marshmallow
and pop corn
Jared
Leto sedeva in cucina dietro ad un tavolino d’acciaio.
Il Mac davanti a lui illuminava il suo volto chiaro e i grandi occhi
azzurri
fissi sullo schermo. Al fianco del portatile giacevano il Blackberry,
qualche
foglio, dei libri e un frappé dal gusto indefinito.
Sospirò, portandosi le mani
in faccia e si massaggiò delicatamente le palpebre.
Era la Vigilia di Natale e lui era in casa. Lavorava al computer,
pagine su
pagine aperte, tra queste anche quella di Twitter… e fuori
c’era il sole. Era
una splendida giornata soleggiata il giorno della Vigilia di Natale.
La risata forte e coinvolgente di Shannon spezzò
l’aria, riempiendo le stanze
della casa. Certo, il fratello maggiore aveva una casa tutta sua, ma
era
periodo di festa ed era tornato alla Mars House. Il giorno prima
avevano
festeggiato il compleanno di Constance, la loro mamma, il giorno dopo
sarebbe
stato Natale e il 26 ovviamente era il compleanno di Jared.
Il minore sospirò spazientito, ticchettando le unghie curate
sul controllo del
mouse, gli occhi fissi sul suo blog dove postava foto e contenuti di
ogni tipo.
Si sentiva… svuotato da qualcosa. Sentiva un senso di
insoddisfazione, voleva
fare una cosa ma sapeva perfettamente che non poteva andarsene
così, non
durante le feste e non quando il tour era appena finito ed era davvero
a casa
sua, dove c’era il suo letto, c’erano i suoi
oggetti… anche se per due anni
casa sua era stato il mondo, ora era in un luogo realmente suo.
Shannon rise ancora e lui sbuffò un’altra volta.
Suo fratello era spaparanzato
sul divano bianco a guardare chissà quale film divertente e
a ridere come se
fosse tutto perfetto. Lui era già annoiato dalla vita di
tutti i giorni e suo
fratello godeva che era un piacere.
Beh, almeno non si stava guardando un porno, quello lo avrebbe
disturbato molto
più di una semplice risata.
Puntò di nuovo gli occhi sullo schermo finché
poco dopo la sua attenzione non
venne catturata da Shannon che entrava in cucina, un sorriso divertito
sulle
labbra piene. Aveva dei pantaloni di una tuta neri e una felpa con
cappuccio in
testa, anch’essa scura.
Gli occhi azzurri e grandi del minore incrociarono quelli nocciola e
allungati
del maggiore, che corrucciò le sopracciglia pensieroso.
Jared tornò allo
schermo come se niente fosse.
«Qualcosa non va, Jared?».
«No, tutto okay».
«Sembri... strano», ammise Shannon, avvicinandosi a
lui e oltrepassandolo per
andare al piano di marmo dietro al fratello.
«No, sto lavorando. Sono un po’ scocciato, ecco
tutto».
Shannon si strinse nelle spalle e aprì le ante degli
armadietti della cucina,
alla ricerca dei pop corn da fare al microonde e da gustarsi davanti
alla TV.
Cercò un contenitore da poter mettere dentro al microonde e
vi versò dentro il
mais, lo rivestì con una pellicola trasparente e con
l’aiuto di una forchetta
vi fece dei piccoli forellini. Infilò il tutto nel microonde
e lo azionò,
aspettando che fossero pronti.
Quando finì l’operazione, si voltò
verso Jared che gli dava le spalle e si
appoggiò al ripiano della cucina, attendendo e studiando il
profilo del
fratello.
Gli unici rumori che riempivano la stanza erano il ticchettare delle
dita di
Jared sulla tastiera del pc, il mais che scoppiettava e il basso brusio
della
TV in salotto.
Jared navigava distrattamente su internet, tutti i suoi sensi
erano attenti alla mancanza di movimento dietro di sé e agli
occhi penetranti
che gli pugnalavano insistenti la schiena.
Con uno sbuffo pesante si voltò sulla sieda, torcendo il
busto e puntando gli
occhi azzurri in quelli del fratello.
