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Autore: Brown Betty    02/12/2011    3 recensioni
L’idea da cui parte la shot è che Charlotte, ossia la prima Petrova, ossia la tizia che Esther ha sacrificato per maledire Klaus- sia in qualche modo una conoscenza della famiglia di Klaus. Lei viveva nel villaggio degli Originali e mamma Esther l’ha fatta sbranare da un lupo per riuscire a compiere la maledizione su Klaus.
Insomma Klaus non si era incavolato solo perché la madre l’aveva maledetto, ma anche perché per farlo aveva ucciso proprio Charlotte. Lui con il suo sangue l’ha salvata, ma infiammato dall’ira, ha ucciso Esther, da lì Mikheal è impazzito di rabbia e ha giurato vendetta su di loro.
Elija e Rebekah non sanno che Klaus ha ucciso la madre, credono che nella lite Mikhael l’abbia uccisa. Sanno solo quello che Klaus gli ha raccontato.
Mi sono documentata un po’ su Halloween e pare all’epoca vichinga i celti già lo festeggiassero come, appunto, Capodanno Celtico ^^
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elijah, Klaus, Rebekah, Mikaelson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Leaving Song.

All Hallows'eve, Inghilterra, 31 ottobre 865

 
“Non credi che dopo tutto, siamo proprio noi i più legittimati a festeggiare?” la giovane a cui era stata rivolta la domanda si passò guardinga il bicchiere colmo da una mano all’altra, senza quasi sentirne il peso tra le mani. Il liquido scuro oscillò appena; una goccia scivolò giù veloce, macchiando il vestito di un intenso blu notte.
Alzò la testa per cercare il volto del suo interlocutore, rivolgendogli per la prima volta in quella serata, un timido sorriso. Lo guardò dritto negli occhi, cercando di risollevare quella stanchezza che vi leggeva dentro, bloccandogli il respiro.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli biondi e mossi, incastonando i suoi occhi in quelli di lei, scuri e profondi. Finalmente la ragazza parlò: “Si dice che questa sia la notte in cui le divisioni si assottigliano. Si dice che questa sia la notte in cui i defunti tornano a camminare sulla terra… quindi, si, suppongo che possa essere considerata la vostra festa, in fondo”. Improvvisamente Klaus lesse il terrore negli occhi della ragazza. Allungò quindi una mano verso di lei, ma questa era già sparita. Fece appena in tempo a scorgere il sorriso abbandonare il suo volto. Fece vagare lo sguardo attorno a lui, posando gli occhi su qualsiasi altra fanciulla, donna o essere umano nello spiazzo al centro della radura in cui si erano radunate tutte quelle persone per celebrare il capodanno pagano. Il fuoco del falò era l’unica fonte di illuminazione di quella che si stava già avviando a trasformarsi in una notte scura. Una notte senza stelle. Un grappolo di bambini vociavano accanto a una donna vestita d’arancio che gli stava consegnando  piccole lanterne da lasciare al lati della radura, al limitare della foresta.
Gli occhi di Klaus lampeggiarono, confondendosi con la luce del fuoco quando una figura si stagliò in mezzo alla folla e si diresse verso di lui, a passo deciso. Portava una torcia nella mano destra, ma il suo volto rimaneva in ombra. Un mantello e un cappuccio nero pece lo celavano al mondo.
“Fratello” lo precedette Klaus, inclinando lievemente il capo, ancora scosso dal nervosismo della ricerca.
“Fratello” ripetè Elija, guardandolo fisso negli occhi.
“Sei qui per i festeggiamenti?” gli rivolse quelle parole quasi distrattamente.
“Nonostante tutto” ed Elija fece una pausa, sottolineando in modo sottile quelle parole, facendole sfociare con eccessiva enfasi, “sono qui per metterti in guardia”.
Come svegliato dal dormiveglia, Klaus reagì e parve interessato a quelle ultime parole. “Hai avuto notizie?”  incuriosito, rispose con voce calma e senza lasciar trapelare alcun tremore.
