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Autore: Aerith1992    04/12/2011    2 recensioni
Era stata una forza misteriosa quella che era echeggiata tra le mura color zaffiro del castello di Picche e l’aveva trascinato oltre i fantastici giardini Reali, panorami che, dopo anni dalla sua incoronazione come Re, conosceva ormai a memoria, sebbene essi continuassero a meravigliarlo.
Cardverse!AU
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Cina/Yao Wang, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Title: Il Re e la Regina
Fandom: Axis Powers Hetalia
Character(s) / Pairing(s): America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland, Cina/Yao Wang
Rating: safe
Genre: fantasy
Warnings: one shot, cardverse!AU
Summary: Era stata una forza misteriosa quella che era echeggiata tra le mura color zaffiro del castello di Picche e l’aveva trascinato oltre i fantastici giardini Reali, panorami che, dopo anni dalla sua incoronazione come Re, conosceva ormai a memoria, sebbene essi continuassero a meravigliarlo.
Note: Ispirata liberamente a questa immagine, scritta per il prompt di novembre di [info]squeetalia "Universo Alternativo"

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Era stata una forza misteriosa quella che era echeggiata tra le mura color zaffiro del castello di Picche e l’aveva trascinato oltre i fantastici giardini Reali, panorami che, dopo anni dalla sua incoronazione come Re, conosceva ormai a memoria, sebbene essi continuassero a meravigliarlo.
Certo nel Regno di Picche il colore dominante era il blu ma nel castello aveva così tante tonalità, dall’oltremare al turchese, che Alfred, pur essendo nato e vissuto in quello stesso Regno, ancora si stupiva della loro abbondanza.
Anche il castello aveva avuto modo di sorprenderlo. Esso era circondato da mura di un blu tanto scuro che nella notte si potevano mimetizzare perfettamente, che al loro interno contenevano anche una città piena di vita, la capitale. Che emozione aveva provato Alfred quando aveva varcato per la prima volta come Re le gigantesche porte incastonate da zaffiri e intarsiate dai volti dei Re e dei Fanti a lui precedenti, e, tra i più antichi, un altri misteriosi collaboratori!
Il castello in sé all’esterno era dello stesso colore delle mura, e, nella sua altezza ed imponenza, lo aveva messo in soggezione. L’interno però, soprattutto quello delle sue stanze private, riscaldate da un caldo fuoco e accoglienti, decorate da arazzi e tappeti e con un gigantesco letto (la prima volta che Alfred vi era rimasto da solo non aveva potuto fare a meno di saltarci su, estasiato dalla sua morbidezza), lo aveva fatto sentire a suo agio. Il castello era ormai la sua casa, dove viveva insieme ad un centinaio di persone tra servitori, nobili, cavalieri e il suo Fante, Yao.
Era stato Yao ad insegnare a lui, ragazzino di campagna, come comportarsi, il portamento, le maniere e come guidare un Regno in pace ed in guerra. Era stato arduo, ma Alfred era sempre stato una testa dura e dopo anni ed anni di regno, era rispettato dai nobili e amato dai sudditi.
Essere Re non era tutto rose e fiori (e a proposito di rose, Alfred era rimato stupito dalla loro bellezza, quando le aveva viste, di un blu intenso, nel giardino più interno al castello, nel quale, per motivi sconosciuti, nessuno poteva entrare, né Alfred né i giardinieri. Il giardino, come se curato da una misteriosa forza, rimaneva sempre perfetto)  né gli lasciava molto tempo libero. In quelle rare occorrenze nelle quali Alfred non aveva impegni, a volte decideva di vagare come in avventuriero in una landa sconosciuta per il castello. Aveva già scoperto numerosi passaggi segreti, alcuni dei quali sbucavano direttamente nella città dove, sotto mentite spoglie, aveva colto l’occasione per comprarsi qualche dolce, stanze chiuse delle quali la chiave non esisteva e che non si riuscivano ad aprire nemmeno con la forza, proprio accanto alle stanze private del Re. Una volta era persino finito sulla torre più alta del castello per scoprire che era usata come osservatorio.
