Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Lizzyluna    06/12/2011    2 recensioni
Ron è convinto di aver fatto un ottimo affare in quel negozietto polveroso. Non si rende conto che quei tredici zellini hanno comprato anche la sua rovina...
Scritto per il Characters & Places, Songs & Prompts... Impossible Contest!
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Scritta per il Characters & Places, Songs & Prompts... Impossible Contest! e ambientata durante il settimo anno, immaginando che anche Ron e Harry siano tornati a scuola.Una persona normale avrebbe tirato fuori una sdolcinata Ron/Hermione con gli elementi che ho scelto, ma che io non sia una persona normale l'avrete già capito da un pezzo...

San Francisco: Ron Weasley
Gemelli: Attrazione
Celeste Polvere: Hogsmeade
232: "Can't Take My Eyes Off You"



Can't Take My Hands Off You – Lettere pericolose


Per la decima volta in quel pomeriggio, Ron Weasley si ritrovò a passare davanti alla vetrina di Scrivenshaft e rallentare il passo. Rischiò seriamente di essere investito da Harry per quella manovra, ma non udì le sue imprecazioni né i mugugni di Ginny, impegnato com’era a cercare qualcos’altro.
«Che c’è, Ron?» si interessò Hermione, affiancandolo.
«Nulla» borbottò Ron. I suoi occhi, però, corsero subito all’angolo più nascosto dello scaffale, che a giudicare dalla quantità di insetti morti non veniva pulito da anni; lì, tra una boccetta di inchiostro e un vaso pieno di penne di fagiano, faceva bella mostra di sé l’oggetto che aveva colpito la sua fantasia e che, nonostante i suoi sforzi, non riusciva a togliersi dalla testa. Era un calamaio nero, decorato da quello che sembrava un minuscolo ritratto ovale in diverse sfumature di grigio e accompagnato da una penna anch’essa nera, ad eccezione di una striscia più chiara. L’estremità sembrava soffice come un batuffolo di cotone, e Ron non poté evitare di chiedersi come sarebbe stato piacevole toccarla.
«Qualunque sia la cosa che ti piace tanto... ti prego, comprala!» sbuffò Ginny esasperata. «È la centesima volta che passiamo di qui!»
«Sì, come se me lo potessi permettere!» ribatté Ron. «Se è antico come sembra, costerà almeno...»
«Tredici zellini» disse Hermione, sbirciando oltre la sua spalla.
«Come?»
«Tredici zellini. C’è scritto sul cartellino».
«Quale cart...» ma gli bastò una seconda occhiata per individuare un rettangolino di pergamena candida (troppo candida, in verità, in confronto ai foglietti ingialliti che contrassegnavano gli altri oggetti) con un 13 Z. annotato con cura.
«Non è molto per un calamaio così particolare» valutò Harry. «Forse è rotto, o ha qualcosa che non va...»
«O forse è maledetto» ipotizzò Ginny. Si era avvicinata a sua volta al vetro e stava esaminando l’oggetto con occhio critico. «Carino, però. Un po’da nonna, magari, ma se a te piace...»
«A me sembra molto... ehm... fine» intervenne in fretta Hermione, troncando la risposta acida che stava per uscire dalle labbra di Ron. Si passò le mani tra i capelli e all’improvviso s’illuminò: «Oh, forse quest’anno non dovrò impazzire per cercarti un regalo di Natale! Non puoi dimenticarti di averlo visto, Ron?»
Ron fece per dirle che sì, certo che poteva, ma si rese conto di punto in bianco di provare un inspiegabile fastidio all’idea che qualcun altro toccasse il suo calamaio. «Beh, ormai mi hai rovinato la sorpresa» replicò allegramente. «E poi non vorrai levarmi la soddisfazione di stupire la mamma con il mio ottimo senso degli affari?»
Prima che Hermione gli regalasse una risposta, il ragazzo aveva già una mano sulla porta del negozio e l’altra pronta ad attirare l’attenzione della commessa, una strega sui vent’anni che sfogliava una rivista e intanto si mordicchiava con impegno le unghie rosa confetto. «Mi scusi…» esordì lui. «Scusi, quel calamaio in vetrina...»
La commessa si avvicinò senza fretta, masticando una gomma, e si chinò a prendere l’oggetto che Ron le indicava. «Buffo, non sapevo nemmeno che ce l’avessimo in negozio!» commentò, rigirandoselo tra le mani in un modo che fece venire a Ron i sudori freddi. «Chissà da quanto tempo è qui... ottima scelta, comunque, la tua mamma ne sarà felicissima».
«Che c’entra mia mamma?»
«È un calamaio da signora... guarda, c’è anche un ritratto» spiegò la giovane strega, e sollevò la boccetta per farglielo vedere. «O forse era di un uomo che ci ha fatto mettere il ritratto dell’innamorata, chissà... beh, te lo incarto?»
