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Autore: ladyElric23    03/12/2011    8 recensioni
Sapevo quando ho acconsentito ad affittargli quelle stanze, rinfrancata dalla presenza del caro dottore, che Holmes era un tipo strano, ma ammetto che in questo periodo è arrivato a dei livelli davvero preoccupanti.
Ormai posso affermare con una certa sicurezza che è in una delle sue pause tra due casi, ma saranno quasi due settimane che non mi permette di entrare nella sua stanza, e quando gli faccio presente che dovrei perlomeno provare a riordinare un po’ di quel caos che una volta era una delle camere, mi rivolge uno dei suoi “nonnina”, conscio di irritarmi. Per lui è tutto perfettamente al suo posto.
Anche se il concetto di ordine è molto relativo per un uomo che più di una volta ho trovato a dormire per terra.
[Seconda classificata al contest "Non aprite quella porta!]
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson, Mrs. Hudson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Are you curious, nanny?

 

 

 

Sapevo quando ho acconsentito ad affittargli quelle stanze, rinfrancata dalla presenza del caro dottore, che Holmes era un tipo strano, ma ammetto che in questo periodo è arrivato a dei livelli davvero preoccupanti.

Ormai posso affermare con una certa sicurezza che è in una delle sue pause tra due casi, ma saranno quasi due settimane che non mi permette di entrare nella sua stanza, e quando gli faccio presente che dovrei perlomeno provare  a riordinare un po’ di quel caos che una volta era una delle camere, mi rivolge uno dei suoi “nonnina”, conscio di irritarmi. Per lui è tutto perfettamente al suo posto.

Anche se il concetto di ordine è molto relativo per un uomo che più di una volta ho trovato a dormire per terra.

 

Ogni volta che mi chiede un tè sono costretta a lasciare il vassoio fuori dalla porta, bloccata dall’interno con chissà quale diavoleria, pregando per riaverlo al più presto.

E non oso immaginare cosa stia tramando tra quelle quattro mura: più di una volta l’ho trovato a testare anestetici e composti chimici sul cane, rischiando seriamente di ucciderlo, o a costruire chissà quale marchingegno.

Ah, se solo il mio defunto marito fosse ancora vivo, ci penserebbe lui a farmi rispettare. 

Per fortuna che c’è il Dottor Watson; davvero, non so cosa farei senza di lui, che sembra essere l’unica persona che riesce a farsi ascoltare da Holmes. In effetti non capisco come facciano ad essere così amici, considerate le tante, per fortuna, differenze caratteriali.

“Buonasera signora Hudson.” Lo vedo rientrare, togliendosi cappotto e cappello, sorridendomi cortese.

Beata chi se lo sposa, il dottore.

“Oh, grazie al cielo è tornato, Dottore.” Gli vado incontro. “Il signor Holmes non mi permette ancora di entrare nella sua stanza. Ma sono quasi due settimane! La prego, lo convinca lei”.

“Farò quello che posso, ma non le garantisco niente.” Annuisce, iniziando a salire i primi gradini delle scale, poggiandosi al corrimano. È una giornata molto umida, la gamba deve dolergli molto.

Lo vedo bussare alla camera del detective, con un imperativo “Holmes, apra la porta!”, e neanche tre secondi dopo sento il rumore di un mobile che viene spostato. La porta si apre.

“Watson! C’ha impiegato tutto il giorno!”

“Sa com’è , Holmes, io ho un lavoro…” ribatte ironico e pungente, tanto da farmi sorridere. Ma sembra che, come al solito, la sua provocazione non sia stata colta.

“Anche io, ma non per questo sto fuori tutto il giorno.”

E detto questo lo prende per un braccio e lo trascina dentro la camera, richiudendo subito dopo la porta, sprangandola come al solito. Ed io non oso immaginare i graffi che quel mobile avrà provocato sul pavimento, nel venire spostato con la ben poca grazia che contraddistingue il signor Holmes.

 

 

Per quasi un’ora non ho più notizie dei due, a parte qualche leggero tonfo, come se qualcosa venisse sbattuto sul pavimento, che mi rassicura della loro presenza. O per meglio dire, non mi rassicura.

Poi ad un certo punto, mentre sto tranquillamente ricamando un centrino…

“SIGNORA HUDSON!”

La voce di quell’incubo di uomo mi giunge alle orecchie, facendomi sussultare.

Non mi abituerò mai.

Prendo un bel respiro, poi mi alzo e arrivo nell’ingresso dove, da sopra le scale, vedo la sua testa, con tutti qui capelli arruffati, fare capolino dalla stanza.

