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Autore: Aleena    06/12/2011    1 recensioni
Dalla storia:
"È nei sotterranei, lì dove crede di aver passato tutta la sua vita; accanto a quella finestra rialzata che apre, salendo tre traballanti scalini di legno indebolito. Potrebbe sedersi lì, nell’incavo che divide il limitare del muro dalla soglia dell’infisso, ma non lo fa, non subito almeno; è un tipo pratico ed un documento dall’odore importante attende, arrotolato sulla scrivania in mogano in attesa d’essere disbrigato.
Al limite della pignoleria, ligio al dovere: questo è Scorpius Malfoy"

Seconda Classificata al "Characters & Places, Songs & Prompts... Impossible Contest!" indetto da Honey_fra sul forum di Efp
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione, Più contesti
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Questa storia si è clasificata seconda al "Characters & Places, Songs & Prompts... Impossible Contest!" indetto da Honey_fra sul forum di Efp. Per la valutazione della giudice, rimando a fine capitolo :)


Nickname sul forum: Releeshahn
Nickname su efp: Aleena
Titolo: Nonostante tutto questo, non trovi più la calma (Assegnato)
Personaggio: Rose Weasley, Scorpius Malfoy, James Potter (Assegnati)
Prompt: Sigaretta (Assegnato)
Luogo: Stanza delle necessità, Sotterranei (assegnati)
Titolo della Canzone: Aber deine ruhe findest du trotz alledem nicht mehr (Titolo, Assegnato)
Generi: Introspettivo, Malinconico, Slice of Life, Sentimentale
Rating: Giallo (Assegnato) 
Avvertimenti: One-shot
NdA: Per le note autore, rimando a fine capitolo.

 
 

 Nonostante tutto questo, non trovi più la calma

 

 
 
È nei sotterranei, lì dove crede di aver passato tutta la sua vita; accanto a quella finestra rialzata che apre, salendo tre traballanti scalini di legno indebolito. Potrebbe sedersi lì, nell’incavo che divide il limitare del muro dalla soglia dell’infisso, ma non lo fa, non subito almeno; è un tipo pratico ed un documento dall’odore importante attende, arrotolato sulla scrivania in mogano in attesa d’essere disbrigato.
Al limite della pignoleria, ligio al dovere: questo è Scorpius Malfoy; ma qualcosa l’attrae e le lettere sbiadiscono, perdono d’importanza e si mescolano, pigre, finché quella riga s’accorge di averla letta più e più volte; ed allora si sposta, asseconda l’istinto e siede con la schiena poggiata al muro freddo da cui ricava un brivido, i calzoni neri che si macchiano del bianco d’intonaco; non vi bada, guarda oltre.
C’è una macchia di umidità sulla parete, chiazze grigie e d’un verde malsano che si allargano a raggiera crescendo da qualcosa che è dietro il mobile, dove il suo sguardo non può arrivare; in volto, disgusto e fascino si alternano, svanendo repentini quando il flusso del pensiero cambia per poi tornare, vivi e pressanti, a modificare quei lineamenti affilati. Pensa che le piccole escrescenze puntiformi somigliano alle stelle, un microcosmo che sorge e trae nutrimento da un sole oscuro e marcio cui ruota intorno, espandendosi fino all’infinito –e la sua bocca si contrae, le labbra fini si stendono in un sorriso, quella piccola ruga vicina al mento si delinea netta, mentre le  altre al lato degli occhi si stendono ed il suo sguardo si addolcisce un poco; così il volto sembra diverso, tanto più simile al giovane che ammicca dalla foto sulla scrivania. Poi tutto si smorza; il sorriso muore, le rughe tornano ad indicare la sua età, gli occhi si spengono mentre una fiammella di paura fa contrarre le labbra, stringendole fin quasi a sbiancarsi mentre il pensiero di quella cosa viscida, marcia ed antica gli inquina la mente, scendendo lungo la spina dorsale fino al coccige, alle gambe, quasi volesse lasciare una traccia su di lui prima di abbandonarlo. Un brivido lo scuote.
Sente freddo, ma potrebbe essere solo l’umidità della notte autunnale; c’è la nebbia, che vortica feroce fin dentro la stanza riempiendola del suo fumo evanescente, greve degli odori del bosco e della decomposizione di foglie; humus, respira, funghi, espira, notte. Si blocca.  
 
