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Autore: tomtom    06/12/2011    2 recensioni
[...] «Oggi Mark non viene proprio» disse Dougie «poco fa ha chiamato e ha detto di non poter venire.»
«Come, scusa?» domandai incredulo.
«Sì, Gaz. Ha chiamato e ha detto che sta male, tutto qui…», ribadì Jason.
Non credevo alle mie orecchie. Il mio piccolo Markie stava male ed io non ne sapevo nulla? Un'ondata -ingestibile- di apprensione mi sommerse. [...]
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gary Barlow, Mark Owen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Esamotage.

 

 

 

La giornata si prospettava lunga per me. Avevo da fare parecchie cose e tra queste ovviamente spiccava l’ennesima – produttiva, speravo- giornata di lavoro agli studi di Abbey Road. Con gli altri.
Ero di buon umore, l’idea di lavorare sull’album mi eccitava e in più poter passare del tempo insieme gli altri mi allettava; quando raggiunsi i ragazzi ebbi però una brutta sorpresa.
 
Armato del mio sorriso felice feci tranquillamente ingresso in sala dove trovai solamente Howard e Jason ad accogliermi.
«Buongiorno, ragazzi» li salutai come d’abitudine, mentre lanciavo le chiavi e il telefono su di un tavolo.
«’giorno, Gary»
Mi sedetti sulla prima poltrona che mi capitò sotto tiro, lasciandomi sprofondare nella stoffa e nel comfort e prendendo atto del lieve disappunto che l’assenza di Mark mi aveva causato.
«Il nostro Markie è in ritardo come al solito…» buttai lì con l’intenzione di scherzare e rendere così più vivibile quel picco di disagio interiore che il mio nano ritardatario aveva scatenato in me.
«In realtà, oggi Mark non viene proprio» disse  allora Dougie «poco fa ha chiamato e ha detto di non poter venire.»
«Come, scusa?» domandai incredulo.
«Sì, Gaz. Ha chiamato e ha detto che sta male, tutto qui…» ribadì Jason.
Non credevo alle mie orecchie. Il mio piccolo Markie stava male ed io non ne sapevo nulla? Un'ondata -ingestibile- di apprensione mi sommerse.
«Gaz, tutto ok?» mi chiese Howard.
Lo guardai allucinato e confuso.
«Sì, insomma, non proprio. È solo che…» tentai di dire.
«Ma dai, stai tranquillo, conoscendolo avrà al massimo un raffreddore»
A quel punto guardai Jason come fosse un alieno.
«e comunque» riprese Dougie «ha detto di chiamarlo. Quindi ora prendi il tuo telefono, vai fuori a prenderti un po’ d’aria e lo chiami.»
Stranamente Howard aveva avuto una buona idea e per ringraziarlo gli diedi una pacca sulla spalla.
Presi alla svelta il cellulare, mi congedai da Jay e Howard, lasciandoli sul divano al loro destino e appena mi fui chiuso la porta alle spalle mi fiondai fuori dall’edificio.
Con il fiatone e un peso sullo stomaco composi velocemente quel numero che conoscevo a memoria; subito partirono gli squilli.
Dopo il terzo squillo la mia chiamata fu evidentemente accettata e un buon numero di nervi si sciolse.
«Pronto, Gaz?» rispose quindi una voce dall’altra parte; al posto del solito tono allegro sentii solamente qualche verso strascicato e flebile.
«Mark, oddio Markie, come stai?» gli chiesi io tutto agitato.
«Mhh… non proprio bene, direi.»
«Merda, mi dispiace, piccolo…» dissi costernato dal sentirlo così giù.
Ci fu una lunga pausa durante la quale potei ascoltare il suo respiro pesante e affannato.
«Ti serve qualcosa? Dimmi tutto, ti giuro che volo…»
«No, grazie, non mi serve nulla»
«Perfetto. Allora vengo subito. Il tempo di prendere la macchina e sono da te.»
Chiusi la conversazione prima che qualche protesta mi potesse giungere all’orecchio.
Tornai dentro e preso le chiavi, liquidando quei due con un  “tornosubitovadodamark!” e poi, senza aspettare alcuna risposta me ne scappai via, correndo verso la macchina.
Una volta a bordo misi in moto senza esitazioni e partii per le strade della città ad una velocità improponibile. Ero terribilmente in ansia.
 
