Anime & Manga > D'Artagnan
Ricorda la storia  |      
Autore: telesette    02/12/2011    1 recensioni
Uno specchio con la cornice d'argento, un caro ricordo della madre di Constance e una nuova fanfiction per chi ama le cose commoventi...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- Jean, vieni qui subito!
- 
Marameo!
- Ti insegno io a farmi di questi scherzi…

Povero D’Artagnan, perso nel bel mezzo di un sogno romantico con la sua dolce Constance… per risvegliarsi completamente inzuppato dalla testa ai piedi. Dopo aver sopportato per ore le sue continue litanie: “Constance”… “Oh, Constance, amore mio”… Il povero Jean non ne poteva davvero più. Visto che l’amico non accennava a smettere, la bacinella dell’acqua per lavarsi la faccia sembrava l’unica soluzione. In effetti D’Artagnan smise subito di mormorare ma, non appena si rese conto dell’accaduto, si arrabbiò a tal punto che cominciò ad inseguire il marmocchio per tutta la stanza.

- Uhm, si sono svegliati prima del solito stamattina, è un miracolo - pensò Marta, avvicinandosi alla loro stanza per fare le pulizie mattutine come di consueto. - Buongiorno, raga… Ehi, ma cosa diavolo ?!?

Come ebbe aperto la porta, la povera Marta non poteva certo immaginare che il piccolo Jean le sarebbe sgattaiolato sotto il naso come una lepre… né che D’Artagnan l’avrebbe conseguentemente travolta, rincorrendo l’amico nel corridoio con addosso ancora la camicia da notte.

- Razza di maleducati - strillò la donna, accovacciata per terra sul suo povero fondoschiena. - Se vi prendo…

 

***

 

Frattanto Constance era corsa eccitata in sala da pranzo, mostrando al padre ciò che aveva appena riscoperto nel suo baule.

- Guardate, padre - esclamò raggiante. - Credevo di averlo perso e invece era finito sotto la roba invernale!
- Oh, ma questo è…

Il sarto riconobbe subito l’oggetto che Constance teneva in mano: un piccolo specchio d’argento, lo stesso che un tempo era appartenuto alla sua povera moglie. Nel vederlo, sia a lui che a Constance si riempì lo sguardo di commozione.

- Quanti ricordi - mormorò Constance. - Ero ancora una bambina…
- E’ passato molto tempo - sospirò l’uomo, asciugandosi appena le lacrime con la punta delle dita. - Sono contento che tu l’abbia ritrovato!

In quella però, scendendo dalle scale come due furie scatenate, Jean e D’Artagnan presero a correre davanti agli occhi stupiti dei Bonacieux. Per alcuni istanti non fecero altro che girare ripetutamente intorno alla tavola ma, urtando Constance accidentalmente, Jean fece cadere di mano alla ragazza il fragile specchio e il vetro purtroppo andò in frantumi.

- No - gemette Constance disperata.

Subito Jean e D’Artagnan si fermarono di colpo, una volta resisi conto di cosa avevano combinato, ma non potevano certo immaginare quanto quel piccolo specchio fosse importante per lei.

- Mi dispiace molto, Constance - provò a dire D’Artagnan con un filo di voce.
- Sta zitto - ribatté la ragazza, voltandosi verso di lui con rabbia.
- Scusaci - sussurrò Jean, chinando il capo verso lo specchio ancora a terra. - E’ stato un incidente, non lo abbiamo certo fatto apposta…
- Basta - tagliò corto lei furibonda. - Voi siete solo… Non capite niente… 
Niente!
- Constance, aspetta!

Prima che D’Artagnan potesse fare o dire qualcosa, Constance era già corsa via in lacrime sbattendo la porta dietro di sé. Anche Bonacieux era ovviamente triste ma, data la sua età, aveva reagito in modo molto più maturo rispetto alla comprensibile emotività della figlia. Era palese che si fosse trattato solo di un malaugurato incidente e, a parte questo, i due ragazzi non potevano certo sapere perché Constance se l’era presa a quel modo.
Più tardi i tre si misero dunque a sedere attorno al tavolo, contemplando in silenzio la cornice dello specchio rotto, ma nessuno riuscì a dire nulla. Alla fine però Bonacieux ritenne opportuno fornire le dovute spiegazioni.