Un respiro convulso, il fiato trattenuto e le labbra serrate per evitare che i singhiozzi si facessero rumorosi, la testa bassa per non incrociare nessuno mentre accelerava il passo. Un corridoio, una scala, un Tassorosso che si scansava gridandole di guardarsi intorno ed altre parole, qualcosa che non aveva capito ed a cui non aveva badato; infine la parete, ed avanti ed indietro, avanti ed indietro, avanti ed indietro, sperando, chiedendo.
Rose piangeva, la lettera accartocciata e stretta fra le mani tremanti, il petto ora scosso da sussulti irregolari.
Era scappata quasi senza dire nulla a nessuno sebbene Lily le fosse corsa dietro, incapace di trattenersi alla vista dell’amica sconfortata; Rose le aveva detto di no con la voce tremula e, chiudendosi il ritratto alle spalle, l’aveva respinta: avrebbe allontanato tutti se solo avessero avuto il coraggio o la presunzione di pararlesi davanti. C’era solo un luogo che avrebbe voluto raggiungere, l’unico in cui si sentiva realmente a suo agio, sicura.
Dammi il mio giardino, ti prego fai apparire il mio giardino, dammi il mio giardino ti prego, ti prego, ti prego…
Al terzo passaggio la porta si materializzò, quasi spingendosi fuori dai mattoni stessi e dall’intonaco del muro, il legno che si gonfiava ed annodava per stabilizzarsi poi in quel solido, semplice ingresso che lei amava così tanto; e Rose allungò una mano con sicurezza, senza neanche rendersi conto che quelle dita ancora stringevano la lettera ormai macchiata da lacrime e sudore –o forse senza curarsi di rovinare la missiva.
Clic.
Il pomello ruotò facendo scattare il meccanismo e Rose spinse piano, come aveva fatto centinaia di volte nell’ultimo anno, da quando suo padre e sua madre avevano raccontato a lei ed a suo fratello dell’esistenza e del funzionamento di quella stanza. Hugo l’aveva usata molte volte, Rose lo sapeva, per nascondere le assurde creazioni che aveva realizzato assieme a  Fred, incoraggiati e supportati dallo zio George che pareva trovarlo assai divertente; per lo più erano esplosivi, fiale di pozioni o giocattoli con incantesimi troppo potenti per contenerli, ma ogni tanto capitava che dovessero nascondervi qualcosa di più grande, come la borsa dei libri di Lysander, ad esempio. Hugo e James adoravano fare di questi scherzi al povero Scamadro tanto quanto lui adorava riderne nella Sala Grande, la mattina a colazione.
Chissàse qualcosa sta ancora scoppiando in un’altra Stanza delle Necessità sotto a questa? Si chiese Rose, distrattamente forse uno dei libri di quel Serpeverde, Malfoy, o magari gli Spettrocoli di Lysander, quelli che ha ricevuto da casa la scorsa settimana… e quanto ne rideva a lezione! qui il pensiero si fermò, mentre le guance della ragazzina si tingevano di un rosso che avrebbe potuto solo essere imbarazzo e la bocca si apriva in un sorriso. Regalare degli assurdi occhiali rosa ad un ragazzo di  tredici anni! Ovvio che non gli dispiacesse perderli!
Scusse il capo, mantenendo il rossore anche quando la porta le si chiuse alle spalle e gli occhi si sollevarono, attratti da un grande spazio verde delimitato da colonne ad arco fra le quali un unico dipinto, raffigurante la fine del prato e l’approssimarsi di una spiaggia, faceva bella mostra di se, talmente reale che Rose si sarebbe immaginata di poter vedere un gabbiano volare dal mare sul bagnasciuga, o le nuvole muoversi –quante volte l’aveva toccato, desiderando fosse vero!
Come obbedendo ad un istinto radicato Rose si tolse scarpe e calze, inoltrandosi fra l’erba pallida che le solleticava i piedi, inserendosi fra le sue dita; e rise, apparentemente dimentica della lettera che ancora stringeva in mano. Era il suo mondo, quello: la sua panca di pietra preferita, sotto al piccolo salice, e quel ciliegio sempre in fiore, così bello; e le rose rosse e gialle e bianche, e la finestra, che per lei si apriva sul parco di Hogwarts; quella finestra dove amava sedersi e restare a guardare, respirando l’aria della sera mista ai profumi della sua eterna primavera.