Finalmente arrivai a destinazione e in men che non si dica fui alla porta, attaccato al campanello; il mio stato di sanità mentale doveva star rasentando i minimi storici poiché passai dei minuti a premere quel pulsantino, non realizzando che se Mark fosse stato male come immaginavo, era più che inutile starsene lì, con un patema d’animo di dimensioni esagerate; quando poi mi ricordai della chiave sotto lo zerbino mi feci l’appunto mentale di smettere di preoccuparmi così tanto per un quasi-quarantenne – per giunta pure nano.
Dopo svariati tentativi di centrare il buco della serratura riuscii nell’impresa di entrare in casa e con uno sprint degno di Usain Bolt (o di qualsiasi altra mamma iper ansiosa per le sorti del proprio figlio) raggiunsi la camera da letto.
«Mark! Come stai?»
Un misero “mh” giunse in risposta da sotto un fagotto di lenzuola.
Mi sedetti sulla sponda del letto, avvicinandomi al malato e iniziando ad ingegnarmi per capire dove diavolo potesse essere un buco in quell’involto che mi avrebbe permesso di tirarcelo fuori.
«Dai, Markie, esci.»
«No.»
«uhm, vuoi vedere come ti faccio uscire?»
«No.»
«Emma dov'è?», domandai quasi per caso, certo che sarebbe arrivato a dedurre la mia linea d'attacco.
Probabilmente proprio per non darmi soddisfazione non mi rispose; io, d'altro canto, non avevo intenzione di arrendermi così presto.
Mi allungai su quel fagotto aspettando che accadesse qualcosa.
«Markie.. ci sono io, sono venuto a prendermi cura di te» tentai nuovamente, accentuando una nota di malizia nella voce.
Ci fu silenzio e staticità per qualche tempo, poi un paio di occhi spuntarono da sotto le lenzuola.
«Buongiorno, Mark» lo salutai dolcemente, abbandonando ogni ambiguità.
Notando il cambiamento, una punta di delusione attraversò quegli occhi chiari che brillavano più che mai.
Ecco. Quando arrivai a comprendere che c'era qualcosa di strano in quello sguardo, sbiancai.
Evidentemente anche Mark capì qualcosa perché tornò di nuovo a nascondersi.
«Mark -malefico- Owen!» tuonai; mi alzai in piedi per guardarlo agitarsi nel suo rifugio.
«Come diavolo ti è venuto in mente di - non ci posso credere...»
Detto questo, esasperato e incredulo davanti alla scoperta di come stessero le cose in realtà, tornai sul letto e mettendomi in ginocchio sovrastai il piccolo bugiardo.
«Esci fuori. Ora.»
«No.»
«Bene... allora ci penso io» e detto così mi gettai su di lui, intrufolai - non so ancora bene come - le mani tra la stoffa, scoprii il colpevole e senza dargli nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, lo intrappolai sottoponendolo ad una terribile e spietata dose di solletico.
«Tu» esordii tra una sua supplica e l'altra «mostro! mi hai fatto prendere un colpo!»
«Gaz, ti prego» s'interruppe, cercando di respirare e soffocare le risate «basta, aiuto!»
«Ma tu guarda! Fingere di stare male...Questa me la paghi stronzetto!»
«Chiedo venia! ti imploro» provò lui, congiungendo le mani a simulare una preghiera.
«E io che mi sono pure preoccupato» ribadii tentando di mantenermi serio, oramai quasi del tutto compromesso dalla visione di quel bugiardo in preda alle risate «sappi anche che per venire da te ho rischiato più volte la vita a qualche incrocio!»
Continuai a dargli il tormento per diverso tempo: non fosse stato per tutto quel nervosismo che avevo accumulato in mattinata, mi sarei fermato prima; andava scaricato, mi ripetei durante la tortura. E - in ogni caso- quell'infimo traditore questa volta me l'aveva fatta grossa.
«Amore, non respiro, ti prego», chiamò un ultima volta il nano.
Alla fine, per quanto potessi essere stato arrabbiato e tutto, sentendo quelle parole posi fine alla mia vendetta, preoccupato per la salute di Mark.
«Oh mio Dio» sbottò affannato..
"«te la sei vista brutta, nanetto.»
 
 
Mi sdraiai su di lui, portandogli i polsi oltre la testa e bloccandoglieli con una mia mano; una volta sistemato, mi presi qualche tempo per ammirarlo da vicino e perdermi in quei suoi occhi bellissimi.
«Mark, perché diamine ti sei inventato questa scusa assurda?» domandai serio, voglioso di sapere perché avesse organizzato quello che -ora palesemente assodato- si rivelava essere un'escamotage.
Il suo sguardo, che per tutto il tempo era rimasto incatenato al mio, si spostò andando a cercare un posto in cui rifugiarsi.
Non volevo metterlo a disagio ma non dissi niente per alleviargli la tensione.
«Amore...» tentai.
Senza preavviso riportò i suoi occhi nei miei, regalandomi uno sguardo penetrante e innamorato.
«Perché volevo passare la mattinata con te.» disse «Da soli. A casa.»
In quel momento mi sentii uno stupido per essermi arrabbiato così tanto.
«Mi dispiace, cioè...» balbettai a disagio.
In risposta ricevetti un bacio leggero sulle labbra.
«A me dispiace di averti fatto prendere un colpo» ribatté lui dolcemente «siamo pari, bellissimo.»
Mi ritrovai senza parole, totalmente rapito da quelle parole, dalla sua voce e dai suoi occhi; mi imbambolai.
«Ti amo, biondino fighissimo.»

Fin.
 
[NdA]
Mark e Gary non mi appartengono (così come gli altri Lads) ._. Ciò che ho scritto è frutto della mia fervida immaginazione QUINDI non è reale.
 
Dedicata a quella tipa assurda che è la mia Giuls.
   
 
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