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Autore: Black Ice    04/12/2011    4 recensioni
Sunday, 10 a.m.
Hyde Park - Speaker's Corner
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sunday, 10 a.m.
Hyde Park - Speaker's Corner

 
 

Recitava così il bigliettino che continuavo a rigirarmi tra le mani ormai congelate, troppo stropicciato e consunto per essere letto da qualcun'altro che non avesse già imparato a memoria le lettere che vi erano state scritte con una grafia così ripugnante. Somigliava molto a quella di Matthew, in verità.

Effettivamente, giorni prima, quando mi ritrovai quel pezzo di carta attaccato con dello scotch all'asta dei miei occhiali da sole non pensai neanche che non potesse esserne Matthew, l'artefice. Quando poi andai a scovarlo nella sala registrazioni, seduto rigido e concentrato mentre strimpellava la sua chitarra estraniandosi dal mondo, non ebbi cuore di interrompere quella visione alla quale non mi sarei mai abituato e rimandai la curiosa spiegazione del pezzo di carta ad un momento più consono.
Rimasi a guardarlo in silenzio per dieci minuti, mi sembrò, fino a che si degnò, almeno, di gettarmi un'occhiata disinteressata prima di tornare a graffiare la carta dello spartito con una matita.
"Sei lì fermo da quasi mezz'ora. E' successo qualcosa?", mi chiese rompendo il silenzio, tenendo lo sguardo fisso sul suo lavoro.
"E' tuo?", domandai alzando il foglietto nella sua direzione.
Alzò allora lo sguardo strizzando gli occhi per vedere, nella penombra che regnava nella stanza, di cosa stessi parlando.
"No. Cos'è?", chiese ritornando allo spartito.
"Non so, pensavo l'avessi scritto tu. C'è scritto un posto."
"Incontro al buio di qualche fan, magari.", suggerì orribilmente serio.
Schioccai la lingua seccato, "Matthew, per favore."
Si lasciò sfuggire un sorriso prima di concentrarsi nuovamente, e passarono almeno due minuti prima che parlò di nuovo.
"E cosa c'è scritto?"
Rilessi le due righe ad alta voce, e quando alzai lo sguardo lo vidi scuotere la testa.
"No, non ne so niente. E' intrigante, però, vero?"
La scintilla che vidi nei suoi occhi mentre pronunciava quelle parole mi spaventò come sempre: di solito preannunciava che stava per fare o dire qualche cazzata e che mi ci avrebbe trascinato per i piedi, che fossi d'accordo o meno.
"Certo. Tantissimo.", ironizzai dirigendomi verso il cestino.
"Non vorrai buttarlo."
Mi fermai, alzando un sopracciglio nella sua direzione. Lo voleva incorniciare?
"E cosa vuoi che ne faccia?"
Si voltò completamente verso di me sulla sedia girevole, segno che avevo tutta la sua attenzione.
"Seriamente, Dom. Non buttarlo."
"Se ne trovi qualche altra utilità che non possa essere consumata nel cestino, prego, te lo cedo volentieri.", replicai tendendogli il biglietto.
Matthew si alzò deciso dalla sedia e mi prese il foglietto di mano, rigirandoselo qualche volta tra le dita e guardandolo intensamente, mentre io osservavo tutto con un sorriso di scherno in viso, tentando di tenermi a debita distanza dalla sua stupidità.
Alzò lo sguardo verso di me con un sorriso maligno sul volto e la stessa luce di prima negli occhi. Capii quello che aveva intenzione di fare prima che aprisse bocca e contemporaneamente la mia espressione spiritosa si dileguò.
"Scordatelo."
"Non ho neanche aperto bocca, Dom!"
"Scordatelo, so cosa vuoi fare. Noi non ci andremo."
Gli comparve un mezzo sorriso, subito soppresso da un'espressione sofferente: "E dai, Dom! Non ti fà salire l'adrenalina tutta questa situazione?"
"Per niente."
In quel preciso momento, quando mi guardò con l'espressione implorante ormai consumata e gli occhi determinati, capii che mi avrebbe convinto. Mi avrebbe convinto come tutte le altre innumerevoli volte, fatti che andavano avanti da quando ci eravamo conosciuti e che sospettavo non avrebbero trovato mai una fine definitiva, se non quella della nostra rispettiva morte.
Sospirai stancamanete, ritrovandomi a guardarlo con rassegnazione. Se sapevo che alla fine mi avrebbe convinto comunque, perchè non dargliela vinta subito, risparmiandomi così discussioni inutili che non mi avrebbero portato da nessuna parte?
Abbassai lo sguardo e scossi la testa, passandomi una mano sulla faccia come a tentare di scacciare la frustrazione. Vinceva sempre lui, dannazione.
Non potei biasimarlo del fatto che stesse già cantando vittoria.
"E va bene."
"Cosa?"
"Va bene, ci andremo. In fondo sarà come una normale passeggiata ad Hyde Park, no?", ipotizzai guardando il suo viso che si illuminava pieno di speranza, con il forte desiderio di suscitargli qualche strana forma di pietà con gli occhi.
"Perfetto, perfetto!" Esclamò eccitato mentre, sorridente, se ne tornava al lavoro con passo irregolare tipico di persone soggette ad attacchi di euforia incontenibile.

