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Autore: Redrum    26/07/2006    3 recensioni
Terzo episodio delle avventure di Ray Oddname: qui, dopo "IL PIANO DI DRACO" e "L'ULTIMA NOTTE", si fa un salto nel passato alla Coppa del Mondo di Quidditch, e scoprirete alcuni retroscena dell'attacco dei Mangiamorte, dal punto di vista di Ray e dei suoi amici, in tenda nel bosco, lontani da tutti...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George e Fred Weasley, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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I GRUPPI SI INCONTRANO

“Allora senti qui: 'ieri donavo lucido di culo vano, direi'. Torna perfettamente, guarda pure, se non ci credi”

“Ma non ha senso, Ray!”

“Hai mai visto un palindromo che abbia senso?”

“No, ma...”

“Ma niente, a 'sto punto ho vinto io! Vero, Luke?”

“Mmh... Fammi pensare... Ora ne faccio uno io... Dammi carta e piuma.”

Luke Gordon afferrò la pergamena stropicciata dalle mani di Ray, e alla luce della lanterna appesa al palo di sostegno della tenda, si mise a scribacchiare febbrilmente. In quella tenda erano in parecchi, quella sera. C'era Jack, e c'erano i suoi cugini, cioè Ray e Liam; poi, oltre a Luke, c'erano Sal, Steve, Mark, Simon, Daniel... Insomma, tutta la ghenga del quinto anno di Grifondoro. Era arrivato da un bel po' in tenda anche Ryan Preston di Tassorosso, euforico dopo la partita, anche se non teneva in particolare per nessuna delle due squadre. Aveva partecipato per un po' al gioco dei palindromi, poi si era annoiato ed aveva Evocato una batteria proprio dentro la tenda, che tanto era abbastanza spaziosa da contenere un piccolo yacht. Stava aggiustando il charleston quando Luke si era messo in disparte a scrivere senza sosta, i capelli rossi che spuntavano dal bordo della pergamena che teneva davanti al volto.

“Ne hai per molto?”, chiese Jack.

“Hmm-hmm”

“Allora io mi metto a suonare... Ray?”

“Un secondo.”

Jack e suo cugino si spostarono vicino a Ryan, e tirarono fuori i loro strumenti. Ray, estratta la chitarra, la collegò all'amplificatore, e gli dette corrente con un semplice incantesimo Shockante (gliel'aveva insegnato Nick, quel mattacchione di Tassorosso). Jack fece lo stesso col suo basso, e si tirò su in piedi accanto al cugino.

“Che suonate?”, chiese Simon De la Mare.

“Questa canzone si intitola Riven”, sentenziò solennemente Ray, come se fosse a un concerto.

“Niente distorsore, eh? Che ho male alle orecchie, dopo la partita...”

“E non rompere, Daniel...”

Ray si puntò la bacchetta alla gola.

“Sonorus!”, esclamò, e subito la voce gli si innalzò di intensità, come se parlasse attraverso un microfono.

Attaccarono a suonare Riven, e i presenti parvero gradire abbastanza. Ray aveva una voce discreta, anche se non molto ampia come estensione, molto simile a quella del cantante dei Novembre. Jack era intento a pestare sulle corde del basso come se ne andasse della sua vita, quando irruppero degli altri ragazzi, scostando il telo della canadese e facendo gracchiare la cerniera lampo.

“Ohi, ragazzi! Suonate senza di me?”

Era il cugino di Ryan, di Corvonero, insieme a Michael e Nick di Tassorosso. Ryan smise improvvisamente di rullare e si alzò da dietro la batteria.

“Ovvio, se tu non impari a suonare come si deve, Sid...”, disse.

“Eh, ma non c'ho tempo”, borbottò lui, sedendosi accanto a Mark Chadwick, che stava sgranocchiando dei popcorn da un sacchetto di carta. “Te, tutto a posto?”, gli chiese battendogli una mano sulla spalla. Mark disse che non era mai stato meglio. Anche Sal, che se ne stava sdraiato per terra con la testa appoggiata su uno zaino, pareva essere d'accordo. “Ha' voglia...”, fece tutto allegro. “L'Irlanda ha vinto, sto qua con un branco di coglioni come me, e mi ascolto la musica... La mia, intendo”, aggiunse poi, mostrando le cuffie che aveva conficcate nelle orecchie.

“Che stronzo!”, rise Jack, togliendosi il basso da tracolla, “Ora te lo spacco in testa!”

Mentre Jack e Sal inscenavano una finta rissa, Michael Shadwell e Nicholas Nightingale, i due di Tassorosso, si sedettero su uno stuoino lì per terra. Michael era accaldato e aveva i capelli e la canottiera tutti bagnati: probabilmente si era fatto spruzzare l'acqua addosso nella foga del dopopartita. Nick Nightingale invece, stava discutendo con Ray, e gli stava chiedendo se l'incantesimo Shockante aveva funzionato bene. Intanto teneva una cuffia all'orecchio, dalla quale sgorgava musica dance al massimo del tamarro.

“Andiamo a fare casino?”, ansimò Michael come un cane rabbioso. “Dài, accade una volta ogni cent'anni...”

“E il bello è che si sveglia solo in questa occasione...”, sussurrò Mark nell'orecchio a Sid.

“Non mi va, dài... Mi sono scatenato già allo stadio”, fece Sal. “Preferisco rilassarmi un po'... Dài, abbiamo tutta la notte per fare casino, se ne abbiamo di nuovo voglia...”

“Mi dai il lettore cd?”, chiese Ray tendendo la mano verso l'amico, che glielo passò.

“Dài, porca puttana”, fece Michael sgranando gli occhi e agitando la testa. “ Tutte quelle Veela... Che ficonze...”

“Ed è apatico tutto il resto dell'anno...”, seguitò Mark sottovoce rivolto a Sid. “Gli ormoni... zero. Ma sai che vuol dire, zero assoluto? L'insensibilità più totale”

“Mike, calmati, sennò ti leghiamo alla batteria!”, fece Nick. “Tra un minuto si va a fie...”

“Ma che fie, qua non ce n'è manco una”, sbuffò Daniel togliendosi la felpa. “Boia, che caldo...”

“Devi cercarle, non ti cascano mica ai piedi”, disse Sal indicando col pollice dietro di sé, fuori dalla tenda, dove infuriava la festa dopo la vittoria. D'improvviso il telo d'entrata della tenda venne scostato, ed entrò una ragazza. Aveva i capelli neri, lunghi fino alle spalle, era magra, con un paio di pantaloncini aderenti dannatamente corti, un top a righe colorate, e gli occhi obliqui cerchiati con l'eyeliner. Sal praticamente cadde in stato catatonico, come se gli avessero appena fatto un clistere di allume. Ray, con le cuffie alle orecchie, si voltò e riconobbe in lei una ragazza di Corvonero di origini russe, o qualcosa di simile, di nome Ekaterina. Non poté fare a meno di notare il suo naso all'insù e le sue labbra rosse e sottili, prima di farle un cenno in modo (apparentemente) disinvolto. Lei lo salutò.

“Ciao, cercavo Eric... Eric Howe, lo conoscete?”, chiese. “Avevo sentito della musica venire da qui, e allora...”

Ray le disse che non sapeva chi era e che comunque non aveva visto nessuno. Sal intanto sembrava volesse gareggiare per la competizione della bocca più spalancata della storia dell'uomo.

“Cosa ascolti, Ray?”, gli chiese la ragazza.

“Ehm... Need to.”, rispose lui nervosamente, colto alla sprovvista.

“Ah, i Korn!”, esclamò Ekaterina, “io adoro i Korn! Tu gli ascolti, gli Slipknot?”