 
In bocca ha il sapore acido della notte, nella pelle la sensazione di freddo che penetra giù, sempre più affondo, fino alle ossa. Solleva una mano accarezzandosi il mento coperto da una corta barba d’un biondo sporco, il cui pallore diffuso rivaleggia con quello della notte incipiente; non si ferma, passa per le guance lisce, riposandosi un istante tra i capelli biondi, in cui fili di pallide nubi danzano assieme al platino ch’è marchio di famiglia tanto quanto il suo sangue, o il suo cognome, o i suoi occhi, che scrutano la stanza con malcelato disgusto -apatici ed indifferenti ad un tempo, pieni di rimpianto- e si posano sulla finestra, aperta.
Fuori, la nebbia copre tutto, sfoca i contorni, stravolge la realtà; non c’è logica né verità, né legge umana quando la nebbia scende: copre tutto, peccati e peccatori, rimpianti e dolori, paure ed ansie, donando la sua fredda, umida pace.
E lui ricorda improvvisamente molti perché dimenticati, la vita di un se stesso troppo lontano da dov’è ora, estremamente diverso per quanto è ampia la similarità dei tratti.
Perché Scorpius non è invecchiato male: dietro la sua aria composta e saggia, dietro i fili bianchi che sempre più compaiono nella chioma troppo lunga si sente guizzare la stessa anima, che nessun tempo ha minato od intaccato. C’è lui, dietro quell’uomo, come c’era dietro il ragazzo solitario, e questo gli piace.
Ma non è del suo perché che si ricorda, ma di quello di un vizio. Buffo quanto ci si lasci condizionare dalle conseguenze di un gesto avventato –come cedere ad una curiosità e perpetrarla, ancora ed ancora, pur sapendo che lo scopo è irraggiungibile, inimitabile.
Così, bastò che quella ragazza gli si avvicinasse seducente, adducendo la scusa di una scommessa persa –come aveva potuto crederle, dopotutto? Una scusa così palesemente fasulla da essere ridicola; eppure vi era caduto, ed in fondo al cuore sapeva il motivo- per far cadere un giovane sé troppo perso in un passato non vissuto, in guerre che non aveva combattuto. La sua prima sigaretta, fumata all’ombra di un muro saturo d’umidità come di un pianto; la sensazione del fumo che scendeva nella gola fino ai polmoni, bruciandolo e sporcandolo, eppure riempiendolo di un tepore evanescente che gli faceva male, che anelava.
Sarebbe potuta finire così, come uno sfizio cui si ceda per dimenticarsene poi; o come una ribellione, forse. Eppure Scorpius aveva visto la notte d’autunno e ne era rimasto affascinato; aveva visto la nebbia, che l’aveva avvolto come un’amante, avviluppandolo in spire inconsistenti e delicate, carezzandolo come sua madre faceva un tempo, quando era ancora viva.
Ma questa… questa nebbia era diversa, calda ed acre, artificiale: un abbraccio che poteva comandare, una carezza che bastava una scintilla ad accendere.
 