- Non sentitevi troppo in colpa, ho visto come sono andate le cose, e so che non lo avete fatto intenzionalmente!
- Ci dispiace enormemente, signor Bonacieux - rispose D’Artagnan. - Non ho parole per dirle quanto sono mortificato…
- Anch’io - fece eco Jean, senza staccare gli occhi dal tavolo.
- Vedete - proseguì l’altro. - Quello specchio apparteneva alla madre di Constance, è per questo che ha reagito in quel modo… Spero possiate comprendere!

Certo, D’Artagnan comprendeva benissimo. Quando una persona cara non è più accanto a noi, il suo ricordo e la sua presenza vivono indissolubilmente negli oggetti che rimangono di lei. Quella volta in cui il comandante De Tréville fece spezzare la spada di suo padre davanti ai suoi occhi, per esempio, D’Artagnan ebbe come la sensazione che questi fosse morto una seconda volta. Ora invece, tutte le volte che sguainava quella stessa arma, il giovane sentiva la presenza del genitore che lo assisteva in tutte le sue battaglie.

- Proprio come la mia lama - pensò D’Artagnan tristemente. - Eh… Un momento!
- Che ti prende, D’Artagnan?
- Signor Bonacieux, per caso conoscete qualcuno in grado di sostituire il vetro rotto?

Il sarto sospirò.

- Capisco le tue buone intenzioni, ma non credo che…
- No, non avete capito - lo interruppe D’Artagnan con veemenza. - Anch’io ho sofferto molto quando la spada di mio padre è stata spezzata ma, anche se la lama non è più la stessa, ciò che stringo era ciò che impugnava lui… Anche questo specchio, guardate: la cornice d’argento è intatta, ed è questa che la madre di Constance ha stretto e accarezzato per anni; anche con un vetro nuovo, l’oggetto sarà sempre suo!
- Certo, non metto in dubbio che tu abbia ragione, ma l’uomo che costruisce questo tipo di specchi è un artigiano che vive a seicento miglia da Parigi… E’ famoso per la qualità delle sue opere e, se vogliamo che lo specchio torni come prima, suppongo che solo lui sia in grado di ripararlo!
- Allora andrò io stesso a cercarlo - tagliò corto D’Artagnan. - Cavalcherò giorno e notte, se necessario, ma farò aggiustare questo specchio a qualunque costo… Non posso sopportare che Constance sia triste per colpa mia!
- Vengo con te - intervenne dunque Jean. - In fondo è anche colpa mia e poi, visto quanto è lontano, mi assicurerò che tu non ti addormenti durante il viaggio!
- Ehi, piantala - rispose D’Artagnan offeso.

 

***

 

Constance soffriva molto, non tanto per l’oggetto in sé quanto per la presenza della madre che si era come “spezzata”, nel momento stesso in cui lo specchio si era rotto ai suoi piedi. Per anni lei e sua madre avevano trascorso il tempo a rimirarsi nel suo riflesso e, tra un sorriso e una carezza, la donna le aveva sempre ripetuto quanto sarebbe diventata carina crescendo.

- Oh, mamma…

Anche se in cuor suo probabilmente aveva già perdonato quei due impiastri scassatutto, la perdita dello specchio le aveva riportato alla mente tutta la dolorosa consapevolezza che sua madre non era più accanto a lei. Purtroppo non poteva parlarle, non poteva accarezzarla… non poteva sorriderle!
E’ incredibile come il ricordo di una persona tanto cara possa essere motivo di così tanta sofferenza. All’inizio si piange, gli occhi bruciano a causa delle lacrime e qualcosa si rivolta dentro senza poterla togliere; col tempo speri che la sensazione sparisca, che il dolore si attenui, ma basta un attimo per essere investiti nuovamente da quella orribile fitta angosciosa. Per un attimo chiudi gli occhi, sperando così di scacciare la sua immagine dalla mente, ma quando li riapri è ancora lì nel tuo cuore… E solo allora vorresti riuscire a dimenticare, sì dimenticare quella persona tanto amata, per non dover soffrire ancora la sua mancanza.
Ormai era calata la notte da un pezzo e Constance era ancora lì, seduta sopra il suo letto, con le ginocchia strette contro il petto. Erano due giorni che non usciva dalla sua stanza, tanto era abbattuta, ma non riusciva a farsene una ragione: voleva sua madre, voleva stringerla, abbracciarla, sentire la sua voce ancora una volta… Due sottili fili luccicanti scaturirono dalle sue palpebre socchiuse, e la sua voce era poco più di un sussurro.

