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Autore: Elliott    04/12/2011    1 recensioni
April e i cambiamenti vanno poco d'accordo. Tutto sembra andare male. È ora di crescere. È ora di andare avanti.
Avrei voluto fermarlo. Dirgli che ci avevo davvero provato. Dirgli che non era vero che avevo mollato. Ma rimasi ferma, con la mano sospesa a mezz'aria, con l'ormai palese certezza che l'unico amico su cui sapevo di poter sempre contare non c'era più.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Sei bellissima." fu la prima cosa che sentii quella mattina. E non avevo neanche aperto gli occhi.
"Non dire idiozie Peter." dissi con la voce impastata di sonno, sollevando stancamente il braccio nella direzione da cui proveniva la voce, tentando di colpirlo "E poi come diavolo sei arrivato qui?"
"E' tardi, non arrivavi e sono venuto da te. Tua madre mi ha aperto la porta, ho salito le scale e..." cominciò ad elencare con aria stanca.
"Va bene, va bene ho capito." mi decisi ad aprire gli occhi. La mia stanza, in disordine, si parò davanti al mio sguardo, più o meno come l'avevo lasciata la sera precedente. Ad esclusione di un bicchiere di succo d'arancia sul comodino, e del mio migliore amico seduto sulla mia sedia vicino alla scrivania.
Mi sollevai lentamente, passandomi una mano sulla faccia. Avevo un'emicrania tremenda. Probabilmente avevo anche bevuto troppo.
"Mi sento uno schifo." dissi appoggiando finalmente i piedi sul pavimento in parquet della mia camera "Non dovrei rimanere a casa?" chiesi speranzosa.
"Non quando è colpa tua se stai male. Non quando c'è la verifica. Non quando se manchi questa verifica, perdi l'anno." disse con apparente tranquillità.
"Sai che prenderò comunque un'insufficienza. Tanto vale rimanere a letto." affermai sbadigliando.
Lui rise, ma aveva già aperto l'anta dell'armadio, preso un paio di jeans e una felpa e me li aveva lanciati in faccia affermando con aria categorica un "Vestiti!" che lasciava ben poco al tanto proclamato libero arbitrio.
"Scendi. Mi vesto e arrivo." dissi spingendolo fuori dalla mia stanza.
Chiusi la porta e mi guardai allo specchio. Avevo un aspetto orribile. Eliminai i residui di trucco della sera prima e tentai di darmi una ripulita per quanto fosse possibile e mi diressi verso il bagno. Mi feci una doccia veloce e avvolta in un'asciugamano tornai in camera mia, cominciando a vestirmi.
Lo sguardo cadde sulla sveglia sul comodino. Le sette e mezza. Dovevo assolutamente sbrigarmi! Infilai velocemente i jeans e la felpa e legai i capelli in una treccia improvvisata, bevvi di corsa il succo d'arancia, presi la sacca ai piedi del letto e volai al piano di sotto dove trovai Peter seduto in cucina ad aspettarmi e mia madre che mi guardò in segno di disapprovazione.
"Andiamo, è tardi." dissi velocemente trascinandolo per il braccio e precipitandomi fuori di casa.
La camminata fu molto silenziosa. Di tanto in tanto, guardavo Peter con la coda dell'occhio, aspettando che mi dicesse qualcosa. Qualsiasi cosa. E invece stava zitto, con lo sguardo fisso di fronte a lui, come se non stesse aspettando altro di scorgere in lontananza quel grande edificio rosso che era la nostra meta.
Io e Peter ci conoscevamo da quando eravamo piccoli. Non ci eravamo mai calcolati parecchio quando eravamo bambini, se non quando dovevamo. Io ero ancora una bambina che preferiva le bambole alle macchinine e lui era troppo bambino per giocare con le femmine. 
Da qualche anno però era tutto cambiato. Ci eravamo ritrovati nella stessa lezione di storia e quello accanto a lui era l'unico posto libero che una ritardataria come me potesse trovare. Un'ora passata tranquillamente, in cui riscoprimmo che forse quelle cene familiari a cui ci avevano costretto a partecipare non erano poi così disastrose. Da quel giorno, la strada fu in discesa. Lui mi conservava il posto a lezione, e io lo aspettavo nella pausa per mangiare qualcosa. Il nostro legame è praticamente indistruttibile, e se qualche volta cede, è quasi sempre colpa mia.