Jack andò a sbattere contro il rullante per la sorpresa, e lo afferrò appena un attimo prima che piombasse a terra. Ray non rispose, ma si limitò a gracchiare qualcosa di vagamente simile a “Da wagga gagana waga waga”.

“Boia che caldo!”, sbuffò di nuovo Daniel, e, col volto rubicondo per la temperatura, si sfilò pure la maglia a maniche lunghe, rimanendo in T-shirt.

“Ma che hai? Non hai mica sparato una loffa, eh?”, gli fece Simon ridendo, e Mark per poco rischiò di entrare nella storia come la prima vittima in assoluto da inalazione di popcorn.

“Dài, resta con noi”, fece Liam alla ragazza.

“Okay... che stavate facendo? Non uno di quei giochi da poppanti tipo quello dei nomi delle città e dei fiumi, eh?”

“No, niente del genere”, disse scuotendo la testa Sal, che sembrava finalmente essersi sbloccato. In quel momento Luke sorse dalla pergamena tutto sudato, con la piuma gocciolante d'inchiostro stretta nel pugno.

“Ce l'ho!”, abbaiò. “Ye, ho nella mano maroni Dalai Lama. Suona, iPod, la buona lana. Va, falle baci dar, ama e culla l'alluce a Mara. Dica bella figa, me ravana l'ano? Ubaldo piano, usa mali. Aladino... Ramona... m'alleno, HEY!”, urlò tutto d'un fiato, apparentemente ignaro dell'arrivo della nuova arrivata. Ci fu un'eternità di silenzio imbarazzante. Poi Luke si accorse di Eka. Si passò la mano fra i riccioli rossi, e disse:

“Salve, come va?”

Jack si dette una manata sulla fronte così forte che sembrava un colpo di un battipanni su un tappeto bagnato. Mark ormai aveva raggiunto le porte del Paradiso dal gran ridere, e se Sal non fosse intervenuto dandogli una manata sulla schiena, probabilmente sarebbe salito in cielo strimpellando una lira con l'aureola in testa. La ragazza scoppiò in una risata argentina, e l'atmosfera si distese decisamente, nonostante il palindromo imbarazzante di Luke. Si misero tutti in cerchio, seduti a terra sui sacchi a pelo, o mezzi sdraiati, e iniziarono a chiacchierare. Mark raccontò di quella volta che Michael si era ubriacato durante una festa e aveva ballato tipo babbuino per due ore di fila con una ragazza bruttissima. Nacque poi una discussione tra Nick e la ragazza sulla musica da discoteca: per Nick anche quella era musica, e bisognava essere ascoltatori a 360 gradi, mentre Ekaterina sostenne apertamente che il giorno che avrebbe ascoltato “quello schifo” sarebbe andata a letto con lui, e a poco valsero i successivi tentativi di Nick di convincerla a mettersi una delle sue cuffie nell'orecchio, assicurandole che erano i Cradle of Filth. Poi fu la volta di Jack, tutto preso a raccontare di una volta in cui lui e Ray avevano rischiato l'espulsione legando le loro due scope volanti come un sidecar e sfrecciando in un bosco per schivare gli alberi. A quel punto la discussione si orientò sul Quidditch e sui manici di scopa. Ray aveva una merdosa Comet che “prendeva in prestito” a suo padre, mentre Jack una bellissima Silver Arrow che andava come una scheggia: l'occasione fu poi buona per mostrare la maglietta che aveva regalato a Ray, una T-shirt rossa con il numero 6 stampato dietro e sopra scritto “sfigato”, regalo dell'ultimo compleanno del cugino.

“Che squadra tifi, Ray?”, chiese Ekaterina, ravviandosi i capelli dietro l'orecchio.

“Di inglese, sia io che Jack teniamo i WigtownWanderers... Sennò i Moose Jaw Meteorites...”

“Quelli canadesi?”

“Si, sono troppo forti quando fanno tutte quelle stronzate con le scintille!”

“Ma perché, voi due siete canadesi?”, fece Nick aggrottando le sopracciglia.

“No, ma siamo nati in America...”, rispose Jack, “Ci siamo trasferiti qui quando abbiamo saputo di essere maghi... Hogwarts è una delle migliori scuole, dicono”

“Io sono nato in Galles, quindi... no problem”, fece Sal in tono autoritario.

“E chissenefrega? Stavamo parlando di stranieri, scemo!”

“Beh, anch'io non sono mica inglese!”, rise Ekaterina.

“Russa?”

“Quasi, del Kazakistan... Ma mi sono trasferita in Gran Bretagna dopo un anno a Durmstrang”

“Durmstrang? Sul serio? E com'è?”

“Non è proprio come Hogwarts...”, fece lentamente lei, come pensandoci su. “Beh, diciamo che è parecchio più cupo, non so se mi spiego. Non ci sono Case, inoltre...”

“E poi quali altre scuole di magie ci sono, nel mondo?”, volle sapere Liam, curioso.

“Ce n'è una in Brasile, mi pare...”, iniziò Mark, appoggiando il sacchetto dei popcorn accanto a sé e prendendo una sorsata di aranciata.

“... io so di una in Africa, e una in Nuova Zelanda...”, aggiunse Michael.

“Sì, scelgono sempre i posti più insoliti, dove c'è meno probabilità che i Babbani ci vadano a gironzolare...”

“Vero, in Africa sta sotto l'Erta Alè, il vulcano...”, disse Ekaterina. “Me l'ha detto il mio ex... quello stronzo”

“Ehm, sì...”, fece Ray imbarazzato. “Allora ci scommetto che hanno scelto la Nuova Zelanda perché è piena di vallate e montagne”

“Dove abitavamo noi, nell'Iowa, ci sono solo campi di mais, quindi... fate un po' voi...”, aggiunse Jack. “Ehi, senti, Ekaterina...”, chiese Liam. “Che cosa hai imparato, a Durmstrang, di diverso da noi?”

“Chiamami Eka... Oh, niente di speciale, qualche incantesimo in bulgaro e non in latino...”

“Boia, ganzo, eh?”, fece Simon, e Eka stava per rispondergli, quando dall'entrata della tenda sbucò una ragazza.

“Scusate... Posso entrare?”, fece un po' timidamente, ma con voce abbastanza ferma. Ray si voltò verso di lei.

Era una che aveva già notato a lezione, l'anno precedente. Era di Grifondoro, com'era visibile dalla giacca, che portava ricamato lo stemma rosso-oro sul petto. Aveva i capelli castano scuro, con delle lievi sfumature rosse, bionde... Boh, chissà che diavolo avevano passato, quei poveri capelli. Era di costituzione paffuta ma discreta, parecchio alta, con il viso ovale, gli occhi chiari leggermente ravvicinati, il naso piccolo e diritto, e le labbra incurvate con un taglio particolare che lasciava scoperti in un sorriso i denti piccoli e bianchi. Aveva qualcosa nel volto che a Ray ricordava la bambina di Lezioni di piano, ma non avrebbe saputo dire cosa.

“Ciao”, la salutò, e lei rispose, ma poi parve lasciarlo perdere per guardarsi intorno, evidentemente alla ricerca di qualcuno. Nick, che era seduto a terra, spostò le gambe per lasciarla passare, mentre la ragazza si avvicinava a Sal.

“Cercavi me?”, chiese lui, puntellandosi coi gomiti per terra e alzando il busto.

“Beh, non io... Una mia amica...”, fece lei, un po' in imbarazzo. “Aveva scommesso che non avrei avuto il coraggio di venire a chiederti il numero di cellulare per lei.”