«Che c’è, Shannon?».
L’uomo sollevò spalle.
«Niente».
«Sputa il rospo. Che ti preoccupa?».
«Ma niente, te l’ho detto!». Shannon
aggirò Jared che lo seguì con sguardo e
corpo quando si portò davanti a lui, aprendo il frigo alla
ricerca disperata di
qualcosa che lo tenesse occupato. Decise di prendere una Red Bull.
«Mi sembri
strano, tutto qui».
Jared inarcò un sopracciglio, facendo apparire una
leggerissima piega tra le
sopracciglia.
«Definisci ‘strano’».
Shannon, impegnato ad aprire la lattina, improvvisamente
alzò gli occhi felini
sul fratello. «Sembri… perso. Ecco, sì,
perso è il termine giusto».
Jared rifletté su quella parola, poi con un gesto stanco
chiuse il pc e si
passò nuovamente le mani sul viso. Quando le tolse apparve
stanco, invecchiato.
«Voglio la neve, Shannon», spiegò
sentendosi scemo. «Lo so, siamo a Los Angeles
ed è già tanto se piove, quindi figuriamoci la
neve. Ma è Natale e qui c’è un
sole che spacca le pietre. Vorrei solo un Natale innevato, un panorama
diverso
da quello di ogni anno…».
Il maggiore sorseggiò la Red Bull, leccandosi
istintivamente le labbra per non lasciare nessuna goccia al caso. Non
toglieva
lo sguardo dal fratello e al momento gli stava fissando i capelli
scompigliati
dato che teneva la testa bassa. Poteva scorgere al massimo un
po’ di barba che
gli cresceva folta sulla guance, nulla di più.
Sinceramente non lo capiva. Era Jared Leto, era appena tornato a casa
dopo due
anni di tour e se proprio voleva partire, poteva farlo senza pensarci.
Provò a
spiegarglielo.
«Jared, che ci fai ancora qui? Insomma, non hai problemi
economici e nessuno ti
trattiene. Apri il computer, prenota un volo per l’Alaska, il
Canada o non so,
dove c’è della neve. Vai di sopra, butta un paio
di vestiti in valigia e parti.
Qual è il problema?».
Ma Jared scosse la testa con un sorrisetto amaro.
«Non posso. Siamo appena tornati dal tour, questa
è casa mia. Non posso
scappare ogni volta che ne sento il bisogno, ho degli
impegni». Afferrò il
bicchiere al suo fianco, accarezzandone la superficie liscia e fredda.
«Ho
appena smesso di viaggiare e vorrei tornare a farlo perché
qui mi sento inutile,
non riesco a stare con le mani in mano».
Shannon sospirò per il fratello impossibile che Madre Natura
gli aveva donato.
Tornò al bancone di marmo e spense il microonde, poi
afferrò la ciotola al suo
interno con l’aiuto di una patina per non scottarsi.
«Parti Jared, vado io a prepararti la valigia se è
necessario».
«Nah, non posso. Ho promesso a mamma che sarei rimasto ed
è anche giusto, il
Natale è da passare in famiglia. Poi
c’è il mio compleanno, chissà che mi
avete
preparato. Non posso andarmene». Di nuovo un sospiro.
«Però vorrei tanto vedere
la neve il giorno di Natale. Vorrei aprire le tende e trovare la strada
bianca,
innevata, piena di gente che si diverte…».
Le ultime parole suonarono malinconiche persino a sé stesso,
figurarsi a
Shannon.
Il fratello maggiore intanto si occupava dei Pop Corn. Aveva tolto la
pellicola
e li stava salando, lasciando che il dolce aroma riempisse la stanza.
Osservava
le sue dita che lasciavano cadere i granelli di sale sulla distesa
bianca e
gialla dei Pop Corn, lo sguardo distratto e lontano, perso in
chissà quale
pensiero.
All’improvviso spalancò gli occhi nocciola,
trovando nei Pop Corn e nella voce
triste di Jared la soluzione.
