Serie TV > Flor - speciale come te
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Autore: Danicienta    07/12/2011    2 recensioni
Non sono mai stata soddisfatta dal finale della serie, per questo motivo ho deciso di inventarmi una storia tutta mia, dove a narrare i fatti sarà la nostra protagonista Flor. Buona Lettura!
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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°°°Segreto Sussurrato ... Cuore Spezzato°°°
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Il viaggio in autobus sembrava non finire più.
Avevo passato gli ultimi dieci minuti a fissare le mie sneakers rosse con lo sguardo perso: gli occhi fissi nel vuoto ed il cuore palpitare lentamente, come se l’emozione di incontrare mio padre dopo tanti anni, non sfiorasse minimente la mia immaginazione.
Strinsi fortemente il fascio di lettere che tenevo tra le mani.
Erano passate due settimane dal primo biglietto che Titina mi aveva consegnato con gli occhi terrorizzati dalla paura, ma non era stato neanche l’ultimo.
Mio padre era sconvolto, le sue parole erano chiare come l’acqua: ero in pericolo.
Non conoscevo ancora il motivo di questa sua preoccupazione, e benché avessi fatto di tutto per contattarlo e affrontare il problema, mio padre, l’uomo di mare, si era trasformato in un vero e proprio vagabondo. Le lettere erano state spedite ogni qualvolta da posti differenti, impedendomi di rintracciarlo; quest’ultima nuovamente da Esperanza.
Era un’emozione tornare nel quartiere dove avevo passato la mia infanzia e ricordare i bellissimi momenti trascorsi quando ancora mia madre era in vita, ma il mio umore non calzava perfettamente nella commozione.
Era così triste trovarsi nel paese di tutta una vita e non poter minimamente tracciare un sorriso.
Il mio cuore parlava chiaro: non c’era posto per ricordare, perché quelli che erano i miei ricordi si erano polverizzati con le parole di Federico qualche giorno prima.
Sospirai, perdendomi in quell’oblio di dolore.


«Torna Fede!»
esclamarono all’unisono Tomas e Roberta correndo giù per le scale a tutta felicità. Con estrema frenesia si gettarono su di me e mi divorarono di abbracci «Flor, non vedo l’ora che entri da quella porta!» il piccolo di casa si spaparanzò con un cuscino tra le braccia «Ah sì? E come mai tutta questa fretta?» i bambini si scambiarono uno sguardo complice «Per i regali!» risposero contemporaneamente, mentre lo schiocco della serratura annunciava l’arrivo tanto sperato.
Un enorme sorriso si colorò sul mio viso.
Finalmente rivedevo il mio Principe Azzurro dopo un’intera settimana.
Era bellissimo in quel suo giubbotto blu scuro, mentre si scuoteva freneticamente la neve di dosso.
«Federico!» i bambini lo raggiunsero, gettandosi tra le sue braccia. Tomas e Roberta scoppiarono in una sonora risata quando il Freezer li sollevò in aria giocosamente.
Osservai la scena con il cuore in mano. Non avevo mai amato così tante persone nella mia vita, ma non volevo di certo tornare indietro, vista la meravigliosa opportunità che mi era stata offerta.
Mi guardai intorno alla ricerca di Delfina, ma non ve n’era neanche l’ombra, così nell’istante in cui Federico  rimise a terra i bambini, gli corsi incontro stringendolo con tutto l’amore che il mio cuore sprizzava. Sentivo il suo dolce profumo invadermi l’anima. Chiusi gli occhi decisa a salutarlo con un lieve bacio, sotto gli sguardi incuriositi dei piccoli di casa.
Non mi ero accorta di quanto Federico fosse freddo … nemmeno mi aveva ricevuta con un sorriso, ma è il bello delle sorprese, no?
«Staccati da lì cardo immonda!» la voce stridula della coda di foca si intromise come un pugnale volante nella mia mente.
Ancora abbracciata a Federico, voltai il capo incredula «Tu?» sibilai con il fiato bloccato in gola.
Delfina mi fulminò inviperita «Sì! Io, Delfina Santillàn Torres Oviedo, futura sposa del mio fidanzato, Federico Fritzenwalden» sbarrai gli occhi stupita.
Federico e Delfina di nuovo insieme? Dopo quel bacio?
Ero impietrita, completamente scioccata, mentre toglievo le braccia dal collo di Federico. Spostai lo sguardo sui ragazzi, che scuotevano il capo sdegnati, poi su Federico, sempre più distaccato ed infine su quella coda di foca che sorrideva con estrema soddisfazione.
Certo, come potevo interessare ad uomo come Federico? Un uomo che preferiva l’eleganza di una miniabito invernale pittore di un corpo degno di rivista, al burlesco di una gonna marrone muralista di una babysitter mal riuscita?
Strinsi i pugni con forza. Contenevo la rabbia a stento, ero più al limite che alla concessione, mi sentivo un diavolo per capello «Mi scusi – mormorai perplessa, mentre gettavo uno sguardo furioso a Federico – Avevo scambiato il Signor Federico per … Franco» sospirai.
Federico alzò un sopraciglio, mentre Delfina mi squadrava da cima a fondo con un lieve sorriso sulle labbra. Come una gatta morta, si avvicinò al Freezer e gli avvolse le braccia intorno al collo, adottando una postura per così dire elegante «Ah – sospirò sul collo del Principe come per marcare il territorio – vita mia, l’hai sentita? Che tesoro, ti ha scambiato per il tuo fratellino minore. Non è un amore?»  Federico annuì meccanicamente «Siamo simili» curvai le mie labbra in una smorfia “Similissimi” pensai “come il giorno e la notte”
«Oh cara Flor – sibilò nuovamente la Strega – non ci avevi parlato della tua storia con Franco»
Io e Franco?