Elija però non aveva intenzione di discutere. “Dov’è Charlotte?” disse solamente, in un sussurro.
Klaus non rispose, e smise di guardarlo, per tornare a far vagare lo sguardo in giro, per cercare di capire se fosse ancora lì, da qualche parte.
“Stai prendendo la faccenda troppo poco sul serio” Elija fece una pausa e gli afferrò un braccio, richiamando tutta la sua attenzione. Poi continuò: “Non avresti dovuto farlo, Niklaus. E non dovresti sottovalutare nostro padre” il suo tono grave e sincero ferì il fratello come un artiglio fendente.
“Riportarla in vita! Salvarla! Non avrei dovuto forse?” Klaus esplose in un impeto di collera, ma moderò il suono della sua voce per non essere udito. “Ho tentato il tutto per tutto, e ringrazio il cielo di esserci riuscito”.
“Parlo a ragion veduta, sai che ci troverà. Non la salverai un’altra volta” parlava in fretta, come se temesse di essere udito da qualcuno, lanciando ogni tanto occhiate preoccupate dietro di sé. “Non sarà un lupo questa volta a ucciderla, il tuo sangue non la salverà di nuovo, Nick”. Elija era fiero, nobile. Era sempre stato restio a mostrare il suo animo gentile e il profondo affetto che sentiva verso i suoi fratelli. Non era solito usare diminutivi per riferirsi a loro. Ma ora più che mai, aveva bisogno di tutta la sua attenzione. “I segni sono chiari. Ha seguito le tue tracce. Ti sei esposto troppo” il richiamo proveniente da un corno lo interruppe. Era il segno che il rito sarebbe cominciato a minuti.
“Un po’ di bevanda destinata agli dei?” disse Klaus porgendo al fratello il bicchiere che fino a poco prima Charlotte teneva tra le mani. Parlò sfidando i toni del corno, ma la sua voce strascicata e cristallina fu perfettamente distinguibile.
Elija fece cadere con una colpo deciso il bicchiere dalle mani di Klaus, e non si lasciò spaventare dalle fiamme dorate che attraversarono, forse, come un lampo, i suoi occhi dopo quella mossa. “Sai che è credenza che gli spiriti dei morti si mostrino in questa sera dell’anno. E sai che a Mikael piacciono le entrate trionfali. Sarà stasera, lo so come so che sei mio fratello” aggiunse scandendo le parole e con un tono leggermente più alto concluse “fidati di me”.
Klaus socchiuse le palpebre per un attimo. “Fratello… sorella… padre… Sempre e per sempre… l’eternità…” Klaus scaraventò un pugnale appuntito alla sua destra, senza porre attenzione a quello che avrebbe colpito. Un barile di nettare di zucca si distrusse su un lato, lasciando fuoriuscire una gran quantità di liquido. Elija conosceva fin troppo bene l’irruenza del fratello. La paranoia che da sempre sopita lo divorava dall’interno. Il rancore che doveva provare in quel momento.
“Le lanterne indicano il percorso agli spiriti. Ma per lui sarà solo un modo più veloce per individuare  il villaggio. Troviamo Charlotte. Andiamo via di qui prima che ci trovi”.
 
Il rito era pronto. Donne e uomini si disposero in un circolo quasi meccanicamente, cingendo il falò con la loro circonferenza. Il fuoco vibrava come scosso da scariche elettriche, in preda a convulsi inseguimenti di fiammelle. Le maschere, grandi e nere, dipinte con qualche grezza pennellata di bianco, erano posate a terra, e aspettavano solo di essere indossate. Una davanti ad ogni uomo che formava il cerchio.
Elija e Klaus camminavano a passo svelto, tentando di confondersi alla folla. “Dov’è andata?” chiese al fratello, che aveva finalmente assecondato il suo desiderio di fuga.
“Stavamo parlando, e un attimo dopo non c’era più” rispose lui, tentando di non far trasparire la sua mancanza di potere su quei fatti. Ogni figura che spuntava senza preavviso li faceva rabbrividire e sobbalzare, anche se cercavano di non darlo a vedere. Elija accellerò il passo.
“Non è colpa tua, fa come vuole. Come sempre”.
 