«Oddio, ho avuto un’idea!»,
esclamò con entusiasmo.
Il minore si voltò ancora, guardando la nuca di suo
fratello. «Che?».
«Zitto, devo uscire! Tieni, mangiali tu!».
Gli schiaffò la ciotola calda tra le mani e lo
superò senza dire niente.
Shannon si limitò a correre in cucina, a prendere le chiavi
della sua Range
Rover e ad uscire come un fulmine.
Jared fissò stranito la porta, finché
l’aroma dei Pop Corn appena fatti non
stuzzico il suo olfatto e il suo palato. Infilò una mano nel
recipiente e si
infilò un pugno intero di Pop Corn in bocca, dimenticandosi
la reazione di suo
fratello e tornando al pc.
Jared si svegliò di buon’ora. Non era in grado di
dormire
fino a tardi, anche se ora era ufficialmente in vacanza.
Questo pensiero gli portò la consapevolezza del fatto che
era il 25 Dicembre,
Natale. Si fermò nel letto con le mani dietro la testa, sul
cuscino, a pensare
alla sua infanzia.
Lui e Shannon non avevano molto e se la cavavano sempre con piccoli
regali. Il
minimo pensiero li rendeva felici, anche perché non
navigavano nell’oro. Di
solito gli amici hippie della mamma regalavano loro cose come bacchette
o corde
della chitarra, ma qualsiasi cosa riguardasse l’arte e la
musica per loro era
perfetto. Appena svegli, lui e suo fratello si fiondavano dalla mamma,
assalendola letteralmente, pregando di poter aprire i regali.
Ora non lo facevano più, tranne Shannon che ogni tanto si
svegliava e andava a
saltare sul letto matrimoniale della mamma, messo in una stanza apposta
per lei
all’interno della grande casa. Probabilmente lo avrebbe fatto
anche quel
giorno, visto che Constance era andata lì la sera prima per
svegliarsi direttamente
con i suoi figli il giorno di Natale.
Jared decise di alzarsi e portò i piedi sul pavimento,
sentendo il freddo del parquet. Subito infilò le sue amate
pantofole Ugg, stiracchio
braccia e schiena ancora seduto sul letto ed infine si alzò
definitivamente.
Indossava dei semplici pantaloni di una vecchia tuta usurata e una
maglietta
bianca con scollo a V.
Scese le scale seguendo la dolce scia di caffè che gli
arrivava, fino a
ritrovarsi nel salotto. Senza guardarsi in giro e notando appena
l’assenza dei
suoi familiari, si diresse in cucina, dove trovò la madre
intenta a sorseggiare
la bevanda di cui aveva sentito il profumo.
«Buongiorno mamma, buon Natale». Le si
avvicinò, le appoggiò una mano sulla
spalla e si sporse a darle un bacio sulla guancia.
Constance sorrise a quella dimostrazione di affetto e si
limitò a dare una
pacca gentile sul fianco del figlio minore.
«Buon natale a te, Jared. Come stai, hai dormito
bene?».
Jared fece un sorriso radioso in direzione della madre.
«Sì, abbastanza. Devo
ammettere che era un po’ di tempo che non dormivo
tanto».
La madre lo osservò mentre andava alla credenza a prendere
una tazza e i
cereali, per poi tornare indietro al frigorifero alla ricerca del latte
di
soia.
Il figlio era ancora pallido, ma probabilmente era dovuto alla mancanza
di
sole. Lo stare dentro a dei palazzetti chiusi di certo non lo aiutava
nella
conquista di una carnagione scura, a parte le braccia che di solito
avevano
sempre un segno netto a differenza del resto del corpo. Da sempre era
magro e durante
il tour era arrivato al suo limite fisico, ma sembrava comunque molto
più sano adesso
che in tutto il tempo che aveva trascorso in giro per il mondo. Ci
sarebbe
voluto del tempo per riprendersi completamente, ma finalmente la parola
‘sano’ aveva
sostituito la parola ‘malato’ che per tempo era
stata scritta a caratteri
cubitali sul suo viso .