“Ah... va bene”, disse Sal lentamente. “Chi è?”

“Non è qui stasera, era malata... Comunque è di Corvonero, si chiama Iris... Iris Trench”

“Chi, Ronaldiño?”, sbottò Nick, e Mark gli mollò una gomitata nello sterno. La ragazza intanto stava scrivendo su un foglio di pergamena (precisamente quello dei palindromi, come ebbe modo di vedere – con orrore – Ray) il numero di Sal, che poi si girò verso di lui con sguardo raggiante.

“Vai, vai, pezzo di merda...”, sbuffò Ray indicandolo con la mano tesa. “Che culattone, non ha neanche iniziato l'anno e già ha una che gli va dietro...”

“Tu pensa a Kyra!”, lo interruppe Jack, dandogli un colpetto sulla spalla.

“Kyra Lebenson?”, si intromise la ragazza. “Ma è di Serperverde!”

“L’amore è cieco”, sentenziò Liam facendo spallucce.

“Amore?”, fece Ray. “Nah, non direi... Mettiamola più sul piano dell’‘ossessione’”

“Mettiamola sul piano che sei un coglione, Ray”, ribatté Sal, sdraiandosi di nuovo sul sacco a pelo sdrucito.

“Posso unirmi a voi?”, chiese la ragazza. “Siete troppo forti...”

“Altroché... vieni”, fece Ray indicandole uno spazio vuoto davanti a sé. La ragazza si sedette a gambe incrociate, facendo frusciare la lunga gonna nera.

“Allora...”, iniziò Jack, “Come ti chiami?”

“Julie. Julie Adams”

“Allora Julie... Questo bel chitarrista spettinato davanti a te è mio cugino Ray Oddname... Più in là, quel coglione coi capelli tipo troglodita e l’orecchino è l’altro mio cugino, Liam Oddname. Poi abbiamo Sal Gascoyne, per gli amici Eiuc... cioè “Elefante-In-Una-Cristalleria”... questo è Simon De la Mare, e quello che sembra Bluto Blutarsky in Animal House è Daniel Cruickshank... tra parentesi, che cognome di merda...”

“Eh, lo so, che ci devo fare?”, fece lui allargando le braccia con un sorrisone.

“...poi abbiamo Mark Chadwick, forse l’uomo più serio in questa tenda... dopo Steven Hamilton, il bel moro silenzioso che non ha quasi aperto bocca tutta la sera... vero Steve?”

“Non avevo niente da dire”, fece lui, scostandosi i lunghi e scompigliati capelli neri dagli occhi. Il tono era piatto, ma si vedeva benissimo che stava ridendo sotto i baffi.

“Steve è il meglio... Mi gasa!”, esclamò Sal. “Ci vuole, uno calmo, nel gruppo!”

“... L’autore del palindromo lungo come un romanzo d’appendice - ti prego non leggerlo - è Luke Gordon”, continuò Jack.

“Ciao! Sono un vero campione, io”, si vantò lui. Julie sembrava spassarsela un mondo, mentre stringeva la mano a tutti.

“Poi abbiamo quelli di Tassorosso... Nicholas Nightingale, l’unico Purosangue... ma a noi non ce ne frega un cazzo... poi c’è Michael Shadwell, il ragazzo-supereroe, sembra un tranquillo studente, ma ogni Coppa del Mondo di Quidditch, cioè ogni quattro anni, si trasforma in Pussyman, l’uomo da non far ubriacare alle feste, tienilo a mente... e poi, abbiamo Ryan “Sleepy Hollow” Preston, mezzo batterista in un gruppo crossover, mezzo pirla che fa finta di studiare tutto l’anno...”

“Io studio!”, protestò lui, facendo roteare la bacchetta Vic Firth come un ventilatore.

“Sì, come no... poi c’è suo cugino, Sid Hewitt, di Corvonero...”

“Piacere!”, fece lui gentile, stringendo la mano di Julie.

“Lei è Ekaterina”, si intromise Ray, e si alzò in piedi in modo teatrale, mentre le due ragazze si

stringevano la mano.

“Non sei una truzza, vero?”, chiese Eka con fare diffidente.

“Ascolto i System Of A Down”, fece Julie.

“Benvenuta a bordo”

Ray allargò le braccia, si guardò intorno, e declamò:

“E infine lui... Jack O’ Lantern Marlene Piergigio Huxley, il bassista più figo del mondo!”

Julie gli strinse la mano ridendo. Poi si rivolse a Ray, Jack e Ryan.

“E così... Voi tre suonate, eh?”

“Già”, rispose Ray annuendo. “Ci abbiamo provato anche prima, ma poi ci siamo messi a discutere...”

“Di cosa?”

“Ehm... di cosa stavamo parlando?”, chiese Ray, più a se stesso che a qualcuno in particolare.

“Sfottevamo te e Kyra”, fece Steve.

“Intendevo prima... Ah, sì, parlavamo delle scuole di magia nel mondo... tu ne conosci qualcuna, Julie? Noi

abbiamo detto quella in Nuova Zelanda, nell’Iowa, in Africa e in Brasile... Poi c’è Durmstrang, in centro Europa...”

“C’è Beauxbatons, in Francia, ma non so dove di preciso”, disse Julie. “Credo in Mont Saint Michel, o giù di lì”

“In Italia c’è nulla?”, chiese Nick.

“Boh, e chi se ne importa?”, sbottò Sal, grattandosi la nuca con fare indifferente.

“Ce ne dovrebbe essere una in Toscana...”, rispose Julie, ignorandolo. “Ho sentito che è a Pisa...”

“Quella con la torre sghemba?”, grugnì Daniel.

“Pendente, sì... Pisa è una città tutta universitaria, quindi nessuno fa caso agli studenti che ci vanno...”

“Una sede dovranno averla, no?”, azzardò Jack sgranando gli occhi.

“Credo siano sotto copertura dell’Università di Cinema, che non ha una vera e propria sede fissa...”

“Come fai a saperlo, Julie?”

“Ho un amico di piuma, laggiù, ma non vuole mai dirmi niente di preciso... Sai, nessuno vuole svelare i segreti delle

proprie scuole. Comunque, anche non volendo, mi dà un sacco di informazioni interessanti... Me molto organizzata!”

“E’ il tuo ragazzo?”, chiese Liam spudoratamente, e Jack gli mollò un cazzotto sulla spina dorsale.

“No, non ce l’ho...”

“Il tuo ex?”, azzardò nuovamente Liam. Jack si stava mangiando le mani. Se non fosse stato suo cugino,

probabilmente l’avrebbe ucciso a colpi di basso in faccia.

“Figuriamoci, quello mi ha fatto le corna a ripetizione...”, disse Julie disinvolta. “Lui sì che aveva capito tutto, della vita”

“Ah”, fece Ray, con un tono che poteva esprimere disinteresse o morbosa attenzione, difficile dirlo. Intanto Sal stava rufolando nello zaino alla ricerca di un cd, che evidentemente non stava trovando, perché dopo pochi secondi dette dimostrazione aperta della sua finezza:

“Oh, maremma puttana, dove minchia è finito Enjoy Incubus?”

“Non ne ho la minima idea, probabilmente ce l’ha Ellie”

“E chiamala, no?”, sbottò Sal. “Ray, ti muovi?”

Ray sospirò e si affacciò al telo della tenda.

“Non la vedo… Dove diavolo sarà?”

