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Autore: kutinjiu    05/12/2011    4 recensioni
Tributo ad H.P.Lovecraft.
La favela di Rio de Janeiro si alza di alcuni metri all'anno senza un'apparente motivo. Gli abitanti credono che prima o poi i caseggiati in rovina saliranno al cielo per trovare redenzione e prosperità. Intanto degli stranieri sciamano nelle vie della città, celando i loro loschi affari.
Lo spirito scientifico di un missionario lo spinge a scovare la realtà in questi misteri e viene avvolto nella spirale di un'oscuro destino.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'Assunzione di Rio Siccome voglio fare una tesina su H.P. Lovecraft, ho deciso di provare ad immedesimarmi nel personaggio e così è nato questo racconto.


Secondo gli accurati calcoli dei geologi, la favela di Rio de Janeiro è salita in altezza di 13 metri, durante l'ultimo ventennio.
Questa variazione, inspiegabile per gli studiosi, viene interpretata variamente dalle diverse fasce degli abitanti.
Alcuni uomini ingenui, credono che pian piano quei caseggiati sordidi si eleveranno fino al Paradiso Terrestre, dove tutti i peccati commessi dall'umanità verranno mondati.
Altri, dalla mente più scientifica, lo attribuiscono allo spostamento di una zolla continentale sotto il Brasile.
Questa interpretazione spiegherebbe anche gli imprevedibili terremoti che si sono scatenati negli ultimi anni, sempre più frequenti.
Altre ipotesi, frutto della superstizione e della follia, fioriscono ogni settimana, per poi appassire già in quella successiva.
Padre Carlos, missionario cattolico a Rio già da alcuni lustri, ha un'idea più macabra e poco realistica, considerando l'istruzione che gli è stata impartita.
La favela riceve un afflusso costante di miserabili, in cerca di chissà quale vita migliore, che alla fine trovavano solo nuova povertà e disperazione.
La crescita demografica è tenuta a bada da un semplice elemento, che risolve sempre ogni problema: la morte.
Omicidi e suicidi, spesso di intere famiglie, sono all'ordine del giorno, spesso compiuti con la massima crudeltà immaginabile.
Dunque, col passare del tempo, gli strati di ossa spezzate e cadaveri sfigurati si sono accumulati nel terreno, aumentandone il dislivello.
Poco più in alto rispetto a queste spoglie mortali, il suolo viene calpestato dai piedi dei viventi, la cui omertà copre il marciume che popola la favela.
La missione interiore cui si è votato padre Carlos, è di arrestarne l'empia ascesa di morte.
Introdotto fin da piccolo ad ogni tipo di scienza, si appassionò soprattutto agli studi filosofici, antropologici e geologici.
Il loro rapporto con la cultura umana divenne l'oggetto principale della curiosità dell'adolescente che, figlio di un ricco intellettuale, ebbe il sostegno economico e morale del padre.
Terminata l'università, decise di andare a vivere a stretto contatto con alcune etnie che lo avevano sempre affascinato.
Dopo qualche mese trascorso tra i saggi tibetani, che sognavano una città con scale dorate e colonne corinzie ma i cui ricordi risultavano appannati nella veglia, si cimentò nella vana ricerca degli ineffabili beduini del Gobi.
Questi individui schivi, si nascondono nelle tempeste di sabbia e viaggiano avvolti da un copricapo di seta ocra.
Quando transitano per i villaggi aridi, se vengono trattati con gentilezza, mormorano una benedizione, una dolce nenia, che dona per molti mesi prosperità agli abitanti. Nessuno sa invece che tono abbiano le loro maledizioni, poichè quei villaggi miserevoli vengono spazzati via da forti venti e scompaiono dalle mappe, dimenticati da tutti.
Solo i miraggi ingannatori abitano quelle rovine sabbiose e si divertono nel dare false speranze a chi si è perso nel rovente deserto.
Le loro gole ormai riarse dalla sete non possono nemmeno urlare contro il fato beffardo.
Carlos decise allora si viaggiare assieme agli zingari slavi e partecipò ai loro rituali segreti.
Danze sfrenate al chiaro di luna, tamburelli percossi con ritmo delirante e cori di voci profonde o squillanti avevano allietato a lungo le nottate del futuro padre missionario.
Sospettava però che lo avessero tenuto all'oscuro della vera natura del loro culto.
Infatti, verso le due di notte, l'anziano del gruppo preparava una bevanda densa e calda, dagli ingredienti sconosciuti solo a lui, che tutti bevevano a turno.
