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Autore: _Misery    06/12/2011    1 recensioni
Una leggiadra fanciulla: una bestia in cerca dei suoi demoni.
[piccolo racconto per una vecchia sfida tra due pg di un forum, ascoltando a random gli Hurts; spero non sia troppo male!]
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La tua bocca è un ghigno, un ghigno rosso e sanguigno come il plasma che mi sta raggelando le vene. Sai, Rose? Tutto continua a pulsare regolarmente, come una volta. Le mie arterie, i capillari nelle mie gambe e attorno alle mie pupille, sono ancora tutti a tempo con il ticchettio fisiologico e terribilmente normale del mio corpo.
Ma tu mi hai martoriato – sai, Rose? Mi hai – come dire – sbocconcellato l’anima, lentamente, quasi senza voglia e senza desiderio; poi l’hai lasciata così, senza finire di divorarla coi tuoi denti da bestia, completamente scoperta. E adesso la tua bocca è un ghigno, un ghigno che ha il colore nero e sporco della notte e che stride fastidiosamente, dietro la stretta fascia di metallo che ti copre il volto.
Sento che lo affili, Rose, lo affili come se fosse la più preziosa delle tue lame. Hai una tale, dannata fame. Il tramonto l’ha infiammata all’improvviso, ed è lo spettacolo più sublime e orribile che si possa mai incontrare al mondo. Hai fame, ora lo capisco. Ma una volta avevo paura – sai, Rose? Eri così alta, sottile e pungente, come se, sotto al tuo aspetto da gelido bocciolo straniero, qualche scienziato pieno di sé avesse nascosto una strana struttura in metallo mossa da complicate leggi fisiche; eri così silenziosa e vicina a me, Rose, che alle volte potevo quasi immaginare di conoscerti.
Non credi? Avremmo potuto essere maledettamente affini.
Certo, nel frattempo mi è sfuggito qualche piccolo particolare. Ma non sono stupidi e trasognati, gli adolescenti? Non lo ero, anch’io, quando credevo che i tuoi occhi fossero bassi solo per timidezza, e che le tue iridi fossero scarlatte solo per uno strano gioco della luce pomeridiana? Le tue mani non erano fredde per il vento che spirava dai fiumi russi, Rose, e la tua gola non era ardente per la fame di pane umano.
Mi stai guardando, e continui a ghignare. Ne vedo i lampi dietro la maschera. Ehi, Rose, sai che quel tuo strano sorriso da bestia ferita e quella tua pelle calda, rosea e tecnicamente morta mi stanno stringendo i ventricoli, ad uno ad uno? So che non vuoi mangiarmi, lo so. So che se adesso ti stai lanciando su di me è solo per disperazione – d’altra parte, oramai non puoi farmi più alcun male. Le tue lame – i tuoi denti – stridono continuamente, l’una sull’altra, in cerca di altre anime e di altro sangue da corrodere. Sei una bestia, una bestia, Rose. Nemmeno i proiettili d’argento possono scalfirti, perché sei il peggiore dei lupi: e pensare che fior fiori di scienziati e alchimisti hanno sprecato il loro preziosissimo tempo per queste armi. Sei…
Per tutti gli agnelli sacrificali, sei una bestia, Rose! Mi hai appena graffiato, con quelle tue manacce da sirena. Possibile che quel tuo patto con il diavolo di tanti anni fa non ti abbia reso nemmeno un tantino più educata? Ovvio che non mi fa male, questa tua totale mancanza di delicatezza – a pensarci bene, non sono altro che un rimasuglio di carne del vecchio Kaito –, ma non è affatto piacevole. Credevo che, dopo tutte le notti passate ad inventare strani malefici su quel lontano altare sconsacrato, beh, avessi imparato un po’ d’eleganza; mi sarei certamente aspettato di più dalla creaturina che si è leccata i baffi col mio sangue per mesi.
Sai, Rose? Non mi piace doverti gettare così, da un lato, come un povero gatto smagrito. Eppure devo farlo: sei talmente irritante, a volte, anche con quella tua fascia di metallo sul ghigno sgraziato (ho dovuto cucirti gli angoli della bocca, pensa, per quanto ti aveva deformato il volto). Adesso mi dispiace anche dover tirare fuori questo bisturi; cerca di capirmi. Ho pensato che tu fossi bellissima così tante volte, che ora mi sembrerebbe proprio un peccato doverti incidere il petto.
Oh no, no, no, non guardarmi così. Pulisciti tutta quella rabbia dal viso, per favore. Non sono folle, come tu non sei ingenua: nessun demone ti ha ingannata, nessuno spirito ti ha promesso la vita eterna in cambio del tuo corpo mortale. Tu hai cercato quei demoni, tu hai voluto che quegli spiriti stringessero la loro mano destra con te. Tu sei una bestia per scelta, non è vero, Rose? Perché avevi più fame di chiunque altro, e questo era l’unico modo per soddisfarla. Cerca di capirmi. Mi hai inaridito per notti e giorni – prima con i denti e la gola, poi con le parole. Io vorrei solo riavere la vita che mi hai spremuto via, mi capisci, vero? E quella vita è nel tuo cuore immobile, è tutta lì, non può essere altrove: non mi sono venduto ad altri che a te, Rose.
Probabilmente sarebbe stato molto più facile provare a farlo di giorno: tu te ne saresti rimasta serena e pallida nella tua tomba – sul petto, il libro di poesie che ho fatto seppellire insieme a te –, gli angoli della bocca un po’ aperti per il torpore e per il pensiero del crepuscolo imminente, ma io non avrei ottenuto altro che un cuore duro e grigiastro. È in questi momenti che si risveglia, no? Perfetto.
Ora che mi ci fai pensare sì, Rose, è probabile che tu muoia – o, meglio, che tu muoia di nuovo. Ma credo che capirai: mi riprendo solo quel che è mio, in fondo; dopotutto suppongo che a te non serva davvero un cuore, dato che sei un cadavere ambulante. Non credo nemmeno che potrebbe farti molto male una tale, infinitesimale lametta; figurarsi, non ti ha mai graffiato nemmeno una pallottola. Aspetta che ti tolgo questa stupida fascia di metallo dalla bocca: sei così bella, Rose. Peccato che ci siamo ridotti in questo modo, per poter arrivare ad una fine. Non trovi? Davvero un peccato.
Ah, dimenticavo.
Io sono Rose.
Povero, povero Kaito. Non avresti mai dovuto promettere il tuo cuore ad una vampira: sai che prendiamo tutto molto sul serio, anche e soprattutto se si tratta della promessa di uno squilibrato, anche e soprattutto se stiamo giocando con le persone come se fossero bambole a cui scambiare anima e vite.
Do svidaniya, Kaito. Quando pronunceranno la tua messa dai un’occhiata all’ora, di tanto in tanto. Di solito sono in anticipo.

   
 
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