C’erano dei piccoli ceri appesi ai muri su bugie di acciaio, che donavano alla stanza una luce soffusa e tremula che Rose trovava romantica e malinconica ad un tempo, estremamente affascinante; per questo ne staccò una dal supporto prima di dirigersi verso la finestra, spalancandola e fermandosi, attenta che la folata d’aria autunnale non spegnesse la fiammella. C’era un’ennesima panca di pietra incastrata nella base dell’infisso e piegando le gambe sotto di sé Rose vi si sedette, lasciando cadere della cera sulla roccia e poggiandovici sopra il piccolo cero perché non cadesse; fece tutto con lentezza esasperante, rimandando il momento in cui avrebbe dovuto fare i conti con la lettera e guardando fuori invece, al prato del parco distante meno di un metro e mezzo da lei ed alla nebbia che si muoveva pigra verso la finestra, come dotata di vita propria. Rose aveva paura della nebbia: una volta, da bambina, si era persa ed era stata incapace di trovare la strada di casa, passando un’ora immersa nel nulla a piangere finché suo padre non l’aveva trovata, stanco e preoccupato, a pochi metri dalla rimessa degli attrezzi.
 
Ricorda quella volta che James Potter l’aveva attaccato alle spalle, sollevandolo per aria quasi che fosse una bambola di pezza, priva sia di volontà che di anima. Nessuno poteva ferirlo, o questo amava far loro credere mentre lo laceravano pezzo pezzo per colpe che non conosceva, che non avrebbe mai commesso.
Ricorda quando, voltandosi, gli aveva sputato addosso un torrente di saliva ed imprecazioni, ed il sangue che il rampollo del Prescelto aveva lasciato sulla liscia, fredda pietra dalla segreta di Pozioni. Buffo come tutto quello che l’aveva segnato fosse avvenuto in quei sotterranei, fra quei corridoi opprimenti e scuri; il professore che lo sollevava quasi di peso, pover’uomo; il Direttore che lo spediva a lucidare l’argento della sala dei trofei; la luce malsana e l’odore di chiuso; il nome di un James Potter diverso stampato su una vecchia coppa del Quidditch di troppi anni prima, impolverata e sbiadita; ed il pensiero, raminga speranza male espressa, che quel James Potter fosse migliore del suo giovane  omonimo –qualcuno incapace di appendere la gente a testa in giù solo perché suo padre era stato un traditore, marchiato senza sapere realmente cosa fosse un Mangiamorte; solo perché era figlio di chi era stato costretto alla fazione sbagliata.
Quella notte l’aveva passata alla finestra dell’aula di pozioni, accendendosi l’ennesima sigaretta: era estate, ma necessitava della sua nebbia per pensare, e nessuno avrebbe notato l’odore del fumo in quella classe, l’indomani.
 
Rose s’era persa un una memoria da cui riemerse con un piccolo brivido quando, con la delicata carezza di un fantasma, la corrente fredda ed umida le toccò il volto, di nuovo bagnato dalle lacrime.
Riscuotendosi, Rose si batté un pugno sulla coscia con forza e rabbia quindi prese la lettera, dispiegandola cautamente dinnanzi a se. Non poteva più aspettare, era tornata nella Stanza per risolvere due questioni, e questa era la più urgente.
 
La Tana, 19 gennaio 2021
 
Cara Rose,
tua madre ed io eravamo già in viaggio quando hai spedito la tua lettera e credo che questo abbia confuso il gufo; ha impiegato qualche giorno di troppo a trovarci qui, dalla nonna, dove siamo passati per un saluto (il nonno è entusiasta della nuova macchina volante che ha costruito ed insisteva per mostrare il prototipo a tutti noi).
Il viaggio è andato bene, privo di imprevisti e nel complesso abbastanza noioso; abbiamo avuto tempo di comprare qualcosa per te e tuo fratello, che speriamo di spedirvi quanto prima.. vi piacerà.
La mamma io siamo stati ben felici di apprendere che hai ottenuto una menzione speciale in Divinazione, ma ci preoccupiamo per i tuoi voti in Trasfigurazione e Pozioni: tua madre fu una pozionista molto abile già dai primi anni, mentre i tuoi risultati sono più simili a.. bhe, ai miei. In entrambe.
E ricorda che un G.U.F.O. Oltre Ogni Previsione in Pozioni e Trasfigurazione sarebbe uno shock terribile per tua madre!
Non te ne facciamo una colpa, sappiamo che stai dando il meglio di te e che non risparmi fatica, ma ci tenevamo a farti sapere –e qui è tua madre che preme affinché lo scriva- che Divinazione non è una scelta saggia per il futuro.
E qui arrivo al secondo e più importante punto che desidero trattare.
Questo natale tua madre ti ha parlato delle materie che potrai intraprendere dopo il G.U.F.O. (un discorso prematuro, secondo me, ma sai com’è lei!) e di ciò che pensa pensiamo riguardo la tua scelta di specializzarti nella Divinazione. Sosteniamo ancora che non sia una scelta adeguata e che, nonostante il tuo desiderio sia forte, dovresti concentrarti su altre materie più serie e senza dubbio più concrete, quali appunto Pozioni, Incantesimi, Trasfigurazione ed Aritmanzia.
Tua madre ed io siamo concordi nel consigliarti di non gettare il tuo futuro al vento con una scelta inadeguata e nel rammentarti che, qualora necessitassi di un consiglio, la nostra porta è sempre aperta.
Ti vogliamo bene Rose,
 