E così, eccomi qui a tremare di freddo, ad una decina di metri di distanza dalla folla che si era radunata attorno alla figura che, dall'alto dei suoi due metri e più, parlava a gran voce di non so quale argomento.
Sbuffai, guardando l'orario sulla schermata del mio cellulare: 10.12. Il che voleva dire quasi venti minuti di ritardo.
Matthew aveva prontamente declinato l'offerta di andare insieme all'incontro, facendo sorgere dal nulla e, sospettavo, improvvisando al momento, imprevisti riguardanti delle commissioni che avrebbero portato a farci trovare direttamente sul posto citato dal bigliettino.
Aveva programmato (e mi aveva esposto ciò che aveva concluso solo dopo aver deciso tutto da sè) che ci saremmo ritrovati almeno dieci minuti prima delle dieci.
Avrei dovuto aspettarmela la sua mancanza di puntualità.
Sbuffai ancora e prendendo nuovamente il cellulare composi per l'ennesima volta il numero di Matthew, pregando che almeno questa volta mi rispondesse.
Dopo un paio di squilli la chiamata terminò improvvisamente, e fissai sbigottito l'apparecchio rendendomi conto che Matt mi aveva messo giù.
Stavo incominciando a ribollire di rabbia e ad inveire contro di lui, quando un suo messaggio mi calmò. Più o meno.
"Aspetta. Arrivo."
Lo guardai più del dovuto, quel messaggio, incredulo. Avrei semplicemente voluto spaccargli la faccia.
A parte il fatto che l'orario del presunto appuntamento era passata da un pezzo, la persona che mi aveva praticamente obbligato ad andarci comunque, nonostante fossi di tutt'altra intenzione, era in ritardo e mi intimava anche di aspettarlo.
Rimisi in tasca il cellulare contraendo più volte le dita per farmi passare la rabbia, appoggiandomi ulteriormente alla staccionata alle mie spalle.
La folla poco più in là aveva dato il via ad uno scroscio di applausi che finirono in pochi secondi. Vidi di sfuggita l'oratore scendere dal piedistallo sul quale era fino a pochi momenti prima e subito venire sostituito da un tizio più basso, tutto in nero e con la sciarpa premuta sulla bocca.
Mi guardai intorno e di Matthew neanche l'ombra: sospirai frustrato e approfittando della sua assenza tirai fuori il pacchetto di sigarette, estraendone una e accendendola.

"Mi piacerebbe non cadere rovinosamente nel banale, oggi, nel parlare qui.."

Peccato che lo farai.
Un sorriso di derisione sfuggì al mio controllo, scaturito dalla palese agitazione con cui l'uomo aveva preso a rivolgersi alla folla radunata intorno a lui.
L'ometto si schiarì la voce e il microfono posto di fronte a lui ne amplificò il suono.