Stordito dalle ciance della commessa, Ron annuì distrattamente e la seguì verso il bancone, con il denaro già pronto in tasca. Quando rovesciò il suo tesoro davanti alla giovane, quella lo fissò come se non avesse mai visto nulla del genere e lui temette di sentirsi dire che no, quelle monetine non bastavano, stava forse scherzando? Tredici zellini per un calamaio… troppo bello per essere vero.
E invece la commessa contò sulle dita con espressione concentrata e tolse una moneta dal mucchio, stabilendo che ce n’era una di troppo. Cinque minuti dopo l’incredulo cliente era fuori, con il borsellino più leggero e un involto malfatto tra le mani: da uno strappo nella carta sbucava la penna, impeccabile e solenne come una bandiera dei pirati. «Beh... eccolo qui!» annunciò con un sorriso incerto agli amici che lo aspettavano.
«Era ora... fa vedere, Ron!» esclamò Ginny; tese la mano per prenderlo, ma strillò di dolore e sorpresa quando Ron si ritrasse, sottraendole il pacchetto. «Ahi! Ron Weasley, accidenti a te!»
«E io che ho fatto?» sbottò il ragazzo offeso.
La sorella gli sventolò sotto il naso il pollice decorato da una striscia rossa. «Guarda! Il tuo stupido coso mi ha morsa
Harry ebbe il buon gusto di non ridere, ma era evidente che si stava trattenendo a fatica. «Ti sarai tagliata con la carta, sembra bella dura» disse in tono conciliante. «Ecco, prendi il mio fazzoletto».
Mentre Ginny tamponava con cura il dito ferito, scoccando occhiate malevole al fratello, Ron liberò con la medesima attenzione il suo tesoro e lo mostrò a Hermione, badando a tenerlo a distanza di sicurezza. Visto da vicino era ancora più bello: dall’elegante forma ovale, con una fascetta d’argento decorata a foglioline d’edera sotto l’imboccatura, sembrava più una boccetta di profumo che un calamaio.
«Che strano, non c’è il tappo» gli fece notare Hermione. «Qui c’è una catenella, forse era attaccato qui ed è andato perso… Dovrai chiuderlo con qualcos’altro, o l’inchiostro si seccherà».
Ron riteneva che l’idea di incastrare un tappo di sughero, o peggio di stoffa, sul suo bel calamaio nuovo fosse a dir poco un sacrilegio, ma non gli andava proprio di discutere in un pomeriggio che fino a quel momento era andato tanto bene. In verità non gli andava di fare un bel niente, a parte studiare il delicato medaglione fino a memorizzare ogni singolo dettaglio, ogni… tratto? Pennellata? Incisione? Che tecnica era mai quella?
«È un peccato che sia in bianco e nero» commentò Harry, finalmente libero dai suoi compiti di infermiere. «Il ritratto, intendo. Strano che sia voltata… insomma, così».
«Si dice tre quarti, Harry» sospirò Hermione. «Molto bello, davvero. Riesco quasi a vedere cosa c’è sul cammeo che porta al collo… a quanto pare sei un vero intenditore, Ron».
Sorridendo compiaciuto, lui avvolse di nuovo la boccetta nella carta e trasferì il tutto nella tasca più profonda del mantello, facendo attenzione a non rovinare la piuma. Non protestò quando Hermione dichiarò che avrebbero fatto meglio a rientrare, quindi niente puntata a Mielandia: anzi, la prospettiva di mettere al sicuro il prezioso oggetto gli sembrava molto più golosa della solita scorta di Cioccorane. Si sentiva leggero e di ottimo umore, come se quell’acquisto d’impulso avesse alimentato la sua fiducia in sé stesso.
«…d’accordo, Ron?»
Il ragazzo si riscosse al suono della voce dell’amico. «Ehm… dicevi, Harry?»
«Che è strano non vedere Malfoy in giro» ripeté il giovane Potter. «Quasi quasi mi aspetto ancora di vederlo comparire».
A differenza di loro quattro, Malfoy non era tornato a Hogwarts per recuperare i mesi di studio persi; del resto quasi nessuno dei suoi compagni di Casa l’aveva fatto, preferendo completare la propria istruzione a casa o presso un’altra scuola di magia. All’inizio dell’anno scolastico i Serpeverde presenti erano solo dieci, quasi tutti del primo e secondo anno; altri si erano aggiunti in seguito, superato il timore di insulti e discriminazioni, ma il tavolo verde e argento aveva ancora parecchi posti liberi.
Solitamente Ron non mancava di notare l’assenza dei loro nemici giurati, sottolineandola con qualche battuta, ma quel pomeriggio la sua attenzione era calamitata da ben altro: rispose all’amico con un mugugno generico e affondò la mano in tasca, sorridendo al contatto rassicurante con la piuma. Sì, era morbida come si aspettava; non vedeva l’ora di tenerla in mano.