“Ci scommetto che è con mia sorella…”, disse Jack. “Stavano vicino al falò, poco fa”

“ELLIE!”, urlò Ray, con la testa fuori dalla canadese. Poco dopo due ragazze entrarono sghignazzando nella tenda. Una delle due, Jane Huxley, era ovviamente la sorella di Jack: aveva capelli castani ricci e gli occhi allegri. L’altra era alta, bionda, con gli occhi verdi, e anche lei probabilmente stava cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere, perché aveva le guance color cocomero.

“Che c’è?”, chiese a Ray. Jane le fece eco, e allora non poterono più resistere e iniziarono a ridacchiare senza sosta.

“Eccole lì, le mie due cugine”, sospirò Ray sconcertato. “Una più scema dell’altra”

“Meno male che se ne stanno a Tassorosso tutte e due, così non ci rompono a noi”, disse Liam in tono pratico, rivolto a Julie.

“Sì, ma intanto ce le dobbiamo sorbire io, Ryan e Nick”, borbottò Michael sdraiandosi sul suo sacco a pelo tutto polveroso, che aveva l’aria di non aver visto una lavatrice da vent’anni, più o meno.

“Ce l’hai tu il cd degli Incubus, Ellie?”

“Sì, tieni…”

“Non io, lo voleva questo pirla qua”, disse Ray accennando col capo a Sal.

Jane afferrò Ellie per la maglietta della Nike e la trascinò fuori dalla tenda.

“Vieni, Lupa, andiamo al fuoco…”

Lupa?!? Ma che soprannome è?”, fece Jack disgustato, ma le due ragazze lo ignorarono e uscirono.

“Che si fa, si esce un po’ anche noi?”, azzardò Sid, che sembrava non aspettare altro.

“Vai, vai, si va a donne!!!”, esultò Michael, brandendo una bottiglia di Bacardi come se fosse una mazza ferrata.

Così i ragazzi, fra spintoni e battute, lasciarono i sacchi a pelo e fluirono fuori dalla tenda, nel bosco oscuro, all’ombra dei possenti alberi secolari che nascondevano loro le nuvole e la luna. Scoprirono che erano gli unici ad aver piantato la tenda lì… o meglio, si resero conto che quei pochi che l’avevano messa vicina alla loro, se n’erano andati. Steve si guardò attorno e si strinse nella felpa azzurra.

“Boia, chi ce l’ha fatto fare di metterci qua nel bosco… Non c’è più un cane!”

“Già, le altre tende sono tutte al campo dei Roberts, perché diavolo siamo dovuti venire nel bosco, a piantare ‘sta merda?”

“Liam, è stata un’idea tua!”

“Sì, ma perché sperava di accoppiarsi… sai, l’ambiente più solitario, al buio, lontano da tutti…”

“Ma fammi il piacere…”

“Okay, ragazzi, calma.”, fece Jack. Poi si rivolse a Julie. “I tuoi amici dov’erano?”

“Lontano da qui, nel campo… Forse se ne sono andati”

“Sarebbero degli stronzi…”, disse Ray scuotendo la testa. D’improvviso si bloccò. “Comunque io non credo se ne siano andati, ascoltate: sento dei rumori, fuori dal bosco”

“Va bene”, propose Sal. “Se rimaniamo qua a farci le pippe, non sapremo mai che succede… Andiamo a vedere, ma dobbiamo restare uniti.”

“Quanti siamo?”, fece Jack, e iniziò a contare. “… siamo in diciassette, porca miseria! Vediamo di non disperderci. Jane, hai capito cosa ho detto? Tu e Ellie, spegnete quel fuoco e accendete le bacchette… si va al campo.”

Tutti i ragazzi si incamminarono attraverso il fitto intrico di rami e tronchi, calpestando lo scricchiolante tappeto di foglie che si stendeva ai loro piedi. Come Ray aveva detto, si udivano in effetti delle voci e dei suoni lì vicino, mescolati tra loro in modo pressoché incomprensibile. Mano a mano che si avvicinavano al limitare della foresta, i ragazzi iniziarono a scorgere delle luci e della sagome che si muovevano rapidamente, come in preda al panico. Una volta entrati nel campo, subito si scontrarono con una ragazzina bassa e snella, coi capelli castano chiaro lunghi fino alle scapole.

“Hai idea di cosa stia succedendo?”, chiese la ragazza a Ray.

“Non ne ho idea, noi eravamo nel bosco, non abbiamo visto niente… volevo chiederlo a te!”

“Non so, ti giuro, era tutto tranquillo quando a un certo punto la gente ha iniziato a disperdersi fuori dalle tende…”, spiegò la ragazza, e poi aggiunse preoccupata “Non trovo più Devon, mi ha mollata qua da sola… mio fratello è con te?”

“Sono qua, Becky”, fece Michael Shadwell uscendo dal capannello di ragazzi. Sid si avvicinò a Steve con gli occhi sgranati.

“E’ sua sorella?”, mormorò.

“Sì…”, rispose Steve annuendo, mentre Michael salutava tutti e si allontanava con la sorella. “Brutta, eh?”

“Orco cane! E’ una gnocca assurda…”, si intromise Sal. “Ray, perché non ce l’hai mai presentata?!”

“Tu che dici? Mi immaginavo la reazione, brutto porco!”

“E chi diamine è Devon?”, gracchiò Simon, e Daniel gli fece l’eco:

“Già, chi è? Con un nome così penoso lo devo conoscere per forza!”

“Non so come si chiama di cognome… Ma è di Serpeverde…”, disse Ryan scuotendo la testa e ficcandosi le mani nelle tasche dei jeans. “un coglione di proporzioni cosmiche”

“Ci avrei giurato… tutte quelle così stanno con un idiota…”, sbuffò Steve, e poi si rivolse a Ray in tono pratico. “Ma lei… lui… cioè, insomma… hanno già… beh…”

“Fatto sesso? No, non gliela vuol dare!”, esultò Ray. “E fa bene…”

“Ehm, scusate…”, lo interruppe la sorella di Jack. “Qua noi ragazze ci saremmo anche rotte le scatole dei vostri dibattiti…!”

Ray si voltò e arrossì. Ellie, Jane, Eka e Julie se ne stavano appoggiate a dei tronchi d’albero, con aria impaziente, anche se si vedeva che stavano prendendo la cosa sul ridere. All’improvviso un altro gruppo di ragazzi e ragazze passò davanti a loro schiamazzando: non sembravano spaventati, ma non sembravano neanche divertirsi. Avevano lo sguardo fisso verso l’orizzonte, e solo allora Ray si accorse che c’erano delle lingue di fuoco protese verso il cielo nero, laggiù, oltre i tetti delle tende. Un ragazzo molto alto coi capelli corti neri e un piercing sul sopracciglio si fermò e dette una pacca sulla spalla a Sal.

“Ohi, ciao… Avete visto il fuoco? Qualcuno ha incendiato una tenda…”

“No, di che stai parlando?”, fece Sal aggrottando le sopracciglia.

“Io l’ho visto, Johnny, è laggiù”, si intromise Ray. “Ma che diavolo succede?”

“Non ne abbiamo idea… una ragazza del nostro anno, Beverly Oakes, ci ha detto che ci sono delle persone che hanno fatto dei casini, forse avevano bevuto troppo dopo la partita… Non so, forse sono dei tifosi che volevano fare dei festeggiamenti usando la magia, fatto sta che hanno dato fuoco a una tenda e quelli del Ministero ancora non si fanno vivi…”

“Quindi è stato solo un incidente, giusto?”, chiese Liam. “Non l’hanno fatto di proposito…”

“Così pare… beh, io devo andare… Sal, Ray, ci becchiamo a scuola”, disse Johnny, e seguì i suoi compagni, scomparendo di lì a poco tra le tende piantate lì attorno. Ray si rese conto solo allora che erano tutte vuote: dove diavolo erano finiti tutti?