"Forse alcuni di voi non sanno quali grandi personalità si sono trovate nella mia stessa situazione di questo preciso momento. Parlare di fronte ad una folla della quale non si conosce nulla, con l'unico scopo di esprimere le proprie idee liberamente, senza costrizioni di alcun tipo: nella libertà più totale. Questo è un gran privilegio, un'opera che stimo dal profondo."

Soffiai fuori il fumo contro l'aria gelida di Hyde Park, scrutando con la coda dell'occhio quell'uomo: in pochi secondi aveva acquistato tutta la fiducia che gli occorreva per rivolgersi, anche piuttosto sfrontatamente, alla gente che lo ascoltava. Non era cosa da tutti e questo aspetto, non sapevo neanche perchè, mi affascinava.

"Meglio non traviare, in ogni caso. Dicevo: le grandi personalità che hanno potuto calcare questo piedistallo come sto facendo io ora, e personalmente, mi sento onorato. Sapete, uomini come Lenin, Orwell."

Parve seriamente emozionato nel pronunciare quei due nomi, e mi scappò un gemito di frustrazione quando mi resi conto che quell'uomo sarebbe infinitivamente piaciuto a Matthew.
Mi guardai un'altra volta ai lati, tanto per aumentare il nervoso che grazie a Matthew stava salendo e raggiungendo le stelle. Ma dove si era cacciato?
Sbuffai facendo un ultimo tiro alla sigaretta per poi buttarla per terra e schiacciarla sotto al piede.
Guardai ancora una volta l'orario sul cellulare: 10.19
Cazzi suoi.
Ero stanco di aspettarlo ed ero stanco dei suoi capricci al quale io dovevo sottostare.
Mi rimisi il cellulare in tasca e mi avviai alla mia macchina.

"... alzino le mani le persone che hanno letto 1984."

A quelle parole mi fermai basito, quasi: lo Speaker aveva un'affinità quasi preoccupante con Matthew, e mi faceva venire l'impulso irrefrenabile di allontanarmi il più possibile da lui e da quel posto. Nonostante ciò, comunque, non mi mossi.
Matt mi aveva imposto, tempo prima, la lettura del libro di Orwell con gli occhi lucidi, quasi, e lo aveva definito 'il libro rivelatore della storia umana' mentre me lo tendeva oroglioso e con gli occhi languidi al solo pensiero che avrebbe potuto rileggerlo e bearsi e riflettere sulle riflessioni che esso suscitava, ancora e ancora.
Scacciai quel ricordo e guardai la folla radunata attorno all'uomo e vidi quattro mani che si alzarono timidamente, distinguendosi dalla massa. L'oratore emise un gemito soddisfatto e poi si guardò intorno.

"Nessun'altro?"

Ebbi quasi l'impressione che l'uomo si voltasse a guardare proprio me, in effetti, mentre cercava con lo sguardo qualche altra persona che lo avrebbe reso orgoglioso anche tra la folla di ignari passanti.
Passò qualche attimo nei quali sentii le orecchie diventare blocchi di ghiaccio e infine vidi chiaramente l'ometto sul piccolo podio guardare nella mia direzione.
Inarcai un sopracciglio chiedendomi cosa volesse da me e nel contempo vidi con la coda dell'occhio alcune teste che si giravano nella mia direzione.
Strabuzzai gli occhi di sorpresa, quando, più attentamente, osservai lo Speaker che si toglieva la sciarpa dal viso.

"Dovresti alzare la mano anche tu, Dominic."

 

 

 

 
Questa one-shot non ha alcun fine di lucro, non ha intenzione nè di offendere chicchessia e neppure di riproporre la realtà, in quanto è stato tutto inventato da me. Mi piacerebbe dirvi quando e per quale motivo mi è venuta l'ispirazione di scrivere sullo Speaker's Corner; mi piacerebbe tanto, se solo me lo ricordassi. Anyway, Lenin e Orwell sono realmente stati oratori ai loro tempi, indi per cui ho sentito la necessità di far entrare nel discorso 1984, anche grazie alla nota ossessione di Matthew riguardo quel libro (ossessione comprensibilissima, ve lo consiglio se non l'avete ancora letto).

Ho finito! Cheers!

  
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