“Si, mister Holmes?” chiedo a denti stretti, sforzandomi di sorridere, maledicendo il giorno in cui gli ho permesso di insediarsi in casa mia.

“Ci porti del tè. Grazie.” Ricambia il sorrisino, poi sparisce,barricandosi nuovamente dietro la sua porta.

Quanto è vero Iddio, prima o poi gli do lo sfratto.

 

 

Preparo il tè, lasciandolo in infusione il tempo necessario, poi metto la teiera su un vassoio, insieme a due tazzine e a qualche biscotto, e salgo le scale.

Arrivata sul pianerottolo sento la voce del dottore, e subito dopo una risata sommessa di Holmes, per poi sentirli tacere all’istante quando busso alla porta.

Ma che succede?

“Il tè, Mr. Holmes…”

Si schiarisce la voce, poi mi risponde un “Si… Lo lasci pure fuori dalla porta, nonnina”.

Alzo gli occhi al cielo.

Neanche un grazie. Come sempre.

Lascio il vassoio a terra, la schiena che mi duole a causa dell’età, e me ne torno nel mio salotto, al mio ricamo.

Dopo pochi minuti sento il pavimento scricchiolare, il mobile che viene nuovamente spostato, la porta aprirsi.

E poi soltanto passi.

Holmes non ha bloccato la porta. E state sicuri che non perderò l’occasione; sono la padrona di casa, merito un po’ di rispetto, posso entrare in quella camera quando voglio, e devo assicurarmi che il dottor Watson non si sia fatto coinvolgere in una delle sue strambe e pericolose idee.

Oh, povero, se gli succedesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo.

Salgo le scale con cautela, cercando di non fare rumore perché quel detective è davvero più scaltro di una volpe!

L’ultimo gradino scricchiola e mi immobilizzo all’istante, però per fortuna dalla stanza non si sentono altri rumori a parte la voce di Holmes. Sì, perché da aggiungere alla già lunga lista dei suoi comportamenti ci sono i suoi lunghi periodi di silenzio intervallati da momenti in cui è un fiume di parole in piena. Questo sembra uno di quei momenti, forse anche grazie alla presenza del caro dottore; sembra l’unico ad avere dell’ascendente su di lui.

Poso la mano sulla maniglia della porta e quasi trattengo il respiro.

Non so perché, ma ho un presentimento. Qualcosa mi dice che non dovrei aprire questa porta, ma d’altro canto il mio pensiero corre a questa stanza messa a soqquadro, la mia teiera ed il servizio da tè…

Devo entrare.

Sì.

Faccio scattare la serratura e mi faccio strada nella stanza, come al solito scarsamente illuminata.

E rimango immobile qualche secondo, a bocca aperta, quando riesco a mettere perfettamente a fuoco l’immagine che mi si para davanti, di fronte a loro due  e al loro atteggiamento; c’è il dottore seduto sul tappeto, la schiena poggiata ad una poltrona, intento ad accarezzare i capelli di Holmes, sdraiato con la testa sulle sue gambe.  Sono entrambi a petto nudo, scalzi, con solo i pantaloni indosso.

Sorridono mentre Holmes sussurra qualcosa che non capisco.

Gli stessi sorrisi che svaniscono all’istante quando si accorgono di me. Istante in cui Holmes scatta seduto sul tappeto e Watson sgrana gli occhi, rivolgendomi uno sconvolto “Signora Hudson!”.

Silenzio.

Non sembra volare una mosca in tutto questo caos, mentre io sono sempre pietrificata sulla soglia, con i loro occhi addosso, rispettivamente ansiosi ed indagatori.

È assai imbarazzante come situazione.

 

Ovviamente è il signor Holmes, con la sua solita sfacciataggine, a rompere il silenzio.

“Desidera qualcosa?” Mi chiede con quella sua tipica espressione falsamente innocente, cosa che mi fa davvero pensare di non aver equivocato alcunché del loro comportamento di poco fa, dopo aver emesso un leggero colpo di tosse per schiarirsi la voce.

No, non è possibile, deve esserci una spiegazione.

Sì, è così, deve esserci. Watson ha perfino una fidanzata.

Li guardo ancora qualche secondo, adesso in imbarazzo nel vedere due uomini a petto nudo, poi faccio un passo indietro ed esco dalla stanza, chiudendomi la porta alle spalle.

Ed è con passo incerto, mentre li sento urlare un allarmato “Mrs. HUDSON!!” che comincio a scendere i primi gradini delle scale di questa casa, in cui ho vissuto gran parte della mia vita col mio defunto marito.

Non voglio sapere niente.

Niente.

No.

Non voglio sapere.

 

 

 

 

   
 
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