N.B.
Salve a tutti. Ho modificato il primo
capitolo. Spero vi piaccia lo stesso!:)
Un’attrazione
pericolosa.
Capitolo
1: Questa sono io.
Tanti,
tantissimi anni fa ho immaginato
di scoprire ciò che la vita avesse in mente di riservarmi
per il futuro. E un
giorno, quasi inaspettatamente, ho trovato la mia strada.
Quando
ero solo una bambina, giocavo
con la fantasia come la maggior parte delle mie coetanee. Solo che io
non ero
proprio come loro: non portavo i capelli lunghi e le treccine,
né il vestito
rosa ricoperto di fiori. Io avevo(e ho tuttora) i capelli corti e
indossavo la
salopette come tutti i maschietti. E come tutti loro avevo la passione
per le auto
sportive, per le moto supertecnologiche e adoravo decapitare le bambole.
È
evidente che io non sia mai stata
veramente “donna”. Forse fisicamente sì,
ma nel mio profondo un po’ meno. Anzi per
nulla.
A
7 anni ho picchiato il primo bambino.
Strano per quell’età, vero? A me sembrava tutto
normale e ho continuato nel
tempo. Partecipavo alle gare di lotta nel fango, uscendone ogni volta
vincitrice. Amavo lottare: prendere a pugni qualcun altro era la mia
unica
valvola di sfogo, soprattutto alle aspettative dei miei genitori. Mia
madre mi
ripeteva sempre che una brava signorina doveva essere perfetta in tutto
e per
tutto: dato il mio caratteraccio non proprio da gentil donzella, mi
iscrisse a
una scuola di danza classica sperando che potesse addolcirmi un po'.
Cosa
sbagliatissima. Che c’entravo io
con quell’ambiente? Il tutù rosa mi provocava
attacchi di vomito improvvisi. E le
scarpette con le punte? Beh, le tiravo in testa alle bambine
più antipatiche. Per
questo, l’insegnante mi cacciò.
Io
volevo essere libera: gli assiomi
del balletto non facevano per me.
Fui
derisa per questo, ma non ci facevo
caso. Non era colpa mia se avevo questi modi
“bruschi” fin da quell’età. Io
stavo bene così, ero me stessa anche se gli altri non mi
comprendevano.
Non
mi importava nulla se a 10 anni il
mio allenatore di calcio mi faceva marcire tutte le volte in panchina.
Non avrei
mai ceduto alle sue provocazioni. Perché avrei dovuto
mollare tutto solo per il
mio essere donna? Era strano che a una ragazzina piacesse dare calci ad
un
pallone. E allora? Non mi davo mica per vinta. Peccato che quando
“questa
ragazzina” salvava all’ultimo secondo il risultato,
diventasse ogni volta il
giocatore più in gamba del mondo. Troppo comodo, eh coach?
Abbandonai.
Non faceva per me il lavoro
di squadra. E poi non sopportavo l’arbitro. Secondo lui ero
troppo aggressiva
in campo.
Mah.
Le
regole erano e sono decisamente il
mio punto debole. Fare sempre di testa mia in tutte le decisioni:
questo è il
mio motto. Anche il giorno della mia prima gara con una moto. Una moto
vera. Fino
a quel momento avevo guidato solo un misero scooter. Era un gioco...
quasi una
sfida che mi ero ripromessa di provare. Quel giorno d’estate,
la partecipazione
gratuita alla corsa di beneficienza che si teneva ogni anno a Tokyo
aveva
incentivato la mia idea. Niente poteva spaventarmi. Anzi le sfide
più rischiose
mi eccitavano.
Quella
volta provai e che emozione! Sentire
il vento sul viso mi regalava sensazioni uniche... mi trasmetteva
passione. Mi sentivo
viva per la prima volta in 13 anni di vita.
Ne
uscii vincitrice: mi incoronarono
regina della corsa. La mia vittoria era stata schiacciante: gli altri
concorrenti
mi distaccavano circa 10 giri dal traguardo.
Da
quell’esperienza, quello sport
provato per caso era diventato la mia ragione di vita. Cominciai a
seguire
tutti i motogp. Ogni volta, mi attaccavo al televisore. Cavolo, anche
io volevo
essere una di loro! Dovevo esserlo a tutti i costi.
Incominciai
a lavorare presso un
meccanico perché i miei non mi avrebbero mai comprato una
moto. Non mi
appoggiavano perché non ero una ragazza come le altre.
“Se
ti
compri quella robaccia, puoi pure uscire per sempre da questa
casa!”, mi
ripetevano sempre.
E
così
fu. Acquistai la mia “bambina”, ma dovetti
abbandonare la mia dimora natale. Poco
importa. Non avevo bisogno di nessuno, io. Decisi così di
presentarmi ad un
circuito e uno sponsor mi notò. Oggi, a 18 anni sono la
motociclista più
ricercata sul mercato.
Non
lo faccio per soldi, sia chiaro. Semplicemente
amo guidare e gareggiare. Il mio è quasi un amore morboso e
ciò non fa altro
che appassionarmi di più: il mio sogno è quello
di correre per sempre trasmettendo
la mia vitalità a tutti coloro che mi seguono.
È
vero sono diversa dagli altri. Sono un
maschiaccio con una grande carriera davanti.
Questa
mia peculiarità è un sintomo di
orgoglio: niente può scalfire la mia sicurezza. Per questo
combatto contro
tutti per distinguermi dalla massa. Ora come in passato.
Perché
avrei dovuto somigliare a
qualcosa o qualcuno che non riuscivo a sentire mio? Perché
avrei dovuto seguire
le mode che tanto detestavo? In fondo, le persone che mi vogliono
davvero bene
mi accetterebbero sempre per quella che sono.
Ma
queste personalità esistono davvero?
Spesso
molte di esse malignamente mi domandavano
se avessi mai avuto un ragazzo visto lo sport che pratico. Un ragazzo
cioè un
maschio, un uomo. Beh, a me proprio non interessavano e non
interessano. Sarà perché
il mio unico amore sono le moto, ma non mi piacciono proprio. Li
ritengo un
branco di idioti che sbavano dietro a un paio di tette o a un sedere
accentuato. Non lo nego che ho provato ad immedesimarmi nelle
situazioni
amorose che vivevano le mie coetanee, quello che sentivano quando erano
a
contatto con i ragazzi che avevano rubato loro il cuore.
Tutte
le volte il risultato era il
medesimo: mi chiedevo, per prima cosa, come facessero a riscoprirsi
innamorate
di persone che a malapena conoscevano. Secondo, come potevano
considerare amore
ciò che era semplicemente una cotta o qualcosa del genere?
Non le capivo
proprio. Io vicino un bel ragazzo, considerato tale soggettivamente da
me, non
provavo nessun tipo di attrazione. Le mie compagne si interrogavano sul
motivo
della mia totale incapacità a stare con un uomo. Certo, per
loro era difficile
frequentare una ragazza così fuori dal comune primo
perchè era una motociclista
professionista e
poi perché non era mai
stata a letto con qualcuno di sesso maschile. Io non ci trovavo nulla
di strano
a non aver fatto questo tipo di esperienze.
Perché
perdere tempo con queste
sciocchezze?