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Autore: Redrum    26/07/2006    4 recensioni
seconda puntata delle avventure di Ray e dei suoi amici a Hogwarts, dopo "Il Piano di Draco", qui si rivive l'ultima lotta coi Mangiamorte dagli occhi di un bambino che passa sempre inosservato: Euan Abercrombie.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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L'ULTIMA NOTTE




Vedeva la luna ammiccare misteriosa oltre i vetri delle finestre, affacciata a un cumulo di nuvole nere come l'ossidiana. I piedi scalzi pesticciavano sul pavimento in pietra, con piccoli suoni felpati echeggianti tra le pareti del corridoio. Perché diavolo non ci era andato quando ne aveva bisogno? Dopo cena, ad esempio. Quanto tempo gli ci sarebbe mai voluto? Dieci minuti, a dir tanto. Euan si maledisse con tutto il cuore, tremando al pensiero della professoressa Mc Granitt, che senz'altro l'avrebbe sgridato fino alla morte per essere uscito dal dormitorio di notte. Schiacciò il pulsante snooze sul suo orologio da polso, e il quadrante si illuminò: erano le dieci e ventuno, niente di preoccupante, ma doveva fare in fretta se non voleva essere beccato. Raggiunse i bagni dei maschi e, senza pensarci due volte, non appena oltrepassata la soglia, si tuffò nel primo cubicolo, non curandosi nemmeno di chiudere la porta dietro di sé. Non tirò lo sciacquone per paura di attirare l'attenzione di Pix, che sarebbe stato più che felice di non fargli mai più scordare quella notte. Si sarebbe messo a urlare Euan piscialletto, o qualcosa di simile, con pernacchie, sputi e altri atti vandalici come condimento, finendo per svegliare tutto il castello. Euan rabbrividì al solo pensiero. Uscito dai bagni, si diresse alle scale più cautamente che poteva, cercando di mascherare qualsiasi suono frusciante prodotto dai pantaloni del pigiama. Era circa a metà scala quando si accorse che qualcosa non quadrava: raggiunse il pianerottolo e si guardò attorno. Non era la scala giusta... Si trovava in un altro posto. Probabilmente quella dannata scala aveva “cambiato” direzione durante la sua puntatina al bagno, e ora chissà dove l'aveva portato. Euan represse a stento un grido di rabbia, e iniziò a camminare nel corridoio che avrebbe dovuto essere quello col quadro della Signora Grassa. Solo che lì non c'era nessun quadro, solo uno stupido telo appeso al muro, con la figura di una specie di mostro, forse un troll, non si vedeva bene, che cercava di azzannare un mago. A un tratto vide tre figure appostate lungo il muro, immerse nell'oscurità caliginosa. Euan fu morso dal panico come da una tagliola, ma, dopo pochi attimi di terrore autentico, si rese conto che quelli non erano insegnanti... erano ragazzi. Si avvicinò lentamente, e uno di loro lo vide:

“Chi va là?”, bisbigliò la figura. Non sembrava minacciosa, ma tesa e spaventata, a giudicare dal tono. La voce aveva un che di familiare. Euan raccolse tutto il coraggio e, buttando all'aria ogni precauzione, rispose:

“Sono Euan... Euan Abercrombie”

La figura che si era rivolta a lui si voltò verso le altre, sospirando di sollievo.

“Tutto a posto... E' quel ragazzino di Grifondoro”, disse, e poi un'altra voce di ragazza in tono spiccio ma amichevole, aggiunse “Senti, devi tornare al dormitorio, e non dire a nessuno di noi, okay?”

“S-sì...”

“Euan, mi hai sentito?”, fece la figura. “Tornatene là, e non ti muovere”

“Ma non...”, gemette il piccolo Euan. “Io... mi sono perso... dove sono? Dov'è la Signora Grassa?”

“Sei al settimo piano”, rispose un'altra voce, più calma e distesa. Euan scorse, stretta nella sua mano, una pergamena malconcia luccicare alla luce della luna che filtrava da una finestra. La voce riprese: “Torna giù, hai preso la scala bastarda... Devi usare quella vicina all'armatura, non l'altra”

“Ora vai!”

Euan non se lo fece ripetere due volte: corse balzellando fino alla tromba delle scale e, imboccata la direzione giusta, caracollò giù per i gradini pietrosi senza voltarsi indietro.

Giunse al ritratto della Signora Grassa prima di quanto si fosse aspettato: una volta scese le scale che i ragazzi al settimo piano gli avevano indicato – ed Euan li aveva riconosciuti tutti, ora – aveva subito capito dove si trovava, e gli ci era voluto poco per ritrovare la strada, anche all'oscurità. Ora però la questione era entrare in dormitorio. La Signora Grassa socchiuse gli occhi e squadrò il piccolo Euan con cipiglio torvo:

“Ti sembra l'ora adatta per girovagare, nanerottolo?”

Euan aggrottò le sopracciglia: in genere la Signora Grassa non si rivolgeva così agli studenti; certo, era una grande impicciona e la tirava per le lunghe quando si trattava di ritardare dopo il coprifuoco, ma 'nanerottolo' era un'espressione alquanto inconsueta da sentir uscire dalla sua bocca: probabilmente aveva bevuto. Infatti Euan scorse una bottiglia di scotch ormai finita, sul fondo del quadro. Sforzandosi di ricordare, pronunciò la parola d'ordine:

Quid agis?”