Mi coprii il viso con le mani: guai in vista!

Poco dopo l’intera famiglia era riunita nell’elegantissima sala da pranzo della villa.
Sospirai, entrando con una delle meravigliose delizie di Antonio. Il dolce profumo del cioccolato inebriava ogni mio senso, forse solo in questo modo avrei trattenuto le lacrime. La glassa di vaniglia era chiara e, adornata da ciliegine rosso porpora, disegnava in quel mare oscuro di cacao la bianca scritta “22 Giugno 2004 … Ti amo”.
Un nodo mi si formò nello stomaco, mentre depositavo con mani tremolanti la torta sul tavolo, proprio di fronte a Federico. Sentivo addosso il suo sguardo freddo ed impassibile, era una tortura sopportare tutto quello, soprattutto se alla mia destra avevo una tremenda coda di foca che sorrideva come una iena in piena savana tropicale.
«Scusate» Delfina si schiarì la voce, mentre con un campanellino richiamava l’attenzione dei presenti «E taci, Strega! – Tomas ingoiò il suo ultimo pezzo di pane – Non ci lasci nemmeno mangiare in pace!» Federico lo riprese con il suo solito tono scontroso «Tommy caro – riprese la gatta morta – sarà solo per poco, dopo di ché potrai tornare – gettò uno sguardo al posto che il piccolo sedeva a tavola completamente impataccato – alle tue delizie culinarie» sorrise poi schifata.
«Ma quali delizie del …»
«Tomas! - lo riprese nuovamente Federico, mentre l’intera famigliola rideva a crepapelle, poi con fare rigido e robotico, afferrò “dolcemente” la mano della Strega – continua pure, Delfina»
Sull’intera sala da pranzo calò il silenzio.
Si sapeva ciò che stava per accadere, per tanto l’unica persona che sembrava veramente interessata alla situazione era Crudelia de Mon, che dall’alto del suo cospetto, sorrideva compiaciuta ai ragazzi, l’uno più disinteressato all’altro. Nicolas fissava a vuoto il piatto, i bambini giocherellavano con i tovaglioli, Maya si mangiava le unghie, Sofia ingoiava il pane restate in tavola, mentre Franco … beh, lui mi fissava con quei suoi due occhi turchesi.
La coda di foca prese posto alle spalle di Federico, che cinse dolcemente «So che non è una novità, perché ormai io e vostro fratello ci conosciamo da una vita e sempre siamo stati l’uno innamorato dell’altra, però non c’è mai stata occasione per parlarne apertamente, vero amore? – Delfina cercò lo sguardo di Federico, stranamente incrociato al mio. Rabbrividii, mentre il Freezer annuiva meccanicamente – Ora è giunto il momento che la nostra relazione sia realtà. Io e Federico ci sposiamo»
Istanti di silenzio accompagnarono il sorriso appagato della iena tropicale.
Tremavo, ma non per il freddo, se non per la consapevolezza che un tir carico di mucche giganti mi aveva appena travolta, scaraventandomi per chissà quanti chilometri.
Solo dopo qualche secondo Malala si alzò e applaudì freneticamente, invitando poi in modo “gentile” la figlia minore a seguire il suo esempio «Beh – riprese poi Federico, passando lo sguardo per ognuno dei suoi fratelli – Non dite niente?» i ragazzi si fissarono per qualche momento. Improvvisamente Franco abbandonò la sua sedia per unirsi in un abbraccio caloroso con il Freezer «Bella là, fratellone! – gli diede un buffetto in viso, poi stampò due baci di felicitazione a Delfina – Non ci siamo conosciuti molto, però ti auguro di essere felice! - e con un sorriso sulle labbra mi si avvicinò – a più tardi, Angioletto!»
«Franco – Federico sembrò fulminarlo con lo sguardo – non rimani per il brindisi?»
«No, ho da fare» e abbandonò la sala.
«Ah, Herr Federika, potere io dare bacio di aggradamento? - Il Freezer sorrise accogliendo tra le sue braccia una Greta umida di lacrime – Ah, Federika, non sapere da quanto tempo Greta aspettare qvesta momenta – si soffiò il naso con il fazzoletto che Federico le aveva offerto poco prima – Essere tanta felice sua vecchia pampinaia! Essere tanta piccola, Herr Federika, tanta piccola quando Greta essere venuta in qvesta casa in qvel giorno tanto piovoso e ora, lei essere cresciuta, stare per sposare, fare sua propria famiglia  e povera Greta … essere tanta vecchia e felice per suo picionono!» Greta si soffocò in un nuovo pianto, che riuscì a calmare solo tra le braccia di Federico.
«Sono contento per te - mormorò in seguito Nicolas con un lieve applauso - che siate felici» e senza esitare si alzò e seguì le orme del gemello «Che cos’avranno da fare quei due questa sera? – chiese Federico passandosi una mano per i suoi capelli biondi – Florencia, tu ne sai qualcosa? – mi risvegliai dallo stato di trance che avevo raggiunto e, afferrando quella poca forza che mi era rimasta, scossi leggermente il capo – E voi? Maya, Martin, non vi congratulate?»
Maya fissò il fratello indignata «Io non ho molto da dire – disse con ancora un dito in bocca – la vita è la tua e sai benissimo che cosa farne, se hai deciso di buttarti direttamente nel cassonetto, non è un mio problema – bevve un sorso d’acqua per poi ritornare alla coppia – Comunque felicitazioni»
Federico era rimasto turbato dal tono aspro della sorella tanto quanto me. Ma cosa ci potevo fare se tranne che dire la verità la giovane dei Fritzenwalden non aveva fatto altro?
