che la latina si spaventò per la serietà che stava riuscendo a trasmetterle.

Sospirò prima di iniziare a parlare.

“Voglio… voglio solo trascorrere il mio ultimo anno di liceo in pace, senza dovermi preoccupare di niente e nessuno. Senza dover badare a cosa gli altri mi dicono alle spalle. Voglio solo… ricominciare. Ti pare una cosa così fuori dal mondo?”- le domandò, un lieve sorriso gli schiarì il viso contratto dalla tensione.

“Tu sei il fottutissimo re del ballo di questa fottutissima scuola. Sei grande e grosso, nessuno ti darebbe mai fastidio, nemmeno se si venisse a sapere del tuo segreto. Io rischio molto di più rispetto te, credimi. Il massimo che rischi è una granitata ogni tanto quando svolti un angolo, niente di grave”-  sibilò Santana tra i denti, le parole scivolate l’una dietro l’altra di fretta.

“No, sei tu quella che non rischia niente, credimi. Tu hai il Glee Club a guardarti le spalle, hai Brittany pronta a difenderti… hai molto, molto più di me”- sussurrò amaramente Dave, gli occhi eclissati dal tormento interiore che, si vedeva lontano un miglio, lo stava divorando vivo, e il labbro morso a sangue da un incisivo.

Santana, in quel preciso istante, capì tutto.

Dave non aveva nessuno.

Tranne lei e forse Adams (se, per pura ipotesi, fosse riuscito ad accettare il fatto che il suo compare fosse gay), nessuno gli sarebbe stato vicino se la voce della sua omosessualità si fosse diffusa.

Nessuno che lo avrebbe amato per quello che aveva scoperto di essere, nessuno che lo avrebbe protetto dalla cattiveria altrui.

Nessuno pronto ad attenderlo e a combattere al suo fianco contro il mondo.

L’unico che avrebbe voluto… non era disponibile. Assorbito da altre cose, altre priorità, altri amori.  

“E’ per questo che ti vuoi trasferire alla Carmel? Per lui?”- gli chiese in maniera non cordiale, più come se pretendesse una risposta al suo ragionamento interiore.

“Voglio solo stare il più lontano da qui e basta, te l’ho già detto”- insistette Dave mentre afferrava un grosso tomo di Analisi I e lo gettava nella scatola avvolta tra le dita di Santana.

Mancava poco ormai. Pochi mesi lo separavano dal college, non sapeva ancora se alla facoltà di legge a Princeton  o a quella di matematica alla Columbia University. L’unica cosa di cui era consapevole era che ogni giorno di più si avvicinava alla vera vita che sognava da tempo.

Niente più maschere,o bugie. Solo il vero Dave libero di poter vivere con la testa china sui libri di algebra e l’esistenza spalancata all’infinito, senza timori o paure.

“Odio-il-McKinley è un concetto che ho abbondantemente afferrato dieci minuti fa, scimmione che non sei altro. Non hai risposto alla mia domanda, Karofsky”- esclamò Santana, fluida e senza peli sulla lingua.

Dave sbuffò e si guardò la punta dei piedi esasperato, in mano stringeva un quaderno di appunti di storia e una foto dei Titans vincitori del campionato appena tolta dall’anta.

“Cosa vuoi sapere? Se lui c’entra o meno?”- schiuse le labbra beffardo, guardandola nei pozzi neri che le occupavano il viso, improvvisamente ingranditi.

“Mi accontento solo della verità. La tua verità”- gli soffiò dolce.

Non voleva essere aggressiva. Desiderava solo comprendere cosa lo avesse spinto a prendere una decisione così drastica e radicale.

L’ex atleta gettò altri volumi scolastici nel contenitore di cartone rigido, si bloccò immobile e le lanciò uno sguardo inumidito dalla commozione.