La Signora Grassa fece un verso tipo “Umpf!” e lasciò passare il ragazzo nel buco dietro il quadro, per poi richiudersi alle sue spalle. Euan attraversò in punta di piedi la sala comune, passando accanto al caminetto ormai spento da un po'. Ormai non desiderava altro che gettarsi nel suo letto a baldacchino e tirarsi su le coperte fino al mento, nonostante il caldo notturno che anticipava l'arrivo dell'estate. Stava quasi mettendo il piede sul primo gradino, quando sentì delle voci bisbiglianti provenire dalla cima della scala a chiocciola che conduceva ai dormitori. A giudicare dal timbro, dovevano essere ragazzi parecchio più grandi, forse del settimo anno. Euan, non potendo fare di meglio, si nascose dietro una poltrona e attese, sbirciando di tanto in tanto dal bracciolo. Finalmente scesero uno, due, tre, quattro ragazzi che Euan conosceva di vista, ed aveva ragione: erano tutti dell'ultimo anno. Del primo che era sceso, con capelli ricci neri e orecchino, non ricordava il nome, ma sapeva che quello biondo e massiccio e quello alto e spettinato erano cugini e suonavano in un gruppo insieme ad un certo Ryan Preston, di Tassorosso. Era strano che non ne ricordasse i nomi, perché in genere Euan era molto bravo a memorizzarli e ad archiviarli nella mente. C'era poi un altro ragazzo biondo coi capelli a spazzola, che Euan conosceva di fama perché faceva un sacco di casino e finiva sempre col rompere qualcosa. I quattro ragazzi si sedettero in quattro poltrone vicine al camino, e per fortuna nessuna di queste era quella dietro cui stava nascosto Euan, che così per un po' dimenticò di dover tornare a letto e decise di osservare quei ragazzi. Si scostò un poco e riusci a vedere la scena abbastanza bene: quello alto e spettinato con gli occhiali stava seduto accanto al cugino, e stava facendo un incantesimo parecchio figo con la bacchetta: riusciva a dipingere nell'aria linee di ghiaccio che stavano sospese da sole. Il tipo coi riccioli invece se ne stava discosto dagli altri, così Euan non riusciva a vedere cosa stava combinando, mentre quello casinista era seduto di fronte ai due cugini e canticchiava un testo rap abbastanza volgare.

“Liam? Si può sapere che stai facendo?”, fece il ragazzo biondo e grosso, rivolto a quello coi riccioli.

“Nulla, mi rompo... Ma voi avete studiato? Tu, Jack?”

“Non cambiare argomento, lo sai che non so nulla”, fece quello spettinato. “Ti vedo strano, da un po'...”

“Minchia che palle, Ray!”, sbuffò Liam. “Ma strano sarai te!”

“Lascialo stare, dài...”, intervenne il ragazzo casinista. “Piuttosto, mi insegni quell'incantesimo lì?”

“E' una cazzata, Sal, guarda!”, fece Jack prendendo la bacchetta di mano al cugino. “Tu agiti la bacchetta così, e--”

“E molla! Stavo dipingendo...”, soffiò Ray artigliandola e strappandola via dalle sue grinfie. “Ma tu non ce l'hai, la tua, di bacchetta?”

“NOO!”, gemette Jack di colpo. “L'ho scordata ad Erbologia! Merda! Vabbè, la prendo domani...”

Ray stava guardando le linee ghiacciate che aveva tracciato fino ad allora nell'aria, che però erano rovinate da una specie di sgorbio.

“Che demente, mi hai fatto sbagliare il disegno”, grugnì Ray facendo Evanescere i sottili fili trasparenti sospesi davanti a lui.

“See, e cos'era? Un disegno per la tua amata?”, lo schernì Jack.

“Ray sta con una?”, si intromise Liam, tutt'a un tratto molto più interessato. Ray era furibondo.

“E' Kyra, è Kyra!!”, ridacchiava Jack.

Sal si chinò in avanti con fare serio. Prese per una spalla Ray e lo scosse lievemente.

“Non vai mica ancora dietro a lei, vero? Non a Kyra 'Bitch-O-Matic' Lebenson?”

“No, ma è da una vita che non ci penso più... Cioè, avrei dovuto capirlo già da prima...”

“...dalla Coppa del Mondo?”, chiese Jack.

“Esatto... Già da lì si vedeva che razza di stupida era...”

“Perché alla Coppa del Mondo?”

“Tu non c'eri, Liam, eri con Steve, Nick e Luke...”, rispose Sal.

“E che cacchio, non ci sono mai...”

“Non ti sei perso niente...”, fece Jack tutto serio. “Allora, Ray? Chi è stavolta? Kirsten?”

“Ma sei scemo? No, no...”

“Ti prego dimmi che non è quella smorfiosa di Becky...”

“No, mi è passata in poco tempo, quella...”

“E meno male!”, lo interruppe Sal. “Mi stava massacrando, la nominava ogni minuto...”

“... dieci galeoni che è quella russa ultradark che sembra Helena Bonham Carter!”, sbottò Liam tutt'a un tratto. “Quella che era in tenda con noi!”

“E mi sa che li hai vinti!”, gongolò Sal, tutto contento. “Dài, Ray, non fare quella faccia, si vede lontano un miglio...”

Ray scosse la testa, e gli altri lo guardarono attentamente. Anche Euan ormai era tutto preso dalla discussione. Conosceva di vista tutte quelle ragazze che avevano nominato, ed erano tutte le classiche tipe belle ma spietate: si sentiva ormai partecipe e solidale nei confronti di Ray.

“Beh”, fece Ray lentamente. “Non lo so, forse hai ragione... Beh, è carina, e... e mi piace molto, ma...”

“No!”, soffiò Sal come un serpente a sonagli, scattando in piedi. “Julie no, eh? Ray! Julie NO!

Ray rimase impassibile. Sal si lasciò cadere sulla poltrona con un tonfo e uno sbuffo.

“Fai come ti pare, Ray... Tu dici, dici, di Kyra, ma anche Julie non è che ti abbia fatto di meglio, eh? Secondo me sei troppo buono... io appena la rivedo...”

“...che fai?”, chiese Jack curioso.

“La insulto.”, sentenziò Sal con le sopracciglia aggrottate. “Dài, non si può...”

“Oh, ma stai zitto, Sal, che ti sei pentito di non essere andato con la sua amica...”, sbuffò Ray.

“Chi, Iris? Quella di Corvonero?”, ridacchiò Sal, facendo una smorfia. “Eh, sì, guarda, ci piango la notte... Ma te... Julie... Mah.”

“E vabbè, lascialo in pace... Fa come vuole, non è mica scemo”, disse Liam calmo.

“Julie...”, sospirò Ray, scuotendo la testa, lo sguardo perso nel camino. “... il taglietto sul palato che si rimarginerebbe se la smettessi di passarci sopra la lingua...”

“Bella, da che film è presa?”, lo interruppe Jack.

“Mi è venuta così”

“Allora occhio, che te la copiano...”, disse Sal tamburellando con le dita sul bracciolo della poltrona. “Ma che cazzo stai facendo, Liam? Che è quello?”

“Quello cosa?”, fece lui indifferente. Euan non lo riusciva a vedere, ma sentì come un rumore di plastica stropicciata. “Ma Julie chi? Julie Adams di Grifondoro?”