Quando gli studenti rientrarono al castello, la cena era già in tavola. Ron si servì in fretta, rischiando di strozzarsi un paio di volte, e poi si fiondò in sala comune per inaugurare la penna, seguito dai commenti ironici e perplessi degli amici. Occupò il tavolino più vicino al fuoco, disponendovi pergamena, libri e boccetta d’inchiostro, e si preparò a sostenere una lotta all’ultimo sangue con il tema di Trasfigurazione che la McGranitt aveva assegnato il giorno prima.
Tolse la piuma dal calamaio per riempirlo e stappò la boccetta con un colpo del pollice, ma quando fece per versare l’inchiostro si rese conto che sulla pergamena pulita che aveva preparato si stava allargando una grossa macchia scura. Si grattò il naso, perplesso, poi notò che la punta della penna che aveva appoggiato sul foglio era nera e umida.
Strano. Il calamaio è sicuramente vuoto.
Infilò il dito nel contenitore, tanto per esserne sicuro: lo ritirò pulito. Scarabocchiò qualcosa su un pezzo di pergamena rovinata: la penna lasciò una scia scura.
«Autoinchiostrante» commentò ad alta voce. «Ma allora, che bisogno c’era di un calamaio?»
Concluse che la penna fosse stata aggiunta in seguito, magari da un commesso che per sbaglio aveva scelto quella invece di una normale; tuttavia decise di sfruttare ugualmente il calamaio, come gesto simbolico di benvenuto, e ci versò dentro una dose generosa d’inchiostro… che traboccò tutta, fino all’ultima goccia, sulle sue mani. «Ma che cavolo…» imprecò, affrettandosi a pulire con qualche colpo di bacchetta. Eppure il contenitore era vuoto, ne era sicuro: che razza di oggetto era mai quello?
Confuso, Ron riprese la penna e cominciò a scrivere l’intestazione del compito. Era solo a metà quando la penna cominciò a grattare senza lasciare segni: dunque non era autoinchiostrante come aveva creduto.
Sempre più strano.
Se la rigirò tra le mani, sul punto di ripescare la sua vecchia piuma e cominciare finalmente quel benedetto compito, ma un’improvvisa ispirazione lo spinse a intingerla nuovamente e tracciare qualche altra lettera. Funzionò: sulla pergamena apparve una linea scura creata dall’inchiostro fantasma.
Soddisfatto, scrisse un’altra parola, e poi un’altra, e un’altra ancora, senza pensare, senza chiedersi se quei segni avessero un senso (ma sapeva che ce l’avevano, lo sentiva da qualche parte sotto la sua pelle) e quando si fermò per soffiarsi il naso scoprì con soddisfazione che aveva tirato fuori ben quindici righe senza alcuno sforzo: un vero record per lui.
«Calamaio nuovo, Ron?» chiese Demelza Robins, e Ron sobbalzò perché non l’aveva vista sedersi al tavolo di fronte a lui. «E che bella penna! Chissà di che uccello è, dev’essere magnifico vederlo volare con tutti quei colori addosso».
«Co... lori?» Ron sollevò perplesso il nuovo acquisto e notò che Demelza aveva ragione: sotto la luce della lampada la penna acquistava mille sfumature diverse, come una bolla di sapone. Ancora meglio! pensò soddisfatto. Ho proprio fatto bene a comprare questa meraviglia!
Intinse di nuovo la punta nel calamaio e continuò a scrivere, godendosi la sensazione delle parole che si riversavano con facilità sul foglio, invece di annodarsi nel suo pugno come facevano di solito. Gli sembrava che fosse la penna a guidargli la mano, e non viceversa; non avvertiva la minima fatica mentre ricamava una riga dopo l’altra, con l’andirivieni dei compagni a fare da sottofondo e la luce del fuoco che faceva danzare l’ombra della pila di libri sul piano del tavolo. Non notò il progressivo svuotamento della stanza, e nemmeno il silenzio che la avvolse poco dopo; si riscosse solo quando una voce conosciuta lo richiamò alla realtà: «Ron, sei già in piedi?»
Il ragazzo alzò lo sguardo dalla pergamena e lo fissò negli occhi di Ginny, che gli stava davanti con i capelli umidi e il viso gonfio di sonno. «Già? Che… che ora è?»
«Le sette e mezza» rispose la sorella dopo un’occhiata all’orologio.
«Di… di sera?» mormorò lui confuso. Si rese conto vagamente di avere ancora la penna stretta nel pugno.
«Spiritoso!» replicò lei acida. «Ti stai portando avanti con i compiti? Ottimo, avrai più tempo per allenarti... io mangio e poi vado a fare qualche giro di campo, ti aspetto giù».
«Giù?»
Ginny alzò gli occhi al cielo. «Al campo» spiegò. «Sveglia, ci sei? Il campo. Il Quidditch. L’allenamento».
«Ah… ah, già» balbettò lui. «Il campo. Sì. D’accordo».
La ragazza si congedò con una significativa occhiata di commiserazione, lasciandolo solo con i suoi fogli. Il fatto che l’allenamento di quella mattina gli fosse del tutto uscito di mente era grave, ma l’aspetto più irritante era un altro: a quanto pareva, aveva trascorso la notte a quel tavolo senza nemmeno rendersene conto e si era addormentato sul tema. Probabilmente aveva le parole stampate sulla fronte, se il sonno l’aveva colto quando l’inchiostro era fresco.
Soffocando uno sbadiglio, aprì la borsa e cominciò a radunare le sue cose per portarle in dormitorio; piegato con cura il tema incompleto, spostò il manuale di Trasfigurazione che giaceva aperto sul tavolo e si ritrovò fra le mani altri due rotoli coperti da cima a fondo con la sua calligrafia.
Li fissò inebetito, senza riuscire a credere a quello che vedeva: la scrittura era inconfondibile e il nome Ronald Weasley spiccava nell’angolo in alto a destra, ma quel trattato non poteva certo essere opera sua! «Harry e gli altri mi hanno fatto uno scherzo» mormorò. «Sì, dev’essere così… mi hanno visto dormire e mi hanno messo questi fogli sul tavolo…»
Quella spiegazione non lo convinse del tutto, ma si sentiva troppo confuso per prendere in considerazione altre ipotesi, così stipò tutto il materiale nella borsa e salì in dormitorio per prendere la scopa. Scoprì che i compagni stavano ancora dormendo, ad eccezione di Harry, che era in bagno; muovendosi con cautela, ripose la sua roba nel baule, recuperò Tornado e divisa e fece per uscire, ma quando giunse alla porta un’idea improvvisa lo spinse a tornare indietro: ripescò il calamaio nuovo e lo poggiò in bella mostra sul comodino, in modo che il ritratto guardasse verso il campo di Quidditch.
Quando scese in Sala Grande per la colazione, il mistero dei fogli in più era già stato dimenticato.

