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Autore: Funhouse    07/12/2011    6 recensioni
La vita di Eleonora è decisamente complicata.
Cerca di dimenticare il suo passato, anche se si ripresenta prepotente ogni volta.
Ha lasciato la sua città per dimenticare, ma è ritornata.
Incontrare una persona le cambierà la vita.
Riuscirà a dimenticare?
Riuscirà ad amare qualcuno di diverso?
La sua vita ricomincia con il suo nuovo lavoro.
Se volere conoscere Eleonora, la professoressa Eleonora, basta un click.
Funhouse.
-Seguito della storia “La monotona vita di Elena”, non credo ci sia bisogno di leggere la prima storia^^
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lorenzo


Capitolo 3

 

 

 

 

 

Vorrei scriverti una lettera. Solo che mi mancano le parole.

 

 

 

 

 

Guardai di traverso Antonio Di Bene, l'alunno chiacchierone della classe.

Di solito ci si aspetta una ragazza, ma lui era veramente impossibile.

-Antonio.

-Scusi prof, ma io 'ste cose mica le capisco.

Sospirai profondamente.

-Cos'è che non capisci Antonio?

-Un po' tutto prof, vede lì c'è quel numero che io non mi ritrovo.

Mi passai la mano tra i capelli, tirai un sospiro e mi avvicinai a passo incerto al banco di Antonio.

-Fammi vedere.

Mi venne il mal di testa solo a guardare quei numeri scritti a casaccio, ma cercai di rimanere calma e gli spiegai nel modo più semplice possibile che quattro per quattro faceva sedici e non otto.

Per mia fortuna la campanella suonò ed io scappai letteralmente dalla classe, dopo avergli assegnato degli esercizi.

Guardai fuori dalla finestra del corridoio ed intravidi una macchina parcheggiata in malo modo fuori dalla scuola.

C'era Massimo, il bidello, che sbraitava contro una figura che non riuscivo a notare dalla mia posizione.

Però la macchina mi era familiare, quindi decisi di scendere giù a controllare, visto che avevo l'ora libera e dopo dovevo fare supplenza in un primo.

La voce arrabbiata di Massimo mi arrivò forte e tremante all'uscita, invece la persona parlava così piano, o normalmente, che non riuscivo a distinguere.

Poi la voce di Martina mi arrivò dritta alle orecchie.

-Ma che vuole? Sto aspettando una persona e non ho trovato nessun altro parcheggio, le do per caso fastidio?

La voce di Massimo era così alterata che si mangiava le parole mentre parlava, ma riuscii a salvarlo dalla situazione andando contro Martina arrabbiata.

-Che c'è, mi aspetti per menarmi?

Massimo mi guardò stupito, mentre Martina sorrideva strafottente.

-Chi ti dice che stia aspettando proprio te?

-Sesto senso.

Ci fissammo furiose e non sentimmo neanche che la campanella era suonata.

Massimo ci guardava supplicanti, mentre intorno a noi si era formato un gruppetto di ragazzini curiosi.

Mi accorsi solo di avere il suo sguardo su di me, mi accarezzava la schiena.

Martina stava per parlare, ma la sua voce lo interruppe.

-Senti bella, questa è una scuola e se non vuoi che chiami la preside ti conviene andartene.

I suoi occhi si spalancarono, mentre io mi sentii più sollevata.

-Ma...ma Mattia!

La sua bocca si spalancò sorpresa.

-Sei sorda o cosa? Te ne devi andare.

Non mi girai a guardarlo, ma immaginai il suo viso contratto.

Martina mi guardò con puro odio, poi senza salutare nessuno se ne andò, con grande gioia di Massimo che non ci stava più sperando.

-Ehi Matto, come la conosci?

-È la ragazza di mio fratello.

-Lorenzo è fidanzato?

La voce di Silvia si levò nel silenzio.

-Si.

-Ah. Non lo sapevo.

Neanche io.

Solo che io non ero nessuno per intromettermi.