“Non cambiare argomento, cos'era quella cosa?”

“Liam, tiralo fuori dalla tasca!”

“Ma non è niente...”

“Liam, non starai mica fumando, vero?”, chiese lentamente Jack, scandendo bene le parole.

“Ma che dici...”

Ray buttò indietro la testa, adagiandosi allo schienale, e gettando gli occhi al cielo.

“Sette anni al rischio dell'espulsione, e ora arriva lui... e si rolla le canne in dormitorio!”

“Liam, io ti ammazzo”, ringhiò Jack. “Non mi frega niente se sei mio cugino anche tu, io ti distruggo!”

“Ma ragazzi, chissenesbatte... Poi la vado a nascondere, dopo...”

“Dopo cosa, razza di drogato di merda? Non ti vorrai mica fare una canna in sala comune?”, sibilò Ray. Sal se la stava spassando e cercava in tutti i modi di non ridere, tenendosi una mano sulla bocca e l'altra sullo stomaco.

“E va bene, non faccio niente...”, sbuffò Liam tutto scontento. Poi trattenne il respiro. Euan non capì cosa stava succedendo. Di colpo lo sentì esclamare: “E questo chi cazzo è?”

Euan sentì come se gli avessero fatto cadere un'incudine in testa. Si alzò in piedi dal suo nascondiglio, sotto gli sguardi attoniti dei quattro ragazzi. Aprì la bocca senza nemmeno rendersene conto:

“Vi prego ragazzi ero fuori dovevo pisciare poi sono tornato ho sentito voi mi sono spaventato e mi sono nascosto non volevo sentire ma non lo dirò a nessuno sono d'accordo con tutto quello che dite Kyra Lebenson è una vacca e Julie Adams è molto bella ha ragione Ray non mi importa se Liam fuma non dico nulla a nessuno!”, snocciolò Euan tutto d'un fiato.

I ragazzi rimasero sbalorditi di fronte a quel bambino dal corpicino gracile immerso in un pigiama perlomeno due taglie più grande, e sghignazzarono bonariamente quando Euan ebbe terminato la sua tirata.

“Ehi, piccolo...”, fece Jack. “Sta' tranquillo... Siediti, non siamo mica mostri!”

“Sì, dài...”, lo incoraggiò Ray prendendolo per una spalla – che gli arrivava più o meno al fianco – e indirizzandolo verso la poltrona più vicina.

“Ho un'idea, ragazzi! Questo marmocchio prende questo e, dato che è piccolo e non lo vede nessuno, lo va a nascondere fuori dal dormitorio”

“Liam, non se ne parla neanche!”, fece Jack.

“E poi è roba tua, occupatene te!”

“E va bene, Sal, può anche buttarla nel cesso per quello che mi frega, tanto ho deciso di smettere...”

“No, Liam, tu non hai capito un cazzo, come al solito”, disse Ray. “Questo bambino non può andare a giro nel cuore della notte, se lo beccano è colpa nostra e lui non ha fatto niente di male, e soprattutto, per l'amor di Dio, non lo puoi far girovagare per Hogwarts con un sacchetto di hashish in mano! Ma sei, fuori di cervello?”

“Ho un'idea.”, azzardò Sal sporgendosi in avanti dalla poltrona. “E se lasciassimo il fumo nell'armadietto delle scorte di Piton Merda?”

“Col cavolo, questo sacchetto non esce di qui, a costo di farglielo mangiare, a questo coglione!”, latrò Jack indicando Liam con la mano tesa. “Se lo lasciamo nel castello poi Gazza lo trova, e: a) se lo fuma, oppure b) fa un sacco di casino e ci fa espellere! Ora, Liam, razza di tossicomane rottinculo, vuoi dirmi quale risposta pensi sia quella giusta?”

“Non so, la prima...”, azzardò Liam. “Ma che cazzo, anche se lo trovano, non possono mica accusare noi!”

“A parte il fatto che nascerebbero un sacco di casini con la scuola per colpa tua”, incominciò Ray. “Ma ti è mai passato per la testa che l'incantesimo Extractor funziona anche con le impronte digitali, oltre che con le macchie d'inchiostro?”

“Allora nascondiamola nella 'Stanza va-e-vieni', al settimo piano”, suggerì Liam alzando le spalle.

“La Stanza delle Necessità?”

“Proprio, quella accanto all'arazzo di Barnaba il Babbeo...”

Euan rabbrividì: non sapeva cosa fosse questa Stanza delle Necessità, ma di certo era il posto dove era stato poco tempo prima. E nessuno doveva sapere che Neville Paciock, Ginny Weasley e suo fratello erano lassù a pattugliare, e non nei loro rispettivi letti. Glielo avevano detto loro, di non dirlo ad anima viva. Decise di tentare.

“Al settimo piano c'è... C'è Pix che svolazza.”, disse Euan inventando di sana pianta. “Forse dovremmo bruciare il sacchetto nel camino”

“Piccolo”, fece Ray. “Se bruciamo tutto quell'affare andiamo in botta, e ci ritrovano domattina tutti sballati con la pressione a duecentoquaranta”

“Liam, è una tua responsabilità...”, disse Jack deciso. “Nasconditelo in valigia, e speriamo che fino alla fine dell'anno non ti becchi nessuno”

“Ma porca miseria, Ray!”, esclamò Sal. “Non lo puoi far Evanescere? Prima l'hai fatto con quel ghiaccio per aria...”

“Beh, potrei... Come potreste voi, d'altra parte, dato che tutti quanti abbiamo l'esame... Ma ad ogni modo credo che se ne sentirebbe sempre l'odore, e comunque se al M.A.G.O. ci fanno il Prior Incantatio alle bacchette, non so se la Commissione sarà contenta di sapere che un loro studente ha fatto Evanescere un sacchetto di hashish a due settimane dai test dell'ultimo anno... Quindi Liam, te lo sei tenuto finora, quindi riportalo dov'era, e poche cazzate... Siamo d'accordo?”

“D'accordo”

“E tu, piccolo... come ti chiami?”

“Euan Abercrombie”

“Euan, anche tu... acqua in bocca, ok? Questo è il nostro piccolo segreto.”