«Uhm». Jared si era appena infilato un cucchiaio
ricolmo di cereali annegati
nel latte in bocca. «Dov’è
Shannon?», domandò mentre faceva scorrere la
rubrica
del Blackberry e nel frattempo si cibava.
Doveva fare gli auguri di Natale a Tomo, Vicki, Emma, Tim, Braxton,
Terry…
Insomma, quelle poche persone di cui gli importava davvero.
«E’ fuori in giardino».
«E che ci fa lì? Pensavo fosse in giro a fare
casino come ogni anno».
In sala c’era un grande albero sotto al quale stavano
alcuni pacchetti colorati. Era un po’ una tradizione e di
solito, ad ogni
Natale, trovava Shannon accucciato a terra, pronto a scartare i suoi.
Aspettava
sempre che lui si fosse svegliato per dare il via a scartamenti vari,
questo
solo perché Constance lo sgridava, sennò si
sarebbe messo ad aprire anche i
regali non suoi.
Il sorriso affettuoso della madre lo fece tremare un attimo.
«Vai a vedere tu
stesso».
Inarcò un sopracciglio, preoccupato e pensieroso. Stavano tramando qualcosa di
cui non sapeva
nulla.
Andò in salotto facendo scivolare il Blackberry nella tasca
dei pantaloni, la
tazza di cereali tenuta solo con la mano destra. Si piazzò
davanti alla
finestra e aprì la tenda con la mano libera, mentre la madre
lo affiancava ed
apriva quell’altra.
Shannon era lì fuori, in una perfetta giornata soleggiata,
vestito con il suo
cappotto più pesante, con un cappello in testa, come se si
crepasse dal freddo.
Era concentrato su qualcosa che Jared non riusciva a vedere,
perché lo copriva
interamente con il suo corpo.
Qualcosa di bianco e che cadeva dall’alto catturò
la sua attenzione e… ma
quella era neve?
Jared non credette ai suoi occhi. Non solo per
l’impossibilità della cosa a Los
Angeles, ma anche perché fuori sembrava esserci una giornata
fin troppo serena
per la neve, il cielo era limpido e il sole alto, non c’era
proprio un’atmosfera
adatta.
Studiò le cose bianche che cadevano dal cielo. «Ma
che cosa sono quelli?».
Di certo non erano fiocchi di neve, troppo grossi e consistenti per
crederli
tali. Lasciò la madre alla finestra e andò alla
porta, aprendola appena fu a
portata di mano.
«Che stai facendo?».
Shannon si voltò verso la voce, un sorriso felicissimo a
curvargli le labbra.
«Ehi, buongiorno Jared! Buon Natale!».
Il maggiore aprì le braccia, rivelando a cosa stesse
lavorando: sembrava un
pupazzo di neve, ma non era fatto di quel materiale. Jared
uscì in giardino, la
temperatura era mite e la sentiva attraverso i vestiti. Shannon stava
sicuramente morendo di caldo sotto a quell’ammasso di abiti
che indossava. Notò
anche i suoi occhialoni da snowboard sulla testa del fratello e si
domandò che
cacchio li avesse a fare visto che lì era impossibile
scendere pendii innevati.
Si avvicinò al pupazzo e picchiettò le nocche
sulla testa, per poi scrutarlo.
Era fatto di polistirolo.
La sua attenzione venne catturata quando la sua tazza si
riempì di marshmallow e
pop corn. Aprì
la mano dove piovve qualche pop corn che si portò
immediatamente in bocca, per avere
la certezza di non sbagliarsi.
«Che stai facendo, Shannon?», ripetè,
ruotando su sé stesso e guardando il
fratello.
Nel vedere la disapprovazione di Jared, Shannon si fece più
piccolo.
«Niente, stavo solo tentando di farti felice»,
spiegò. «So che qui è
impossibile avere la neve e tu non volevi partire, così ho
provato a portare la
neve da te».