«Federico, Delfina – il Freud di famiglia si sistemò gli occhiali leggermente fuori posto – Approvo ciò che nel gergo comune si definisce “relazione congiunta” per quanto il vostro rapporto si basi su una lunga serie di anni trascorsi insieme, ma ciò non vuol dire che mi rendiate l’uomo più felice sul nostro Pianeta, per non parlare di Galassia, atrimenti sfiderei le leggi della fisica atomica– un enorme punto di domanda si disegnò su ognuno dei nostri volti – Cerco di spiegarmi. Per tanto io consideri la tua fidanzata, Delfina, una persona non adatta al ruolo che le hai assegnato, piegherò il mio intelletto ad accettare questa situazione alquanto sollecita– sospirò - per tanto, felicitazioni» una smorfia si disegnò sul viso di Federico, mentre la Strega sollevava indignata gli occhi al Cielo «Io non c’ho capito un’emerita mazza!» ruggì Tomas a braccia conserte «Cosa essere che picionono non capire? Herr Federika sposare»
«Appunto!» il bambino nascose gli occhi sotto un’espressione imbronciata, mentre Greta lo osservava incuriosita «Quello che il mio socio vuole dire – continuò poi la piccola Roberta agitando i suoi codini ribelli – è che Federico non può sposarsi con Delfina!»
«Perché?» esclamarono all’unisono gli adulti di famiglia «Perché Fede è innamorato di Flor e anche Flor lo è di lui!» quando involontariamente incrociai gli occhi del Freezer, abbassai il viso imbarazzata.
Volevo morire, anzi, avrei voluto strangolare con le mie stesse mani quei due mocciosi dalla lingua lunga, qualcuno doveva insegnarli quando era giusto parlare e quando invece no!


Il panorama del barrio Esperanza era tale e quale a qualche anno prima, solo la torre d’ingresso aveva perso il suo giallo vivace, per dare vita a piccole crepe del tempo. Finalmente il pullman attraversò l’arco, segno che ero quasi arrivata a destinazione.
Le campagne argentine erano simili a tutti i luoghi che avevo visto, ma forse, per il troppo tempo trascorso in città, ne avevo dimenticato la bellezza.
Enormi distese verdeggianti, costeggiavano con la loro rigorosa natura la carreggiata che stavo percorrendo e solo a volte, sbucava dal nulla qualche fattoria colorata per ricordare l’impronta umana sulla terra.
Sospirai, stringendo la borsa di jeans dove avevo riposto il fascio di lettere.
Ero arrabbiata, triste e arrabbiata … e per di più senza casa.
Ebbene sì, avevo deciso di andarmene.
Il dolore era troppo forte per essere trascurato, il mio cuore era straziato, a pezzi ed ero sicura che se avrei continuato a vedere come il Freezer “succhiava” le labbra di quell’insipida Strega, non sarei più riuscita rimetterne insieme i cocci.
Non avevo detto addio a nessuno, se non a Federico e … per sempre.
Vedere come gli occhi dei miei ragazzi si riempivano di lacrime e sentire le loro suppliche di restare, non mi avrebbe fatto altro che male. Ero partita così, qualche soldo da parte, i miei due bagagli (momentaneamente rifugiati da Titina) e le lettere di mio padre.
Il mio futuro sarebbe iniziato con un passo nel passato, chissà, forse solo così avrei potuto ricominciare con un po’ di fortuna.
E ancora.
Un bel sole alto nel cielo, di un giallo splendente quasi simile all’oro, al … miele degli occhi di Federico.
Sospirai mentre una lacrima correva sulla mia guancia …


«Flor, possiamo parlare? - sobbalzai lasciando cadere il piumino. Mi riabbassai per riprenderlo e continuai nella pulizia del vaso di non so quale epoca – Per favore, io … non so come dirtelo» la voce di Federico era una carezza tra i miei capelli, ma una pugnalate al mio cuore. Non lo degnai di uno sguardo e passai a spolverare il corrimano della scala.
Uhuhu, era in legno. Non me n’ero mai accorta!
Era da un po’ di giorni che ignoravo Federico e quel suo bizzarro modo di presentarsi davanti a me qual volta gli sembrasse giusto, ma ero arrabbiata, furiosa, mi sentivo presa in giro per ogni fliquity del mio cervello, insomma, non volevo vedere Federico Fritzenwalden nemmeno in fotografia!
Ma lui no, non si dava per vinto e il suo ronzio era talmente insopportabile da triplicare la mia rabbia!
Mi giravo ed era dietro di me, m’incamminavo per il corridoi e lui faceva lo stesso dalla parte opposta, uscivo dalla stanza ed era lì e sempre con il solito ZzZzZzZzZzZ di un’ape a cui hanno appena staccato un’ala.
Insopportabile!
«Flor, maledizione noi dobbiamo parlare!» in un batter d’occhio mi ritrovai a fissare i suoi occhi color miele, mentre sentivo la sua mano stingere il mio polso. Anche arrabbiato Federico sapeva essere il più bel Principe delle fiabe ed i miei occhi non facevano altro che tremare al solo fatto di averlo vicino.
Abbassai lo sguardo turbata «Non abbiamo nulla di cui parlare, Signore»
 Federico mi sollevò dolcemente il mento «Flor, io non so come spiegarti che …»
«Spiegarmi cosa, Signor Federico?! - mi scostai violentemente da lui. Quell’uomo mi avrebbe rovinata anche lontana mille miglia, chissà vicini come pappa e ciccia – Che gli asini volano e gli uccelli ragliano? Ma per favore, guardi, non ho tempo da perdere in discussioni inutili, devo continuare a pulire … - mi rigirai e continua a lucidare il corrimano – Mmmm … che sporco!»