La radura sembrava sempre più grande, ogni passo che i due facevano in avanti. Il limitare del bosco non sembrava così vicino come gli era parso dal luogo del falò. Le ombre scure che si intagliavano su ogni cosa che gli si parasse davanti parevano deformate come mai lo erano state prima. Le capanne all’interno del villaggio si diradavano sempre di più. Le due figure incappucciate entrarono di soppiatto in tutte quelle che incrociarono, con la speranza di trovare Charlotte, sentendo dentro di loro sempre di più il fiato sul collo. Dovevano fare presto.
Ma se non l’avessero trovata?
Un’ansia sempre maggiore correva in corpo ai due fratelli, che ormai avevano raggiunto un punto in cui i suoni dei corni erano un vago rombo lontano e luce del falò non riusciva più ad illuminare con sicurezza nulla, ed erano costretti ad affidarsi al pallido calore della torcia quasi spenta.
“Non l’ho vista da nessuna parte, dobbiamo tornare indietro” fece Klaus, senza ottenere risposta da Elija. “Dov’è Rebekah?”.
Il fratello parve indeciso sulla risposta “Ci aspetta in un luogo concordato”. Klaus capì immediatamente che non era indeciso sulla risposta alla sua domanda, bensì sulla loro prossima mossa. E come al solito, lo anticipò.
“Non la lascio qui” disse in un ringhio. Elija scosse la testa, continuando a soppesare nella sua testa la decisione più razionale da prendere.
“Non la lascerò morire. Mai”.
In quello stesso momento, una sequela di urla strazianti li raggiunse, facendoli voltare entrambi, contemporaneamente.
Tornare sui loro passi fu molto più facile e veloce. Il panico muoveva gli arti per loro. Klaus non avrebbe mai lasciato quel posto senza sapere Charlotte al sicuro e Elija non avrebbe mai lasciato quel posto senza sapere Klaus al sicuro. Un circolo vizioso che li teneva uniti. La fratellanza impossibile da spezzare. Sempre e per sempre.
 