Quando ne traeva un sorso, anche se scarso, sprofondava sempre in un profondo sonno incantato, dal quale si svegliava agitato al sorgere del Sole, senza ricordare nulla degli incubi fatti.
Aveva accantonato tuttavia i suoi sospetti, poichè non era ne' il primo ne' l'ultimo a bere il liquido sacro e dunque non potevano averlo alterato in nessun modo, dato che solo lui, tra tutti, subiva questo effetto particolare.
Alla fine, accettò la spiegazione dell'anziano: non era ancora pronto ad affrontare il viaggio con loro.
In ogni caso, deluso dei risvolti delle sue esperienze, trovò conforto in un sentimento cresciuto in lui durante quegli anni.
La vocazione giunse inaspettata ma il padre ne fu contentissimo: un ecclesiastico avrebbe aumentato il prestigio della famiglia ed il figlio secondogenito, suo prediletto, avrebbe ereditato il denaro che tanto desiderava.
Carlos, divenuto quindi padre missionario, decise di recarsi alla favela di Rio de Janeiro nel suo primo incarico, incuriosito dalla morfologia del luogo, che aveva studiato a lungo negli anni dell'università.
Affascianto dal "melting pot" di culture che popolavano la zona, decise di stabilirvisi permanentemente.
Tra le celebrazioni religiose e le opere umanitarie, padre Carlos si dedica all'analisi delle etnie che incontra ogni giorno lungo le strade sporche e maleodoranti. Nonostante il suo zelo, non riesce a catalogare con precisione il caleidoscopio di dialetti, tradizioni e carnagioni presenti nella favela.
Le credenze popolari si fondono con le religioni dando vita ad eresie e blasfemità, che proliferano nell'ignoranza generale.
I terremoti imprevedibili lo turbano un po', troppo spesso coincidono con feste pagane di divinità ormai dimenticate e la sua immaginazione compie voli pindarici, prima che la ragione la fermi.
A volte nota,  gettati a terra negli angoli ombrosi, idoli adorati dalle tribù sciamaniste dell'oriente o con le fattezze del dio-scimmia africano.
Nello sciamare frenetico dei vari popoli, dediti alle loro attività, prevalentemente illegali, il missionario scorge degli individui strani.
La vista di essi lo disturba profondamente; ostentano tranquillità e freddezza in quella discarica umana.
Non è ancora riuscito a carpire la provenienza di quell'etnia, il bizzarro miscuglio di tratti somatici lo disorienta e le sue ricerche si rivelano sempre infruttuose.
Questi uomini misteriosi sono soliti riunirsi in capannelli negli angoli delle vie e bisbigliano tra loro con fare complice.
Inizialmente era presente solo un numero esiguo di essi, col tempo però il loro numero è cresciuto a ritmo serrato.
Gli animali randagi avevano un'istintiva paura nei loro confronti ed in breve tempo scomparirono dalle strade, per qualche causa ignota.
Tutti sospettarono che le sparizioni fossero direttamente opera degli stranieri, o comunque della paura che essi incutevano negli animali, ma nessuno indagò oltre. D'altronde, molti erano stati vittime degli assalti dei randagi e gli sbranamenti feroci non erano spettacoli molto gradevoli per la gente.
Padre Carlos, per amor della scienza, decide di trasferirsi nella zone limitrofa a quella abitata dall'etnia sconosciuta, perseverando nelle sue ricerche.
Se la favela rappresentava lo zero nella scala del degrado della vita umana, il distretto degli stranieri sicuramente assumeva un valore negativo.
Le abitazioni consistono in amalgami di fango e materiali di scarto provenienti dalla vicina baraccopoli.
Legname roso dai tarli, plastica annerita, metallo arrugginito portatore di tetano e calcinacci di pietrisco sono i materiali edili più diffusi tra i miseri abitanti.
Spesso, come artigli protesi, spuntano dalle pareti insidiose schegge di vetro, pronte a graffiare i passanti distratti.
Il pavimento dei tuguri fatiscenti è un semplice strato di terra che, nelle giornate piovose, si trasforma in melma fetida.
Quando i temporali infuriano con violenza, miasmi pestilenziali si alzano dalla baraccopoli, a testimoniare le immondità che il terreno conserva nelle sue viscere. Nonostante queste malsane condizioni di vita, gli abitanti trascorrono lì gran parte del loro tempo, quando non oziano agli angoli delle strade, riuniti nei loschi capannelli.
L'alloggio di padre Carlos, con suo grande sollievo, possiede un livello di abitabilità decente, considerando la vicinanza a quella zona terribile.
Passa la prima giornata ad osservare gli oscuri traffici svolti dagli appartenenti all'etnia ancora sconosciuta.