“Io… semplicemente non ce la faccio più a stare qui. E vederlo girare tutto felice con quel nanetto da giardino coi papillon da clown. E sperare tutto il tempo che lui mi rivolga la parola e mi chieda come sto. Non ci riesco, mi fa troppo male. Io ho intenzione di continuare a essere sereno, a essere me stesso, dopo tanto tempo finalmente. E se per tornare a una vita decente, io devo andarmene da questo posto maledetto che non fa altro che ricordarmi quanto io sia caduto in basso l’anno scorso e che io lui non lo avrò mai… sì, lo farò. E non una, ma mille volte”- asserì Dave, col cuore in mano e il volto rosso dall’emozione, abbattendosi sull’armadietto accanto al suo.

La sua sincerità era così trasparente da far male.

Santana posò lo scatolone per terra e gli sfiorò un braccio. Con un tocco leggero, veloce. Ma che sapeva sarebbe stato percepito fin sotto la pelle dall’altro.

“Mi dispiace, Dave. Non hai idea di quanto mi dispiace”- gli sussurrò all’altezza della spalla.

Immaginò di essere al suo posto, per una frazione di secondo. Le risultò facile, ci era passata poco tempo prima.

Non esisteva niente di più tremendo al mondo di prendere coscienza del fatto di volere qualcuno, di amare qualcuno e poi vedere quella persona sfuggirti, trascinata via.

Si era sentita morire quando Brittany l’aveva rifiutata… eppure, sapeva bene che la ricambiava in ogni singola cosa.

Sapeva che aveva una possibilità, sapeva che era solo questione di tempo per loro due assieme.

Ma per Dave… era diverso. Soffriva e non aveva nessun appiglio a cui aggrapparsi. Nessuna luce in fondo al tunnel,nessuna speranza che un giorno la situazione sarebbe cambiata, nessuno spazio per lui in quel cuore già preso.

“Sai, lui mi ha chiesto di te. Due giorni fa, dopo il Glee. Mi è venuto accanto appena si è riuscito a svicolare da quell’appiccicoso di Anderson. Voleva sapere perché te ne volessi andare”- gli svelò, con un fil di voce. Ormai erano seduti sul pavimento, sulle mattonelle dure e fredde del corridoio, a farsi compagnia. Gettato ai loro piedi, il povero scatolone.

Sembravano due buoni vecchi amici che si confidavano.

Anche perché lo erano veramente.

Legati da vecchi segreti, enormi paure passate, risate, un ballo scolastico folle del secondo anno che nessuno dei due avrebbe mai potuto dimenticare.

Dave sobbalzò per un istante, poi tornò ad assumere un’aria dura.

“Come ha fatto a saperlo?”- le chiese, dubbioso, le rughe d’espressione evidenti ai lati della bocca mentre rifletteva.

“Tette mosce di un Hudson! Sicuro gliel’ha spifferato lui quando sei andato a salutare la Beiste e la squadra un paio di giorni fa. No?”- mormorò Santana, sottolineando acidamente il cognome del giocatore.

“Si, sicuramente è stato lui”- le annuì di rimando. “Poco male. Tanto la cosa non farà alcuna differenza… non gli importa molto di me o del mio destino”- concluse con dolore malcelato.

“Invece era molto preoccupato ed era scioccato dalla tua scelta. Comunque, mi sono trincerata dietro un Non so niente e ti ho protetto su tutto”- asserì fiera Santana. Era stupenda la sensazione che la stava attraversando dentro: la consapevolezza di aver preservato qualcosa di importante per qualcuno.

“Non gli hai raccontato del mio coming out con papà, vero?”- domandò ancora Dave. Gli interrogativi tra loro due non avevano più fine, ormai.

“Tranquillo, cucciolo d’orso. Non è uscita una sola sillaba a riguardo dalla mia boccuccia caliente. Anche se secondo me hai sbagliato a non comunicargli almeno questa notizia”- gli confessò con la massima schiettezza, per poi giustificarsi della cosa con gli occhi.

“A che sarebbe servito, scusa? Sarebbe venuto da me, tutto fiero, a chiedermi dettagli, a sapere come l’aveva presa mio padre, mi avrebbe abbracciato, avrebbe voluto trascinarmi chissà dove per parlare, se ne sarebbe uscito nuovamente con quella storia del PFLAG. E io… non sarei stato in grado di sopportare la sua vicinanza continua dopo la notizia che per mio padre non c'erano problemi e che rimanevo sempre suo figlio”- ammise la guardia. Non c’era niente di più perfetto e di più orribile dello stare accanto a Kurt.