“Beverly Oakes, eh?”, fece Sal pensieroso. “Caruccia, caruccia… Quel bel culetto…mmh…”

“La vuoi piantare, vecchio arrapato cronico? Devo capire che sta succedendo…”, fece Ray fra sé, ignorando una certa Kirsten che passava in quel momento insieme a un ragazzo brutto e basso.

“Gente, è meglio che ci muoviamo”, propose Mark. “Se restiamo qua non capiremo nulla”

“Già”, annuì Daniel grattandosi la nuca. “Se magari c’è bisogno di aiuto, possiamo spegnere il fuoco…”

“Sì, ha ragione”, fece Simon, e poi sbottò: “Ehi, guarda dove vai!”, perché un’elfa domestica gli era passata vicino. Ray non capì perché diavolo Simon avesse fatto tutto quel chiasso, dato che l’elfa non l’aveva nemmeno sfiorato, eppure sembrava quasi che qualcosa avesse urtato il ragazzo, perché aveva sobbalzato ed era quasi caduto. L’elfa si scusò con una serie di piagnucolii e gemiti e si allontanò inoltrandosi nel bosco, con un’andatura alquanto scoordinata. Pochi minuti dopo un uomo quasi calvo con un cappello e dei baffetti passò caracollando in mezzo al gruppo di ragazzi. Sbuffava e ansimava per la fatica, e sembrava aver corso per miglia.

“Sono Bartemius Crouch, del Ministero della Magia”, informò i ragazzi. “Avete notato niente di insolito qua intorno?”

“Niente, signore…”, fece Jack timidamente. “Ma cosa sta succedendo qua?”

“Non vi preoccupate, voi nascondetevi nel bosco e restateci… è meglio che non vi fate vedere in giro, giovani come siete”

“Ma nel bosco non si vede niente, è tutto buio, potrebbero aggredirci”, si lamentò Ellie, guardandosi attorno con aria furtiva.

“Ehm, scusi signor Crouch”, fece Simon all’improvviso. “Poco fa è passata un’elfa domestica che camminava sghemba, così…”, e mimò il suo modo di camminare.

“Un’elfa domestica? Con chi era? Dov’è andata?”, sibilò Crouch all’improvviso, con gli occhi fuori dalle orbite.

“Come sarebbe, ‘con chi era’, era da sola… è andata nella foresta… ma perché, con chi doveva essere?”, chiese Mark.

“Barty Crouch!!!”, esclamò una voce stentorea di colpo, e Crouch sobbalzò: si voltò di scatto, rosso in faccia, il cappello di traverso sul capo sudato, e urlò:

“Qui non c’è nessun Barty Crouch!”

L’uomo cui la voce apparteneva si fece avanti, e alla luce delle bacchette dei ragazzi, Ray vide che era un altro del Ministero.

“Barty, finalmente ti ho trovato… Ma che stavi dicendo?”, chiese l’uomo. Crouch parve tornare in sé.

“Niente, Bode… niente”, disse in tono improvvisamente calmo. “Beh, ragazzi, grazie tante, noi ce ne andiamo”, concluse, e insieme all’uomo si infilò tra gli alberi, fino a che non fu inghiottito dall’oscurità della selva. Simon si cacciò le mani in tasca, ne estrasse un mazzo di chiavi e le fece roteare appese al dito con aria rassegnata.

“Beh, gente, io ci ho provato”, disse, e alzò le spalle come a dire ‘ehi, adesso tocca a voi’.

“Mah, quel tizio, Crouch, ci ha detto di stare nascosti nel bosco, facciamo come dice lui”, azzardò Liam.

“E perché?”, chiese Julie in tono stizzoso. “Non ci ha nemmeno spiegato che cavolo sta succedendo!”

“Ma l’avete sentito come ha risposto a quel collega?”, fece Eka. “Sembrava fuori di testa, ve lo dico io!”

“Secondo me”, ipotizzò Ray avvicinandosi a un tronco macilento e scalzando via la corteccia secca con le dita, “secondo me, quell’incendio non era un incidente”, concluse.

“Come? Che vorresti dire?”

“E’ probabile che qualche vandalo si sia messo a fare casino e a sfregiare le tende degli avversari”

“…Quindi potrebbero attaccare anche noi?”, chiese Ellie preoccupata.

“Secondo me sono i Bulgari sfavati perché hanno perso!”, esclamò Sid.

“Tu che dici, Ray?”, volle sapere Ryan.

“Non so chi sono, ma se Sid ha ragione allora potrebbero farci del male, se ci vedono con le decorazioni Irlandesi”

“Non c’è problema, ce le togliamo!”, sbottò Sal.

“Sì, come no! Tu hai anche le mutande, coi colori dell’Irlanda”, gli ricordò Ray.

“Ripeto: non c’è problema”, ghignò Sal ammiccando a Eka in modo eccessivamente visibile.

“Forse Ray ha ragione”, annuì Mark. “Dài, leviamoci di qui, forza”

Rientrarono tutti nel bosco, facendosi luce con le bacchette. La luna non si vedeva più, ora che le fronde e i rami possenti degli alberi formavano una specie di pesante velo sopra di loro. Decisero di non addentrarsi troppo, ma di costeggiare il campo restando comunque nei pressi del confine, per poter avere così una visuale decente di ciò che sarebbe accaduto. Non incontrarono nessuno per dieci minuti buoni, e da quella parte del campo (che, come Jack ricordò loro, era quella più lontana dallo stadio) non provenivano che pochi suoni di voci concitate. Sembrava che quei pochi che erano rimasti lì stessero facendo il possibile per radunare le loro cose e fuggire al più presto da quel posto. Piano piano, per rompere il silenzio, qualcuno iniziò a dire qualcosa, a fare una battuta, un commento, e così Ray si ritrovò a chiacchierare di cinema con Sal, senza rendersene conto.

“Tu l’hai visto Jurassic Park?”

“Sì, è fighissimo, io l’ho visto, Sal!”, si intromise Jack tutto esaltato, abbattendo a calci i rovi davanti a sé.

“Anch’io l’ho visto, dopo che Simon mi ha svelato il finale…”, grugnì Ray. “Fra lui e Michael, non saprei chi uccidere per primo, guarda!”

“Ma dài, che ti frega, non muore mica nessuno”, fece Sid spuntandogli alle spalle e dandogli un colpetto sulla schiena.

“Eh, che mi frega, è l’unica cosa che so fare bene, guardare un film con calma!”

“Esagerato, Ray! Tu sai fare un sacco di cose!”, sbottò Jack. “Tutti quegli incantesimi per disegnare col fuoco, col ghiaccio…”

“Utili, eh?”, mormorò Ray scuotendo la testa.

“Sai volare con la scopa…”

“Sei meglio tu, Jack!”, rimbeccò Ray. “E poi, che cazzo, manco so fare un Patronus decente!”

“Perché, che Patronus ti viene?”, ghignò Ryan.

“Una capra”

Ryan scoppiò a ridere, e Liam gli mollò una manata nelle reni.

“’Sti cazzi, Ray…”, lo consolò lui, mentre Ryan gemeva con le mani sui fianchi. “Nessuno lo sa fare, un Patronus a modo, alla nostra età”

“Io sì”, fece Julie raggiante.

“Davvero?”, chiese Ray con occhi sgranati. “E che cosa è il tuo?”

“Non lo dico… Top secret!”

“Ah, le ragazze”, grugnì Daniel. “Non ci capisco niente”

“Mi associo”, fece Mark alzando la mano, e tutti scoppiarono a ridere fragorosamente.