Non registra niente che sia più sospetto del solito, almeno fino a mezzanotte circa.
A quell'ora, infatti, un corteo di furgoni costosi si fa largo tra le vie dissestate ed entra nella zona malfamata, scomparendo alla vista dopo una svolta in salita.
Dalla sua postazione alla finestra, il missionario non può scoprire la destinazione delle autovetture e decide che non vale la pena di seguirle.
Non accade altro che sia degno di nota per un'altra mezz'oretta; padre Carlos dunque decide di riposarsi.
L'indomani lo aspetta la sua routine di visite ai vari asili, per offrire il suo aiuto caritatevole.
Verso le quattro di mattina, quando il Sole ancora non è riuscito a vincere la sua timidezza ed a sorgere dietro alle distanti colline di Rio, il missionario viene destato da un cupo lamento.
Infilandosi un vestito a caso tra i capi sparsi per la stanza, esce di corsa, pronto a prestare eventualmente soccorso al malcapitato.
In strada, la voce risuona più intensa.
L'uomo ne individua la provenienza.
Segue la traccia sonora, guidato da un primitivo istinto, senza sapere la sua destinazione, le tenebre della notte lambiscono ancora le strade buie.
Intanto la voce si era trasformata in un coro, una litania di lamenti rochi.
Echi di flauti emergono sulle note di un "De Profundis", sovrastando ogni altro rumore.
Infine, Padre Carlos giunge davanti ad un'edificio che svetta sulle costruzioni cadenti della baraccopoli.
E' una vetusta chiesa diroccata, le guglie spezzate tentano invano di emergere nell'eterea luce lunare.
Gargoyle siedono corrucciati lungo i cornicioni, molte di queste figure maligne sono privi di alcune parti del corpo, presumibilmente a causa del deterioramento subìto nel tempo.
Quelle creature deformi e gobbe, instillano un ribrezzo viscerale nel religioso.
Le gobbe rattrappite formano ombre inquietanti, le fauci fameliche scolpite nella nera pietra sembrano sgolarsi in bestemmie ed empietà.
Attorno alla chiesa, si estende una grande moltitudine di lapidi e qualche antica cripta avvolta nell'edera selvatica.
Padre Carlos si domanda quale anima possa trovare il conforto eterno in un luogo dalle forme così spettrali e rincagnite.
Un canto vibrante di versi gutturali, composto apparentemente da voci maschili, pervade la notte, i flauti lasciano il posto a dei violini.
La musica che ne deriva, tuttavia, è una detestabile e chiassosa cacofonia.
Quella melodia distorta, accompagnata ora da un altro coro di strida acute, probabilmente femminili, sconvolge l'animo del missionario.
Lo strazio cessa quando le vibrazioni passano dall'aria alla terra; un terremoto scuote Rio de Janeiro per alcuni minuti interminabili, poi il silenzio e l'immobilità avvolgono nuovamente la città.
Ancora tremante per le intense emozioni appena sperimentate, padre Carlos torna alla dimora, seguendo il vago istinto che lo ha condotto durante tutta la vicenda. Poche ore più tardi, l'uomo visita gli asili e le famiglie bisognose della favela, che ormai lo conoscono bene, e scopre che alcuni bambini sono scomparsi.
I rapimenti a Rio non sono fatti inusuali, non a caso la gente ha imparato a trattenere le lacrime ed a tirare avanti, qualsiasi tragedia le accadesse.
Stavolta però, un anziano ha notato un furgone che partiva in fretta e furia dal luogo nel quale, poco dopo, era stata registrata la scomparsa di un bambino di 6 anni.
Si trattava del piccolo Juan, che lui considerava come un fratello minore.
Il missionario si ricorda bene dell'espressione sempre gioiosa che assumeva il bimbo nel vederlo e delle parole che Juan gli aveva sussurato in gran segreto: "Da grande voglio essere buono ed aiutare le persone proprio come fai te".
Ora non ci sarebbe stato più nessun futuro per il piccoletto.
Padre Carlos decide che quella notte sarebbe entrato nella chiesa diroccata ed avrebbe scoperto i turpi rituali che avvenivano al suo interno.
Terrorizzato dal suo stesso proposito, trascorre il pomeriggio a pregare e benedice il suo grazioso crocifisso di legno, che prontamente appende al collo con un semplice spago.
Gli era stato donato da uno zingaro tempo addietro per ringraziarlo della gentilezza con cui lo aveva trattato.
A dire il vero, padre Carlos non è molto convinto che l'oggetto sia un crocifisso, dato che un asse della croce è storto e la figura di Cristo non ha una forma molto definita, anzi sembra una specie di umanoide.