L’allenamento fu un vero successo per la squadra: Harry ebbe ben poche critiche da fare ai compagni, e per l’amico Portiere trovò solo parole di elogio. «Sei stato perfetto, Ron!» esclamò, accompagnando il complimento con una pacca sulla spalla. «Non ti ho mai visto giocare così bene».
«Peccato che Malfoy non sia qui a rodersi il fegato!» gli fece eco Ginny.
L’unico a non essere soddisfatto fu proprio il diretto interessato. Le numerose parate inanellate durante l’allenamento non erano bastate a sopprimere lo strano prurito alle mani che l’aveva tormentato fin da quando aveva messo piede in campo; sentiva di aver bisogno di qualcosa, senza sapere di cosa si trattasse. Inquieto, tornò alla torre di Grifondoro senza prestare attenzione a Harry, che proponeva un brindisi in sala comune per festeggiare, e proseguì meccanicamente fino al dormitorio; fu accolto da un cra di Oscar, il rospo di Neville, proveniente da dietro le tende del letto del padrone.
«’Giorno, Ron» mormorò Seamus facendo capolino dal bagno. «In piedi presto stamattina? Non ti ho sentito uscire».
«Mi porto avanti con Trasfigurazione» rispose lui in tono allegro. «Sai com’è, noi salvatori del mondo magico dobbiamo mantenere un certo livello».
«Già» commentò il compagno con una smorfia. «Ansia da M.A.G.O, eh? Sai, non avrei mai creduto di dirlo, ma ogni tanto mi manca giocare a nascondino con i Carrow».
«A te, forse» mugugnò Neville, ancora nascosto dalle tende. «Io ci ho rimesso abbastanza pezzi di pelle, grazie».
«E io no?» lo rimbeccò Dean, entrato in quel momento. «Sapete che vi dico? Dovrebbero darci tutte E sulla fiducia!»
«In Cura delle Creature Magiche la E non te la darei, Neville» scherzò Seamus.
Ron accolse con un sorriso quelle punzecchiature – capiva perfettamente il bisogno dei compagni di scherzare su quello che avevano passato – e in quel momento il suo sguardo si posò su uno dei comodini e sull’oggetto che ci stava sopra: schivando Neville, che brandiva un’invisibile spada fingendo di massacrare Seamus, lo raggiunse e lo prese in mano e si stupì nel sentire quella strana irrequietezza spegnersi all’istante.
«Non è ancora finito» intervenne Dean notando la sua mossa. «Pensavo di lavorarci prima di pranzo, te lo passo oggi pomeriggio se vuoi».
«Uh… no, grazie, io l’ho fatto» rispose lui posando in fretta il rotolo. «Devo solo ricontrollarlo e poi farò Incantesimi».
Presi borsa e calamaio, tornò nella sala comune, che si stava lentamente riempiendo degli studenti più mattinieri, e si insediò al tavolo della sera prima per rileggere il tema di Trasfigurazione. Scoprì che era lungo due fogli e mezzo di frasi sensate scritte con la sua calligrafia, decisamente troppo raffinate per essere uno scherzo: per quanto fosse difficile da credere, erano evidentemente opera sua. Beh, tanto meglio si disse con un’alzata di spalle. Posso iniziare Incantesimi.
Si guardò intorno per cercare ispirazione su cosa evocare per il compito di Vitious e notò una borsa sulla poltrona più vicina al suo posto: dall’apertura spuntava con aria invitante un rotolo di pergamena. Un colpo di bacchetta e l’oggetto giunse nelle sue mani; Ron lo spiegò e corrugò la fronte nel notare le macchie e le imperfezioni che lo costellavano. Con la mia penna speciale verrebbe molto meglio si disse impugnandola e prendendo un foglio nuovo; in fondo aveva molto tempo a sua disposizione e l’ignoto compagno non si sarebbe di certo offeso per un piccolo aiuto.
Badando a imitare il più possibile la forma delle lettere, Ron cominciò a copiare il tema che, notò con soddisfazione, era più corto del suo; scrisse alacremente per mezz’ora ed era quasi giunto alla fine della prima facciata quando un’ombra minacciosa si delineò sul piano di lavoro, animata da un tremolio che non era dovuto solo alla luce del fuoco. «Ron Weasley!» ringhiò l’ombra. «Che accidenti stai facendo con il mio compito?»
«Oh… ciao, Hermione!» esclamò l’interessato sfoderando un enorme sorriso. «Lo stavo…»
«Copiando, ho visto!» lo interruppe la ragazza in tono glaciale. «Quello che non capisco, Ron Weasley, è perché diavolo hai copiato anche il mio nome, oltre al mio sudato lavoro».
«Lo stavo riscrivendo!» si difese lui. «Sul serio, la tua penna è terribile, guarda che graffi lascia… E poi non ho bisogno di copiarlo, io ho già finito».
«Tu hai già…» ma il tema di Ron aveva appena attirato la sua attenzione: lo esaminò in silenzio, il viso sempre più sbalordito man mano che procedeva nella lettura, e giunta alla fine lo posò con cautela come se temesse che le scoppiasse in mano. «Hai scritto quaranta centimetri più di me!» sbottò in tono accusatorio. «Che libri hai usato?»
«Non lo so» rispose lui candidamente. «Mi è venuto di gett…» ma Hermione era già corsa fuori, probabilmente per scandagliare la biblioteca a caccia d’informazioni.
Ridacchiando, Ron riprese il tema che la ragazza aveva abbandonato e si accinse a continuare il proprio lavoro di copiatura; intingendo la piuma nel calamaio, però, si accorse che qualcosa di indefinibile era cambiato. Voltò la boccetta verso la luce e vide che sì, c’era qualcosa di diverso: le guance della donna erano tinte di un delicato rosa. «E questo tralcio di roselline sullo sfondo c’è sempre stato?» si chiese sollevando il calamaio per vedere meglio. «Mah, forse tenendolo in mano ho tolto un po’di sporcizia».
Rise di nuovo e proseguì di buona lena nella scrittura; quando terminò di cesellare l’ultima parola, decorandola con uno svolazzo, scoprì che era quasi ora di pranzo. «Là! E oggi, pomeriggio libero per Incantesimi!» dichiarò orgoglioso.
Solo che non fu affatto così: quando rientrò dopo il pranzo, decise che aveva tempo in abbondanza e quindi tanto valeva riempirlo con una lettera alla madre per raccontarle del nuovo acquisto. Aveva a malapena concluso la firma quando si ricordò che da parecchio tempo non parlava con Charlie della salute di Norberta e che Bill era in Honduras per lavoro ed avrebbe sicuramente avuto parecchio da raccontargli; insomma, quando venne la sera il tavolo di Ron era ingombro di lettere per tutta la famiglia, compresa la prozia Muriel.
Quando Harry rientrò in sala comune, trovò l’amico grafomane intento a riempire di parole un foglio che cominciava con Caro Viktor. «Ehi, Ron!» lo salutò. «Ti senti bene? Ti vedo un po’… scolorito?»
«Mai stato meglio» mugugnò lui, a metà di un particolareggiato resoconto degli allenamenti di quella mattina. «Hai fatto il tema per la McGranitt?»
«Pensavo… ehm… dopo cena…» balbettò il ragazzo con aria colpevole.
«Sì, sì, ho capito» tagliò corto Ron. «Se vuoi dare un’occhiata al mio, fai pure».
«Oh… ehm… grazie» rispose Harry lasciandosi cadere su una sedia al suo fianco. «Come vanno le Evocazioni? Io sono arrivato alla forchetta, ma la matita proprio non mi riesce, troppi materiali insieme».
«Io riesco a fare queste!» intervenne Hermione trionfante, scagliando una manciata di foglie verdi sul tavolo. Dietro di lei, Calì Patil spazzolò mestamente dalla sua divisa il mucchio di cenere che vi era appena apparso come premio dei suoi sforzi. «Se solo il mio tema fosse altrettanto facile da evocare… non so proprio da dove accidenti hai preso quelle informazioni, Ron».
«Segreto professionale!» rispose lui con un sogghigno. «Non farci caso, è arrabbiata perché ho scritto più di lei» spiegò poi all’amico, quando Hermione se ne fu andata dopo aver messo a soqquadro la sua postazione per recuperare il compito, e Harry si concesse una singola, incredula alzata di sopracciglio prima di prendere pergamena e manuale e mettersi a sua volta al lavoro, offrendosi di assistere Ron con gli esercizi di Vitious una volta arrivato a buon punto. Il ragazzo declinò cortesemente la proposta affermando che avrebbe fatto da solo, sfruttando l’ora di cena e lo scarso affollamento della sala; lo ripeté due ore dopo, a sera ormai inoltrata («Aspetto che i primini vadano a dormire, così posso scatenarmi») e alle undici meno un quarto, quando l’amico annunciò con uno sbadiglio che lui aveva finito e andava a dormire, quindi era meglio che si decidesse. Alle undici e mezza Ron pescò finalmente gli appunti di Incantesimi dalla borsa ed estrasse la bacchetta, pronto alla sfida, ma all’improvviso si accorse di come la scrittura fosse poco curata e si affrettò a rimediare con l’aiuto della penna magica. Morale della favola: svariate parole dopo il sole sorse sopra le torri di Hogwarts, senza che Ron Weasley avesse Evocato nemmeno una briciola.

