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Autore: Jaded_Mars    05/12/2011    2 recensioni
"Quel posto pareva si fosse trasformato in un piccolo paradiso tutto per loro ... non avrebbero mai voluto abbandonarlo."
Questo racconto è liberamente tratto da The Garden, canzone dei GN’R comparsa su Use Your Illusion, è la trasposizione di quello che mi sono immaginata che fosse IL GIARDINO seguendo il testo scritto dagli autori.
Protagonista é Eve (la scelta del nome é stato indotta dalla location) insieme a qualcuno dei Guns.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Axl Rose
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questo racconto in due parti è liberamente tratto da The Garden, canzone dei GN’R comparsa su Use Your Illusion, scritta da Axl Rose, West Arkeen e Del James già all’epoca della preparazione di Appetite For Destruction.

A casa. Finalmente silenzio. Non sopportava più il caos che c’era fuori in quella città irrazionale e isterica, tutta movimento, rumore e nervosismo. C’era bisogno di tranquillità, pura e semplice tranquillità, niente più niente meno. Si sedette sul terrazzino di fronte alla spiaggia, incorniciato da folte piante verdi e rigogliose che si protendevano a raccogliere ogni singolo raggio di sole possibile. Gli ibiscus, nel pieno della fioritura, rosa e bianchi, belli come quelli delle isole caraibiche, si sovrapponevano alle bouganvilles, colorate come se le avessero dato una passata di evidenziatore arancione e fucsia fluorescente. Basse piante verdi dalle foglie lunghe e lucide e dal nome sconosciuto si facevano spazio tra i fiori per guadagnare un po’ di status in mezzo a quei fiori così regali.


Bevve un sorso di quel margarita frozen  home made appena preparato mixando tequila a volontà, cointreau, lime e tanto ghiaccio appena tirato fuori dal freezer. Forse era un po’ forte per l’ora, troppo alcolico, erano solo le cinque del pomeriggio, il sole era ancora alto e caldo nel cielo, ma poco importava, era quello che serviva in quel preciso momento. Sole, sdraio e margarita, ecco la combinazione perfetta per il preludio a un pomeriggio di completo relax.

Si sistemò un po’ più comodamente sulla sedia, la testa appoggiata a un piccolo e morbido cuscino e le gambe allungate sul tavolino di fronte a lei. Ah da quanto tempo non si concedeva più momenti così tutti per se’.

Sapeva che nessuno dei suoi amici era a casa, erano tutti andati a visitare quel famoso giardino tropicale che avevano appena aperto giù a Downtown. Doveva essere molto bello in realtà, da qualche foto che aveva visto sui giornali e dal servizio che era passato al tg valeva sicuramente la pena di essere visto, era fenomenale riprodurre un ambiente così selvaggio e primordiale in città. Eppure aveva gentilmente declinato l’invito per quella volta, aveva bisogno di ritagliarsi uno spazio proprio, via da tutto e da tutti, proprio come era ora.

Si soffermò a guardare qualche ramo delle piante che aveva di fronte, erano lunghi, carichi di foglie, appena smossi dal vento. C’era un bell’albero di limoni sul balcone confinante, praticamente sporgeva così tanto dalla sua parte che a volte se ne prendeva cura e lo riteneva quasi suo, non di quel suo strano vicino fricchettone tanto strano quanto simpatico. Era un hippie convinto, nonostante fosse passato un po’ di tempo dall’epoca del ’68 e dei fiori nei capelli e nelle pistole, ora era la fine degli anni ‘80, una nuova era, un mondo nuovo, insomma tutto un altro stile. Eppure lui persisteva ad andare in giro con lunghe camicie a fiori e quell’aria sciupata che raccontavano da sole quante ne avesse passate in gioventù. Era un tipo a posto, non c’era nulla da dire, un buon vicino, le piaceva la musica che suonava, non era mai fastidioso e qualche volta, sì qualche volta aveva anche fumato con lui qualche canna prima di andare a dormire. Era rilassante. Tutto in quel posto era rilassante.

Il suo sguardo vuoto era rimasto fisso su quell’albero di limoni, così grande da pensare che prima o poi il balcone sarebbe precipitato sotto il suo peso. Ad un tratto dei rami si mossero, accompagnati da un rumore fioco, prima lentamente, poi sempre più insistente, quasi come se ci fosse qualcosa o qualcuno dietro. Guardava con rapimento quel movimento, chiedendosi se avrebbe smesso da solo, poggiò il suo margarita sul tavolino, si alzò e come condotta per mano dalla sua curiosità si avvicinò agli alberi. Peccato non riuscisse a vedere niente, più si sforzava di mettersi in punta di piedi più l’impresa era ardua. Diamine! Era solo uno stupidissimo albero non una foresta, come poteva essere così difficile vederci attraverso?