Era uno di quei momenti in cui aveva tempo libero che la stana forza, come un vento impalpabile o uno strano istinto, lo aveva avvolto. Alfred aveva potuto osservare finalmente senza barriere le rose blu che avevano colto la sua attenzione tempo prima. Il giardino nel quale nessuno poteva entrare lo aveva stranamente fatto passare e ora ne poteva ammirare le meraviglie.
 Alfred però era un uomo d’azione e la sua contemplazione era durata ben poco. Non appena aveva deciso di muoversi ancora, la forza aveva guidato ancora una volta verso una parete fatta di cespugli. Dietro di essi era celata una porta molto più semplice rispetto a quelle del resto del palazzo, di legno blu.
Nella stanza buia, illuminata dopo un attimo da sfere di luce (Alfred stava ancora pregando che non fossero spiriti), rivelando muri di pietra grigio-blu, l’aveva visto.
Era seduto su un magnifico trono, simile a quello suo e di Yao, decorato da simboli di Picche di zaffiro. Rose uguali a quelle che aveva visto nel giardino avvolgevano con i loro gambi e le loro spine il suo corpo lasciandolo pendere in avanti in modo tale che Alfred ne poteva osservare il viso ma stringendone le braccia alla schiena e le gambe al trono. Che fiori tanto belli e quasi completamente inermi se non per le loro spine quanto le rose potessero formare una tale gabbia era un'immagine quasi spaventosa.
L'uomo davanti a lui, un ragazzo poco più grande di lui, da quanto poté dedurre Alfred da una sola occhiata, era imprigionato da quelle rose.
Le luci si mossero leggermente e le ombre si spostarono spaventando Alfred, la cui attenzione era stata fino ad allora verso l'uomo di fronte a lui. L'ambiente gli parve ancora più sinistro di quanto gli era sembrato non appena arrivato soprattutto grazie all'uomo apparentemente senza vita. Dopo aver attentamente controllato che non ci fossero mostri in nessun angolo della stanza ottagonale e sperato che non ve ne fossero, Alfred riprese ad osservarlo.
Sebbene il volto dello sconosciuto gli fosse parso giovanile, i tratti leggeri e abbastanza dolci adombrati da un paio di enormi sopracciglia, i capelli illuminati dalla tenue luce erano grigi. Solo quando li toccò scoprì che il colore era dovuto alla polvere che vi si era depositata su.
Da quanto tempo quello sconosciuto era lì?
I suoi abiti erano molto ricchi, appartenenti senza dubbio a qualcuno di particolarmente ricco o molto vicino ai regnanti, ma di foggia molto antica: i pantaloni arrivavano fino al ginocchio, dove terminavano a sbuffo, mentre il resto delle gambe era coperto da una spessa calzamaglia e il torso era coperto da una maglia con un colletto lungo che gli copriva il collo anch'essa con maniche a sbuffo, lunghe. Il tutto era adornato da gioielli di zaffiri a forma di picche.
Dire che era buffo era poco. Mai e poi mai Alfred si sarebbe messo una cosa simile!
La sua mano si spostò dai capelli al volto dello sconosciuto per toccarlo con la stessa curiosità di un bambino.
Era caldo.
Caldo significava che era vivo!
Subito Alfred, sorpreso, si volle accertare che il cuore battesse.
I battiti erano lenti, ma c'erano.
La persona davanti a lui era decisamente viva. Ma che ci faceva lì, intrappolata dalle rose?
Aveva bisogno di essere salvata, chiunque fosse e come eroe Alfred non ci si poteva tirare indietro: in quanto tale era un suo preciso dovere.
Esaltato dall'idea di aver incontrato per caso una "donzella" (anche se tanto donzella non era) in difficoltà (questo era ciò che contava!) e completamente dimentico della paura che la stanza gli aveva messo prima, senza perdere tempo iniziò a strappare le varie rose che tenevano intrappolato il misterioso personaggio.
Non sentì nemmeno le spine che gli graffiavano le mani dall'eccitazione: liberò velocemente il torso adagiando il corpo sullo schienale e poggiando le braccia in una maniera più naturale poi passò alle gambe, più concentrato che mai.
Forse era fin troppo concentrato, ma sicuramente non saltò spaventato né emise un grido ben poco virile quando nel silenzio della stanza proruppe una voce sconosciuta con un accento diverso da quello a lui conosciuto.