“E poi cos’altro sai fare, Julie Ann Adams?”, chiese Ray.

“Come -- Come fai a sapere il mio secondo nome?”, fece lei sbalordita.

“Sta scritto sulla tua giacca”

“Ma qui c’è solo una ‘A’, al posto del secondo nome… come hai…?”

“Ho tirato ad indovinare… Preferivi Abraxas?”

“Ci mancherebbe anche questa!”, rise Julie, ma si interruppe perché una ragazza si stava avvicinando a loro dalla parte opposta. Aveva capelli castani lisci lunghi fino alle natiche, occhi obliqui, il naso all’insù e la bocca arricciata in un sorriso paricolare: solo che non sembrava un sorriso, era più un ghigno. Portava degli shorts aderenti e una camicia nera come il carbone. Anche alla flebile luce della bacchetta di Ray, Julie riconobbe lo stemma della Casa di Serpeverde appuntato sul petto della ragazza. Questa si piazzò davanti Ray senza troppi complimenti, avvicinò le sue labbra al suo collo e lo salutò con voce lieve ma terribilmente gelida, come un soffio di vento ghiacciato.

“Ciao, Ray.”

“Ciao, Kyra.”, fece lui, e Julie suppose stesse cercando di trattenersi dal violentarla lì dov’era. “Cos’è, hai letto Anne Rice, ultimamente?”

“No… non mi piacciono i vampiri…”, sibilò Kyra appoggiando le palme delle mani sulle spalle di Ray e facendo tintinnare i numerosi braccialetti che aveva ai polsi. “E’ roba troppo dark… come quella lì”, concluse, accennando col capo a qualcuna dietro di lui, ma Ray non ci mise molto a capire a chi si stava riferendo.

“Che hai detto, troia?”, sbottò Eka facendo saettare la mano nella tasca, alla ricerca della bacchetta.

“Calma, ragazze…”, fece Sid. “Se volete fare una lotta che termini con vestiti strappati, pose equivoche e gemiti, almeno aspettate che mi metta in prima fila”

“Non c’è problema, me ne vado”, sospirò Kyra, e posò per alcuni secondi le labbra sul collo di Ray, tanto che per un attimo lui temette che stesse davvero per succhiargli via il sangue dalla giugulare. Poi si staccò con uno schiocco, ammiccò con gli occhi al ragazzo, girò su sé stessa facendo roteare i capelli e si inoltrò nella boscaglia da dove era venuta. Il primo a parlare fu Jack, e poi ci fu una gragnola di commenti.

“Se la tira troppo”, disse Jack.

“E’ una vacca”, ringhiò Eka.

“Ammazza che bonazza!”, esclamò Sid.

“Ma ci stai insieme, a quella?”, mormorò Ellie preoccupata.

“E’ sempre così cattiva?”, chiese Ryan.

“Ma te la schiacci?”, fece Sal.

“E’ troppo gelida”, scosse la testa Julie.

“Che sorca…”, sospirò Liam.

“Perché non le hai toccato il culo?”, chiese Nick.

“A letto sta sopra, vero?”

“Okay, ora piantatela!”, sbottò Ray. “Non me la sono fatta… diciamo che ci sto…fine della storia”

“Io non mi fiderei”, borbottò Eka, ma Ray la ignorò. Non sapeva neanche lui perché, ma non aveva provato niente quando Kyra le si era avvicinata, poco prima. Sentiva che forse aveva a che fare col fatto che l’aveva interrotto mentre parlava con Julie. Cercò di mettersi di nuovo vicino a lei e riprendere a parlarle, ma la trovò una cosa estremamente più difficile e imbarazzante di quanto non avesse previsto. Ma che gli stava succedendo? Ray scosse la testa per scacciare questi pensieri, e si concentrò sul camminare evitando gli sterpi e i rovi davanti a sé. I ragazzi superarono un gruppo di goblin, riuniti attorno a un sudicio sacco stracolmo d’oro: stavano ghignando e si stropicciavano le mani, come se non gliene fregasse nulla di incendi e vandali e partite di Quidditch. Poco più in là c’era una macchia di luce color argento, traslucida, che filtrava attraverso gli alberi. Ray si fece strada pestando i rami e le foglie secche, e si scontrò con un ragazzotto brufoloso dall’aria intontita.

“Scusa, amico…”, fece lui. “Mi chiamo Stan”

“Ray”, fece lui stringendogli la mano sudata con un certo ribrezzo dipinto nel volto. “Hai idea di cosa stia succedendo lì?”, chiese indicando la luce oltre gli alberi.

“Io, non lo so, io, ma penso che ci stanno delle cose con delle luci, delle persone…”

“Lepricani?”, fece Sal avvicinandosi alle spalle di Ray.

“No, amico.. credo che sono delle donne…”

“Veela?!”, esclamò Jack mettendosi a saltellare sul posto. “Vieni, Sal!”

“Ragazzi, forse è meglio se…”

“Vieni, Stan…”, fece Sal ignorandolo.

“Stan Picchetto, amico”, borbottò il ragazzo brufoloso.

“Piacere, vieni con noi, e goditi un po’ di gnocca!”, esclamò Sal dandogli una vigorosa pacca sulla spalla.

I tre ragazzi si inoltrarono nella selva, verso la sorgente di luce, e Ray li seguì restando a distanza di sicurezza: sapeva già quali erano gli effetti delle Veela, e non voleva ripetere lo spiacevole episodio avvenuto poche ore prima che coinvolgeva lui e un paio di fastidiose mutande rosa, le quali – non sapeva come – si era ritrovato in testa a mò di cappello. Si affacciò a un cespuglio, mentre gli amici e quello Stan sbucavano in un piccolo spazio circolare dal terreno levigato e increspato qua e là da poche erbacce e radici affioranti: al centro stavano tre meravigliose Veela, i capelli dorati e luminosi luccicanti attraverso le fronde degli alberi. Ray si costrinse a non guardarle, perché stava già iniziando a sentire la familiare voglia di fare qualcosa di stupido per attirare la loro attenzione, e, con gli occhi tappati dalle palme delle mani, si augurò che anche gli altri rimasti indietro stessero facendo lo stesso. Questo però non gli impedì di sentire voci familiari di persone intente a bullarsi in modo tremendamente ridicolo al cospetto delle Veela.

“Io guadagno cento sacchi di galeoni l'anno”, stava dicendo Sal in tono stentoreo, come se avesse dovuto declamare un discorso in un paesino di campagna, durante una commemorazione di caduti in guerra. “Faccio il killer di draghi per il Comitato per la Soppressione delle Creature Pericolose!”. Ray trattenne a stento una risata, anche se sarebbe stato più appropriato mettersi a piangere.

“No, non è vero!”, berciò come un pappagallo Jack. “Tu fai il lavapiatti al Paiolo Magico... ma io sono un Cacciatore di Vampiri, ne ho uccisi novanta finora...”. Questo era veramente troppo per Ray, che si inginocchiò a terra con le lacrime agli occhi dal ridere. Ma c'era dell'altro: anche Stan Picchetto si era messo all'opera, a quanto pareva.

“Io sto per diventare il Ministro della Magia più giovane che ci sia mai stato, io.”, affermò senza tante cerimonie. Ray ormai pensava di dover morire dalle risate, perché la milza stava iniziandogli a comunicare il suo desiderio di dare le dimissioni tramite delle paurose fitte all'addome. Si alzò in piedi e si girò per dire agli altri amici se qualcuno se la sentiva di tirar via Sal e Jack da lì. A un tratto un ragazzo coi capelli rossi e il naso lungo si fece strada tra i ramoscelli degli alberi, entrò nella piccola radura e affermò in tono estatico:

“Ve l'ho detto che ho inventato un manico di scopa che viaggerà fino a Giove?”