Ero stata una stupida, ma non ero l'unica ad avere torto.

La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell'una o dell'altro.

Mi girai in silenzio e con il capo basso mi allontanai, solo che venni fermata da Mattia.

Il suo braccio mi tenne ferma ed io portai gli occhi su di lui.

-Dimmi.

Lui sorrise sprezzante, per poi lasciarmi ed andarsene arrabbiato, seguito dalla sua combriccola di pecore.

Rimasi da sola con Silvia, che mi guardava con la faccia di una che sa tutto.

-Ti serve qualcosa?
-Lo so che tu sei la famosa Eleonora Leardi che è riusciva a far breccia nel cuore dell'inavvicinabile Lorenzo Neri.

La guardai stupita, per poi indossare la maschera più confusa che avessi.

-Non so di cosa tu stia parlando?

-Professoressa, non sono così stupida. Perché la sua voce trema ogni volta che pronuncia quel cognome? Perché la ragazza di Lorenzo sarebbe dovuta venire da lei? Perché Mattia l'ha difesa? Stiamo parlando di Mattia, lo stronzo della scuola. Lei è decisamente una persona importante della vita di Lorenzo ed anche di Mattia. Solo che non riesco ancora a capire il perché di questo allontanamento.

La guardai con gli occhi spalancati: ero così prevedibile?

Sentii le lacrime salite, dolorose come sempre e gli occhi di Silvia si spalancarono stupiti.

-Mi...mi dispiace professoressa. Mi scusi!

-Non ti scusare Silvia. È colpa mia, non tua. Sono così cretina che mi sono lasciata scappare l'unica persona che avessi mai amato per uno stupido capriccio. Cerco tutti i giorni di non pensarci, poi, però, il suo sguardo ferito mi torna ogni volta davanti agli occhi. La certezza di aver sbagliato si presenta prepotente ad ogni mio risveglio. La paura di non riuscire a sopravvivere mi lascia senza fiato. Sei mai stata innamorata?

Ormai le lacrime scendevano veloci, mentre Silvia mi guardava in silenzio, senza batter ciglio.

-Si.

I suoi occhi erano così puri e visibilmente innamorati, ma allo stesso tempo tristi, che mi rispecchiai in lei, quando avevo la sua età.

Mi scappò un sorriso, che però si spezzò subito nel vedere Martina che mi guardava con gli occhi pieni di lacrime.

-Sei una scema.

Non dissi niente.

-Sei una grandissima cogliona. Ti sei lasciata scappare Lorenzo. Tu non lo ami più.

Rimasi a guardarla in silenzio: io non amavo più Lorenzo?

-Sei solo corrosa dai ripensamenti.

Poi si girò e scappò verso la macchina, in lacrime.

Il mio sguardo rimase immobile a fissare qualcosa che in realtà neanche vedevo.

-Professoressa?

Le lacrime non uscivano, ma il mio sguardo spento era più doloroso di mille piccole gocce salate.

-Professoressa, è suonata la campanella. I-io vado?

Mi scossi un attimo, come se fossi appena ritornata nel mondo dei vivi e guardai alla mia destra, dove c'era una Silvia imbarazzata che dondolava sulle gambe.

-Scusa, vai pure.

-Niente scuse professoressa, credo che quella Martina abbia ragione.

Quel almeno spero sussurrato dalle labbra di Silvia non mi arrivò e per certi versi fu un bene.

Senza aggiungere altro si girò e corse dentro scuola, io invece mi diressi in segreteria per avvertire che mi ne stavo andando a casa.

Dovevo fare ancora un'ora di lezione, ma il mio cuore non avrebbe sopportato ulteriormente quelle mura così familiari e simili.

Vagai senza meta fino al famoso parchetto.

Un sorriso amaro mi riempì il volto.

Forse Martina aveva ragione.

Forse non lo amavo più, e allora perché riuscivo a ricordare ogni minimo particolare della mia vita con lui ed ogni sentimento provato?