Euan strinse la mano a Ray, tutto contento di avere un segreto con dei ragazzi del settimo anno... Così avrebbe avuto delle amicizie influenti, e nessun bullo gli avrebbe più fatto i dispetti, se sapevano che era amico loro.

“Beh, ragazzi, mi ha fatto piacere conoscervi, ora io vado a letto...”, iniziò Euan trattenendo a stento uno sbadiglio, ma si bloccò di colpo. Aveva sentito qualcosa. Delle grida... fuori dalla sala comune... nel castello.

Ray e Jack scattarono in piedi come pupazzi a molla, gli orecchi tesi:

“Cosa sta succedendo?”, mormorò Sal con apprensione.

“Euan...”, fece Jack col tono più calmo che si possa immaginare. “Tornatene a letto... e restaci.”

“Io, Jack, Liam e Sal andiamo a controllare”

“Voglio restare con voi, ho... ho paura ad andare da solo”, piagnucolò Euan torcendosi le mani. Le grida nel castello erano aumentate d'intensità. Dalla scala che portava ai dormitori si iniziarono a sentire voci concitate sovrapporsi una all'altra. Scesero nella sala comune un gruppetto di ragazzi e ragazze più grandi che Euan non conosceva, se non di nome. Dei suoi compagni non c'era traccia: probabilmente dormivano già, oppure avevano troppa fifa per scendere. Euan provò di nuovo un potente senso d'orgoglio e felicità nel trovarsi in compagnia di gente più grande nel cuore della notte, in una situazione di pericolo. Restò di fianco a Jack, mentre Sal gli scompigliava i capelli per tranquillizzarlo. Un ragazzo coi capelli rossi ricci e una maglietta nera dei Deftones si avvicinò a Sal: dietro di lui lo seguiva un tipo calmo coi capelli neri lunghi, che Euan sapeva essere un certo Steven Hamilton.

“Ehi...”, fece il tipo rivolto a Sal. “Abbiamo sentito delle grida, tu hai idea di che stia succedendo qua?”

“Non so, Luke, forse è solo una cazzata da niente, forse è grave... Di noi manca nessuno?”

“Dei maschi del settimo, siamo tutti...”, si intromise Steven. “Mark sta scendendo ora”

“Ohi, Ray!”, esclamò Luke tutt'a un tratto. “Ho fatto un palindromo bestiale...”

“Allora...”, fece Ray ignorandolo, e contando sulle dita della mano. “Io, Liam, Jack, Sal, Mark, Luke, Steve...sette... Ma dovremmo essere nove!”

“Simon e Danny erano troppo sfatti, sono crollati sui letti ancora coi vestiti, non mi è parso il caso di svegliarli...”, fece quel ragazzo di nome Mark, che stava scendendo in fretta le scale a chiocciola. Euan lo conosceva abbastanza bene, ci aveva parlato qualche volta, ed era un tipo in gamba. Mark Chadwick, o qualcosa del genere. Una ragazza alta e graziosa con dei meravigliosi occhi castano chiaro e i capelli lisci si fece strada tra la folla di ragazze schiamazzanti nella sala comune e si diresse verso il gruppo dove stava Euan, il quale percepì chiaramente Ray trattenere il respiro. E sapeva anche perché.

“Ray, ho sentito Iris, noi abbiamo uno specchio a doppio senso, e lei ha detto che lassù a Corvonero non trovano una ragazza, una certa Lovegood, e che un ragazzo è uscito a controllare nei corridoi, e non si vedeva niente, era buio pesto... e poi c'erano delle voci...”

“Calma, Julie, sei sicura?...”

“Polvere Buiopesto peruviana!”, esclamò Euan di colpo. “L'ho vista al negozio in Diagon Alley... Sulla scatola c'era scritto che la fanno con lo stesso materiale degli Armadi Svanitori, che non puoi vedere niente, nemmeno se accendi la bacchetta, o--”

“D'accordo, Euan, ha capito...”, lo interruppe Liam dandogli dei colpetti sulla spalla. Sal intanto se ne stava fermo e guardava Julie con la faccia più ostinatamente bastarda che Euan avesse mai visto.

“Ragazzi!”, urlò un tipo del sesto anno coi capelli castano-rossicci e le lentiggini. “Su da noi mancano Paciock, Weasley e Potter!”

Euan si chiese perché Harry Potter non fosse insieme al suo amico Ron al settimo piano... forse avevano litigato? E se no, dov'era Potter?

“Okay, sta' calmo... Finnigan, giusto?”, fece Sal al ragazzo del sesto anno, che annuì.

“Seamus Finnigan... e questo è Dean”, disse indicando un ragazzo di colore che gli stava accanto, ansimante.

“Manca anche Ginny, non so dove sia!!”, si lamentò Dean disperato. Euan naturalmente lo sapeva dov'era, e decise che avrebbe dovuto parlare, per tranquillizzarlo e tranquillizzare tutti.

“Ho visto Neville Paciock coi due Weasley, fratello e sorella, su al settimo piano... Stavano bene, ma non so dove sia Harry Potter”, disse, e Dean tirò un sospiro di sollievo.

“Senz'altro a salvare il mondo”, ironizzò Liam con una smorfia.

“Perché, tu non gli credi?”, chiese Mark Chadwick avvicinandosi. “Non credete a tutto quello che ha detto?”

“Io gli credo a rate”, fece Ray. “Nel senso che va presa a piccole dosi, la sua parola. Perché, non so se ve ne siete accorti, ma non è che dia proprio buonissime notizie, eh?”

“E come potrebbe? Tu-sai-chi è tornato, e nessuno lo aveva cagato di striscio, quando ce lo aveva detto al Tremaghi!”, fece Sal concitato, mulinando l'indice per aria.

“Tu sei andato con l'ES come tutti quelli del suo anno?”, fece Dean in tono sprezzante.

“No, ma che c'entra... Neanche Ray, né Jack, o Julie... Noi dovevamo preparare l'esame di Materializzazione... Però gli crediamo comunque, ad Harry!”

“Sì, è vero...”, annuì Ray. “Ma io direi di non agitarci, e di non mettersi ad urlare che Lord Voldemort” - tutti i presenti rabbrividirono - “sta girovagando per Hogwarts in mutande, prima di essere sicuri... quindi non fasciamoci la testa prima di essercela rotta”

“Ray ha ragione”, annuì Jack. “Meglio controllare. Niente panico... Ora io, Sal e i miei cugini andiamo là fuori...”