L’espressione piacevolmente stupita della McGranitt davanti a un tema così corposo non riuscì a ripagare Ron della peggiore lezione d’Incantesimi della sua carriera scolastica: alla fine dell’ora fu l’unico in tutta la classe a restare con il banco vuoto. Perfino Neville gli scoccò un’occhiata di compatimento da sopra il cumulo di carta, cocci di vetro e statuine di ceramica deformi che aveva Evocato; in quanto a Hermione, fu abbastanza pietosa da cercare di nascondergli le viole del pensiero e le coccinelle che avevano trasformato il suo tavolo in un giardinetto.
«Ti serve solo più esercizio, Weasley» lo consolò un professor Vitious decisamente costernato. «Vedo che hai le basi teoriche, ma su quell’incantesimo dovrai proprio lavorare».
«Non ti abbattere, dai» mormorò Harry seguendolo fuori. «Con la McGranitt è una E garantita... e poi posso darti una mano oggi dopo pranzo».
Ron annuì lentamente, sentendosi come Crosta quella volta che Charlie l’aveva fatto cascare per errore in una ciotola di succo di zucca (aveva avuto i baffi flosci per una settimana, esattamente lo stato in cui si trovava la sua autostima), ma il contatto casuale con qualcosa che gli appesantiva la tasca bastò a farlo sentire meglio. Andrà bene, lo rassicurò l’oggetto. Andrà benissimo.
E andò effettivamente bene a Pozioni, almeno finché si trattò di prendere appunti sugli antiveleni; quando il resto della classe passò all’azione, Lumacorno dovette chiamarlo tre volte per fargli riporre la penna e prendere il calderone. «Basta con la teoria, ragazzo mio, è il momento della pratica!» lo esortò indicandogli la boccetta che avrebbe dovuto studiare. Ron obbedì a malincuore, ma si mantenne distratto per l’intero procedimento, tanto che Harry e Hermione dovettero fargli notare più di una volta che stava rovesciando il calamaio nell’antidoto invece del sangue di Unicorno o del succo di agave. «Non puoi metterlo via?» sbottò Hermione incollerita dopo l’ennesimo sbaglio. «Se lo infili nella bor... ehi, da quando questa tizia ha i capelli biondi?»
«Da sempre!» ringhiò lui sgarbatamente strappandole l’oggetto di mano. «Lascialo qui, non ti dà fastidio».
«E la piuma!» proseguì la ragazza, con una luce di improvvisa comprensione a illuminarle gli occhi marroni. «Era nera, Ron, e adesso è colorata! Non vedi che è diversa?»
«Che t’importa della piuma?»
«M’importa, Ron, perché non ti sei scollato da lei in tutto il pomeriggio» rispose lei abbassando la voce per non attirare l’attenzione di Lumacorno. «Non te ne accorgi? Da quando ce l’hai non fai altro che scrivere... Ginny ha ragione, è maledett...»
«Già, e tu sei gelosa marcia!» la schernì Ron con un’alzata di spalle. «Dammi una mano, invece di lamentarti».
«Hermione ha ragione» intervenne Harry all’improvviso. Stava fissando il calamaio alla luce incerta del braciere acceso sotto il calderone. «Quelle labbra non erano rosse quando l’hai preso, Ron. Qualcosa non va».
«Siete paranoici, voi due» borbottò il ragazzo, e non poté aggiungere altro perché Lumacorno li rimproverò per la distrazione e li spedì a lavorare su tre tavoli diversi.