«Flor – me lo ritrovai nuovamente alle spalle – non sono discussioni inutili, noi … - si passò una mano tra i capelli – noi dobbiamo parlare, dobbiamo chiarire quello che c’è stato tra di noi» mi bloccai di colpo, respirai profondamente e mi girai, incrociando i suoi occhi dorati «Non so di cosa parla, Signore – cercai di essere il più ferma possibile – Non capisco, tra di noi c’è il nulla, ci separano monti e mari, cieli e fiumi e … mi scusi, ma il corrimano mi aspetta» feci per ritornare suoi miei passi quando Federico  mi prese per il braccio «Per favore, Florencia, è importante» alzai gli occhi al Cielo «Quanti mosconi girano in casa … eh anche belli grossi …»
«Flor, è importante» ribadì lui sempre più serio «D’accordo, nello studio?» chiesi indicandogli il patibolo «Nello studio» confermò.

Quando presi posto sul candido divanetto dello studio, un fastidioso silenzio separava me ed il mio capo. Io seduta con il volto poggiato ai gomiti e lui, da un lato all’altro della stanza, camminava nervoso con le mani sul viso «Allora? Qual è la cosa importante di cui mi voleva parlare? Devo cambiare storie ai bambini? Sono forse troppo violente, ci sono forse troppe Streghe e Principi maledetti?»
«Florencia, sai benissimo che non è di questo che ti devo parlare e per favore, per una buona volta nella tua vita, lascia da parte la tua ironia» alzai il dito a mo’ di maestrina «Guardi che quella che lei chiama la mia “ironia” è l’unica cosa che mi fa sorridere quando sto con lei!» lo vidi inginocchiarsi davanti a me e prendermi dolcemente le mani «Flor, mi dispiace – furiosa voltai il viso in un’altra direzione e lo sentii sospirare – io … non so cosa mi è preso quel giorno, ero confuso e tu parlavi tanto …»
«Certo che parlavo – voltai il capo per dirigere la mia ira solo e soltanto a lui - e parlo anche adesso, perché come “quel giorno” mi sta accusando di qualcosa che non ho fatto!» Federico alzò un sopraciglio scioccato «Ma che … Flor, non fare la finta tonta, ci siamo baciati …
«Mi hai baciata» lo corressi fulminandolo con lo sguardo «Ti ho baciata e ti ho ferita e questo non me lo perdonerò mai, il fatto è che … ero stanco e …»
«Insomma, ti vuoi decidere? Eri confuso o stanco? – mi alzai scostandolo all’impatto, feci per andarmene, poi mi rigirai osservando come Federico si era portato una mano al mento pensieroso – Senta, Signor Federico, facciamo finta che non sia mai capitato nulla tra di noi– lo vidi avvicinarsi a me – perché tra di noi non c’è nulla – la mia voce si armonizzava ad ogni suo passo - che … che … che … quel meravigliosissimo bacio non ci sia mai stato – era sempre più vicino, il suo sguardo si era incontrato con il mio – che … che … i tuoi capelli, i tuoi occhi, la tua bocca sono degne di un Principe delle fiabe e che …» le parole mi si bloccarono quando lo vidi mettermi l’indice sulle labbra, a pochi centimetri da me «Shh – la sua voce era un sussurro – Flor, mi sposerò con Delfina, lei è la donna perfetta per me, l’hanno scelta i miei genitori ed io l’amo, però …»
«Però che?» ero ipnotizzata dalle fiamme che ardevano nell’oro degli occhi del mio Principe «Però non lo posso evitare» spostò il suo sguardo sulla mia bocca «Cosa?» sussurrai stregata «Questo»
Si appropriò delle mie labbra e mi baciò, come se la primavera fosse ritornata a risplendere in quella stanza buia e fredda.
Sentivo il cuore palpitare ovunque ad ogni sua carezza: petto, orecchie, mani e piedi tremavano, io tremavo alle sue dita ferme sui miei fianchi e alle mie giocose tra i suoi capelli. Tremavo sentendomi la donna più importante del mondo, più desiderata, più amata …
Sospirai sulle sue labbra prima di rispondergli nuovamente con la passione alle stelle, con tutta l’ansia per quell’uomo che non avrei mai avuto nella mia vita, perché lontano, perché diverso, perché di un’altra.
Federico grugnì e mi avvicinò ancora di più al suo corpo, mentre copriva il mio viso di dolci baci.
“Baci?!” pensai.
Quei baci potevano essere molto pericolosi, erano artiglieria pesante per il mio cuore malato d’amore … dovevo finire quella piacevole tortura, altrimenti addio a qualsiasi possibile cura.
Probabilmente Federico notò la mia rigidezza e con piccoli sospiri, terminò quello che ormai consideravo il mio supplizio «Scusami» sussurrò poi con un lieve sorriso, passandomi infine un dito sulle labbra «Federico, è meglio che io me ne vada» mi scostò dolcemente la frangetta «Sì, è tardi, domani i bambini andranno a scuola e …»
«No, Federico – mi scostai da lui, cercando di riprendere il controllo della situazione – è meglio che io me ne vada e per sempre …» feci per andarmene, ma mi prese per la mano «Flor, io … - si passò una mano trai capelli - non credo sia una buona idea e i ragazzi? Non sopporteranno l’idea che tu te ne vada e …»
«E’ meglio per entrambi, anche se …»
«Anche se?» pensai a me, a lui, e a quel sentimento fortissimo che ormai aveva fatto il nido nel mio cuore, ma … purtroppo non tutti gli uccellini spiccavano il volo alla nascita ed il mio amore era nato già con un’ala rotta, una barchetta appena naufragata nell’Oceano.