Un sorrisino questa volta forzato sul volto del maggiore. Jared lo
osservò e
aprì di nuovo la mano, sulla quale cadde un marshmallow
bianco. Ne studiò la
consistenza schiacciandolo e poi si portò in bocca anche
quello, gustandolo.
«Ieri sono andato a prendere uno di quei cosi»,
riprese Shannon, cercando una
giustificazione e indicando un aggeggio che sembrava uno spara palle da
baseball. «E ho pensato di riempirlo con qualcosa di bianco,
i pop corn mi
hanno dato l’idea! Insomma, non sono riuscito a trovare la
neve vera, così ho
pensato di arrangiarmi con quello che c’era in
casa».
Jared indietreggiò sentendo uno scricchiolio sotto le Ugg.
Non era lo stesso
scricchiolio prodotto dalla neve e quando alzò il piede per
guardare la suola,
trovo i pop corn, bianchi e giallognoli, spiaccicati alla sua pantofola.
Riportò il piede alla posizione iniziale e
sospirò. «Pulisci tutto, Shannon».
«Ma…».
«Ma niente, questo giardino sta diventando un porcile! Datti
una mossa e
rientra».
Seguì il suo stesso consiglio e tornò in casa,
alla ricerca della madre che li
aveva guardati per tutto il tempo dalla finestra. Appoggiò i
cereali pieni di
marshmallow e pop corn sul primo ripiano utile e affiancò
Constance.
«Certo che qualche volta potresti dargliela una soddisfazione
quando fa queste
cose».
Jared osservava Shannon che si era già spogliato degli abiti
pesanti, aveva
spento la macchinetta spara marshmallow e pop corn e con un sacco in
mano stava
raccogliendo il cibo dal prato.
Jared sorrise contento e si strinse le spalle.
«Ho paura che se un giorno gli dicessi che è un
fratello fantastico, potrebbe darlo
troppo per scontato senza più impegnarsi come fa
ora».
Constance alzò la testa verso il figlio sorridente e
commosso dal gesto del
fratello. Jared era un lupo solitario, era come un gatto randagio che
non ha
bisogno di nessuno. Ma di una cosa non poteva fare a meno, e quella
cosa, o
meglio quella persona, si chiamava Shannon. Era l’unico punto
veramente fisso
nella sua esistenza.
Certo, c’era anche lei, ma non sempre poteva seguire i
suoi figli in giro per il mondo. L’unica cosa che la
rassicurava sui lunghi
periodi di distanza era che Shannon e Jared erano sempre insieme e si
prendevano cura l’uno dell’altro.
Jared era felicissimo del gesto del fratello. Non pensava sarebbe mai
arrivato
a tanto, ma non sapeva nemmeno come esprimersi. Forse si sarebbe
scusato per
poi ringraziarlo… tra una decina d’anni.
«Non voglio che smetta di fare questo per me, mamma. Mi rende
sempre felice,
anche se fa delle enormi cazzate».
Constance annuì nascondendo un sorriso. Jared e Shannon, due
facce
completamente diverse della stessa medaglia.
Se esisteva un’Anima Gemella per loro, allora
l’avevano già trovata da un sacco
di tempo.
Jared scosse la testa osservando il broncio del fratello. Gli faceva un
po’ pena
ma lo faceva anche ridere.
«Certo che però poteva usare dei foglietti di
carta, come facciamo ai concerti.
Oh, mamma mia, ho un fratello troppo scemo e troppo buono».
E dicendo ciò, andò a prendere il regalo che
aveva fatto a Shannon da sotto
l’albero. Uscì dalla porta d’ingresso e
chiamò il fratello triste, invitandolo
in casa per scartare i regali.
Il sorriso e il gesto mal riuscito di Shannon furono la cosa che
più gli
riscaldarono il cuore durante quel lungo Natale.
Non
so perché, ma questa storia mi è uscita
così. Non ha un senso, ovviamente,
ma va beh, io sono una persona assolutamente demenziale e senza senso :D
Spero solo che vi sia piaciuta e che abbiate avuto il coraggio di
leggere!
E a chiunque leggerà, vi amo un sacco <3
Ire.