Il suo sorriso che si presentava tutti i giorni al risveglio, il suo profumo che mi ricordava tanto la cioccolata, le sue braccia che mi avvolgevano di notte mentre dormivamo, il suo respiro sul mio collo, la sua bocca tentatrice e quelle mani che dio solo sa quanto amavo.

Scoppiai a ridere sprezzante: mai, mai avrei potuto dimenticarmi di lui. Mai.

Forse era una maledizione, un dolore così lancinante che mi colpiva il cuore anche solo a pensarlo.

Forse ero sadica.

Mi facevo male da sola ripensando a lui, ma ne avevo bisogno, come l'aria.

Serrai gli occhi quando una mano mi si posò leggera sulla mia spalla.

Riconobbi il profumo e mi girai di scatto.

-Dovresti essere a scuola ora.

-Ti ci diverti ad essere così fastidiosa?

Accennai un sorriso ed il mio sguardo si posò sopra la sua bocca, corrucciata in un modo adorabile.

-Sono fatta così.

Lo sentii ridere vicino al mio orecchie ed il mio cuore cominciò a pompare più sangue del dovuto.

Il suo respiro alla menta mi destabilizzò e i suoi denti che mordicchiavano il mio lobo mi fecero rabbrividire, purtroppo non per il freddo.

Non so il perché e non so con quale forza mi staccai.

-Smettila.

Lui mi guardò confuso, per poi indurire lo sguardo.

-Perché? Non mi sembrava ti desse fastidio.

-Invece si.

-Giusto, non sono mio fratello.

Spalancai gli occhi confusa: cosa voleva dire con questo?

-Non fare quella faccia bambi, non mi incanti.

Lo guardai ancora più confusa: che cavolo stava dicendo?

-Mattia, sei per caso diventato matto?

Lui neanche mi rispose, spostò lo sguardo sul laghetto, pensieroso.

-Sai, ieri Lorenzo ha lasciato Martina.

Mi girai velocemente verso di lui.

-Stai scherzando?

-Ti sembro persona che scherza su certe cose?

Feci finta di pensarci e per tutta risposta mi arrivò un cazzotto sul braccio.

-Ahi, stupido.

Sorrise appena, per poi tornare subito serio.

-Hai piazza pulita ora.

Ci fu un silenzio quasi irreale.

Poi, battendosi le mani sulle cosce, si alzò.

-Divertiti.

La sua voce fredda mi arrivò dritta al cuore, che sembrò quasi spezzarsi.

-I-io...

-Tu cosa, Eleonora? Che cosa vuoi, ancora?

Quelle sue parole mi ferirono come lame taglienti conficcata nel cuore.

Scoppiò a ridere strafottente.

-Sii felice.

Poi, come una folata di vento, andò via.

Camminava lentamente, come se stesse aspettando che io lo rincorressi per fermarlo.

Solo che non mi mossi e lui continuò a camminare.

Ad allontanarsi da me.

E la cosa mi diede particolarmente fastidio.

Non so spiegare bene che sentii, ma fu come sentirsi portar via una parte di se stessi.

Le lacrime mi tornarono su, pungenti come aghi.

-Perché piango? L-lui non...non...era niente per me.

Chissà perché, ma quelle parole mi sembrarono dette da un'altra persona.

Non mi sentivo più padrona del mio corpo e la cosa mi spaventava.

-Perché...perché cosa Eleonora? Cosa vuoi dire? Avanti? Stiamo aspettando tutti.

Mi coprii la faccia con la mano, mentre le lacrime scendevano lente e bollenti come lava.

Mi tirai su dopo non so quanto tempo, vidi solo che era buio.

-Sei una scema! Una grandissima scema Eleonora.

-Come darti torto.

Mi voltai di scatto, vedendo sotto il lampione la figura di Martina.

-Sei proprio una scema.

Il mio sguardo si intenerì un po', le lacrime smisero di cadere ed un piccolo sorriso di aprì sulle mie labbra.