Ray lo riconobbe: era Ron Weasley, un amico di Harry Potter. Stava quasi per lasciarsi sopraffarre da un ulteriore accesso di risa, quando una ragazza dai capelli crespi afferrò Weasley per il bavero e lo trascinò via.

Ma insomma!”, sbottò la ragazza, e, alla luce emanata dalle tre Veela, la riconobbe per Hermione Granger, probabilmente la migliore studentessa mai capitata ad Hogwarts (e non solamente tra le femmine, pensò Ray facendo correre la mente ai suoi ultimi voti a Pozioni). Lì vicino c'era anche Harry Potter, e insieme alla Granger stava conducendo Ron lontano dalle Veela. Ray si fece coraggio e fece lo stesso: strinse i denti, chiuse gli occhi e letteralmente ghermì Sal e Jack per le magliette per riportarli sulla Terra.

“Ma voi siete scemi...”, disse loro sbuffando.

“Eh, che ci vuoi fare...”, fece Sal tutto arrossato in faccia per il sudore.

“L'istinto primordiale ci ha--”

“Ma vaffanculo, va'!”, sbottò Ray. “Andiamo, gli altri ci stanno aspettando...”.

Jack si immobilizzò di colpo.

“Silenzio!”, esclamò. “Ho sentito un rumore”

Era vero: c'erano degli scricchiolii dietro di loro, ma appena si girarono videro solo degli altri Weasley, i gemelli e la sorella più piccola, che stavano camminando tra i cespugli di rovi.

“Oddname!”, fece uno dei due gemelli appena vide Ray. “Hai visto mio fratello?”

“Sì, era con Potter e l'altra ragazza... sono, ehm, passati da pochi secondi... Andavano per di là”

“Grazie, ciao.”

“Ci si becca a scuola”

I tre Weasley scomparvero, e tutto rimase silenzioso, forse più di prima. Ray, Jack e Sal raggiunsero gli altri ragazzi e si rimisero in cammino lungo il perimetro: ora le voci concitate che venivano dal campo erano più udibili. Liam disse che doveva andare a far pipì, e subito fu seguito a ruota da Steve, Luke e Nick, mentre si dirigeva verso dei cespugli a una ventina di metri di distanza. Gli altri si fermarono per aspettarli. All'improvviso si udì uno schiocco e tutti e dodici i ragazzi si bloccarono sul posto, facendo saettare le bacchette illuminate in tutte le direzioni. Di colpo Kyra Lebenson sbucò da dietro un intrico di alberi caduti e letteralmente si avventò addosso a Ray, con la bacchetta puntata contro il suo petto. Ray non usò la sua contro di lei, ma la lasciò cadere per terra, colto alla sprovvista.

“Kyra, ma che--”

“Sta' zitto, ZITTO!”, urlò lei, fuori di sé. “Ti ho visto, prima, che credevi!!”

“Ma di che cavolo parli, io--”

“Facevi il gradasso con quelle Veela, brutto porco traditore!”

“Io non facevo proprio niente, Kyra! Stavo tirando fuori loro, da quel posto!”

“Non mi frega un cazzo di chi tiravi fuori, Ray! Ti ho visto lì, basta! E' finita!”

“Finita?”, gemette Ray. “Finita cosa, Kyra, COSA? Con te non so nemmeno se è mai iniziata, sei tu che mi tratti come un pupazzo...”

“Vaffanculo, Ray, hai capito? Io non ti trattavo in nessun modo, ma ora... BASTA! Me ne vado con qualcun altro!”

Ray s'infiammò e allargò le braccia sarcastico.

“Sì, Kyra, okay... Fantastico, te ne vai con un altro, eh? Tanto a te che te ne frega? Domani è un altro giorno, eh? Dici così, eh? Solo che tu non sei Rossella O'Hara, cara mia, e questo non è Via col fottuto vento, ma è la vita, la tua vita, e tu la passi così, a cambiare ragazzo quando ti pare e piace, e giocare coi sentimenti degli altri, e farli star male, non chiarirti mai con nessuno sul che cosa vuoi fare, Kyra!”

“Ma che stai dicendo...”

“Cosa vuoi fare della tua vita, sto dicendo! Vuoi che la gente stia con te? Sì? Beh, allora sappi che 'stare' è un verbo che implica che l'azione sia reciproca, capito? Non vuol dire che uno ti sta dietro e tu nel mentre ti diverti a vederlo morire, godendo nel sapere che tutto in quel momento sta girando attorno a te! Se questo è il modo tuo di vivere la tua vita, beh, allora vaffanculo, Kyra Estella Lebenson, tu non sei niente, NIENTE! Pensavo di provare qualcosa per te, ed è vero, è vero anche adesso, ma non è amore, è odio! Io ti odio! Hai sentito cosa ti ho detto?”

“Tu non sai cosa stai dicendo, sei solo un pischello sfigato, se non hai me non sei nulla...”, mormorò Kyra con voce agghiacciante, scuotendo la testa. “Se vado con Zabini, tu resti solo come un cane, non sei niente senza di me”

“E tu sei solo un piccolo inutile 'bip' sul mio radar, Kyra!”, urlò Ray, il volto rosso, la vena sulla tempia in rilievo per lo sforzo e la rabbia. “Sai cosa penso? Penso che tu avessi già deciso di andare con Zabini-il-venditore-di-zerbini! Penso che tu mi abbia tradito per prima, e che stessi aspettando l'occasione giusta per mollarmi e farmi fare anche una figura di merda coi miei amici, già che c'eri!”

“Tu credi, Ray?”

“Oh, sì, Kyra, lo credo eccome... Pensavo fossi buona, ma ora so che sei malefica... Pensavo potessi essere la salvezza che non sei affatto! Io ti ho vista, Kyra, e ho capito, adesso. Io per te sono solo uno scarafaggio sotto il tuo piede, pronto per essere maciullato sull'asfalto. E questa cosa non può continuare. Senza di te sarò anche 'niente', ma con te, Kyra, con te... io sono morto. E non ti darò la soddisfazione di lasciarmi, no, non te la darò. Sappi che adesso sono io, a lasciare te... e se ti chiedi il perché, è perché sei una grandissima stronza.”

“Tu non puoi...”, gemette Kyra, gli occhi spalancati. La mano che reggeva la bacchetta tremava convulsamente.

“Sì, posso, sono libero di farlo. Fine della storia, addio, ciao.”

Ray si voltò e solo in quel momento si rese conto che tutti i suoi amici si erano messi in cerchio attorno a lui e Kyra. Si chinò e raccolse la bacchetta magica dal terreno sudicio. Non si accorse però che lei gli stava ancora puntando la sua contro la schiena. Tutto accadde in un attimo. Udì Kyra urlare l'inizio di un incantesimo a lui sconosciuto:

Sectumsem--

Poi vide Eka sfrecciare accanto a lui, estrarre a velocità inimmaginabile una piccola e lucida bacchetta nera come un'aculeo di un riccio di mare, e puntarla contro Kyra.

Koronith!”, strillò Eka, e dalla punta della bacchetta sgorgarono contemporaneamente due fiotti di luce, uno blu elettrico e l'altro giallo. Quest'ultimo saettò nel terreno, scavando una buca stretta e profonda; il primo invece colpì la ragazza all'inguine: Kyra fu scagliata all'indietro e roteò in aria un paio di volte, per poi conficcarsi fino al seno nella buca. Iniziò a strillare, ma Julie si fece avanti, disse “Silencio!”, e la ragazza, per quanto aprisse la bocca, non riuscì più ad emettere nemmeno un suono. Poi Julie puntò la bacchetta verso l'alto e scagliò in cielo una serie di scintille rosse per il soccorso, che rimasero sospese sopra le cime degli alberi come dei fuochi d'artificio.