«...e cinque punti in meno a Grifondoro!» concluse Hermione in tono funereo, mentre Ginny annuiva gravemente. «Tutto perché Ron è un maledetto testone!»
«Ti ho sentito!» ribatté lui dall’altra parte del tavolo di Grifondoro, senza interrompere la stesura della ricerca di Difesa contro le Arti Oscure che andava consegnata il mese successivo.
Ginny accennò un sorriso di fronte all’ennesimo battibecco; sorriso che svanì all’istante quando guardò bene in faccia il fratello. «Ron...» esclamò perplessa, «che fine hanno fatto le tue lentiggini?»
«Sono dove sono sempre state» rispose lui meravigliato. «Che intendi dire, Ginny?»
«Mi sembra ovvio, no?» lo rimbeccò Hermione. «Che quella prende colore e tu lo perdi! Guardala bene, Ron, accidenti a te!»
«La sto guardando!» sbuffò lui, tentando di non lasciar trasparire la sorpresa – di più: l’orrore – quando vide che il tralcio di rose sull’ovale era ormai tinto di rosso e verde e che un accenno di papaveri punteggiava il campo oltre la finestra alle spalle della dama. Si ripeté che era tutto a posto, che era parte della magia del calamaio diventare sempre più bello tra le mani di chi lo apprezzava, ma si rese conto che una parte di lui – una parte sempre più grande e insieme sempre più piccola e soggiogata da qualcos’altro – non era affatto d’accordo.
Ma quella parte grande e piccola insieme gli gridava di sbarazzarsi del calamaio, e quello non poteva proprio farlo. «Vado in biblioteca, ci vediamo!» dichiarò scattando in piedi ed immergendo il gomito nel piatto ancora pieno. Mentre si allontanava, sentendo gli occhi degli amici fissi sulla schiena, l’agitazione si placò lentamente fino a svanire.
Va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene.