Così vicino da poterlo toccare, così lontano da volerlo dimenticare.

Non poteva esprimere quello che nutriva dentro di sé, doveva reprimerlo a ogni costo. Che senso aveva renderlo orgoglioso dei suoi comportamenti finalmente giusti se non poteva condividere fino in fondo ciò che provava per lui?

“E’ proprio un cretino. Preferisce un tipo come Anderson a te. Ma come si fa?”- Santana si pose sinceramente la questione.

Ma, nello stesso tempo, avrebbe voluto prendere Dave e scuoterlo per le spalle così forte da fargli credere che ci fosse una scossa di terremoto.

Perché, per quanto lo si desideri disperatamente, non si può fuggire da se stessi, dai propri sentimenti, da ciò che si desidera.

Ovunque si vada, ci si imbatte in ciò da cui si scappa.

E a Dave, prima o poi, sarebbe successo, anche se non avesse più frequentato il McKinley e si fosse tenuto a distanza dall’edificio cinque chilometri.

Ma lei ci sarebbe stata, al suo fianco. Qualsiasi cosa sarebbe accaduta.

“Evidentemente, non siamo fatti per stare assieme. Non è scritto nelle stelle che debba essere io la persona a renderlo felice”- borbottò triste.

Santana si sentì il cuore stritolarsi nel petto fino a diventare uno straccio consumato e gli strinse una mano.

“Se ti può consolare, sono la presidentessa del club Odio Blaine Anderson in tutti e cinquanta gli Stati, compresi l’Alaska e le Hawaii”- scherzò. Non poteva sopportarlo di vederlo così abbattuto, così in lotta, così diviso.

Era ovvio che per lui non era semplice mollare tutto l’ultimo anno, voltare le spalle al passato e lasciare andare l’unica cosa di cui gli fosse realmente mai importato. Anche se cercava di mostrarsi rassegnato e calmo per via del trasferimento, Santana intravedeva le crepe già incrinare quell’equilibrio precario che si era costruito a fatica per sopportare il distacco e la perdita.

Eppure, incredibilmente, riuscì a farlo ridere di gusto. Dave le sorrise, per la prima volta con calore reale da quando avevano iniziato a parlare.

“Scusami? Mi hai appena fatto sogghignare! Santana Lopez ha un cuore, chi l’avrebbe mai detto?” – le disse lanciandole un leggero pugno sul braccio.

“Shhhh, non rovinarmi l’immagine! Ho faticato tanto a costruirmela, non vorrai mica distruggermela?”- ridacchiò anche lei, con l’anima alleggerita.

Era bello mostrare vera familiarità, senza chiedere niente in cambio. Era bello voler bene a qualcuno ed essere se stessi in quella strana alchimia chiamata affetto.

“Non oserei mai. Lo giuro”- e fece con gli indici una croce per compiere il solenne voto.

“Ecco, così va meglio”- e gli tirò una gomitata allegra.

“Adesso devo proprio andare, San. Tanto l’armadietto è sgombro ormai e non vedo l’ora di uscirmene da qui per sempre. Hai bisogno di un passaggio a casa?”

Santana lo osservò, a lungo, anche se in un intervallo di pochi secondi.

Il sorriso le si allargò in viso e contagiò persino gli occhi scuri.

“Certo”- gli disse, mettendosi sottobraccio, mentre lui afferrava lo scatolone ormai strapieno.

***

Santofsky... volevo scrivere su di loro, e l'ho fatto XD Nella mia testa sarebbe un Missing Moment (insomma, Dave sarà pure andato a prendersi della roba dall'armadietto, cacchio... nel mio headcanon lui si trasferisce perché vede Blaine e puf... bye bye, soffro troppo. Oltre al fatto che lui vuole essere sereno e trascorrere in modo decente l'ultimo anno di liceo. E poi, come sapeva Kurt che si era trasferito?)

  
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