-Chi diamine sei tu? Che diamine stai facendo?
Alfred alzò gli occhi, incontrando quelli ora aperti, adombrati dalla scarsa luce, dello sconosciuto, che lo osservavano, lo studiavano seri e leggermente curiosi.
-Sono Alfred Jones, Re di Picche e ti sto liberando!
-Alfred Jones, Re di Picche- ripeté lo sconosciuto accentando le varie parole che uscivano con grazia dalla sua bocca -Perché hai strappato le rose, Alfred Jones?
-Perché ti tenevano imprigionato- rispose col tono di chi diceva un'ovvietà, indicando con la mano i fiori. La permanenza in quella stanza doveva aver instupidito lo sconosciuto, se non lo era stato prima di entrarci. Ma da quanto tempo era lì? E chi era?
-Si sarebbero ritratte immediatamente se tu mi avessi baciato- disse l'altro senza ombra di emozione sul volto. Solo un minuto dopo le sue guance si tinsero di rosso, come se solo allora si fosse reso conto di ciò che aveva detto.
-Oh.
Tra i due calò il silenzio. Lo sconosciuto spostò gli occhi da Alfred alle sue mani che mosse lentamente, poi si liberò lui stesso dalle poche rose che ancora lo tenevano imprigionato e si avvicinò ad Alfred che nel frattempo si era alzato in piedi e lo aveva osservato, incuriosito.
-Grazie per avermi risvegliato, Re di Picche- disse, osservandogli il collo dove Alfred sapeva che era ben visibile il simbolo di picche che racchiudeva una K, segno che lui era Re. -Io sono Arthur Kirkland, Regina di Picche.
Superato il primo moto di sorpresa, Alfred obiettò -Non esiste la Regina di Picche!
Arthur sorrise emblematicamente, mentre con una mano si abbassò il colletto, rivelando un simbolo uguale a quello di Alfred se non per la Q che c'era al posto della K.
-Non ne esistono altre se non me da quando é la Regina a me precedente é morta.
-E quando é successo?
-Che anno é?
Saputo l'anno, Alfred vide Arthur perdersi nei suoi pensieri per un minuto buono prima di avere una risposta.
-Circa trecento anni fa.
-Mi stai dicendo che hai più di trecento anni? Non ci credo!
Avrebbe dovuto non dirlo. Davvero, avrebbe dovuto.
A quell'esclamazione Arthur si irritò e con parole secche gli spiegò persino i passaggi più banali come si fa con una persona ritenuta molto stupida.
Una volta morto il Re, la Regina o il Jack, sul collo della persona che avrebbe dovuto occupare una delle tre cariche compariva un marchio con la lettera K, Q o J, e questo Alfred avrebbe dovuto saperlo benissimo. Il fatto che non ci fossero state nuove Regine da circa trecento anni era la prova che veramente Arthur era vissuto per tutto quel tempo. Il fatto che lui avesse mantenuto l'aspetto giovanile era perché il sonno in cui era rimasto da quando aveva 23 anni, 3 anni dopo che era diventato Regina, era perché le rose che lo avevano intrappolato erano state trattate magicamente allo scopo.
-Non esiste la magia!
Arthur alzò gli occhi al cielo ma Alfred non ci fece molto caso.
-La magia esiste e la Regina la controlla e la mantiene, cosa che io non ho potuto fare. Ora se non hai altre stupide domande o affermazioni da fare...
-Non erano stupide!
Arthur lo ignorò. -... vorrei uscire da qui.
Con un sorriso Alfred lo scortò fuori dalla stanza, subito richiusa. Arthur osservò sorpreso i giardini, muovendosi con grazia tra le varie piante e talvolta fermandosi ad ammirarne alcune. Se qualcosa gli passò per la mente, non disse nulla. Alfred lo osservò riprendere contatto con il mondo, sicuro di sé, ma con un’espressione che avrebbe potuto definire commossa.
-Non c’era un castello qui prima- sentì Arthur mormorare.
-Non solo c’è il castello, ma anche la capitale!- esclamò Alfred orgogliosamente, gonfiando il petto. –Bentornato nel regno di Picche!-
  
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