“Perché solo voi? Andiamo tutti, no? Restiamo uniti!”, fece Mark guardandosi attorno in cerca di approvazione.

“Ma ragazzi, andiamo...”, iniziò Jack preoccupato.

“...Nel caso la situazione sia grave...”, azzardò Seamus, e Dean annuì.

“Ma non possiamo, siamo in troppi!”, gemette Ray.

“E va bene”, cedette Jack. “Usciamo uno per volta, e facciamo un gruppetto compatto nel corridoio. Fuori le bacchette. Se Gazza o qualcun altro ci scopre, mi assumo io la responsabilità... Ma se la situazione è grave, questo sarebbe il minor problema”

Tutti i presenti annuirono, e lentamente si mossero in fila indiana fuori dal buco del ritratto, per riversarsi nel pianerottolo. Qualcuno accese la bacchetta, altri preferirono restare nel buio, stretti attorno a chi l'aveva accesa. Liam fece luce col suo accendino di Bob Marley. Euan stava accanto a Ray, lo sguardo che saettava da una direzione all'altra.

“Ragazzi, vi ho detto fuori le bacchette!”, sibilò Jack, e finalmente chi non l'aveva estratta la usò, e piano piano si formò un alone di luce lattigginosa attorno al gruppo di Grifondoro, una ventina fra ragazzi e ragazze, tutti in pigiama o quasi, tremanti nell'oscurità del corridoio.

“Cosa credete di fare?”, disse la Signora Grassa, ma il suo era un tono preoccupato, non altezzoso come al solito.

“Silenzio!”, sbottò Ray. “E' una cosa seria... Lei non ha sentito urla, strepiti?”

“Sì, caro, li ho sentiti, e Sir Cadogan è andato di quadro in quadro a controllare...”, rispose quella appoggiandosi alla cornice del quadro. “La mia amica al sesto piano, nel quadro del Guaritore, ha detto che dal piano di sopra è calato il buio, come un manto che scende, e che non riesce a vedere a un palmo di naso... Dice che però ha sentito delle voci... Alcuni erano ragazzi, voci giovani. Altri erano adulti, ma non erano insegnanti di qui.”

“Oh, mio Dio”, gemette Julie stringendo il polso di Ray. Euan lo vide immobilizzarsi come una statua di sale, e gli venne da ridere.

“Chi potrebbe essere? Gente del Ministero?”, chiese Luke.

“E perché agirebbero con la Buiopesto?”, si intromise Euan in tono pratico. Liam abbassò l'accendino e fissò Euan come se lo vedesse per la prima volta.

“Allora... non saranno mica... Mangiamorte?”, balbettò tremando da capo a piedi. Ci fu il panico, com'era prevedibile: alcuni vollero risalire per il buco del ritratto, le ragazze si abbracciarono cariche di paura.

“Calma, tutti quanti!”, intimò loro Jack. “Cerchiamo di non fare cazzate, okay? Restiamo uniti, come avete detto voi poco fa”

“Ehi, Black Jack...”, lo schernì Sal. “Hai passato gli ultimi dieci minuti a dire alla gente di tirar fuori la bacchetta... E la tua, dov'è?”

“Oh, Cristo Santo... E' nella Serra di Erbologia... In che numero siamo stati oggi, Ray?”

“La numero quattro...”

“Devo andare a riprenderla. Ma ho bisogno di qualcuno che mi faccia luce”

“Veniamo con te!”, fece Euan tirando Ray per la manica del pigiama.

“Non ci pensare neanche!”, esclamò Ray. “Io vado con Jack, tu te ne stai qui buono buono... Julie, puoi guardarlo per un po'?”

“E chi sono io, la babysitter della scuola?”

“Ray, ho un idea...”, fece Liam ammiccando in modo eccessivo a Julie. “Perché non stai tu con gli altri, qui... E io vado con Jackie?”

“D'accordo... Euan può venire con noi”, sentenziò Jack. “Con me è al sicuro. Voi state fuori dai casini. Andiamo”, concluse seccamente, e scese con Liam e il piccolo Abercrombie giù per le scale di pietra.

Corsero senza parlare fino alla Sala d'Ingresso, e trovarono il portone chiuso, com'era ovvio. Liam tenne d'occhio Euan, mentre Jack faceva scorrere i paletti e apriva con uno scatto le sette serrature della massiccia porta. Non c'era nessuno di guardia: probabilmente le grida in cima al castello avevano attirato tutti lassù. Jack tenne aperto l'uscio e fece passare Euan e Liam, dopodiché lo accostò, facendo in modo che non si chiudesse del tutto. Poi si misero a correre tutti e tre nel prato umido, senza sosta, diretti alle serre. Nessuno di loro vide le due figure a cavalcioni di scope volare venti metri sopra le loro teste, nella notte silenziosa. Euan sentiva i fili d'erba bagnati schizzargli e artigliargli dolcemente le piante dei piedi nudi, mentre, col fiatone, cercava di star dietro ai due cugini. Registrò vagamente il fatto che in cielo c'erano poche stelle, e che alla sua sinistra il cielo aveva assunto una lieve sfumatura verdognola, forse per via della luna. Giunsero alla Serra numero quattro, e Jack si infilò tra le enormi piante in vaso esposte all'interno, mentre Liam faceva luce con la sua bacchetta. Vedendo che aveva abbandonato il suo accendino di Bob Marley, anche Euan seguì l'esempio: sussurrò “Lumos” e una tenue luce calda sgorgò dalla punta della sua esile bacchetta magica. Anche Jack fece la stessa cosa, e una nuova pallina luminosa si accese in mezzo ai fusti delle piante che sorgevano numerose all'interno dell'edificio.

“Trovata!”, esultò Jack sottovoce da sotto una fitta rete di larghe foglie violacee e carnose, mentre con le Adidas scivolava sul terriccio puzzolente sparso sul pavimento. Schermandosi con l'avambraccio da quelle foglie gonfie dalle venature grosse come arterie femorali, uscì dalla serra scrollandosi di dosso rami secchi e concime. Euan gli tese la mano per farlo uscire, accorgendosi a malapena del fatto che in cielo la luna stava dalla parte opposta di quella in cui prima credeva si trovasse, e che non era affatto lei ad essere verdognola. Poi, una volta tirato fuori Jack dall'oscurita della serra, non poté più ignorarlo.

