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Autore: Vivien L    05/12/2011    7 recensioni
Un nuovo amore arriva e rovescia tutto con un gesto della mano.
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Un amore dannato. Un odio profondo. Una passione intensa. Una maledizione che minaccia la vita dei protagonisti. Richard Connor, sesto Duca di Chaplam, non è disposto a lasciarsi incantare dai grandi occhi azzurri di Belle; non dalla sua bellezza, né dal suo spirito indomito e ribelle. Ma Richard sa che Belle è la donna a lui destinata, e che il destino è una forza che neanche il più potente degli uomini riuscirebbe a contrastare.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga Connor'
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Sì, nient'altro che l'amore. E come scrive un poeta, tutto il resto per me sono foglie morte.
-L'amore nuovo-





Prologo



Luglio 1799



La luce del sole filtrava attraverso le spesse tende color vinaccia che ornavano le finestre. Un gelo innaturale scese intorno a lui.
Padre Merrik, vicario di Chaplam  -l'unica contea cattolica d'Irlanda-  rabbrividì; l'aria si fece improvvisamente tesa, un rantolo roco scivolò dalle sue labbra sottili.

Mrs. Aming, la vecchia perpetua che puliva regolarmente la cappella, emise uno squittio eccitato e con tre brevi falcate lo raggiunse, afferrandolo per la casacca e pregandolo di non abbandonarla. La donna iniziò a farneticare, pareva terrorizzata. Merrik sobbalzò.
Padre del cielo, questi irlandesi sono tutti uguali! Sempre a cialtrare di fate e spettri. Basta davvero poco, un’ombra in movimento, un rumore inspiegabile, per spaventarli. Sono sempre agitati, non stanno mai fermi, pensano solo ad azzuffarsi fra loro, rifletté cupamente.
Ma Merrik era un uomo di chiesa, e quando la donna si aggrappò a lui strattonandolo per il colletto della tunica non poté continuare a ignorarla. Sospirò spazientito, voltandosi verso di lei. Gli occhi della perpetua erano enormi nel viso pallido: il vicario pensò che non aveva mai visto tanto terrore aleggiare sul viso di un essere umano. Una goccia di sudore gli solcò la fronte quando Mrs Aming iniziò a farneticare qualcosa sul diavolo che stava operando in quel luogo sacro.
Merrik sperò che la razionalità gli venisse in soccorso. Non fu così. Quando si voltò, il suo sguardo fendette un'antica croce d'argento riccamente ornata. Era molto diversa dalle croci cristiane, perché i bracci avevano la stessa lunghezza e al centro della decorazione era incastonata un'enorme ametista che scintillava in modo innaturale.

«Il Diavolo è fra noi!» gemette la donna, e quando Merrik fece per tranquillizzarla questa scosse il capo, raccolse una mano del prete fra le sue e la avvicinò alla croce.
Merrik esitò, sbuffò sommessamente e premette le dita sul simulacro. Un bruciore intenso gli lambì la pelle. Balzò indietro, stupefatto, cercando di spiegarsi quell'insolito fenomeno. Fu persino sul punto di credere che sì, il diavolo si era davvero insinuato nella casa di Dio, ma una voce che pareva lontana, roca e familiare, lo riportò indietro nel tempo. 





Suo padre John era un uomo affettuoso, aveva mani gentili e un sorriso mite gli aleggiava spesso sulle labbra. Merrik aveva dodici anni, era ancora un bambino, gli piaceva sedere sulle ginocchia dell'adorato genitore e lasciare che le sue parole lo cullassero nel limbo dell'incoscienza.
John lo aveva destinato alla carriera ecclesiastica, e Merrik non aveva intenzione di ribellarsi: era convinto che Dio sarebbe stato felice di accoglierlo nella Sua cerchia di servitori. Da tempo Merrik si era accorto che il padre non godeva di buona salute: aveva smesso di lavorare, passava intere giornate immerso nei libri e, eccezionalmente, lo accompagnava in paese. Il ragazzo era convinto che il padre soffrisse per la perdita della moglie, morta di tifo alcuni mesi prima. Merrik cercava di  riaffacciarlo alla vita, inutilmente.