Scossi il capo freneticamente «Niente, preferirei che restasse tra di noi, sono sicura che quando sarà il momento troverai le parole giuste»
Federico annuì silenziosamente, poi prima di chiudere la porta, incrociai i suoi occhi con i miei «Addio»


Attraversai il vicolo deserto, incontrandomi finalmente con l’insegna del piccolo bar scelto da mio padre. Ocho7ocho riportava la scritta gotica, tipicamente a caratteri pirateschi. Non mi stupii più di tanto nel vedere i colori così rustici tipici dei lupi di mare, Esperanza era il quartiere dei cosiddetti “Marineros”, poiché, tempo addietro, diceva mio padre, affacciava sull’Oceano Atlantico. Per tanto botti di legno, galeoni, funi attorcigliate, nodi da marinaio e polene erano all’ordine del giorno.
Mi avvicinai al portico che dava sulla viuzza del centro del barrio: uomini di tutte le età gorgheggiavano boccali di non so quale diavoleria, serviti da giovincelle in stracci colorati. Le gitane erano di casa con i loro gesti stravaganti e danzavano sulle note del flamenco per intrattenere i lupi di mare, già ubriachi alle cinque del pomeriggio.
Mi strinsi nel mio cappotto marrone e, sospirando varcai l’ingresso nel bar.
Un vento tiepido scaldò le mie guance rossastre, mentre un’ondata di fumo nauseabondo raggiungeva le mie narici già intorpidite per il freddo. Gettai l’occhio al bancone centrale, dove una donna di mezza età versava boccali di birra ad una coppia di anziani «Casimiro, Casimiro, te lo dissi che ci avresti rimesso il dito» mormorò sistemandosi lo scialle blu «Taci, zingara – l’uomo alzò la mano fasciata, mentre sorseggiava la bevanda giallastra – la tua è solo fortuna!» scoppiò in una sonora risata, alla quale si unì poi l’altro anziano «Rie bien quien rie ultimo, cari miei hermanos Ortega e ahora sciò – gli indicò la porta – filatevene a casa che vuestras mujeres ve aspettano sanos e salvos» la donna lasciò il bancone, ma l’uomo con la mano fasciata la bloccò «Ma come Almundina, non ce l’hai un bacetto per me?» la donna lo strattonò, regalandogli poi un sorriso «Neanche por suenño Casimiro e ahora sciò, no vees? – la donna mi indicò - Una donzela chiede de mi, adios tìos!»
Avvolta nel suo scialle blu cobalto, la proprietaria del bar mi si avvicinò, ondeggiando la sua lunga gonna nera a fresie blu «Hola, chiquita! – esclamò mentre mi racchiudeva tra le sue braccia, stampandomi due leggeri baci sulle guance, mentre mi sussurrava di reggerle il gioco – Como estas? Era da un poquito che non ti vedevo. Y tu mamà? Scommeto que es una reina come tanto tempo fa – sospirò accompagnandomi ad un tavolo all’angolo – Ahy niñita,que bueno averti incontrato aqui en el mio bar – quando prese posto accanto a me, mi sorrise, mostrando una fila di denti ammaccati e neri come la pece – Gracias por averme retto el gioco, carita de Angel, como te llamas?» le ricambiai il sorriso un po’ nervosa «Florencia, Signora»
«Oh por favor – agitò una mano all’aria – no me llames asì, para ti soy Almundina, “la dama del misterio” – la squadrai da cima a fondo: il trucco pesante le regalava sicuramente qualche anno in più, ma il rossetto bordeaux era un velo di eleganza in quel viso abbronzato. Gli occhi neri facevano pan- dan con i capelli corvini e leggermente ondulati, dove una fresia celeste spuntava in tutto il suo splendore – Chiquita, no te preocupes,soy buena, misteriosa, pero buena y tu? Cosa ci fa una carita de muñeca acà, en un posto rico de  gente orrible?»
«Cerco mio padre» sussurrai stringendo ancora di più la mia borsa di jeans, mentre la donna si portava una mano alle labbra «Tu papa?»
«Si, mio padre, forse lo conosce, si chiama Eduardo Fazarino» Almundina alzò gli occhi al Cielo «Oh, ojos de cielo, como no puedo conocer a “Barba Negra”» strabuzzai gli occhi «Barba Negra?»
«Sì – la donna si alzò dal tavolo e mi prese le mani – esperame aqui, niñita, tu papa volverà pronto – gettò uno sguardo alle mie mani, poi mi sorrise – eres afortunata, carita de Angel, tu futuro es como aquello de Cenicienta! La conoces la historia de Cenicienta?» annuì scioccata.
Come poteva dirmi certe cose? Certo, le gitane sapevano leggere le mani, e tante volte non sbagliavano, ma da qui a dirmi di avere un futuro come Cenerentola, passavano leghe e mari, stando in tema. E come se non bastasse in un periodo dove sembrava che un autobus di cento tonnellate mi aveva appena schiacciata a tutta velocità. Federico, i ragazzi, mio padre, le lettere … cose che altro che portarmi problemi non stavano facendo altro.
«Un futuro di cenere vorrà dire?» la donna scosse leggermente il capo «So que non puedo legerte la mano si tu no quieres, pero es ineviable … tu manita tiene una figura tan graciosa y como he dicho prima, tu futuro serà rico de flores amarillas … descubreràs secreto que el pasado ocultò, però seràs feliz, tienes solo que estar fuerte porquè  el presente serà muy duro y muy dificil, mas con tu sonrisa asì encantadora, so que riusciràs ad affrontarlo … ahora tengo que irme – mi fece l’occhiolino – debo avisar a tu papa»
Sospirai al vedere Almundina girare l’angolo. Cosa intendeva?