con affetto,
Mamma e Papà

 
 
 
Suo padre.
Scorpius aveva saputo la storia di famiglia troppo presto, da un Draco con le mani tremanti, schiacciato dal peso dei rimpianti; suo padre, sua madre e sua nonna l’avevano fatto accomodare su una poltrona, narrando la storia della loro caduta in disgrazia ed infine dicendogli cosa avrebbe dovuto aspettarsi da Hogwarts.
Sua nonna parlò della dignità di essere un Malfoy, della discendenza cui proveniva, del suo sangue e del suo lignaggio; parlò di suo nonno e di quanto fosse stato difficile per lui continuare a seguire un pazzo, sapendo che se l’avesse abbandonato tutta la sua famiglia avrebbe pagato per la sua insolenza.
Sua madre parlò della vergogna che gravava su di loro da quando l’Oscuro Signore era caduto, delle calunnie e della tirannia che subivano; raccontò di come la chiesa fosse vuota il giorno del suo matrimonio con Draco, delle vecchie amiche che la scansavano e dei negozianti che, nel primo dopoguerra, scrutavano tutti loro come se fossero coperti di sporcizia.
Suo padre tacque ma nel suo sguardo Scorpius, troppo piccolo per comprendere le parole delle matrone della famiglia, percepì chiaro come l’alba un bruciante rancore, una paura sorda, una speranza.
L’aula di Pozioni rimbombava di echi come di fantasmi, vecchie voci che raccontavano una storia che non voleva sentire: Scorpius non amava ricordare; non voleva sentire le voci che inneggiavano Loro e denigravano lui; non voleva sentirsi sporco più di quanto non volesse continuare ad aspirare fumo; non voleva colpe non sue.
Rabbia.
Quasi si fosse scottato, Scorpius spense la sigaretta contro il muro, lasciandovi una macchia nera di fuliggine e dolore e dicendosi, senza convinzione, che sarebbe stata l’ultima.
Aveva diciassette anni e si conosceva, ormai: l’indomani, sarebbe tornato da quel mezzobabbano Tassorosso, a comprare il solito pacchetto tutto stropicciato per troppi galeoni, solo per poter avere un momento di ossigeno, di pace, di nulla.
 
