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Autore: KikiWhiteFly    03/12/2011    6 recensioni
[AkitoSana; Sana centric principalmente]
«Ricordati che... Los Angeles è vicina. Vicina... vicina.»
Mi costrinsi a non piangere, strizzai gli occhi con tutta la forza che possedevo. L'aveva detto in modo incerto, trapelava un po' di insicurezza nella sua voce. Più ripeteva quella supplica sottovoce, tanto più sembrava crederci, così decisi di adottare quel metodo anch'io. E ci ritrovammo a parlare sottovoce, per infinitesimali secondi, forse quella era l'unica parola sensata da dire in quel momento.
«Se lo ripeto, funziona davvero.»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VIII.



«Torni o ritorni?».




Il telefono vibra durante le ore che precedono la venuta di un'altra giornata: una, due, tre volte. Schiudendo gli occhi – appena un po', quel che 

basta per avere una panoramica semi visibile della mia camera – mi accorgo che il display illumina la stanza a più riprese.

Poi, mi volto verso l'orologio a muro: sono le cinque del mattino, una debole luce appare dietro la linea dell'orizzonte – un giorno in meno.

Il telefono vibra ancora e, stavolta, sono costretta ad alzarmi: sono in pochi ad avere questo numero e c'è una certa persona che sa 

benissimo quanto mi urti essere svegliata all'alba.

Tuttavia, i miei moniti sembrano essere serviti davvero a poco.


«Ti sto odiando, sappilo».

Dall'altro capo del telefono odo un breve mugugno, mi sembra di poterlo vedere: sarcastico e menefreghista come sempre, il solito Hayama.

«Lo so», quella è la sua difesa, «Qui è notte».

«Ti devo mancare molto, Hayama!», ridacchio a bassa voce, non vorrei svegliare l'intera casa.

«Sono tutti uguali, qui. Con degli enormi davanzali e...».

«È un modo poco galante per farmi sapere quanto sia diversa? E, per l'appunto, quanto ti manco?».

Provocare Hayama è una delle cose che più mi aggrada: darei qualsiasi cosa, in questo momento, per osservare la sua espressione 

imbarazzata, nonché il suo volto paonazzo.

«Sei soddisfatta di questa accurata analisi, Kurata?», borbotta Hayama, piuttosto risentito.

«Non mi dispiace», lo beffeggio, ridacchiando sommessamente.

Un attimo di silenzio – Hayama respira sulla cornetta, riesco a sentirlo –, qualche istante di imbarazzo.

«Per essere nella città che non dorme mai sono più sveglia di te, Hayama, sai?», ridacchio. «A proposito, ultimamente mi hanno offerto un

ruolo da protagonista, si dovrebbe girare a Los Angeles».

Dall'altra parte nessuna risposta, stavolta, solo silenzio.

Non è un silenzio imbarazzante, men che meno fastidioso: tutt'altro, è riflessivo. 

Potrebbe non sembrare a primo acchito ma, anche in silenzio, ci stiamo parlando.

«Ma non ho accettato», bisbiglio infine.

Hayama non risponde – teme di urtare la mia sensibilità, forse? –, sento il sangue affluire sino alle guance e, in men che non si dica, divento paonazza.

Come se lui potesse saperlo, penso fra me e me, portando le ginocchia insù e appoggiandovi placidamente il capo.

«Hai fatto bene».

Sono tre parole, pochissime lettere a mandarmi in tilt. Hayama non è mai stato un tipo eloquente, anzi, eppure quel che dice è incisivo, diretto, a volte sin troppo.

«Mi manchi, Hayama».

È una frase detta con insicurezza, sì, il mio stato d'animo trapela in un attimo: quelle parole sono autentiche, sì, ma mi

preme ricordargli che è al centro dei miei pensieri, sempre. Nonostante la lontananza che ci divide, Los Angeles nel mio cuore non è troppo lontana.

«Hai fatto bene a dirmelo».

Hayama ha solo aggiunto due parole alla frase precedente, eppure mi sento d'un tratto frastornata; non si sa mai cosa potrebbe voler dire, forse tutto o forse niente.

Alcuni minuti di silenzio, il sole si eleva in alto nel frattempo: è uno spettacolo che vale la pena di contemplare in silenzio – i minuti scorrono

sul display e, parimenti, i nostri pensieri –, la mancanza di Akito in quel momento è più forte che mai.

«Torno, comunque», esordisce d'un tratto, nel modo più naturale possibile.

«Cosa? Quando?!».

Improvvisamente il cuore accelera, il mondo sembra essersi capovolto.

«Tra due settimane, Kurata. Ora, tenta di non svegliare la casa», Akito apostrofa le parole con tono sarcastico, convinto che possa

perdere il mio autocontrollo. E, in effetti, se non mi avesse frenata sarebbe stato così.

Poi, nella mia mente si materializza una visione agghiacciante: all'iniziale entusiasmo si sostituisce ben presto un timore – paura? – più grande.

«Torni o ritorni?».

Sapete, c'è una bella differenza tra le due cose: quando una persona decide di tornare, lo fa per restare. Al contrario, il ritorno implica una partenza.

In sostanza, non si è mai troppo certi di chi abbiamo al nostro fianco: tornare o ritornare sono due facce diverse della stessa medaglia, il mondo 

potrebbe essere messo a soqquadro grazie a quell'unica e indiscutibile differenza.

«Torno».

Tiro un sospiro di sollievo, posso affermare di aver accantonato un pesante macigno dal cuore; Hayama sa sempre come 

rispondere, d'altronde – potrebbe essere una parola eppure potrebbe voler dire tutto.

«Allora ti aspetto», sussurro, dopo un breve respiro.

«Non voglio che tu mi aspetti, Kurata. Voglio che tu mi venga incontro», probabilmente è la frase più lunga che ho udito direttamente da Akito 

Hayama, sin dal principio di questa conversazione.

Sì, dev'essere sicuramente così.

Mi limito a sorridere tra me e me – le parole di Hayama riescono sempre a penetrare nel mio animo, ogni volta in maniera diversa –, dopodiché 

dibatto: «Sempre».

Hayama sta per attaccare, lo avverto, ma prima sembra voler dire qualcosa – sono i suoi sospiri, i suoi brevi respiri e la strana abitudine di 

tossicchiare nervosamente quando si sente teso a farmelo intuire.

«Non mi dispiace affatto».

Poi, il suono di un tasto e la magia si spegne improvvisamente – ma, nonostante tutto, ho continuato a sognare ad occhi aperti.

Hayama è vicino. Los Angeles è lontana. E Noi siamo inevitabili.




* * *




Perdonate il ritardo, l'ispirazione è stata piuttosto assente ultimamente! Ç.Ç

Comunque, questo è il penultimo capitolo... il prossimo sarà l'ultimo, decisamente lungo e, no, non voglio spoilerarvi. <3

Vi dico solamente che dopo questa storia ne ho un'altra in cantiere – non mi fermo mai, no. D:

Il “Non mi dispiace affatto” è una frase tipica di Hayama, credo sia comprensibile sia per chi ha visto solo l'anime, sia per chi ha letto il manga.

Il “Noi” finale è volutamente in lettera maiuscola, prendetela come una licenza poetica – per sottolineare la tensione, insomma.

E, niente, credo che questo capitolo sia un po' ad interpretazione personale... in realtà ho messo vari accenni, spero che li abbiate colti.

Nel caso, mi scuso per essere rimasta molto “sul vago”.

Al prossimo – ed ultimo! – capitolo, vi aspetto!


Kì.



   
 
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