Il passaggio al liceo mi aveva in qualche modo cambiata, ma si sa, l'adolescenza è fatta di fasi. Peter è riuscito a starmi vicino e supportarmi sempre quando due anni fa i miei si sono separati, ma non riesce proprio a farlo quando mi vede tornare a casa dopo aver bevuto tanto. Nella sua famiglia sono tutti molto attenti a queste cose. Mangiano tutta roba biologica, quindi mai fare del male al proprio organismo con pesticidi chimici... figuriamoci uccidersi il fegato con l'alcool.
"Per quanto credi che andrai avanti?" mi chiese all'improvviso, interrompendo il mio flusso di pensieri.
"Come scusa?" gli chiesi istintivamente. Non ero sicura di aver capito la domanda.
"Mi hai sentito. Fai sempre tardi, bevi, ora non ti preoccupi neanche più degli esami. Per quanto vuoi andare avanti così?" mi chiese tenendomi per il braccio e guardandomi fisso negli occhi.
Io non risposi, abbassai lo sguardo e mi morsi il labbro. Lo facevo sempre quando ero nervosa. "Mi dispiace." dissi semplicemente.
"Non è vero che ti dispiace. Se fosse vero, la smetteresti e torneresti com'eri prima." disse, e accellerò il passo, lasciandomi indietro con un'espressione basita sul volto.
Non aveva mai reagito così male. Non mi aveva mai lasciata sola prima di adesso. Neanche quando l'ho preso in giro perché voleva giocare nella squadra di basket perché stava diventando come tutti gli altri. Neanche quando a sedici anni avevo bucato per sbaglio la ruota della macchina. Neanche quando per sbaglio lo avevo fatto litigare con la ragazza che gli piaceva l'anno scorso.
Non mi aveva mai abbandonata prima. Ripresi a camminare lentamente verso scuola, ripensando a quello che aveva detto. Non era vero che a me andava bene così. Non andava bene per niente. Solo che era più semplice non preoccuparsi dei miei problemi così, almeno in apparenza. Guardai distrattamente l'ora sul cellulare. Le otto passate. Merda.
Cominciai a correre più in fretta che potevo, con la sacca che penzolava al mio fianco. Arrivai a scuola che erano ormai le otto e mezza e non passai neanche dal mio armadietto, fiondandomi al piano superiore. Aula di biologia. Inspirai profondamente e bussai alla porta, per aprirla subito dopo.
"Signorina Morrow è in ritardo. La verifica è già cominciata." disse il professor Haften con cipiglio severo.
"Lo so, mi dispiace, ma.." tentai di giustificarmi ma non sapevo cosa dire.
"Mi dispiace signorina, ma per rispetto dei suoi compagni che sono arrivati in orario, sono costretto a chiederle di uscire." disse, togliendosi gli occhiali e appoggiandoli sulla cattedra.
Con lo sguardo spaventato percorsi l'aula dove i miei compagni avevano interrotto il loro scribacchiare sul foglio per seguire la scena. Incrociai gli occhi di Peter, che mi guardarono fissa per qualche secondo, prima di scuotere la testa e riprendere a scrivere. Sentivo le lacrime che volevano uscire. Volevo urlare.
"Capisco." dissi semplicemente e chiusi la porta alle mie spalle. Scesi le scale e mi diressi verso il bagno delle ragazze, per fortuna deserto. Rimasi chiusa lì dentro per tutta la mattina, incurante delle proteste delle ragazze che avevano probabilmente bisogno di ritoccarsi il make-up. Durante la pausa pranzo, mi decisi ad uscire. Uscii fuori in cortile e mi misi ad aspettare, come facevo sempre. Solo che Peter non usciva. Prima di vederlo, dovetti aspettare la fine della pausa. Giusto per vederlo passare con i ragazzi della squadra di basket, non degnandomi di un solo sguardo.
Mi feci coraggio e lo trattenni per un polso. "Aspetta." sussurrai, con voce stanca.
"Non ho niente da dirti April. Hai preferito mandare tutto a quel paese l'ultimo giorno di scuola, ignorando quello che ti ho consigliato. Pagane le conseguenze. Da sola." disse con voce dura, liberandosi dalla presa e dirigendosi verso la lezione.
Avrei voluto fermarlo. Dirgli che ci avevo davvero provato. Dirgli che non era vero che avevo mollato. Ma rimasi ferma, con la mano sospesa a mezz'aria, con l'ormai palese certezza che l'unico amico su cui sapevo di poter sempre contare non c'era più.



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Piccolo esperimento. Spero che la storia vi piaccia.
Se vi va, lasciate un commento per una qualsiasi critica positiva o negativa, perché migliorare non fa mai male!
Grazie ancora per essere giunti fin quaggiù!
  
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