Rose respirò, svuotando la mente un istante, ossigenandosi e calmandosi: leggere quella lettera le aveva fatto ancora male. Il tono della missiva tradiva l’impronta di sua madre, sempre più formale di quanto ve ne fosse bisogno; Rose sospettava fossa stata lei stessa a dettarla a suo padre, solitamente così alla mano ma incapace di resistere quando la moglie gli ordinava qualcosa.
In ogni caso, quella era la prova tangibile di qualcosa contro cui si sarebbe scontrata presto: la volontà ferrea dei suoi genitori opposta al suo stesso desiderio.
Sapeva che sua madre e suo padre avevano odiato Divinazione con tutte le loro forze: entrambi gli avevano raccontato, con una risata ed un’occhiata complice, della fuga di sua madre dall’aula della Cooman –la loro vecchia professoressa- e dell’insensatezza di quella materia, che suo padre e lo zio Harry avevano scelto solo come palliativo, il minore fra i mali. Eppure Rose aveva voluto provare ed al terzo anno, fra i muschi e i tronchi dell’aula odorosa di foresta del centauro Fiorenzo, aveva trovato la sua passione. Amava la Divinazione, amava interpretare le stelle e bruciare incensi e leggere foglie di the; era il suo sogno, un M.A.G.O. in Divinazione ed Astronomia. Non desiderava altro, non avrebbe potuto vedere per sé un futuro diverso.
I suoi genitori disapprovavano, però: sua madre era stata una strega brillante, dagli ottimi voti ed amante dello studio, suo padre un mago più abile sul campo di battaglia che in aula, ma entrambi erano divenuti degli eroi, citati nella Storia moderna come aiuti e guide dell’Eroe Harry Potter. Lei era a metà –né carne né pesce, avrebbero detto i babbani- abile nello studio solo quando la materia l’interessava, non eccelsa nella pratica, soprattutto nelle Pozioni –scherzando, sua madre diceva che doveva aver ereditato questo tratto dal padre, e Rose poteva vedere quanto ciò le desse fastidio: Hermione pretendeva la perfezione, e sua figlia non lo era.
Ora, Rose era chiamata a scegliere del suo futuro, scegliere se accontentare o meno i desideri propri o dei suoi genitori. È una scelta che non dovrebbero chiedermi di fare, si diceva, una scelta che è mia e mia sola.
Le parole giuste, lo sapeva, ma aveva paura; eppure non c’erano minacce, non lì, nel suo giardino: e se non fosse stata decisa ora, quando avrebbe potuto esserlo?
Pensò che le serviva della carta; le apparve vicina, assieme ad una piuma ed un calamaio.
Scrisse velocemente poche semplici parole, informali e vere:
 
Cari Mamma e Papà
 
La scelta è mia, e mia sola. Vi ringrazio per i vostri consigli, ma la vostra storia dimostra che la scelta giusta è quella fatta col cuore, non quella imposta, anche se gentilmente.
Vi voglio bene,
 

vostra,
Rose.

 
Col cuore più sollevato, Rose inspirò l’aria della sera, l’odore della neve e del fumo, vicino ed aspro: qualcuno fumava là sotto, dalle parti dell’aula di pozioni vicino alla quale la sua finestra si apriva. Le era capitato spesso di sentire quell’odore, un vizio tipicamente babbano che anche suo nonno materno aveva; Rose odiava il fumo, la faceva lacrimare e tossire, attaccandosi alla gola ed ai capelli in maniera così indelebile che anche dopo un giorno lo sentiva e ne era infastidita; così la giovane maga storse la bocca e si voltò a respirare l’aria satura di profumi del suo giardino, fantasticando: Fiorenzo era anziano e chissà, magari sarebbe andato in pensione uno o due anni dopo che Rose avesse preso il M.A.G.O., e quanto le sarebbe piaciuto insegnare ad Hogwarts!
Forse, anche Lui avrebbe potuto farlo ed allora sarebbero rimasti sempre insieme, e lei avrebbe potuto mostrargli il suo giardino e chissà, magari si sarebbero baciati lì per la prima volta e per tutte le volte a seguire…
Rose sognava il suo viso adesso, completamente dimentica della spirale di fumo che saliva fino a lei, simile a nebbia.