“Dobbiamo andarcene di qui, forza!”, intimò Jack agli altri. “Euan, mi hai sentito?”

Euan non lo stava guardando. Aveva lo sguardo fisso per aria, gli occhi sgranati come se avesse appena visto un drago.

“Ehi, che ti prende, piccolo?”, fece Liam.

Jack si voltò a guardare nella direzione in cui era girato Euan, e per poco non vomitò dallo shock. Era lì, verde e minaccioso, come un'orrendo stencil sulla superficie nero-bluastra del cielo. Era lì, galleggiante come un palloncino, pochi metri sopra la Torre di Astronomia. Il Marchio Nero.

“Oh, cazzo...”

“Jack, non è possibile”, mormorò Liam, “non avranno mica...”

“Dobbiamo scappare!”, urlò Euan terrorizzato. Tutt'a un tratto quall'avventura non gli piaceva più, voleva tornarsene a casa, a casa sua.

“Torniamo su! Presto, torniamo dagli altri!”, soffiò Liam, trascinando con sé Euan verso il castello. Jack però non si mosse: gli era appena parso di aver sentito qualcosa sulla Torre... delle voci. Arretrò, con lo sguardo fisso sul Marchio. Ora non udiva più nulla. Eppure l'aveva sentito, ne era sicuro... Scosse la testa e si avvicinò a Liam, sconsolato e sconvolto. Poi lo udì, chiaro e netto come una pugnalata nel cuore; una voce orribile e spietata urlò nella notte:

Avada Kedavra!”

Euan rabbrividì: non sapeva cosa significasse quell'incantesimo, ma il semplice suono delle parole lo fece tremare di paura. Vide qualcosa cadere dalla cima della Torre, oltre le merlature, come un pupazzo scagliato da una catapulta. Solo che non era un pupazzo... Era una persona. La videro cadere per oltre cinquanta metri nel vuoto, giù dalla Torre. Jack fece uno scatto e puntò la bacchetta contro il corpo in caduta libera:

Aresto momentum!”, gridò con voce roca. Tuttavia l'incantesimo riuscì solo a rallentarne un poco la caduta; pochi attimi, e tutti videro il corpo rimbalzare nel terreno con un tonfo sordo. Liam sobbalzò ed emise un gridolino spezzato. Forse era solo un'impressione, ma ad Euan parve di udire una specie di tintinnio, come una moneta, un pezzo di metallo che rotolava nell'erba e nei sassi, vicino al corpo di chi era caduto dalla Torre. Non riusciva neanche a pensare che fosse morto... Era solo caduto. La morte per il piccolo Euan era un qualcosa di così distante, così ingiusto, così terribile... Non poteva nemmeno immaginarlo. Liam lo distolse dai suoi pensieri.

“Euan, porca troia, torniamo su!”

“Merda... Merda...”, mugolava Jack fra sé e sé. “Devo andare ad aiutarlo...”

“Non possiamo, Jack'O! Lo vuoi capire? Andiamo ad aiutare gli altri, non c'è più niente da fare per lui!”

“E se era uno dei nostri amici...”, piagnucolò Euan mordendosi le piccole dita.

“Non... N-non credo”, gli mormorò Jack con voce tremolante. “Sembrava adulto.”

“Per favore...”. Liam era fuori di sé e strattonava Euan tenendolo per l'orlo del pigiamino. Euan si voltò e con orrore vide che stava piangendo. Un ragazzo grande... stava... stava piangendo. Non poteva immaginare che sia Liam che Jack avevano capito che quella persona distesa nel prato sotto alla torre, con le ossa spezzate, era il loro Preside... Albus Percival Wulfric Brian Silente.

“Okay...”, annuì Jack. “Andiamo”

Fecero il percorso inverso, e quando arrivarono su, trovarono tutti com'erano prima, come li avevano lasciati, come se non fosse accaduto nulla. Euan vide Liam tergersi le lacrime dalle palpebre umide, mentre si dirigevano verso il gruppetto sul pianerottolo. Tutti li attorniarono.

“Che vi è successo?”, chiedevano ragazzi e ragazzine più piccoli, che evidentemente si erano uniti al gruppo. Euan riconobbe dei suoi amici, che lo guardarono a bocca aperta salire le scale insieme a due del settimo anno... Ma ad Euan non importava più di essere ammirato. Quei ragazzi grandi erano come lui, e non si stavano affatto divertendo. Non si stavano divertendo per niente. Prima che Jack rispondesse, Euan vide lui e Liam scambiarsi un'occhiata eloquente, la più triste che avesse mai visto.

“N-niente... Siamo andati, abbiamo preso la bacchetta e s-siamo tornati”, ansimò Jack cercando di rimanere calmo. “Qua da voi non è successo niente?”

“Nulla”, fece Julie scuotendo la testa. “Si sentono dei rumori e delle grida al piano di sopra, però noi avevamo paura a salire, abbiamo preferito restare tutti qui...”

“E avete fatto bene”, disse Jack ricomponendosi. Euan capì che non voleva spaventare gli altri raccontando dell'uomo caduto dalla Torre di Astronomia; forse avrebbe colto un momento opportuno per dirlo ai suoi amici. Intanto Ray si era discostato dal gruppo, e stava guardando oltre la spalla di Liam, verso una rampa di scale in salita.

“Michael?”, fece Mark Chadwick uscendo dall'ammasso di ragazzi e dirigendosi verso un tipo coi capelli lunghi e l'aria assonnata. “Che ci fai qui?”

Insieme al ragazzo di nome Michael c'erano Ernie Macmillan e Ryan Preston, il batterista amico di Jack e Ray. Questi si rivolse a Michael in tono apprensivo.

“Su da voi a Tassorosso è successo niente?”

Michael sbadigliò in modo esagerato facendo ondeggiare la mano davanti alla bocca, e poi scosse la testa con una smorfia.

“Niente, abbiamo sentito questi rumori strani, e allora...”