In ogni caso, ormai ci è affezionato e la tiene come un importante portafortuna.
Solo ora si rende conto dell'inquietudine che gli trasmette quella vecchia reliquia, specialmente quando è immersa nella luce crepuscolare che pervade le vie della favela quando è sera.
Scrolla le spalle con finta indifferenza, è soltanto un po' di suggestione, scaturita dalle emozioni della giornata.
La benedizione di Dio, che ha appena impartito al proto-crocifisso, lo avrebbe sicuramente protetto, dunque le sue paure svaniscono in fretta.
Mentre porta a termine i preparativi, nota una certa trepidazione dilagare tra gli abitanti della favela.
Gli stranieri misteriosi, seminascosti in angoli bui, sussurrano nelle orecchie dei passanti, i quali ricambiano in genere con due strane reazioni: o spalancano gli occhi spauriti, scappando in fretta, oppure si uniscono agli individui dell'etnia sconosciuta, seguendoli nella baraccopoli, il loro oscuro regno.
Giunta la notte, quasi nessuno è rimasto in strada: non c'è traccia nemmeno dei soliti barboni e dei mendicanti che popolano le vie terrose tra un tugurio e l'altro. Preoccupato da questi presagi, presta attenzione al cielo stellato per leggervi il futuro, solo Algol, la stella-demonio, brilla rossastra ed infausta.
Gli altri astri, sebbene più luminosi, sembrano essere stati oscuratida qualcosa di titanico e più antico del mondo stesso.
Cercando di frenare la sua fervida immaginazione, padre Carlos si dirige verso la chiesa diroccata.
Nascosto nella fenditura di una fredda cripta, avvolta da un muschio viscido e giallastro, può osservare ogni movimento che avviene attorno al grottesco edificio. Secondo alcune informazioni, ricavate durante quello stesso pomeriggio, il missionario ha scoperto una parte della storia della chiesa sconsacrata costruita in mezzo alla baraccopoli. Infatti, dopo nemmeno un paio di anni di attività religiosa, il vescovo della zona aveva dichiarato blasfemi i riti che vi si svolgevano ed aveva dichiarato maledetto quel luogo, proibendo ogni futura celebrazione.
Il parroco della chiesa era conosciuto dalla comunità della favela come un uomo mite e sapiente, nessuno sapeva come fosse giunto a presidiare rituali con sacrifici animali.
Questa, infatti, fu l'accusa per la quale venne arso vivo successivamente.
Durante la sua, ormai palese, follia, si limitò a sghignazzare istericamente per ore, anche mentre veniva condotto verso la propria morte.
Le ultime parole del parroco, prima che le fiamme purificatrici lo lambissero per intero, vennero disperse nel fumo e nel vento.
Forse solo gli spettatori più vicini al dannato riuscirono ad udirle.
Da quel giorno infatti, deperirono orribilmente, sia nel corpo che nello spirito; la settimana seguente scomparvero tutti.
Poco tempo dopo, il terreno polveroso, situato sotto il piccolo arco in pietra che rappresentava l'ingresso alla favela,
conobbe le orme dei primi stranieri misteriosi. Quella testimonianza di un'arte antica, perduta ormai da secoli, è oggetto di studi da parte di molti archeologi.
La pietra dell'arco, infatti, è ricca di incisioni che presentano delle affinità con rune e geroglifi, fatto assolutamente inspiegabile.
Secondo la credenza popolare, la chiesa sconsacrata nasconde ancora ciò che ha fatto impazzire il povero parroco: il demoniaco Necronomicon.
L'esistenza dell'infernale grimorio, i cui incantesimi avrebbero permesso di penetrare dimensioni estranee alla conoscenza umana, è sempre stata reputata da padre Carlos come una pura leggenda.
Un movimento nell'ombra lo riporta alla realtà; un corteo sterminato sta marciando verso la chiesa. Cinque figure incappucciate e molto più alte del normale guidano il gregge di persone.
Dopo un lasso di tempo smisurato, o almeno così sembra al missionario sgomento, il corteo scompare, inghiottito dalle tenebre che si estendono oltre l'uscio del luogo maledetto.
L'empio rituale sta per cominciare: un brivido di trepidazione scuote il corpo dell'uomo, ancora rannicchiato nel suo nascondiglio.
Padre Carlos fa per alzarsi e seguire le tracce della folla, tuttavia si blocca a metà, in preda al panico: un canto si è appena alzato nella gelida aria notturna.
Contro ogni senso logico, le voci giungono non solo dalla chiesa, ma anche dal cielo.