Quella sera, l'atmosfera nella sala da tè era particolarmente tesa. John lo cullava dolcemente fra le braccia, attendendo che il sonno lo raggiungesse.
Quando non riuscì più a trattenersi, l'uomo sbottò:

«Povero Spencer, non invidio il suo triste destino»
«Che cosa volete dire, papà?» chiese Merrik, incuriosito.
John sospirò.
«Non ti ho mai raccontato questa storia, figliolo, perché ho sempre cercato di proteggerti. Pensavo che vivere nell'ignoranza ti avrebbe reso immune alle brutture del mondo. Tuttavia, sento che la mia fine sta per arrivare ed  è giusto che tu sappia che una terribile maledizione incombe su questa terra» prese fiato «Io sono inglese, e anche tu lo sei, ma l'Irlanda mi è cara quanto la mia adorata Londra, e vederla dilaniata da epidemie e povertà mi rende immensamente triste»
«Non capisco» borbottò Merrik, turbato.
Suo padre sorrise «Certo che no» sussurrò «Vedi, Merrik, quando i Connor si impossessarono di queste terre, quasi settecento anni or sono, dovettero pagare un prezzo molto alto. Ogni primogenito avrebbe dovuto conquistare il cuore di una popolana di origini irlandesi, sposarla e renderla padrona della contea. Solo così gli irlandesi sarebbero stati ripagati della defraudazione dei loro territori. Il geis, così lo chiamano, è la punizione divina che spetta a chi non riesce a conquistare il cuore della prescelta. Spencer ha fallito, mio caro figliolo. La donna che amava, una certa Eveline, è fuggita molti anni fa con un altro uomo. Il Barone ha comunque deciso di sposarsi, ma detesta sua moglie e quasi non tollera la presenza del figlio. Vive nel ricordo della sua adorata Eveline. E la miseria si è abbattuta su Chaplam»
Merrik rabbrividì, stringendosi al petto del padre e guardandolo con occhi pieni di lacrime. Era un bambino ingenuo e fiducioso, e non dubitò mai delle parole di John.
«Che cosa possiamo fare, papà?»
L'uomo sospirò, accarezzandogli i folti capelli castani «Nulla, mio caro. Assolutamente nulla. Ma mi devi promettere una cosa, Merrik: quando sarai vicario, potresti assistere a un fenomeno un po' insolito. Se la croce celtica che custodiamo nella cappella s'illumina, dovrai chiamare  il figlio del Barone e riferirgli quanto ti ho appena raccontato» il suo sguardo si perse nel vuoto; poi, tornò a concentrarsi sul candido viso del figlio «Promettimi che lo farai, Merrik. Spencer ha fallito, ma suo figlio potrebbe riuscire nell'impresa, e finalmente la prosperità tornerà a regnare in queste terre benedette da Dio»




La voce stridula della perpetua lo riscosse. Si guardò con occhi allucinati il palmo arrossato della mano, per poi tornare a concentrarsi sulla croce, che emetteva un luccichio sinistro.
Nella cappella si respirava un'aria insolita e minacciosa, rabbrividì. Quando lo sfavillio della croce aumentò, Merrik prese una decisione.

Un'ora dopo, bussò alla porta della casa del Padrone. Una donna dall'espressione istupidita lo accolse, sussultando sorpresa quando il prete sibilò che doveva urgentemente parlare con il Barone. La sguattera lo condusse di fronte all'ufficio di Richard Connor, sesto duca di Chaplam. Richard aveva gli stessi occhi del padre; erano gelidi come l'inverno, azzurri come i fazzoletti di un cielo estivo. I capelli erano neri, identici a quelli della defunta madre, e gli sferzavano la fronte in morbide ciocche ondulate.
Quando padre Merrik varcò la soglia dello studio, Richard non si alzò.

Non ha rispetto neanche per un uomo di chiesa, quel demonio!, pensò Merrik, figurarsi se riuscirà a conquistare il cuore della prescelta.
Richard era identico a suo padre: un uomo freddo e crudele con la fama di spietato libertino. Merrik dubitava che qualcuno avrebbe potuto salvarlo dal baratro in cui era sprofondato.

«Fatevi avanti, padre» mormorò svogliatamente il Barone. Merrik obbedì, trascinandosi dietro la pesante croce d'argento. Per evitare di bruciarsi le mani l'aveva avvolta in un sacco di juta. Posò la croce sull'imponente scrivania di mogano, guardando con occhi inquieti il volto del suo giovane padrone.
«Dunque?» insistette Richard, annoiato, aspirando una boccata di fumo e versandosi un'altra dose di liquore in una delicata coppa di cristallo.
Merrik sospirò, scoprì la croce e disse «Vorrei raccontarvi una storia, Richard»