- Mamma…

In quella qualcuno bussò alla porta della sua camera. Constance sollevò la testa di scatto ma, non appena riconobbe la voce all’esterno, si incupì nuovamente.

- Constance aprimi, sono io D’Artagnan!
- Va via, non ti voglio vedere - rispose lei con rabbia.
- Ti prego, apri la porta, voglio solo…
- Vattene!

D’Artagnan non reagì. Per alcuni minuti rimase immobile, con la schiena appoggiata contro la porta e lo sguardo sollevato verso il soffitto. Dall’altra parte Constance, dopo aver cercato inutilmente di ignorarlo, si alzò d’istinto e fece per aprirgli; la mano tuttavia si fermò ad un centimetro dalla maniglia, e anche lei si lasciò andare con le spalle alla porta. Entrambi non dissero nulla, ignari di essere separati solo da quattro centimetri di legno, ma non sapevano cosa dire.

- Costance, ascolta - mormorò D’Artagnan, chinando la testa da una parte per farsi sentire attraverso l’uscio. - So benissimo che sei arrabbiata, e hai tutte le ragioni per esserlo, ma voglio solo farti vedere una cosa… Ti prego, apri la porta, è questione di un attimo!

Silenzio.

- Credimi, in questo momento sto soffrendo quanto te - proseguì il guascone. - Non potrei mai intromettermi nel tuo dolore, se non avessi un motivo più che valido, per favore ascoltami…

La porta si aprì cigolando e, davanti al giovane moschettiere, comparve il volto della sua bellissima Constance. Quest’ultima aveva gli occhi arrossati dal pianto e un’espressione triste ma, agli occhi di D’Artagnan, era sempre affascinante come la prima volta che l’aveva incontrata.

- Che cosa vuoi ? - domandò lei a bruciapelo.

D’Artagnan sorrise sollevato.

- Solo restituirti questo - rispose, mostrandole lo specchio come nuovo. - E’ quello vero, non preoccuparti, sono andato a farlo riparare dallo stesso artigiano che lo ha costruito; c’era solo da sostituire il vetro, ma la cornice era praticamente intatta!
- Ma come… Come hai fatto a…
- Ah, non preoccuparti di questo - rispose secco il giovane. - Ho sbagliato e dovevo rimediare!

Ovviamente D’Artagnan non avrebbe mai raccontato a Constance che, per ripagare Athos, Aramis e Porthos del prestito che gli avevano fatto, avrebbe dovuto strigliare i loro cavalli per cinque settimane di fila. Ma non gliene importava niente, la felicità di Constance veniva prima di qualsiasi altra cosa, era troppo innamorato di lei per vederla soffrire. 
Constance prese lo specchio dalle mani di D’Artagnan e non riuscì a trattenere le lacrime ( lacrime di gioia, questa volta ), sembrava un sogno. Lo specchio di sua madre, il suo specchio, l’oggetto che gliela faceva sentire ancora vicina come una volta… Quello specchio era ancora lì, con lei, ed era come se sua madre fosse ancora al suo fianco.
Vedendola tremare, stringendo lo specchio contro il petto, D’Artagnan temette di aver peggiorato addirittura le cose. Invece un attimo dopo Constance lo abbracciò forte, sorridendo felice tra le sue braccia.

- Grazie, D’Artagnan - esclamò. - Grazie!

FINE

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D'Artagnan / Vai alla pagina dell'autore: telesette