 
Tiene una sigaretta fra pollice ed indice, ma non sa come vi sia finita.
Lontano, l’eco di un richiamo basso, un uccello della notte in cerca di prede; la nebbia fredda che entra nella stanza, quella calda che invade l’aria satura della notte –e Scorpius pensa a Lei, alla loro prima sigaretta, alla sua vivacità, al suo modo risoluto e testardo di far sempre la cosa sbagliata al momento giusto.
Pensa che l’ha amata davvero, di quell’amore che è oggetto di canzoni e ballate –quello vero, quello puro, quello che sopravvive alla morte.
Pensa che l’ha avuta, in una notte di primavera tiepida e greve d’odori nuovi e pungenti, quando ormai erano già uomo e donna da troppi anni.
Pensa al desiderio ed alla passione che hanno consumato tante e troppe volte in luoghi senza colore, pregni dell’odore del sesso e del profumo di lei; al piacevole tepore del suo corpo che desiderava il proprio; alla carezza gentile delle sue mani e della sua bocca, calda su di lui.
Pensa alla sigaretta che si dividevano dopo l’amplesso, ridendo.
Pensa che l’ha persa, ed inspira ancora una volta, l’ennesima.
«Stupido vizio» sussurra alla nebbia, ma quella tace; eppure lui sa che c’è un mondo intero dentro il fumo, forme vorticanti che danzano riempiendo l’aria di suoni e colori ed umori; lo sa come è certo che non ci sia nessuno dietro la cortina di fumo, solo le ombre sfocate di tendaggi e vestiti, indistinguibili oltre il velo di rugiada che gli bagna gli occhi ogni volta che il pensiero indugia su ciò che poteva essere, se solo l’avesse voluto.
Piange come aveva promesso che non avrebbe mai più fatto, perché faceva male. Fa male.
Lo Scorpius ragazzo era solo e tale credeva di voler rimanere; senza alcuno che ti uccida dentro –ma la cattedra di Pozioni non basta allo Scorpius uomo, la divisa da insegnante non è sufficiente, il fumo della sigaretta e la nebbia e la pace e il rispetto sono effimeri senza di Lei. 
Inspira. Espira. Sorride.
Un rivolo di fumo lascia le sue labbra, salendo a spirale lungo il vento della notte, greve di sottintesi, pregno di segreti.
 
Meno di un piano sopra -ad una vita intera di distanza da Scorpius- l’odore si dissipò, portandosi via i dubbi di una Rose ancora bambina, che lasciò la stanza col cuore più leggero; avrebbe chiesto a Lysander di uscire con lei, l’indomani, subito dopo aver spedita la lettera ai suoi. Basta rimandare, si disse, la vita non è fatta per avere rimpianti.
L’odore del fumo aleggiava ancora fra i suoi capelli quando si chiuse la porta della Stanza delle Necessità dietro le spalle e la seguiva mente svoltava un angolo, incrociava il ragazzo Malfoy e lo superava, inspirandone l’aroma di fumo e trascinandoselo dietro con la certezza effimera, senza logica né ragione, che non sarebbero mai più stati tanto vicini.

 




NdA (ovvero Piccolo Spazio-me):Ho scritto questa storia con una coppia che mi ero ripromessa di non usare mai, certa che se avessi scritto su di loro sarei finita per farli diventare una copia in miniatura di Draco ed Hermione. Purtroppo per la mia decisione, fra tutti i personaggi proprio Scorpius e Rose mi sono capitati, ed ero più che mai decisa a mettermi alla prova, sfruttando tutte le possibilità che il caso mi avrebbe date. Così, ho cercato di tenere fede alla mia promessa, provando ad immaginare una Rose ed uno Scorpius con un loro proprio carattere, datogli dalle esperienze passate, dalle famiglie e dalla storia che si portavano dietro coi loro natali.
Così, Rose è una bambina normale, figlia di due eroi minori, forse meno viziata ma decisa come la madre e spontanea come il padre, intelligente quando vuole, caparbia e decisa; mentre Scorpius è un adulto, piegato da anni di scuola in cui il suo cognome era associato ai Mangiamore, a Voldemort e ai traditori: bambino in un mondo in cui Purosangue cominciava ad essere dispregiativo. Ho cercato di rendere i personaggi reali e veri, e nonostante avessi carta bianca (come andare OOC su caratteri che non sono mai stati spiegati?) non volevo scrivere l’ennesima Draco/Hermione in miniatura.
Perciò, ho scartato la facile idea di una Rose/Scorpius (non mi cimenterò mai in quella, probabilmente: ho già scritto una Draco/Hermione) e ho scritto questa, che gli somiglia un po’ solo per gioco: un parallelismo tra una Rose bambina, piena di sogni, ed uno Scorpius adulto, che ha lottato per affermarsi ed entrare in un posto di prestigio, che ha tutto –rispetto, soldi, potere- tranne quello che voleva, che ha perso: la ragazza (quella che gli si è avvicinata per scommessa, introducendolo al vizio del fumo), che non è Rose ma una strega qualunque, sconosciuta alla storia. Lascio a voi immaginare perché l’abbia persa: che lei sia morta, magari, o che abbia sposato un partito migliore, o che magari Scorpius l’abbia lasciata preferendole il posto da insegnante (io propendo per quest’ultima).
La storia inizia dal presente, ovvero il futuro di Rose; ho cercato di narrare le due vite in parallelo, dove il cambio di personaggio è un salto temporale al contempo, un ritorno al passato e poi al futuro, ogni stralcio che si riallaccia al precedente attraverso un elemento, e tutto unito dal fumo, presenza evanescente che, come la nebbia, si insinua fin dentro i personaggi, che respirandolo respirano (passatemela) l’uno l’altro.
Per quanto riguarda il prompt, so che “nebbia” viene ripetuto più di “sigaretta”, ma è appunto quest’ultimo il filo conduttore della storia, la traccia che tiene unite due vite separate.
Per la canzone, invece… non sono riuscita a farne una traduzione decente, non conoscendo il tedesco, quindi mi è stato impossibile usarla nel testo.
Infine, i personaggi… avevo avuto anche James Potter che, ho dedotto, fosse il padre di Harry… ma, non essendone sicura, e non riuscendo ad inserirlo in maniera migliore, ho accennato a James Potter ed a James Sirius Potter in due momenti. Mi auguro non invalidi il campo personaggi :D Lysander, invece, è il figlio di Luna e Rolf Scamandro.
Spero sia piaciuta :)
 