Algol, la stella-demonio, non splende più solitaria nella volta celeste, ma ha una gemella non troppo distante, che brilla della stessa luce sanguigna.
L'intensità dei due astri cresce in pochi secondi, così sfavillante da sovrastare il chiarore lunare ed accecare l'uomo, ancora impietrito.
Quando riapre gli occhi, scopre che il paesaggio attorno a lui è mutato.
Gruppi di varie etnie diverse compaiono su panorami che non posso coesistere in nessun luogo terreno.
Eschimesi, nomadi, monaci eremiti, indigeni e perfino gli zingari che un tempo aveva frequentato: tutti tendono le mani al cielo e salmodiano canti demoniaci in lingue schioccanti e volgari.
Alcuni individui dei vari gruppi, presumibilmente i leader delle sette religiose, spiccano sulla folla, mostrando parvenze goffe ed ingobbite, quasi scimmiesche.
Padre Carlos si chiede quali deformità essi nascondano sotto le tuniche chiazzate di ciò che sembra sangue.
Oltre a questo guazzabuglio di località, il religioso vede anche l'intera Terra in ogni suo spazio ed in ogni suo tempo, sia esso passato, presente o futuro.
Chissà quali primevi organi sensoriali sono stati risvegliati dal suo passaggio in quella che ritiene una diversa dimensione, dato che in quella umana nulla di questo può essere spiegato.
La scoperta di alcuni abomini che si celano da ere sotto la superficie terrestre, ed abitano da sempre i pianeti della Via Lattea, fa tremare di terrore il povero missionario.
Ombre minacciose popolano ora i suoi ricordi, esseri maligni che non poteva percepire fino a pochi minuti prima.
Foschie opalescenti avevano ghignato, confondendosi con le ombre degli oggetti, già durante la sua infanzia, deridendolo per il destino che lo aspettava nel futuro. Quante volte quei mostri gli hanno accarezzato la gola con dolce bramosia e sussurrato empietà e turpi consigli nel sonno.
Ogni ricordo felice diventa un ritratto funesto di demoni che gli suggono la vita, logorandolo in ogni istante e facendolo invecchiare con struggente lentezza.
Mentre l'orrore di tali rivelazioni gli lacera l'anima, nel cielo si apre un colossale maelstrom oscuro.
L'uomo cerca di focalizzare la visuale sulla chiesa sconsacrata, che si erge tuttora davanti a lui.
Nebbie scarlatte scivolano ai confini della volta celeste, contornando l'immenso vortice infernale.
Strida, lamenti e bestemmie sgorgano da quella dimensione ulteriore; gli adepti delle varie sette demoniache esultano con feroce fervore per il successo del rituale proibito.
Esultanza che muta in cieco terrore quando vedono ciò che esce dal maelstrom apocalittico.
I gargoyle deformi prendono vita ed iniziano a strepitare, dando luogo a folli danze funebri.
Il crocifisso che il missionario porta al collo si spezza in due; quando tocca il terreno, prende a contorcersi spasmodicamente, come un bacherozzo menomato.
Nulla però, può superare in orrore l'incubo sacrilego, che è emerso dal buco nel cielo.
Un volto informe, nel quale luccicano come occhi le Algol gemelle, si protende titanico verso i suoi fedeli tremanti.
Un'escrescenza glabra, con una vaga somiglianza ad un'arto, dalla quale si estendono protuberanze ed appendici difficilmente classificabili come dita, si protende inesorabile verso la folla, tradita dalla sua stessa divinità.
Bolle verdastre scoppiano sulla pelle del titano, fiumi di sangue scorrono dalle piaghe infette non ancora in fase di decomposizione.
La sola visione di quell'essere immondo provoca panico e pazzia negli atterriti presenti; alcuni tentano fughe scomposte prima di essere afferrati e trascinati nel nero abisso infernale.
Padre Carlos, mentre viene ghermito ed avvicinato verso la figura ributtante dell'immondo essere, prega per una morte rapida.
Schiocchi e mugolii di piacere, emessi dalle proboscidi, dai becchi e dalle fauci spalancate sul volto della divinità, accompagnano la lugubre fine del misero missionario.


La leggenda dell'Assunzione al Paradiso, tanto famosa tra gli abitanti di Rio de Janeiro, si era dunque avverata.

Terminato il suo pasto, Azathoth, il dio idiota e cieco che gorgoglia blasfemità al centro dell'Universo, si siede nuovamente sul suo trono di teschi e morte.
Attende pazientemente altri milioni di anni, in attesa del prossimo raccolto.
  
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