“...Dai torniamo su, che devo ripassare per l'esame”, si intromise Ryan Preston, che ostentava una meravigliosa faccia stile trip di LSD. Non doveva aver dormito molto, a giudicare dalle occhiaie che gli pendevano violacee dietro le lenti degli occhiali dalla montatura rossa. Ernie Macmillan, che era di un anno più piccolo, sembrava trovarsi a disagio, forse perché del gruppetto di ragazzi e ragazze sul pianerottolo non sembrava conoscere quasi nessuno, ad eccezione di Dean e Seamus, cui fece un cenno stanco. Poi dalle scale giunsero altre voci eccitate, e ne scesero degli studentii di Corvonero che Euan aveva già visto qualche volta prima di allora. Una era una ragazzina di piccola statura con i capelli scuri lisci, che era abbastanza sicuro si chiamasse Iris Trench – e molto probabilmente era la famosa amica di Julie, dato che Sal non dava segno di averla vista, anzi le dava le spalle come se non esistesse –, poi c'era un tipo di origine lituana, altissimo, coi capelli lunghi raccolti in una coda e le orecchie nascoste da un paio di cuffie grosse come paraorecchie invernali, da cui usciva death metal allo stato puro, e il suo nome, a meno che Euan non si sbagliasse, era Eric Howe; poi c'era una certa Beverly Oakes, bionda, capelli ricci, con un piercing sotto il labbro inferiore, che Sal teneva sott'occhio in modo morboso; chiudevano il gruppo Sid Hewitt, il cugino di Ryan Preston, un tipetto tutto pepe dai capelli corvini ritti come aculei e tenuti su dai suoi inseparabili occhiali da sole usati come passata, e la ragazza russa ultradark che Euan sapeva essere la famosa amica di Ray. Aveva capelli neri lunghi fino alle spalle, occhi lievemente obliqui e un grazioso nasino all'insù. E, che io sia dannato, pensò Euan, assomiglia davvero maledettamente a Helena Bonham Carter.

Ryan si mise vicino a Sal e gli diede una gomitata maliziosa su un fianco:

“Ehi, Gascoyne!”, gli sussurrò. “Hai visto chi c'è? C'è Beeeeverly!”

“Fottiti, Preston, già ci pensano Cruickshank e De la Mare, a sfottermi in sua presenza...”

“Julie, tutto bene?”, fece intanto Iris tutta tesa dopo aver salutato Jack e Ray con la mano. Sal continuava a fare come se non esistesse, e si era messo in disparte con Eric Howe a fare un dibattito sul film Toxic Avenger IV.

“Sì, tutto a posto, Ray è rimasto con me fino ad ora...”

Iris si voltò di colpo e fece un sorriso a trentadue denti a Ray, che però era troppo occupato a prendere a testate un'armatura lì vicina. Intanto dal buco del ritratto erano usciti i due ragazzi rimanenti di Grifondoro, cioè Daniel Cruickshank e Simon De la Mare, e si stavano aggiornando sugli ultimi avvenimenti con Liam e Jack. Euan vide la ragazza russa avvicinarsi a Ray, mentre Sid Hewitt, con voce stentorea e con uno strepitoso effetto-lisca, stava declamando al cugino Ryan tutto quanto concerneva l'inutilità dei M.A.G.O., e il fatto che lui ancora non aveva nemmeno iniziato a studiare, poiché aveva scelto di dedicarsi ad attività più salutari come il lumaggio delle pupe e la masturbazione.

“Ehi Ray”, salutò la ragazza russa.

“Ciao, Eka...”, fece lui. Euan non poté fare a meno di notare il cipiglio assunto – per una frazione di secondo – da Julie, che poi tornò impassibile.

“Devo parlarti”, disse Eka in tono spiccio.

“Okay”, fece Ray, e insieme si misero leggermente in disparte.

“Senti...ho visto una cosa, dalla finestra, prima...”, iniziò Eka, mordicchiandosi il labbro inferiore in modo dannatamente sexy. “Non l'ho detto a nessuno, ma... Credo fosse il Marchio Nero!”

“Che cosa?”, sibilò Julie avvicinandosi. “Ne sei sicura?”
“No, è questo il problema, non lo so... Non volevo spaventare nessuno...”

“E' impossibile, Eka”, la tranquillizzò Ray. “Mio cugino è uscito poco fa, non ha visto niente...”

“Sì, invece, l'abbiamo visto.”, disse Euan in tono triste. “Anche Jack ha creduto fosse giusto non spaventare i bambini...”. Non si rese nemmeno conto che i 'bambini' erano i suoi compagni del secondo anno. Ormai si sentiva diverso, cambiato, cresciuto.

“Ray, io ho paura!”, mormorò Julie. “Ma che sta succedendo?”

“Un uomo è morto... è caduto dalla torre... non so chi era... Ma non ditelo agli altri, non devono sapere...”

“Allora il Marchio... era per questa persona?”, chiese Ray.

“Marchio? Che Marchio?”, ululò Ernie Macmillan tutt'a un tratto, ed Euan udì tutti quanti zittirsi di colpo.

“Chiudi quella cazzo di bocca, Ern!”, lo zittì Sal, che intanto si era avvicinato a loro. “Che Marchio? L'hai visto, piccolo? Hai visto il Marchio di Tu-Sai- Chi?”

“Sì, l'ho visto, ma c'era già prima che quell'uomo precipitasse... Non era per lui...”

Sal aggrottò le sopracciglia in modo interrogativo, ma Ray lo zittì. Ormai tutti avevano sentito, ma se ne stavano stranamente silenziosi e attenti alla conversazione nata sotto i loro occhi e le loro orecchie. Anche i più piccoli non fiatavano, e sembravano pietrificati.

“Ragazzi”, intervenne Jack. “Mi dispiace. Non vi ho detto niente, ma fuori abbiamo visto il Marchio Nero sopra il castello... Non sappiamo se sia morto qualcuno, forse è solo una falsata, una messinscena, perché era già sopra la Torre prima che... Prima che i Mangiamorte avessero ucciso.”

“Chi? Chi è morto?”, gemette Mark Chadwick, e Michael si avvicinò a lui a bocca spalancata. Tutti trattennero il fiato.

“Silente.”, fu la risposta. Euan spalancò la bocca di scatto, pervaso dal terrore più puro.

“Cazzate”, sbottò Ernie Macmillan, e si allontanò dal gruppo.

“Cos'è, non ci credi?”, fece rabbioso Steve Hamilton, che era sempre rimasto silenzioso fino ad allora. Daniel e Simon gli dettero man forte. Anche Eric Howe aveva abbandonato le cuffie e annuiva silenzioso.