Ps: Ho immaginato Scorpius come un biondissimo Dave Gahan –Il cantante dei Depeche Mode *_*

Valutazione: 

La grammatica è quasi perfetta: l’unico errore è: “il zio Harry “. 
Inoltre, ma questo non è un errore, penso che sarebbe stato meglio scrivere “tè” al posto di “the”. 
Lo stile è...stupendo! Sei molto brava soprattutto nelle descrizioni e sei riuscita a tenere insieme una storia che, secondo me, era piuttosto difficile da narrare. Mi è piaciuta molto anche la lettera dei genitori a Rose: mi è sembrato veramente di vedere una Hermione cresciuta ed esigente ed un Ron un po’ sottomesso ma caratterialmente molto simile a com’era prima. 
La storia è, senza ombra di dubbio, fra le più originali. Soprattutto la caratterizzazione dei personaggi mi è piaciuta e mi ha sorpreso: Scorpius ha un carattere particolare e, una volta per tutte, non è caratterialmente descritto come una miniatura del padre ma ha una personalità distinta. 
Rose è molto dolce e in lei ho visto da una parte un misto fra il padre e la madre e dall’altra una persona nuova, che vuole emergere ribellandosi al volere dei suoi. 
L’utilizzo dei personaggi va bene, il prompt anche. I luoghi sono stati descritti molto bene. 
Il titolo suppongo si rivolga ad entrambi i personaggi, anche se io l’ho immaginato più per Scorpius. La storia, infine, mi è piaciuta molto. Ti ho tolto qualche punto dal gradimento personale perché l’insieme l’ho trovato un po’ caotico. 
All’inizio non avevo capito che erano presenti continui salti temporali, e in più Scorpius e Rose hanno la stessa età, dunque non riuscivo a spiegarmi la cosa. 
Inoltre, all’inizio della storia mi ero aspettata un vero e proprio pairing Rose/Scorpius, mentre in realtà Rose è innamorata di Lysander. La storia, comunque, è scritta benissimo ed è stata una lettura veramente molto piacevole. Scrivi molto bene, ed il tuo punteggio è molto vicino a quello del primo posto ;) brava :D 
 
Grammatica e sintassi: 9.5/10 
Stile e Lessico: 10/10 
Originalità: 10/10 
Utilizzo Personaggio/Prompt/Luogo/Canzone/Rating: 10.5/11 
Gradimento Personale: 8/10 
 
Punteggio finale: 48/51  

 
  
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