Ritornarono sui loro passi. Velocemente. Si trovarono accanto al luogo del rito e si appiattirono contro a una capanna per non essere scorti da nessuno. “Chi è stato? Chi ha gridato?” Klaus non riuscì a trattenere la sua impazienza e parlò. Non fece in tempo a chiudere la bocca. L’enorme fuoco che troneggiava nell’esatto centro della radura si spense completamente. Il buio invase ogni cosa, generando un’orribile coltre di panico. Le frasi celtiche di supplica smisero di riempire l’aria e furono sostituite da pianti e grida. “Gli spiriti! Non hanno accettato le nostre offerte! Sono qui!”
Le maschere che gli uomini avevano indossato ora li confondevano perfettamente con la notte, e grazie a quelle chiazze bianche li facevano veramente somigliare a spiriti inquieti ed agitati.
Elija e Klaus non si mossero di un millimetro. “Andiamo…” mormorò Elija “Andiamo!” insistette, ma Klaus non lo stava più ascoltando. Il suo sguardo di sfida era fisso verso quello che fino a qualche minuto prima era il falò. Al suo posto una figura alta e imponente. I capelli di un biondo sporco gli arrivavano fino alle spalle. Negli occhi un lampo di folle gioia. L’uomo stava guardando nella sua direzione, senza veramente vederlo. Teneva stretta con la mano destra una torcia e con la mano sinistra una ragazza. Klaus si mosse d’impeto verso di lui, ma fu trattenuto dal fratello, che lo intimò di rimanere nascosto.
“La tua impulsività” mormorò Mikael, lasciando cadere a terra il corpo senza sensi di Charlotte. “Non ho neanche dovuto fare la fatica di addentrarmi nel bosco” si muoveva con sicurezza, e con estrema calma. Sentiva che Klaus lo poteva sentire. Ne percepiva l’odio e la paura.
“Sei prevedibile. Impulsivo. Una vergogna. Come sempre sei stato. Come sempre sarai” a quelle parole Klaus digrignò i denti, sentendo la presa di Elija sul braccio farsi più stretta. “Ma questa volta hai superato il limite. Non vedrai la luce del prossimo giorno che nasce”. Le parole del padre gli tolsero il respiro, ma la vista di Charlotte a terra senza sensi era qualcosa di insopportabile per lui. La folla di persone intanto si era rintanata nelle casupole, ed era intenta a pregare gli dei, o nascondersi da quello che tutti avevano chiaramente scambiato per un fantasma. E lo poteva sembrare, così pallido e folle come appariva. L’unica parvenza di colore proveniva dalle sue vesti, su cui scintillavano macchie di sangue fresco.
Klaus uscì allo scoperto, senza pensarci. Sapeva che non c’era nulla che potesse funzionare contro quell’uomo. Nulla tranne la sorpresa, nulla tranne la velocità. Sgusciò via sperando che Elija rimanesse nascosto, che riuscisse a scappare. Riuscì ad afferrare un braccio di Charlotte, trascinandola lontano da Mikael. Aveva sviluppato una velocità e un’agilità sconosciuta fino ad allora. L’uomo, sorpreso, si lasciò andare a una risata risonante, mentre qualche uomo da dentro una casa iniziava a suonare un canto lento e monotono, che avrebbe dovuto scacciare gli spiriti maligni. Klaus si rintanò in un angolo in ombra, allontanandosi più che poteva, ma riusciva ancora a udire, affilate e rimbombanti le parole del padre. “Tutto ciò che fai è inutile. Guadagna un po’ di quella dignità che non hai mai avuto uscendo allo scoperto. Distruggerò te, e ogni singola cosa che ami, e farò di questo il mio unico scopo per l’eternità che mi resta”, posseduto da una rabbia cieca, Mikael avanzò di qualche passo. Aguzzò i sensi e sentì con chiarezza i respiri irregolari o smorzati degli esseri umani attorno a lui. Gli sarebbe bastato individuare quello di Charlotte.  Il modo più semplice per arrivare a lui, il suo punto debole.
Dal punto in cui si era fermato, Klaus strinse più forte la mano della ragazza, ma lei non si destò. Le parole di suo padre erano quanto di più vero l’uomo avesse mai affermato. Sapeva che sarebbe andato fino in fondo, e sapeva anche probabilmente di meritare la morte, ma lei no. Lei doveva riuscire a scappare.  La prese in braccio, in un disperato tentativo di destarla.
“Di qui” una voce femminile bassa e agitata proveniente da dietro di lui lo chiamò. “Rebekah” Klaus posò una mano sulla guancia della sorella. “Vattene via immediatamente, è dietro a quella capanna laggiù”, ma la ragazza stava piuttosto fissando Charlotte, esanime, nelle braccia del fratello, senza capire. “Quando non vi siete presentati all’appuntamento mi sono spaventata e sono venuta a vedere” disse lei, senza distogliere lo sguardo.  Un gran cumulo di polvere si era alzato in aria. I vestiti di Rebekah ne erano colmi. Klaus le pulì con affetto una guancia, in cui un piccolo taglio faceva fuoriuscire un rivolo di sangue. “Stai rischiando grosso” disse in fretta.
“Sto rischiando tutto” gli afferrò la mano, una decisione balenava nei suoi occhi. “Nik, non ha senso rimane qui” disse col fiato mozzo per la paura.
“Prendi Charlotte e raggiungi Elija!” fece lui scuotendo la testa.
“No, assolutamente no! Vieni con me, andiamo…” lo supplicò con gli occhi, che si riempirono di un filo di lacrime. “Ci metterà un po’ a trovarci in mezzo a questa confusione, nel mentre troveremo un modo… troveremo un modo…” balbettò senza paura di mostrarsi debole davanti a lui.
Klaus diede un occhiata dietro di sé. Riusciva a vedere solo la figura sfocata del padre che toglieva la maschera a ogni uomo che incontrava, facendolo poi rovinare a terra senza vita.
“Andiamo”.
 