“Scoprirai segreti che il tuo passato ha nascosto” … centrava forse con i biglietti intimidatori?  
E come poteva il mio futuro essere di rose e fiori, quando il Principe della mia vita aveva preso il primo cavallo per scappare dalla Strega di Biancaneve?
Scossi il capo.
No, di certo quella gitana aveva visto troppe mani fino a vedere doppio e poi diciamocelo, avere a che fare con degli ubriachi porterebbe squilibri mentali a chiunque …
Mi portai una mano alle labbra “Ops, sto parlando come Martìn”
Al pensare ai miei ragazzi mi si formò un nodo in gola. I “fari” di Franco, le urla di Nico, le teologie di Tincho, le marachelle dei mocciosi …
Deglutii lentamente come per scacciare ogni immagine.  
«Florsicuchi» avrei riconosciuto quella voce anche lontano mille miglia.
Aspra, amara, rauca, era la voce di mio padre.
Mi voltai.
Un uomo basso dal sorriso smagliante aprii le sue braccia pronte a ricevermi in un abbraccio.
Senza esitare mi lanciai verso di lui, disinteressandomi del grembiule bianco che indossava completamente sudicio di cibo.
«Papà!» inspirai il suo profumo, mentre sentivo la folta barba nera pungermi la fronte (solo ora capivo il vero significato del suo soprannome).
Era esile, più gracile di cinque anni prima ed i capelli che credevo ancora corvini, ora avevano assunto un colore più simile all’argento. Lo strinsi ancora di più a me con il timore che mi abbandonasse ancora una volta.
«Anche se in mare è, anche se in mare è, anche se in mare è lui pensa sempre alla sua Flor» alzai gli occhi completamente lucidi «Ah papà, quanto mi sei mancato!» mi accarezzò dolcemente la nuca «Lo so, piccolina, ma ora sono qui … per te» mi baciò dolcemente la fronte «Vamos chicos! – Almundina si precipitò nella nostra direzione con un vassoio ricco di delizie – Non so vosotros, pero ahora es el tiempo para la merienda, adelante – disse indicandoci il tavolo che poco prima avevo occupato – “Barba Negra” no sapevo que tenìa una niñita asì, creo que se parece muy a la Cenicienta del cuento de Hadas» mi fece un occhiolino «Florsicuchi è la mia Cenerentola»
«Lo sabìa, lo sabìa – depositò due tazze fumanti di cioccolata - ahora me voy, creo que debeis parlar, adios tìos!» e in uno sbatter di scialle se ne andò.
«E’ simpatica» sussurrai mentre mio padre mi prendeva le mani tra le sue «Già, Almundina è una grande donna» sospirai «Come la mamma» mio padre mi sorrise «Come la mamma … Le somigli sempre di più, sai?»
«Titina me lo dice sempre, “Tale madre, tale figlia”» canzonai al ricordare i ricci rossi della mia cara Zia «Quando ho saputo che ti eri trasferita al Passaggio dei Baci speravo che incontrassi la migliora amica di tua madre. Titina è una bravissima persona e voleva bene a tua madre, sapevo che ti avrebbe aiutata in un modo o nell’altro»
«A proposito di Titina, è successo qualcosa? Perché non ti sei più fatto sentire? Credevo che dopo la maturità ti saresti presentato almeno per salutarmi …» mio padre incrociò i suoi occhi neri con i miei «Tesoro, sai che “per chi …”»
«“per chi cade in mare, non è facile montare”, sì, lo so ma neanche per tua figlia?» mi sorrise tristemente «Ci sono stati dei problemi» alzai gli occhi al Cielo «Lo sapevo! Sapevo, papà, che eri finito in un qualche guaio! Ancora quel Nestor?»
Poco prima della morte di mia madre, papà aveva avuto dei “piccoli” problemi economici che lo avevano portato a chiedere un aiuto ad uno di quegli aguzzini mangia fegato della periferia di Buenos Aires. Le terapie di mia madre costavano e, una volta saldati i debiti, lavorammo per qualche tempo per restituire il dovuto. Ma ancora ricordo le minacce di quello strizzacervelli maleodorante, le discussioni, le urla di mio padre e poi … la luce e quel Nestor liquidato con quel suo avido bottino di bigliettoni.
Era inspiegabile quanto la gente potesse essere attaccata al denaro.
«No, Nestor non centra nulla, per fortuna» il suo viso disegnò una smorfia «E allora? Cosa sta succedendo? Perché sono in pericolo?» mi accarezzò dolcemente il volto «Flor, tu stai bene? So che hai trovato lavoro in una casa di un imprenditore famoso»
«Avevo, non ci lavoro più» la mia voce tremava ancora di rabbia e tristezza «Ma come? – alzò un sopraciglio – Cosa è successo? Ti hanno trattata male? Non ti pagavano?» scossi il capo «Mi sono innamorata, papà» sospirò «Fammi indovinare, del tuo capo?» annuii «Sì e per di più fidanzato, ma è una storia senza futuro e prima che qualche cuore ci rimetta la vita, ho preferito andarmene»
«Hai fatto la cosa giusta, Florsicuchi. Ti ricordi la storia che ti raccontavo sempre da piccola?»
«Quale? Quella della Principessa triste?» quanto amavo quella fiaba. Era una delle mie preferita e mio padre me la raccontava sempre prima di andare a letto …
«Esatto, proprio quella … perché amore mio, devi sapere che non piove per sempre, che un giorno quei nuvoloni grigi che occupano il Cielo, si sposteranno per far splendere un Sole meraviglioso …»
«Che ti scalderà il cuore … - continuai io – papà …»
«Mmm?»