Aveva pensato di restare in biblioteca solo qualche minuto, per attendervi la lezione di Erbologia, invece erano quasi le quattro quando Hermione comparve davanti alla sua postazione con le mani sui fianchi e l’aria battagliera. Dietro di lei Harry reggeva qualcosa di lungo avvolto in un panno.
«Che vi prende?» chiese lui irritato.
«Pensandoci bene, direi... questo!» rispose Hermione porgendogli uno specchio.
Senza capire, Ron ci guardò dentro e lo shock fu tale da costringerlo ad aggrapparsi al piano del tavolo: era lui, era la sua faccia... ma era completamente grigia. Niente occhi azzurri, niente capelli rossi, nemmeno una punta di colore.
Si voltò verso il calamaio, dove la bella dama bionda vestita di blu spiccava rose vermiglie per adornarsene la chioma, e non ebbe bisogno che Hermione lo anticipasse: bastò un gesto brusco e l’oggetto finì a terra, rompendosi in mille pezzi con un tintinnio che sembrò lo strillo di un fantasma. Un attimo dopo la penna prese fuoco e svanì senza lasciare un granello di cenere.
«Uuh, per fortuna questa non è servita!» esclamò Harry sollevato, buttando l’involto sul tavolo. «Congratulazioni, Ron».
L’amico lo guardò confuso, con l’impressione che qualche genere di nebbia nella sua testa si stesse diradando. «Che cos’è?»
«Zanna di Basilisco» rispose Hermione distrattamente, spostando con il piede i frammenti di vetro e ripescando il medaglione. «Guarda, Harry, c’è un anello in cima. Proprio come ha detto la McGranitt».
«Ciondoli maledetti» spiegò il ragazzo in risposta allo sguardo interrogativo di Ron. «Tuo padre ne aveva sequestrati parecchi in Diagon Alley, ricordi?»
«Solo che stavolta i Mangiamorte non c’entrano» proseguì Hermione. «Questo è opera di una strega molto dotata e pericolosa. Sei stato fortunato, oggetti come questo possono uccidere in pochi giorni».
Ron fissò inebetito l’ovale che Hermione teneva in mano e provò una sorta di disgusto all’idea di averlo avuto in tasca. «Sai, Harry…» disse con voce tremante, «non sarò mai più felice di riavere le mie lentiggini».
«Ringrazia il cielo di essere vivo, Ron Weasley» sorrise Hermione posandogli una mano sulla spalla.
«Non lo sarà per molto se quella schifezza sul pavimento non sparirà immediatamente» dichiarò la voce lapidaria di Madama Pince da dietro lo scaffale di Trasfigurazione. «Non potete salvarvi la vita da un’altra parte, per una volta? E che diavolo vi è venuto in mente, portare qui dentro una zanna di Basilisco?»
I due Grifondoro maschi si volatilizzarono con tanta rapidità da scuotere la certezza di Hermione sull’impossibilità di Smaterializzarsi a Hogwarts.