La fuga verso il limitare del villaggio fu peggiore di quella che aveva fatto solo qualche minuto prima con Elija. Il corpo di Charlotte diventava sempre più freddo e ogni passo aumentava la sua ansia. La ragazza gli impediva i movimenti più agili, e la preoccupazione per Rebekah lo faceva voltare sempre più di frequente.
“Eccolo!” disse Rebekah indicando un punto in cui Elija li aspettava.
“Presto, ho trovato un punto di fuga, se attraversiamo il mare per lui sarà più difficile inseguire le sue tracce” disse Elija, ma non si muoveva. Scambiò uno sguardo con Rebekah e poi si rivolse a Klaus. “Niklaus…” conosceva suo fratello. Lo conosceva così bene che strinse Charlotte a sé con un po’ più di forza, come se si aspettasse da un momento all’altro che gliela strappassero.
“Metterai in pericolo la sua vita se la porterai con te. È più al sicuro se lontana”.
Erano uno davanti all’altro “Lo sai che ho ragione” aggiunse Elija, sostenendo lo sguardo del fratello. “E lo sai che Charlotte ha sufficienti mezzi per cavarsela da sola, come ha sempre fatto” il suo sguardo impenetrabile si posò sul corpo svenuto della ragazza. Boccoli scuri le cadevano scomposti sul volto; il pallore la rendeva più fragile di quanto non fosse mai stata.
“Mikael non sta cercando lei, ma te, quanto pensi che potrebbe essere al sicuro con noi? È una debolezza che non ci possiamo permettere”.
“LO SO!” Klaus esplose di fronte a quell’insistenza e trascinò il fratello contro un albero, con la voglia insopprimibile di urlare o colpire qualcosa, qualunque cosa potesse lenire quel dolore profondo che gli era affondato fin dentro le ossa.
“Cosa dovrei fare, lasciarla a te?” in un attimo rivede quei giorni passati, in cui non avrebbe mai dubitato dell’onestà del fratello. Quei giorni in cui ancora sua madre e suo padre non avevano distrutto le loro vite rendendoli odiosamente sospettosi l’uno dell’altro. La cosa più preziosa che avevano avuto era il legame tra loro e quella maledetta notte aveva distrutto tutto, aveva giocato con quanto di più caro c’era stato tra di loro, minandolo alla base con l’ombra della sfiducia. Ogni sensazione gli era stata amplificata. Sentiva ogni sentimento dentro di lui -anche il più nascosto e temuto- moltiplicarsi, come animato da nuova e indistruttibile forza.
“Esattamente” Elija gli appoggiò le mani sulle spalle. “Lasciala a me, Nicklaus. Ci divideremo qui, la porterò in un luogo sicuro. Hai la mia parola”. Elija disse quella frase a fatica, tentando di infondere una convinzione che forse non aveva. Non perderlo, o renderlo per sempre infelice.
“Non lo posso sopportare” Klaus abbasso finalmente tutte le difese. Tutto quello che cercava di nascondere dentro di sé esplose in quella frase, in quelle parole spudoratamente oneste.
“E allora lascia che io ti faccia dimenticare” le parole di Elija, sospese e sofferte, danzarono nell’aria. Non c’era più tempo.
“Dimenticarla?” una lacrima solitaria bagnò la guancia di Klaus mentre comprendeva quello che il fratello stava per fargli. Era troppo debole, troppo stanco per fermarlo. Non oppose resistenza.
“L’oblio cancellerà il dolore” sussurrò Elija mentre Rebekah teneva fermo Klaus da dietro.
“Avrai sempre noi” aggiunse lei parlandogli all’orecchio.
Fece appena in tempo a voltare lo sguardo verso di lei. Gli sembrò quasi che le labbra avessero ripreso colore. Gli sembrò quasi che un sorriso, il raro sorriso che era solita regalare solo a lui stesse increspando il suo volto. Dimenticò conservando, da qualche parte dentro sé, solo quell’immagine, sfocata e luminosa, della donna che amava.

Spazio autrice.

Ho scritto questa fan fiction per il contest  Haunted: The Vampire Diaries Halloween Fan Fiction Contest! Organizzato dal forum Delena , che tengo ovviamente a ringraziare, insieme alle sue splendide utenti! Vi segnalo l’altra splendida fan fiction che ha partecipato al concorso ( The excitement of the hunt ) e la magnifica organizzatrice del tutto Giuls ! (che ha prodotto anche la copertina **) Inoltre un ringraziamento particolare a Em e Terry per le loro stupende recensioni!

  
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