“Lui l'ha detto, vuol dire che è vero!”

“Non lo direbbe se non ne fosse sicuro!”

“Ne sono sicuro”, annuì Jack sconsolato. “Ho visto la barba”

Bastardi!”, sibilò Julie stringendo convulsamente la bacchetta. “Sporchi vigliacchi!”, disse di nuovo a denti stretti, e afferrò la spalla di Ray, che però sembrava molto più interessato a fissarsi i lacci delle All-Star, e teneva la testa abbassata perché le guance gli erano diventate magenta.

“Porca troia, e ora che facciamo?”, sussurrò Sid.

“Ragazzi io mi sto cagando in mano, me ne vo a letto...”

“No, Ryan, tu stai qui e non ti muovi!”, sbraitò Sal “Il Preside è morto, dobbiamo fare qualcosa!”

“Ha ragione!”, esclamò Beverly Oakes, e Sal fece una faccia come se avesse inghiottito un frullino da giardiniere.

“Andare a combattere con i Mangiamorte?”, suggerì tremante Euan.

“Non sappiamo neanche se ci sono, i Mangiamorte!”, ringhiò altezzoso Ernie Macmillan, allargando le braccia cone a cercare supporto. Eric Howe si scagliò di colpo contro di lui, roteando il pugno stretto sulle cuffie a pochi centimetri dal suo naso.

“Tu sei un grandissimo pallone gonfiato testadicazzo, Ernie, e lo sai perché?”, gli urlò contro Eric. “Perché ce l'hai sotto il naso, la verità, e non la vuoi vedere, perché ti fa fatica! Perché adesso la scuola sarà chiusa, e non potrai più andare in giro a darti le arie!”

Euan rabbrividì: il ragazzo aveva tutta la ragione del mondo, ma non avrebbe mai pensato che Hogwarts potesse venire chiusa. Dove sarebbe andato poi? Non osava nemmeno pensarci per un attimo, il solo pensiero gli dava i brividi.

“Beh, allora io me ne vado, tanto qui mi siete tutti contro”, borbottò Ernie Macmillan. Si allontanò, mentre passi frettolosi e sgraziati risuonavano per le scale di tanto in tanto. In fondo al corridoio Ernie si scontrò con gente del suo anno, ed iniziò a discuterci con tono pomposo, lanciando ogni tanto occhiate sprezzanti all'indirizzo di Eric Howe. Ryan Preston alzò le spalle e acciuffò senza tanti complimenti Michael per la collottola:

“Dai, Shadwell, seguiamo quell'idiota, sennò poi ci rompe il cazzo col fatto che è Prefetto...”

Di colpo si udì uno schianto, e un orribile suono metallico e raschiante invase i corridoi. Parecchi ragazzi urlarono. Era come se qualcuno avesse scagliato un incantesimo su una batteria di pentole. Ray guardò in su verso le scale, quelle vicine all'arazzo, con il gradino evanescente, e vide Harry Potter che correva, i capelli scompigliati e umidi, lordo di sangue e con orrendi tagli ed ecchimosi sulle braccia scoperte. Ernie gli si avvicinò con fare cerimoniale:

“Harry! Abbiamo sentito un rumore e qualcuno ha parlato del Marchio Nero...”, cominciò, ma Harry si fece strada spingendo di lato Ryan e Michael.

“Fuori dai piedi!”, urlò, correndo sul pianerottolo e scendendo per la scalinata. Euan provò un moto di gratitudine nei suoi confronti, perché anche a lui quell'Ernie stava iniziando ad essere veramente insopportabile.

Alle sue spalle, Ray afferrò saldamente Julie per la mano:

“Vieni, seguiamolo!”, le sussurrò, e poi si rivolse agli altri. “Scendiamo giù, dobbiamo aiutarlo!”

“Voi, bambini, tornate in dormitorio!”, ordinò Liam ai più piccoli. “Gli altri, con me! Fuori le bacchette!”

Scesero cautamente tutte le rampe di scale, che parvero infinite, fino alla sala d'Ingresso, e trovarono il portone spalancato. Uscirono in fila per due, pronti a ricevere un qualsiasi attacco, ma dopo pochi passi capirono che era troppo tardi. La capanna del guardiacaccia era in fiamme, ed eruttava una possente colonna di fumo nero subito inghiottita dalla notte. Poi Euan vide il corpo del Preside, steso nell'erba, laggiù, ai piedi della Torre di Astronomia, una piccola sagoma contorta nell'oscurità del parco.

“Laggiù!”, urlò.

Tutti i ragazzi e le ragazze marciarono verso il corpo, tesi e sconvolti, le bacchette illuminate puntate sul terreno davanti a loro. Si formò un crocchio di persone attorno al cadavere del Preside, in un silenzio che faceva tutto fuorché migliorare la situazione. Dopo quella che parve un'eternità, Euan Abercrombie giunse al limite della sopportazione di tutte quelle emozioni che aveva vissuto: erano troppe, e troppo pesanti, per un bambino così innocente. Scoppiò a piangere a dirotto, inginocchiato per terra, accanto al corpo, e in quel preciso momento seppe con certezza che non voleva diventare grande, se voleva dire dover sopportare sensazioni di quel tipo. Non fece caso al fatto che anche gli altri attorno a lui stavano piangendo in silenzio. Piangeva Steve, con il volto coperto dalle mani; piangevano Jack e Liam; piangeva Ray, stretto accanto a Julie, e piangevano Sal e Iris, abbracciati poco più in là; piangeva anche Luke, piangeva Mark... In quel prato, piangevano tutti. Euan non aprì gli occhi neanche per un momento: seguitò a singhiozzare disperato fino a che non gli mancò il respiro. Non aprì gli occhi nemmeno quando Harry Potter si fece strada tra la folla e si inginocchiò a sua volta accanto a Silente, in lacrime. Quando infine socchiuse le palpebre, lo vide piangere mentre teneva stretto un medaglione fra le mani, con un foglio di carta stropicciato gettato accanto a sé, e fu lì che capì che in quel momento, in quel parco, in quella notte, qualcosa si era spezzato in lui, in Harry, in Ray, in Julie, in tutti quanti erano lì presenti. Ed Euan, mentre una fenice cantava lamentosa in cielo, pensò che forse anche il castello stava piangendo.























  
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