* * *


In un vicolo di Hogsmeade il tintinnio di un campanello annunciò l’arrivo di una cliente in un polveroso negozietto di porcellane. La commessa si avvicinò senza fretta allo scaffale delle tazze e la cliente corrugò la fronte vedendo una donna sulla trentina invece dell’anziana dai capelli bianchi che aveva notato la volta precedente. «Mi scusi…» le disse, «quella teiera in vetrina?»
«Ah, quella!» sorrise la donna; tese una mano dalle unghie rosa confetto e prese l'oggetto in questione, spolverando con una manica il medaglione ovale che la decorava. «Chissà da quanto tempo ce l’abbiamo! Un pezzo molto particolare, vero?»
«Ha ragione» approvò la cliente. «È strano, il tè non bevo neppure, ma questa teiera è magnifica: l’ho vista l’altro giorno e non riuscivo a toglierle…»
«…gli occhi di dosso» completò la commessa con un sogghigno.




Ultimamente sto ricevendo i risultati di parecchi concorsi, e quindi sto pubblicando una storia dopo l'altra. Questa è nata per il concorso di Honey_Fra e mi ha dato l'opportunità di riversare su Word la mia passione per gli horror (l'avevo già fatto in "L'orrenda verità", sempre con Ron come protagonista, ma quella era una reazione fisiologica a una ficcy immonda): l'ispirazione è stata graziosamente fornita da Stephen King e dal suo romanzo "Cose Preziose".
La canzone era uno degli elementi da sfruttare: ciò spiega il titolo in inglese, che mi ero ripromessa di non usare mai in una mia storia. Oltre a riprendere in parte il titolo, ho seminato qua e là citazioni dal testo, o meglio dalla strofa che riporto in inglese:

You're just too good to be true.
(troppo bello per essere vero)
Can't take my eyes off you. («e non riuscivo a toglierle…» «…gli occhi di dosso»)
You'd be like Heaven to touch. (come sarebbe stato piacevole toccarla)
I wanna hold you so much. (non vedeva l’ora di tenerla in mano)
At long last love has arrived
And I thank God I'm alive.
(«Ringrazia il cielo di essere vivo, Ron Weasley»)

Mi sono anche divertita un mondo a inserire particolari sulla vita a Hogwarts dopo la guerra, in particolare su qualche membro dell'ES e sui Serpeverde.


3 Classificata : Can't Take My Hands Off You - Lettere pericolose di Lizzyluna

La grammatica era molto buona. Una cosa che ho notato è che all’inizio hai fatto vari errori di distrazione, mentre dopo le prime pagine il testo er praticamente perfetto.
Ci sono della parti in cui io avrei usato una virgola in più, come per esempio: “si interessò Hermione affiancandolo.”
Oppure: “Ad eccezione di Harry che era in bagno”, o: “Commentò rigirandoselo tra le mani”.
Ci sono dei punti in cui hai dimenticato lo spazio o ne hai messo uno di troppo, ma niente di grave.
Per quanto riguarda lo Stile hai quasi il massimo. Scrivi in modo molto pulito ma non troppo semplice, il che è perfetto. E’ stato molto piacevole leggere la tua storia :)
Anche l’Originalità è portata al massimo. Una penna maledetta a Hogsmeade, i colori.. non se ne leggono molte di fanfiction così. Per una volta non ho letto la solita storiella d’amore!
Gli utilizzi: Il Personaggio, Ronald Weasley, è il protagonista assoluto della vicenda ed èp decisamente IC. Il Prompt “Attrazione” e il luogo vanno anch’essi benissimo. La canzone l’hai interpretata in modo molto originale!
La storia mi è piaciuta molto, complimenti! Sono stata felice di trovare qualcosa di diverso, finalmente, e di ben scritto!
Complimenti per il terzo posto! :)

Grammatica e sintassi: 9/10
Stile e Lessico: 9.75/10
Originalità:10/10
Utilizzo Personaggio/Prompt/Luogo/Canzone/Rating: 10/11
Gradimento Personale: 8.5/10

Punteggio finale: 47.25/51

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Lizzyluna