“Eve? Hey Eve! Sei qui?”

“Axl?!” nella voce della ragazza si distingueva una nota dominante di sbalordimento.

Quindi era lui che stava facendo tutto quel casino? Ma che ci faceva in casa del suo vicino poi? Eve finalmente riuscì con fatica a spostare un ramo e creare una piccola breccia in quel muro di vegetazione, strano, non se la ricordava così fitta, l’aveva sistemata solo ieri, sembrava che in una notte fosse cresciuta a dismisura. Il viso di Axl fece capolino in quella cornice di foglie, coi lunghi capelli rossi e lisci e un’espressione rassicurante.  

“Sì Eve sono io! Ma che fai qui? Sono tutti al giardino!”

Il giardino … ancora con questo giardino, se era a casa probabilmente un motivo c’era, o no? L’insistenza con cui tutti tentavano di convincerla ad andarci le risultava a dir poco irritante.

“Lo so Axl, lo so … è che non avevo voglia di andarci, oggi. Ma tu… perchè sei lì scusa? Non potevi entrare direttamente in casa? Tanto la chiave ce l’hai…”

Lui la guardò un po’ enigmaticamente per poi scoppiare a ridere “Il fatto è che mi sono accorto di averla persa. Così ho cercato nel vaso del vicino e ho trovato le sue, avevo visto che le nascondeva lì, e sono entrato.”

Eve continuava ad essere stupita, ma che gli prendeva? Sembrava improvvisamente diventato un imbecille, “Scusa ma … non potevi prendere la chiave di riserva che metto nella felce davanti alla porta? O bussare magari … sarebbe stato più facile …”

Axl sembrò non avere minimamente registrato quelle parole, “Dai tesoro, vieni qui, così raggiungiamo gli altri.” E tese una mano attraverso le piante che li separavano.

“Axl non credo tu abbia capito, non ho voglia di andare di nuovo nel casino, vorrei stare un po’ tranquilla oggi che posso!” fece lei piuttosto seccata, “e poi scusa dove dovrei passare?
Non vedi che ci sono degli alberi qui?”

“Massì che ci passi, su dai!” insistette il ragazzo.

Eve decise di dargli ascolto, giusto per farlo contento, e afferrò la sua mano mentre lui scostava dei rami per aiutarla a passare. Sorprendentemente si trovò di fianco al rosso in un battito di ciglia.  Era passata senza nessuna fatica attraverso quella piccola barriera di piante che ora si era richiusa come un muro che divideva due mondi. Tenendola sempre per mano, Axl la portò in casa del vicino. Era piena di libri e cianfrusaglie, un’accozzaglia di colori e old style tanto quanto il suo proprietario. Essere lì senza lui presente la metteva un po’ a disagio,si sentiva un’intrusa, ed in effetti lo era, ma per fortuna durò poco. I due ragazzi infatti uscirono immediatamente dall’appartamento, riponendo le chiavi nel vaso dove Axl le aveva trovate, e si diressero alla macchina. Appena il rosso accese il motore le note monotone di Venus in Furs esplosero nell’aria dallo stereo. Eve si sentì un po’ inquietata da quella musica cacofonica, le piaceva, ma non sapeva dire esattamente cosa le mettesse a disagio. Aveva un che di ipnotico e surreale che le faceva venire i brividi.

“Hey ma quando ascolti i Velvet Underground?” le venne istintivo chiedere al ragazzo che normalmente preferiva ascoltare qualcosa di meno cupo. Con quella canzone era come se se una specie di coltre fredda fosse calata dal nulla oscurando di colpo la bellezza solare di quella giornata.

“A volte capita. Apprezzo il testo di Venus.” Rispose lui sereno, “Che c’è non ti piace?”

Eve si strinse nelle spalle, come se non le importasse. Avrebbe voluto chiedergli di spegnere immediatamente la radio o per lo meno cambiare canzone, ma non disse niente. Come se avesse sentito che qualcosa non andava in lei, Axl le si avvicinò per posarle un bacio delicato sulla guancia. Prima che si allontanasse, Eve lo riprese e lo baciò. Il contatto questa volta durò più a lungo, dolce e lento. “Stai meglio adesso?” le chiese lui guardandola negli occhi celesti. In risposta ricevette un debole sorriso della ragazza, si sentiva un po’ più rassicurata ma la strana sensazione tetra e misteriosa scaturita dalla musica non era passata completamente. “Adesso andiamo.” Il ragazzo avviò il motore e in pochi secondi si trovarono a sfrecciare sulla strada alla volta del famoso giardino. 


   
 
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