«L’amore fa male» abbassai il viso mentre una lacrima scese dai miei occhi e mio padre l’asciugò dolcemente con il suo pollicione «Lo so e per questo devi essere forte, soprattutto per quello che ti dirò ora …» alzai lo sguardo intimorita dalle sue parole «Papà, così mi preoccupi – frugai nella mia borsa di jeans e posai sul tavolo il fascio di lettere – mi vuoi dire cosa sta succedendo? - mio padre si portò all’indietro, incrociando le braccia – Cosa è stato della tua vita da marinaio? Cosa ci fai qui come cuoco? Perché tutto questo mistero?»
«Florsicuchi, i soldi vanno più che vengono, ma io sono qui per te»
«Perché?» riuscii a malapena a sussurrare «Amore mio, quello che sto per dirti non ti piacerà per niente – sospirò passandosi una mano tra i capelli – Le fiabe sempre acquistano un significato importante, sembrano sogni e per quanto possano essere d’immaginazione, nascondo un fondo nella realtà»
«Non ti capisco»
«Tesoro mio, ricordi? L’arte della vita sta nell’imparare a soffrire e nell’imparare a sorridere – annuii – promettimi che quello che ti dirò non cambierà la meravigliosa persona che sei, promettimi che saprai vedere oltre le apparenze»
«Continuo a non capire»
«Tu promettilo» mi portai un dito alle labbra e lo bacia in segno di promessa «Giurin giurello te lo prometto con una mano sul petto» mio padre sorrise, poi sospirò «Quando conobbi tua madre tu avevi pochi mesi di vita – il cuore smise di battermi – e c’era una donna con lei, si chiamava Maria Bonita, era come una tua balia … - osservai mio padre asciugarsi con il polso gli occhi – tua madre era così dolce, così buona, una persona eccezionale ed io me ne innamorai, non mi importava che avesse già una figlia, io l’amavo, ma quella donna, quella donna non mi piaceva, anche dopo il matrimonio le girava sempre intorno, le riempiva la testa di cavolate e … - si portò una mano al viso – quando tua madre mi chiese di darti il cognome, non ci pensai minimamente due volte. Eri la figlia che avrei voluto sempre avere ed eri così bella, così piccola, così di Margarita ed io vi amavo, ma quella donna era l’arca dell’infamia … - le parole di mio padre erano come degli enormi aghi infilati nella pelle – ci controllava, ci persuadeva, faceva di tutto per portarci sulle sue idee e … Argh che stupido! Che stupido sono stato a …» scossi il capo, mentre sentivo le lacrime già coprirmi l’intero viso «No, che stupida io, che stupida io a giurare, a credervi, a sognare in quella che era l’illusione di una famiglia felice, una famiglia che non è mai esistita!»
«No – l’uomo cercò di prendermi la mano, ma lo evitai – Florsicuchi, ascoltami. Ti sto dicendo tutto questo perché sei in pericolo»
«Ah, perché se non fossi mai stata in pericolo probabilmente la verità non sarebbe mai venuta a galla» ribattei ironicamente «Quella donna, Maria Bonita, si è rifatta viva, ti cerca e non per prendere un tè con dei biscotti» i miei occhi si annebbiarono nuovamente di lacrime «Mi avete mentito, te ne rendi conto? E non per una caramella rubata o per un voto nascosto a scuola, mi avete mentito sulla mia identità, per vent’anni!»
«Lo so, ma tua madre …»
«Non scaricare la colpa solo su mia madre, lei ora non c’è più e stava a te dire la verità»
«Ero combattuto, non sapevo cosa fare e per di più ho avuto qualche problema e …»
«Chi è?»
«Chi, tesoro?»
«Non mi chiamare tesoro. Chi è mio padre? - Eduardo si passò una mano tra i capelli nervoso per poi posare sul tavolo un altro fascio di lettere leggermente ingiallite. Ne presi una e la lessi velocemente con il fiato in gola - Alberto» mormorai con gli occhi sbarrati «Tua madre non parlò mai di quest’uomo, era un argomento che non voleva mai toccare, mi disse solo che …» si bloccò per qualche istante «Che? Cosa ti disse?» l’uomo sospirò «Che era … sposato» nuovamente il cuore fece un balzo nel mio petto «Ah, bene – ironizzai – ricercata e per di più bastarda! Cosa chiedo di più alla vita?» Eduardo fece per riprendermi la mano, ma lo scansai «Amore mio …» lo fulminai con lo sguardo «Non mi chiamare amore mio, Eduardo, non sono tua figlia, quindi smettiamola di dire diavolerie, ho già vissuto una vita piena di menzogne, non vorrei che il mio futuro se ne riempisse nuovamente» sul suo viso si disegnò una smorfia di dolore «Flor, so come ti senti, sei arrabbiata, furiosa, triste e forse non vorrai neanche più vedermi, ma ti prego, stai attenta, quella donna è cattiva, lei … lei causò la morte di tua madre con quegli intrugli e …»
«Vattene» sussurrai con la poca forza rimasta «Flor, ma …»
«Voglio rimanere sola»
«Flor, ma …»
«Se vorrò sapere di più mi metterò in contatto con te» lo vidi alzarsi e dirigersi verso la porta della cucina, poi si voltò «Riguardati e stai attenta, ah – ritornò al tavolo e vi posizionò sopra una vecchia fotografia in bianco e nero – è una foto di tua madre e quella donna, se la vedi, stanne alla larga, ma soprattutto non dirle di essere figlia di Margarita Valente» quando anche il suo grembiule bianco sparì dietro la porta della cucina, mi abbandonai ad un terribile pianto isterico.
Mio padre non era mio padre.