“Bene, ora filiamocela!”, disse.

“Ma... Julie... se la trovano ci farà espellere!”, disse Sal preoccupato.

“Se l'è meritato”, fece lei calma. “Quell'incantesimo che stava per fare a Ray... alle spalle, aggiungo... non era proprio il 'gratta e netta'... io non l'avevo mai sentito nominare, ma secondo me è Magia Oscura...” (Kyra si mosse appena da dentro il buco e sbatté le palme delle mani sul terreno). “Se parla”, concluse Julie “parlerò anch'io.”

MORSMORDRE!

“Chi è?!”, strillò Ellie portandosi le mani alla bocca.

“Guardate!”, fece Jane indicando indicava una macchia verdognola indistinta che si allungava nel cielo nero, sopra di loro.

“Chi è stato a parlare?”, ripeté Ray.

“Non so, sembrava là dov'eravamo prima”, disse Eka, riponendo la bacchetta nella tasca e indicando col pollice la radura dove avevano incontrato Ron Weasley. Nel frattempo Steve, Liam, Nick e Luke sbucarono da dove si erano nascosti per fare i propri bisogni.

“Chi era con quella voce? Pareva un uomo...”, fece Nick. “E che ci fa quella, mezza sotterrata per terra?”

“Lascia perdere... Cos'era quella luce, piuttosto, un altro segnale di soccorso?”

“Verde? No, non credo... non riesco a vederlo, gli alberi lo coprono...”

“Ma senti? La gente sta urlando, là fuori!”

“Che starà succedendo?”

“Non lo so...”

Ray si appoggiò al tronco di un albero, e strinse gli occhi, puntando la bacchetta verso l'origine della voce sconosciuta. A un tratto sentì qualcosa di freddo e setoso scivolargli sul dorso della mano e si voltò terrorizzato all'idea che fosse un ragno di quelli orrendi e pelosi: lui li odiava con tutto il cuore. Scosse la mano ma la sensazione restava, come se ormai fosse parte di lui. Puntò inorridito la bacchetta contro la manica della maglietta, ma non c'era nulla. Sentì con orrore che la cosa, qualsiasi cosa fosse, si stava come propagando lungo il braccio, sulla spalla, sul collo.

“Ma che cazzo... Ragazzi, levatemelo di dosso, ma che è?”, urlò, e tutti gli si avvicinarono con le bacchette levate, ma senza riuscire a capire cosa stesse accadendo. Sentì la massa scivolosa e fredda passargli sul pomo d'Adamo, e Ray fu scosso da un brivido. Urlò di nuovo, poi la creatura gli coprì la bocca e Ray non riuscì più a respirare. Cadde a terra sollevando una nuvola di polvere, e vide solo le scarpe dei suoi compagni muoversi attorno a lui. Ormai anche i suoni gli giungevano come ovattati, sembrava che qualcuno gli avesse premuto un sacchetto di plastica sulla faccia. Poi, proprio quando sentiva le forze abbandonarlo, vide Julie inginocchiarsi accanto a lui, puntargli la bacchetta al collo, e gridare:

Expecto Patronum!!!

Una enorme aquila argentea fuoriuscì dalla punta e distese le grandi ali come per cingere Ray. Il ragazzo avvertì un lieve urto, e poi sentì come se una coperta gli fosse stata tolta dal volto. Scattò a sedere mentre il Patronus si dileguava, e respirò a pieni polmoni, prendendo grandi boccate di fresca, sana, frizzante aria notturna. Julie lo abbracciò fortissimo, e Ray fece lo stesso, cercando di trattenersi dallo scoppiare in lacrime. La ragazza gli posò la testa sulla spalla e Ray la carezzò dolcemente. All'improvviso provò una sensazione piacevolmente bruciante alla bocca dello stomaco, come se avesse preso una sorsata di Burrobirra.

“Grazie, Julie”, mormorò. “Che... Che cos'era?”

“Un Lethifold, un Velo Vivente...”, rispose lei senza allentare l'abbraccio. “Vivono solo nei climi tropicali, infatti mi ha stupito fosse in questa zona... Forse per questo nessuno l'ha visto, perché non era abbastanza forte, non aveva mangiato nessuno... o probabilmente era ancora giovane... in genere si dovrebbe vedere come un mantello nero... Se era più forte, probabilmente non sarei riuscita a mandarlo via...”

“Ma no, sei stata bravissima!”, esclamò Ray. “Il tuo Patronus è... è fantastico, complimenti”

“Grazie”, fece Julie, e arrossì un po'.

Sal si avvicinò , circondato da tutti gli altri.

“Ehi, amico, temevamo il peggio...”, disse strizzando l'occhio. “Non volevi mica andartene così, eh?”

“Col cavolo, bello!”

“Ehi, mi è venuto in mente”, disse Steve, sbucando fuori dal gruppo. Parlava piano, come al solito, ma sembrava preoccupato. “Se quella creatura vive nei Tropici, vuol dire che qualcuno ce l'ha portata, qui...”

“E chi?”

“Qualcuno che voleva farci del male, forse”, azzardò Ryan, grattandosi la testa.

“O che voleva far del male a Ray”, fece Steve.

“Non sarà Kyra?!”

“Impossibile, lei è rimasta lì tutto il tempo”, disse Julie scuotendo la testa. “E poi, come si fa a controllare il comportamento di un Lethifold? Se qualcuno l'ha liberato, di certo non aveva un obiettivo preciso”

“Beh”, fece Sid all'improvviso. “Guardate un po' qua!”

Indicò oltre un mucchio di sterpi e foglie secche. C'era una cassa di legno larga e sottile, consunta agli spigoli e con delle scritte in una lingua straniera.

“Leggete un po'?”, li incitò Sid, indicando il coperchio della scatola. Tutti si assieparono attorno a lui.

“Perché, che c'è scritto?”

“Io non ci capisco nulla, e anche tu, probabilmente”

“No, no... non le scritte in straniero”, fece Sid scuotendo la testa. “Queste qui!”, esclamò, e passò il dito su una serie di cinque 'X' marchiate su un lato del coperchio. “Sapete cosa sono?...”

“Sì!”, fece Julie tutt'a un tratto. “E' una classificazione dell'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche... In questo caso, indica un animale altamente pericoloso!”

“Visto?”, esclamò Steve.

“Allora forse è proprio un Lethifold!”, esclamò Nick. “Di chi sarà quella cassa?”

“Non lo so”, disse Sid pensoso “ma qui ci sono delle iniziali... D.B.”

“E chi cappero è?”, sbottò Ellie impaziente.

“Saperlo...”

“Vabbé, dài, vediamo di toglierci di qui, se ci trovano vicino alla Lebenson, siamo fritti”, propose Sal saggiamente, e tutti si incamminarono verso il campo. Ormai non aveva più senso restare lì nel bosco, dovevano tornare a casa. Julie abbracciò di nuovo Ray, e lui, senza pensarci, le dette un bacio sulla fronte.

“Sai una cosa?”, le disse.

“Cosa?”

“Il tuo ex non aveva capito proprio un cazzo, della vita, per lasciare una come te”

Julie sorrise e gli strinse le braccia attorno alla schiena, e in quel momento Ray seppe solo una cosa, con certezza: che avrebbe voluto che quell'abbraccio non finisse mai.

  
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