-Che ridi? Ti ho fregato il ragazzo ti rendi conto? Io dovrei essere la tua migliore amica e che faccio? Ti frego il ragazzo.

-Non stavamo più insieme.

-Non importa. Era comunque un tuo ex e si sa, mai mettersi con gli ex delle amiche: ci sono solo più casini.

Mi scappò una risata, seguita poi anche dalla sua.

-Mi sei mancata.

-Tu no. Stavo bene prima che tornassi.

-Stronza.

-Lo so già da sola, grazie.

-Marty, perché hai lasciato Lorenzo?

-Magari lo avessi lasciato io.

-La solita scema. Dovevi essere più veloce.

-Lo sai vero che questa conversazione non ha senso?

-Si.

Scoppiammo a ridere tutte e due, contemporaneamente.

Poi ci fu un attimo di silenzio, dove lei mi guardò senza emettere fiato.

-Sei stata con Mattia?

La guardai senza proferire parola.

-Eleonora, sei stata con Mattia?

-Si.

Un sussurro mi uscì dalle labbra.

-Ele. Io non te lo vorrei dire, ma Mattia è fidanzato.

Sentii il mio cuore rompersi.

Perché? Lui non era mio.

-Ah e con ciò? Penso che lo rivedrò solo a lezione.

-Eleonora.

-Che c'è?

-Non sei brava a mentire.

-Non capisco di cosa tu stia parlando.

Lei scosse la testa sconfitta.

-Sei senza speranza.

Alzai le spalle noncurante, per poi avvicinarmi a lei ed abbracciarla.

-Mi sei mancata sul serio.

-Anche tu e scusa della telefonata e della scenata.

-Fa niente. Vuoi salire?

-No grazie, devo scappare a lavoro.

Guardai distrattamente l'orologio.

-Ma Marty, solo le dieci passate!

-Ti ricordo che lavoro all'Alitalia, e oggi ho il turno di notte.

-Che brutta storia.

-Vero, comunque domani ti chiamo e andiamo a Roma.

-Ok!

Dopo aver salutato Martina, mi fiondai su per le scale.

Arrivata alla porta cercai tremante le chiave e con le mani, che ormai avevano vita propria, le infilai nella toppa ed entrai.

Mi richiusi la porta alle spalle e mi lasciai andare seduta.

Nascosi la testa fra le braccia e le gambe e mi dondolai per non so quanto tempo.

La testa mi scoppiava e la mani non la smettevano di tremare.

Però le lacrime non uscivano.

Fidanzato?

Con chi?

Il respiro mi si mozzò il gola e le lacrime cominciarono a scendere pensando a lui con un'altra donna o ragazza.

Mi passai la mano tramante sulla fronte e cercai di tranquillizzarmi, ma non riuscivo più a smettere.

Un singhiozzo più forte degli altri mi scosse tutto il corpo.

Fidanzato. Mattia.

Mattia. Fidanzato.

Perché?

Perché mi dava così fastidio?

Spalancai gli occhi sconvolta.

Non poteva essere.

No.

Non volevo, non potevo.

Lui era più piccolo e per di più minorenne.

Si, però non ci hai pensato due volte ad andarci a letto!

Stai un po' zitta, voce del cavolo.

Sentii gli occhi chiudersi per la stanchezza.

Non riuscii neanche ad alzarmi, allora mi sdraiai lì: davanti alla porta, con il freddo delle mattonelle che mi penetrava il corpo.

Il suo sorriso sbarazzino fu l'ultima cosa che vidi, prima di cadere nella braccia di Morfeo.

 

 

°§°

 

Ehilà!

Come state?

Io sono sommersa di compiti e tanto tanto stress.

Spero che vi piaccia e mi raccomando, ditemi che ne pensare!

Abbiamo lasciato una Eleonora un po' confusa: secondo voi che cosa avrà mai scoperto? ;)

Ora vi saluto, e scusatemi ancora per aver postato solo ora questa capitolo!

Spero di essermi fatta perdonare :D

Un bacione

Eliana^^

  
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