«Non capisco a che pro assecondare questa follia» berciò Richard, facendosi strada nell'oscurità.
Merrik lo ignorò.
Continuò ad avanzare, lo sguardo fisso sull'inconsueto sfavillio della croce che reggeva strettamente fra le mani.
Pochi metri lo separavano da una casupola di paglia che giaceva ai piedi di una collina che gli abitanti del luogo chiamavano Colle del diavolo. Dicevano che ci viveva una strega, una donna dall'aspetto spettrale e dagli occhi vitrei come gelide palle di vetro.
Si chiamava Mary, non era sposata, non aveva nessuno che si prendesse cura di lei. In paese era nota per il suo carattere schivo e taciturno. Molti erano convinti che la vecchia fosse posseduta dal demonio.
Merrik sperò che non fosse lei la prescelta.
Sangue di Dio, quella donna aveva settant'anni! Come avrebbe potuto ricambiare l'amore del Barone?
Scosse il capo, irritato, e quando si fermò davanti alla baracca la croce iniziò a risplendere di una luce talmente intensa che Merrik dovette distogliere lo sguardo per evitare di rimanerne accecato.
Il Barone continuava a squadrarlo con espressione gelida. Richard lo aveva seguito solo per dimostrare che il geis era un'assurdità, una di quelle sciocche leggende a cui nessun uomo sano di mente avrebbe creduto.

Merrik bussò alla porta della casupola.
Passò un minuto, ne passò un altro e un altro ancora; poi, una vecchia dall'aria smunta andò ad aprirgli, guardandolo con occhi assenti e sconfitti. Aveva i capelli raccolti sulla sommità del capo, indossava abiti impoveriti dall'usura, stringeva fra le braccia un fagotto di coperte che si dimenava freneticamente. Il pianto di un bambino riempì l'aria.

«Che cosa volete?» sibilò la donna, ma Merrik non le prestava più alcuna attenzione.
Il suo sguardo era ipnotizzato dagli occhi più belli che avesse mai visto. Erano grandi, azzurri come l'oceano, incastonati in un ovale perfetto, la pelle di porcellana, le ciglia nere come la notte che le sferzavano le guance arrossate dal freddo. La bambina gorgogliò, doveva avere al massimo sei mesi. La croce s'illuminò, il suo calore penetrò la stoffa dell'involucro e Merrik sussultò, lasciandola rotolare sul pavimento.

«È lei» sussurrò incredulo, guardando la bambina con occhi nuovi e consapevoli del destino che l'attendeva «È  lei la donna di cui v'innamorerete»



















Note storiche: 
Nel 1171 il re Enrico II d'Inghilterra sbarcò a Waterford e occupò le terre irlandesi divenendo il primo sovrano d'Inghilterra a mettere piede in Irlanda. L'isola d'Irlanda cominciò a cadere interamente in possesso delle forze inglesi a partire dal 1500. Le infrastrutture antiche gaeliche caddero definitivamente nel XVII secolo, come risultato di vari insediamenti di forti comunità inglesi e scozzesi su terre strappate ai cattolici irlandesi e affidate ai britannici. Intorno al XIV secolo la popolazione anglo-normanna era integrata con quella nativa irlandese tanto che la corona, nel tentativo di riprendere il controllo, cercò di stabilire delle differenziazioni fra nativi e colonizzatori.  Il risultato furono gli statuti di Kilkenny, che introdussero una serie di discriminazioni: dal divieto di contrarre matrimoni "misti" al divieto di usare nomi, lingua, abbigliamento e usanze irlandesi. Nonostante ciò, gli irlandesi sono sempre rimasti molto legati alle loro usanze, tanto che gli scontri d'identità fra inglesi e irlandesi si sono perpetrati per secoli. Il XVII secolo fu comunque forse il più travagliato della storia d'Irlanda. Due periodi di guerra civile (1641-53 e 1689-91) causarono grosse perdite di vite umane e si conclusero con l'espropriazione dei beni della classe dei proprietari terrieri irlandesi e la loro sottomissione alle discriminatorie Leggi penali irlandesi. Intorno al 1790 iniziarono le prime ribellioni da parte degli irlandesi per riprendere possesso dei loro territori.

Nella mia storia, la famiglia Connor appartiene a una lunga dinastia di sudditi inglesi che nel 1.200 circa si stabilì in Irlanda conquistando la contea di Chaplam (il nome è di pura invenzione). La contea e i possedimenti vengono tramandati di generazione in generazione: in L'amore perenne ho iniziato col raccontare le vicende di Spencer Connor, padre di Richard; in Fuoco nero  proseguirò col narrare le avventure del figlio.
(Da Wikipedia)







Nda: Come promesso, sono tornata con lo spin-off di L'amore perenne: chi lo ha seguito ha il vantaggio di conoscere in anticipo le vicende di Eveline e Spencer, ma non è necessario averlo letto per potersi avventurare in questa storia. Fuoco nero è tratto da un libro intitolato Spell of love, di Megan McKinney. Capisco che il prologo potrebbe risultare un po' noioso, ma era necessario per introdurre i principali personaggi. Ovviamente spero che mi facciate sapere cosa ne pensate, le recensioni sono sempre bene accette e... beh, penso di aver detto tutto. A presto, Elisa.










Volete vedere il video-trailer di Fuoco nero? Cliccate sul banner:









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