Quello che invece lo era si chiamava Alberto, lo stesso del diario di mia madre, era uno sconosciuto e per di più la ingannava ed io? Beh, questo era il colmo dei colmi, io, Florencia ex-Fazarino, ricercata e per di più bastarda!
E poi la mia vita era come quella di Cenerentola!
Ma per favore, perfino quella spazzacamini aveva più dignità di me …   


L’aria fresca inebriava la mia pelle completamente secca per le troppe lacrime versate. Ma il freddo della notte non era paragonabile al gelo che sentivo nel cuore.
Ero stata ingannata, prima da Federico ed ora da quella che era la mia famiglia …
Non sapevo chi ero, da dove venivo, qual’era la mia storia, mi sentivo come una mucca in preda ad una tromba d’aria, un piccolo piccione a cui avevano appena tolto la piazza, tremendamente confusa.
La luna si rifletteva ambiziosa nell’acqua cristallina del Rio Azul.
Non sapevo il perché, ma quel luogo mi trasmetteva in un certo senso la tranquillità che mi mancava da anni.
Cosa potevo fare? Cosa dovevo fare? Cercare mio padre, salutarlo con la manina, presentarmi e poi dirgli “Ciao papino, sono Flor, tua figlia”
O starmene lì, chiusa nel guscio della mia angoscia e starmene allerta da quella Maria Bonita?
Titina credeva veramente a Eduardo, in realtà anche lei n’era a conoscenza, ma bocca mia cuciti e avanza.
Poco prima avevo litigato anche con lei, ma la Zia non aveva tanta colpa come l’aveva Fazarino, quell’uomo mi aveva ingannata per ben vent’anni, comportandosi come il padre che non avevo mai avuto e trattandomi per quello che non ero: una figlia.
Mi aveva mentito, usata per vestire i panni di quella figlia che avrebbe voluto avere da mia madre.
Come poteva dire di amarmi? Come poteva chiamarmi figlia, pur sapendo che non lo ero? Come aveva potuto nascondere così tante bugie in così tanti anni?
E quella donna?
Chi era quella Maria Bonita che mi cercava? E perché? Cosa centrava con la morte di mia madre?
Io non la conoscevo e non la ricordavo quando ancora la mamma era in vita …
E infine Alberto.
Chi era? Perché si era preso gioco di mia madre? Perché ci aveva abbandonate? Perché aveva ingannato sua moglie …
Troppi dubbi, troppa tristezza, troppo dolore …
«Troppe domande, cara Flor» una lucina giallo sole, illuminò la notte argentina «Suelo! – esclamai – non sono dell’umore adatto per essere sgridata» la pallina colorata mi volò incontro «Oh piccolina, ma non sono venuta qui per sgridarti, qui la confusione è lecita ed era ora che venisse tutto a galla»  mi scostai la frangetta nervosa «Parli tu, perché il tuo cuore è sano e salvo»
«Flor, credi che non mi faccia male vederti triste? Credi che da lassù la tua mamma non soffra a vedere le lacrime bagnare il tuo viso? – scossi il capo – Flor, so che è dura da accettare, che il destino ti sta ponendo davanti un cammino difficile e tortuoso, ma quello che tu chiami inganno, in realtà è la meraviglia della vita … hai la possibilità di indagare, scoprire chi sei ed essere felice»
«Essere felice? Con una donna alle calcagna? Ma per chi mi hai preso, Suelo, per un monaco Zen? Sai che odio le bugie e qui a quanto pare mi hanno mentito già da quanto ero ancora una creaturina del Cielo e non è bello!»
«Lo so, so che non è bello e che è difficile da accettare, ma è il Destino, quello stesso Destino che ti ha portata in casa Fritzenwalden, che ti ha fatto conoscere l’Amore, l’Affetto, l’Amicizia, ma che soprattutto ti ha portata a credere in quello che sono i sogni, i desideri, ma soprattutto nei sentimenti – abbassai il viso malinconica, mentre Suelo si posò sulla mia mano – Flor Devi essere forte e accettare tutto questo, perché in te hai la speranza, l’amore di tua madre e tutto il nostro appoggio.  Sono fiamme che mai si spegneranno. Non è bello vivere di menzogne, devi affrontare la realtà e fare chiarezza nella tua anima, perché il miglior alleato che avrai in questa  battaglia sarà te stessa …» pochi istanti dopo Suelo era già scomparsa in una nube dorata, mentre una fogliolina incantata si posò tra le mie dita. Sulla sua superficie luccicante, eleganti lettere si aprivano a passo di danza.

E’ il tempo che passa per ogni secondo

la vita è scarsa se non hai speranza
nel sole del mondo

La strinsi forte al cuore.
Sapevo cosa fare.
Avrei trovato quell’Alberto, giusto per togliermi la soddisfazione di vedere il suo viso e cantargliene quattro per aver lasciato mia madre. Poi mi sarei dedicata a capire chi era quella donna che tanto spaventava Eduardo e per l’Amore … beh, per quello non c’era ne tempo ne spazio, perché il mio cuore si era fermato e aveva già un proprietario, Federico.




Nota Autrice:

Ciao a tutti!!
Ben trovati alla mia storia! Sono stata abbastanza veloce? Spero di sì, visto che mi sono buttata a capofitto in quest'ultima settimana XD
Tutto sommato credo di aver risolto un sacco di dubbi in questo capitolo, ma di avervene creati di altri ... cattiva, eh?  ;)
Un ringraziamento speciale a Federika21 e Dilpa93!
Perdonatemi se non sono riuscita a rispondervi, appena pubblico avrete mie notizie :D
Intanto vi ringrazio di cuore per i vostri commenti e mando un abbraccio a chi segue con il cuore questa storia!
Ciao, alla prossima ...

Dani

  
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